DOTTOR ANTONIO - Il frutteto a tavola e in dispensa - 1887 c

54 /' acetosa : che è gradevole e rinfrescante. Le foglie sono astringenti, i fiori diaforetici. I frutti siman- giano crudi col vino e la panna, collo zuccaro se ne compongono conserve, sorbetti, gelatine, ecc. Si candiscono, danno profumo ad aquavite e liquori — se ne fa aceto e si adoperano per aggiunger forza e fragranza a quello di vino. I l nome di Fambros viene da Ambrosia per il grato sapor e che lascia in bocca. Dai Romani era chiamata Mora Vaticana, Sorella del Fambros è, ha.Mora (Rubus fructìeosus vulgaris). Mi l. Mora. - Fr. Mure de ronce.-Tea. Brombeere.- Ingl. Black- berry) prugnola del rovo il cui arbusto, ovunque diffuso, dà fiori bianchi o rossicci da Maggio avanti, e frutti neri. Nel linguaggio dei fiori: Gelosia, Ri– morsi, Invidia. La mora à sapor e dolce quando è matura. Una volta serviva a comporre elettuario per le^tossi e male di gola, detto sciroppo diamo- rum. E suscettibile di fermentazione vinosa ed al- coolica e più che ad uso medico, servono a colo– rare vini e paste zuccherine. I giovani germogli e le foglie sono leggermente stittiche e se ne può usar e per gargarismo. Varietà a fiori doppi, frutto bianco, sen^a spine, foglie scrediate, frastagliate, ecc. E della mora che si occupavano gli antichi mentre chiamavano sylvestris i l lampone. E tradizione greca che prima questo frutto era bianco, ma che divenne nero del sangu e di Piramo e di Tisbe, due amanti della Siria , che non potendo sposars i si uccisero l'un dopo l'altro sulle more. Galeno raccomanda di mangiare la mora ai viaggiatori assetati e affaticati dal caldo e della strada. Plinio dice che sono r i n– frescanti. I Romani la mangiavano dopo il pranzo. lile salubris Eslaljs ptragtl ii'ìgris, qui prandia morís V mici.

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