DOTTOR ANTONIO - Il frutteto a tavola e in dispensa - 1887 c

sapore , à una fragranza balsamica di violette è di vaniglia. Sull'origine del màndorlo, la tradizione grec a racconta che Fillide, figlia di Licurgo, re di Tracia, era promess a a Demofoonte figlio di Teseo . Ma essend o già state fatte le pubblicazioni e ve– dendo come i l suo promess o spos o non compariva, s'impiccò e fu da quei bonissimi Dei cambiata i n màndorlo. Demofoonte, che avev a perduta la corsa , venne e versò amar e lagrime su quell'albero, e. fu sotto la pioggia di quel pianto che i l màndorlo co– minciò a mettere foglie e frutti — amari dapprima, dolci poi essendos i Demofoorite finalmente conso– lato. La màndorla da Plinio venne chiamata noce greca. Ma i n Italia prima di Catone nessun o ne à parlato, ed ancora lo confusero colie noci. Fu dopo le crociate che la màndorla incominciò ad aver e fama e che si trovò di comporne ghiottonerie culi– narie. Palladio ci tramanda che i Greci divinando le macchine a vapore del Sonzogno, si servivano della màndorla come mezzo di pubblicazione. Ecc o cosa dice: Greci asserititi nasci amygdala scripta, si, aperta testa, nucleum sanum tollas ed in eo quodlibet scribas et iterum luto et porcino stercore involutum reponas. I l che vuol dire, che ess i aperta una màndorla vi scrivevano alcun che, e rinchiu– sala di novo così la seminavano, e le màndorle che facev a quell'albero erano altrettante edizioni di quella scritta. Se non ci credete pigliatevela con Palladio. Màndorle alla perlina. — Si sciolgono due parti di zuccaro raffinato, i n una d'aqua , i n una pentola a bascule non stagnata, si fà cocer e a consistenza di perla, poi vi si aggiungono tre parti di màndorle dolci spelate ; si lascian o così due mi nu ti poi con spatola di legno si rimescola continuamente finché lo zuccaro sia perfettamente tosto insieme alle man-

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