DOTTOR ANTONIO - Il frutteto a tavola e in dispensa - 1887 c

i 12 tuber liyemalbum. Par e che la bianca sia più propria dei paes i del Nord , o per lo meno la vi si trova più frequente. Avvi anch e i l tartufo rosso (tuber rufumj che in Provenz a si chiama mourre de chin (muso di cane ) che.pe r i l suo odore special e è r i – gettata dal commercio. V'à i l falso tartufo, la genea verrucosa detta in Piemonte cappello di prete, il mcianogaster variagatus, o muscato, la balsamia vulgaris, detta rosetta da noi. Si mangiano dai pochi intelligenti. I l solo tartufo falso che sempr e - si mangiò e si mangia ancora dagli Arabi è la ter- fe\ia leonis, o tartufo del deserto e delle sabbie . Dev'esser e di quest'ultima speci e i l tartufo cucinato dai Romani che serviv a a dar sapor e alla salamoj a e ad altre irritamenta gutas. Gli Ateniesi concedet– tero ai figli di Cherippo la cittadinanza per aver e introdotto un nuovo modo di cucinare i tartufi. L'Archistrato, o capo-cuoc o in Atene facev a servire alla fine del pranzo dei tartufi cotti col grasso , sale , ginepro e canella. Cecilio Apicio i l celebr e cuoco che viveva sotto Trajano, ci à lasciato varie ricette dei tartufi nella sua De Re culinaria. Avicenna, oracolo della medicina d'allora, raccomanda di pe– lare i tartufi e di tagliarli a pezzi, farli bollire con aqua e sal e poi farli cocer e con erbe aromatiche e servirli colla carne salata . Marziale antepone i funghi ai tartufi dicendo: Rtimpimtis altriccm tenero de cortìee terrari Tuberà, boletis poma secunda sunius. Ma Giovenale, esclam a : O abitante della Libia, stacca i tuoi buoi del giogo e mandaci dei tartufi ! e nella Satira 5 : post hunc traduniur tuberà, si ver: Tane erit et facìetit optata tonìtrua eanas majores. E risponde ai versi di Marziale così: Semina nulla damus, nec semine nasciuuir allo, Sed qui iros mandil seinen habere putat.

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