Dalcò_Dizionario parmigiane
genitori la orientarono verso una scelta che offrisse maggiori prospettive di lavoro: l’Istituto magistrale. Iniziò a insegnare alla scuola popolare nel 1964, per passare di ruolo nel 1967 alle elementari. Rifiutò di allontanare dalla sua classe un bambino già destinato alle classi differenziali: un atto di disobbedienza alle disposizioni del Ministero che la porterà a impegnarsi nella lotta per la chiusura delle classi differenziali e delle scuole speciali. Il 2 febbraio 1969 partecipò all’assemblea indetta dal movimento studentesco di Medicina che diede inizio all’occupazione del manicomio di Colorno. L’impegno nella scuola si salderà con quello fuori dalla scuola: nell’Associazione per la lotta contro le malattie mentali, nella battaglia per la chiusura del Brefotrofio, nel lavoro quotidiano all’interno del progetto pilota a livello nazionale dei “Laboratori protetti”. La sua tesi di laurea - Il rifiuto sociale e il laboratorio protetto - fu discussa a pieni voti nel 1971, con i complimenti di una commissione fra cui spiccava la figura di Franco Basaglia. Ideali politici e pratica d’insegnamento erano per lei inscindibili. Il suo metodo di lavoro nasceva dalla volontà di garantire a tutti gli strumenti “per capire e dire”, rifiutando il fatalismo di chi considerava la capacità di scrivere un “dono di natura”: da qui la ricerca di una “didattica della lingua” che liberasse le parole arricchendole di tutte le esperienze e i linguaggi espressivi. Il suo impianto metodologico esigeva una scuola aperta verso l’esterno, una revisione dei rapporti (insegnante/alunni, insegnante/genitori, genitori/figli, uomo/donna), una visione interdisciplinare della conoscenza, letture e scritti alternativi ai libri di testo, l’uso sistematico della biblioteca, l’uso di tutti mezzi espressivi. Il teatro divenne, in tal senso, uno strumento essenziale perché dava il coraggio di parlare senza soggezione di fronte a maestri e compagni, liberava le parole e la scrittura, valorizzava l’immaginazione per attribuire agli oggetti nuovi significati e funzioni: “Un esercizio? No, una scelta politica, una lettura nuova, una possibile trasformazione del mondo”. Le prime esperienze di pratica teatrale datano ai primi anni ‘70, nelle scuole di Mezzani inferiore e Sorbolo, e si rafforzano nei progetti realizzati alla scuola Martiri di Cefalonia di Parma negli anni ‘80. Nel 1987-1988 il Teatro delle Briciole lanciò il progetto “La scuola scrive per il teatro”, rivolto a tutte le classi elementari di Parma e provincia. La sua classe lavorò per vari mesi alla scrittura del racconto Dove finisce quel fruscio d’uccelli , che sarà scelto per una trasposizione teatrale nella stagione 1988-1989. Iniziò così l’intesa collaborazione con la regista Letizia Quintavalla, con la quale realizzerà, fra gli altri, il laboratorio Del piccolo e del grande nell’ambito del Progetto Odissea delle Briciole (1990-1991), Povero Pinocchio (1991-1992), Paesaggi (1993-1994), fino al progetto sperimentale quadriennale Così impari! (1996-2000). Dal suo lavoro con i bambini nasceranno diverse pubblicazioni, come Andando per stelle , una raccolta di testi il cui ricavato andrà a finanziare la costruzione di una scuola a Tepalón, in Nicaragua. Fu lei a impostare il progetto per la creazione della biblioteca “La Baia del Re” (inaugurata nel 2000), a organizzare gli incontri di Omaggio alla lettura , per i quali otterrà la collaborazione di attori, registi, genitori, insegnanti, docenti di pedagogia dell’arte e di letteratura per l’infanzia. La ricerca sui “linguaggi espressivi”, centrale nel suo percorso d’insegnante, ha accompagnato tutta la sua vita di donna e di artista che, con i suoi scritti, con i suoi dipinti e suoi ritratti, ha saputo raccontare la sua storia. Fonte: notizie fornite da Leonardo Di Jorio, Irene Di Jorio, Letizia Quintavalla; Archivio Di Jorio Lasagna. La Spina Elena Bonn - Zurigo 9 marzo 2013 Storica dell’arte. Laureatasi all’Università di Siena, perfezionò gli studi sotto la guida di Enrico Crispolti. Sposata, da dieci anni, con Claudio Parmiggiani, artista tra i maggiori protagonisti di livello internazionale, visse in quello che, nel mondo dell’arte, è definito “l’eremo di Torrechiara”: una casa e uno studio fatti costruire da Parmiggiani in una lenta e sensibile opera di trasformazione di un luogo abbandonato sulla collina di Torrechiara. Collaborò con istituzioni pubbliche e private per la realizzazione di progetti espositivi, l’organizzazione di eventi culturali e la catalogazione di beni artistici. Si occupò, in particolare, di alcuni aspetti della cultura figurativa: la grafica, l’arte dei giardini, il paesaggio, la topografia urbana. Diede il suo contributo critico in diverse mostre
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