Dalcò_Dizionario parmigiane
Parigi, promessa sposa di Luigi XV allora tredicenne. Ma nel 1725 il duca di Borbone, nuovo reggente di Francia, annunciò il rinvio della giovane principessa: era infatti necessaria, per il mantenimento del trono, la nascita di un erede in breve tempo. Maria Anna Vittoria aveva otto anni e, quindi, le venne preferita la ventenne figlia del re di Polonia, Maria Leszczy´nska. L’anno prima aveva tentato un ravvicinamento con l’Imperatore proponendo gli infanti Carlo e Filippo come mariti per due arciduchesse, ma Carlo VI accolse tiepidamente la proposta. A Parma, nel febbraio 1728, si celebrarono le nozze fra Antonio Farnese ed Enrichetta Maria d’Este, e si prevedeva la nascita di un erede. Questo spinse Elisabetta a stipulare un trattato direttamente con l’Inghilterra (Siviglia, 9 novembre 1729): al figlio Carlo fu assicurata la successione di Toscana e Parma. Da questa situazione di impasse si uscì grazie all’evolversi stesso degli avvenimenti e in forza della precaria salute del duca Antonio Farnese: morì il 20 gennaio 1731, nominando suo erede universale il ventre pregnante della duchessa Enrichetta. Quando la gravidanza tanto attesa e temuta si rivelò inesistente, Elisabetta ottenne la sua rivincita: l’imperatore Carlo VI accettò, il 22 luglio 1731, le disposizioni del trattato di Siviglia per Parma e Toscana. Il 24 giugno 1732, l’Infante prese possesso di Parma e di Piacenza. Non smise di organizzare matrimoni per i propri figli; nel 1729 Maria Anna Vittoria si unì a Giuseppe del Portogallo e il figliastro Ferdinando sposò la principessa Barbara. Le ansie della Farnese si concentrarono sui figli maschi: nel 1734 Carlo fu nominato re di Napoli, per don Luigi, di appena otto anni, ottenne la porpora cardinalizia, per Filippo nel 1748 ottenne l’assegnazione del Ducato di Parma e Piacenza. Elisabetta si ritirò a Sant’Ildefonso, il castello tanto amato dal marito lì sepolto. Vi rimase otto anni ma non in disparte: nel 1759 morì Ferdinando VI e una disposizione testamentaria nominava Elisabetta reggente. Dall’agosto all’ottobre fu di nuovo a Madrid a guidare la fase di transizione fino all’arrivo da Napoli del figlio Carlo: si ritirò definitivamente a Sant’Ildefonso, dove morì quasi cieca. Bibl.: Alfieri L., Gigli azzurri. Storia di casa farnese , Silva, 1995, pp. 117-119; Dall’Acqua M. (a cura di), Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostri , FMR, 1998, p 326; Drei G., I Farnese. Grandezza e decadenza di una dinastia italiana , La Libreria dello Stato, 1954; Levati A., Dizionario biografico donne illustri , 1821, p 66; Lasagni R., Dizionario biografico dei Parmigiani , PPS Editrice, 1999, II, pp. 612-620; Nasalli Rocca E., I Farnese , Dall’Oglio, 1969, pp. 247-251. Farnese Isabella Parma 6 gennaio 1593 - Roma 17 ottobre 1651 Religiosa. Figlia di Mario, del ramo farnesiano di Latera, e Camilla Meli Lupi di Soragna. Affidata alla nonna materna Isabella Pallavicino, visse nella Corte parmense sino a otto anni. Ebbe buona educazione e imparò a leggere, scrivere, suonare, recitare e manifestò passione per la letteratura. Fu colpita dal vaiolo e le aspirazioni della famiglia di contrarre un importante matrimonio furono archiviate. Fu costretta a entrare nel monastero delle clarisse di San Lorenzo in Panisperna: qui venne affidata alle cure della zia paterna, la badessa Francesca. Il 21 aprile 1602, a soli nove anni, vi fece il suo ingresso. Prese il nome religioso di Francesca e s’impose alla piccola comunità: con l’influenza del padre confessore Giovanni Battista Bianchetti intraprese una vita di rigore devozionale. Il 9 maggio 1618 si trasferì, con l’incarico di maestra delle novizie, nel convento di Santa Maria delle Grazie. L’arrivo al Vescovato di Castro di Alessandro Carissimi consentì la riuscita della sua attività riformatrice: fra i due si creò un rapporto di fiducia e, il 12 maggio 1625, il vescovo le affidò il compito di redigere le costituzioni: fondate sulla regola di Santa Chiara, videro inasprire le penitenze e diradarsi le possibilità di contatto con l’esterno. Venne eletta badessa e l’organizzazione del monastero fu approvata il 13 luglio 1638 da Urbano VIII. Il 18 marzo 1631 fondò il monastero della Concezione di Albano; nel 1638 riformò il monastero di Santa Chiara a Palestrina. Portò a compimento la sua opera, grazie al sostegno finanziario dei Barberini, con la fondazione del monastero della Santissima Concezione (ora scomparso), inaugurato il 2 giugno 1643. Qui rimase sino alla morte, avvenuta in odore di santità. Pubblicò il canzoniere Pie e divote poesie (Roma 1654) che ebbe sette edizioni. Molte sono le meditazioni, le lettere e i discorsi spirituali, esortazioni, trattati comportamentali per le novizie, conservati nei monasteri di Albano e
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy ODkxNTE=