GARZONI - La piazza universale - 1589

• ~54 ° T 1 U Z Z \A timo de'Mercanti e il mercatare,ò ingrofio,ò à minuto,far copagnìcfar uiaggi,farfioccide,affittare,toraffitto,tener mercato delle cofeaccordar- fhdarl arra,barattare,inueslire,vèdere,ò carolò a buò mercato,ò à co- tat:,ò ì tepo,etcofi caperare,ò sborsadoil denaro,ò à credeza,far ferini, daficurtà,tor feriteleuolotarie,pagare,hauer crediti,farfcomejfe,guada gnareyarriccbire,& fimili altre cofe.egli infirometì lorofon ilibri da co B:;-.ch : ui ^ m t m ° r i a l e , i l g i o r n a l e , i l quaderno,lofiotro,l'inuetario,latariffa, «Si Vfiuan i>°ffe,la cafia,ifcrigni,la bottegai ilbanco.E però fon compagni de'mcr tati anco i Banchieri &gli Vfurar'hi quali dal Budeo fono latimentc d mandati Aigetari ].percbe(com e dice Carlo Sigonio nel fecondo libro H Antiqu o iur e Ciuiù Romano i ù) quefiitali,ò con la permutatone delle pecunie,ò conl'ufiuraeffireffa faceuano guadagno: & lapermuta, onde fi cercauaguadagnare ,fìt da' Grecidetta Collybus, la qual voce apprebà «.Tulli o M.Tullio nell'Epifiole ad Atticojicedo cofidi C dio.Vide ciuci o nequ a lacun a fit in auro , fed cert e eli in collyb o detrimenti! . Epergli argent «lauto. r ij intefe -plauto ancora nel Curgulione i Banchieri, & /furari, dicendo. iub Veteribus ) ibiruntquidant,quii|;recipiun t fcenote.intededo per la parola Verenbu*, i banchi amichigli quali Dionifio Alicarnaffco nelle fue Hislorie riferifie efifer siati fabricatinel Foro fin da L. Tarquinio Tr fco.&di quelle botteghe, ò bachine fornendone Tito Liuio nella guerra euintili a d e S ******** 1 ueUa d t Cartagine,& altroue.Quindi Cicerone in vna ep n«. fi°la pur ad Attico,chiamò,il danaro de'bachi es circumrbianenn - per c he i banchi fi trouauano e anticamente,e nanamente in Roma fitbricati Et Quintiliano nell'undecima libro delle fue lnftitutioni, & il predetto M.Tullio nell'orationeper Cecina, vengono àrecitare, come gli incanti delle robbe fi faceuano dinazialle botteghe de banchierifi'arte de'qua efifer fiata poco honorata preffo a'Romani lo dimofirano le parole diSu nio,mentre riferifice,che da Mer catodo fu gettato in occhio a Ottauiano Cefare,cbe l'auofuofofie slato banchiere;& che Cajfo,per fargli ingiu- ria,etvergogna,nominò il me defimo figliuolo d'un'l^umtnulario.Efiorfe (come dice Carlo Sigonio)la vergogna nacque da queslo,d:e quelli cb'e fiercitauano in baco,attedeuano anco alle vfiure, p la qual forte d'ingiuf fimo guadagno,gl'huomini(come dice M.Tullio ne'fidi vfficùfjwcorrtuA no nell'odio di tutte leperfòne, efiedo che l'improba effattionedell'ufure fu con molte leggilequali da Cornelio Tacito nel quinto de'fuoi Anna fon riferitela'Rimani ribattutJ,& repreffa molte uolte:ondefi recita coprobationedi queflo,chel'antico Catone fu interrogato una uolta,che parer fofie ilfuo intorno al dare ad ufiura& cofì riffefe,che noficcua di ferina alcuna tra il dare ad ufura,&vecidere un'huomo.Et lifleffo,ef- fiendo Tretore della Sicilia, in teflimoniodell'odio chcportatiaà tal ffef fione, cacao tutti gliufitrari fuor di alla Ifola.M.Catone nel fiuo libro d Rj

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