GARZONI - La piazza universale - 1589

*** ? f Zi 2 Z S defiderio immenfo dhauer potuto vdire lepredicatìon di Titolo Unto elo quente, egraue ; -ilpopolo d 'Atene volle bonorarlo come vn Mercurio fi l 'eloquenza non [offe degna d 'ogni gloria, & degni honore i fl ra la m iteria, o {oggetto della Rhetoricafecmdo il pare r di Gorgiapreffo a T-latone, è>l'orazione elegante, ® beni/fimo-compolla; ® fecondo M Tullio nellOratore,è ciafeuna cofa,cbe proposi a fia all'oratore da dir co– piosamente,® ornatamente-, fecondo Hermagora il fuo /oggetto fon le ca Je,® le queflioni ; ® fecondo Hermogene, ® Quintiliano pia da tutti fi– guri, fon le cattfe ciudi particolarmente,che verfancintorno a Igenere monflratìuo,deliber attuo, ® giudiciale, da quali generi fi emano tutte le fbecie, o parti alla Rbetorica affegnate. quesla affegna le parti deli o all'oratore,cbe fino linuentione, la dùbofiitione,f elocufione, la memoria, & la pronuciafwne, infigna l'oratione far fi dalla quislione ; la quislione diuiderfi infinita, ® infinita; dalla quislione nafeer la caudale caufi effe di tre fpecie,demonslratiue,deUberatiue, &gìudìcìaìì; le ffecie delle ta <fi effer quattro,honesla, dubbiofi,mtn che bone/la, ® bumile; il mo conflitto delle caufi chiamar fi flato; e quello hauer tregeueri,vn di gicttura, vn di defmitione, ® vno di qualità. Quefìa infigna nell'oratio- nel'effordio,c'badueparfi,princìpio,® iafinuaùons, doueji fhbeneuolo, docile,® attento l'auditore, fchifando nelf c/fior dio chefila commune,vol- gare,commutabile,lungo,fieparato,tr-astato,® contra i precetti. Quefla infigna la narratione ch'è di quattro forme, Fabulare, Fittile,HiftoYica,tt Ciuikfcbe debbe effer chiara,breue, probabile, ®illuslre. Quesla infi– gna di confermar con gli argomenti mnltiplici preffo all'Oratore, di confa tar l'altrui ragioni con leproue diuerfie ,d 'amplificare ifuoi detti,® dimo- uere a compaffione ouero a fidegno l 'auditor e,e dì perorare fheedo logobreue delle co /c antedette. Ter quesla infignamo,dilettiamo, ®mo uiamo.® quello principalmente con l 'elocutione, o naturale, con parole fimplici,o conuerfii e mutata conparole congionte, ® tran fate,come f no i tropi,® le figure cefi delle par ole,come de'concetti, chei Latini c mano fin tenze. ® ella ci dima lira in quanti modi fi pcrturban gli af ® con che parole,® dìficorfì, addottando igeili di tutto il corpo fi ffiua don gli afcoltami fecondo il nollr&intento . Quesla è la miracolo/a,® di– urna faenza, che piega gli animi di ciafcuno,cbe intenerifee i cuori, ch dileguar l 'alme d 'amore, che mollificagli animi turbaù,che raccheta i mo nimennimpetuofi,checon/oia,cherislora, che recrea le fmorrite ffcran- di cifeuno, che tien la briglia,® il morfo alla bocca degli auditori,anz) in catenagli anim'ift defiri,le volontà, ipenfieri, gli appetiti, egli raggi– ra come effàvuole. Macon tutto ciò ffiocratc preffo aTlatone proua co fermiffimc ragioni,ch'clla non è ne arte, ne fiienza,ma vna certa allutia, C; ch'ella non è famofa, ne bonella, anzi fergogno/a, & feritile adula tiene. Questa fu rifiutata in tutto da Laceàemomà qu ali di ce uu.io che il parlar

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