GARZONI - La piazza universale - 1589
2 DEL CO^VE ^TO DE MALEDICI. l o der con quefle bestie non ha id faggio,&del prudente, e/fendo che mala- mente fi può reprimere tanta sfacciatela, & con gran diurna diffieultd s'ziticn$,che vna lìngua p fina natura maledica, & furfante dica mai quel benebbe altri per forte dirittamente,&ragioneucìmente vorebbe. fo so, ch'in questa fetta fon entrati fra'primi Hipponace,e Theone, co lafquadri gliafurfantiffmia dì Timagene,Gratino, Archiloco, Staterio, Aristofane, & Ofco;e tutti fono ammutinati in modo contra noi, che, fi non fon ? esta come Anaffarco in vna pilajnai ceffarano di rimettere i colpi > &di strac ciarla, fama nofira con quelle lingue fparfe dì canina rabbia quanto dir fi poffa.Cke benefipuò tpeì-are (ditelo voi)da quelli,che fon nati per dir ma– le? & à quali è cofi propria, & natiua la maledicenja, che, onero fi dim o- ìtrano loro effer generati da quella, oueramente ch'effa come da padre fia tratta, & de/mata da loro ? Non fi sàchelamordacitàpetulante è tanto inferta,&inca Imatc. in loro,che nonfi può difgiongere, & feparar da effi à patto alcHno ?2^on fìsà,che l Aretino e il Franco hanno aperto lafittola à quefia canaglia che fkpera di gran lunga nel dir male i fuoi maestri ìsiefft? Non fi sa che Tafqu'mo è duce loro, & che fotta la fua guida fanno alla peg gio,& oprano tutti i mali che imagmar fi poffano? Ma quella ra^za afine fica de'pedanti non men sfacciata che impudica,non merita altra pena, the quella di Marganore,perche,fecondo ch'effi fiati fui puntare cgn'hora qtie-- flo, & quell'altro in cofe friuole,& di neffun momento; cofi par, che conue gan loro quelle punture,che furon date all'empio, & federato tiranno per Jupplicio. T^on vedete con quanta infolenza fon conuenuti in vno al pre– ferite Carbilio,T>alemone,Lutatio, (raffìtio, Diomede, Spauterio, Scopa, e gli altri, per infultar nefariamente ilvostro facrofanto Choro ,&depri– mere vilmentele virtuofe fatiche de gli huomini, chedatobando allainer ita, cercano dal vigore del loro ingegno folamentepregio, & honore ? Et che cofa poi fono i pedanti ,fenon ruggine di feempietà, feccia d'ignoran– za, febiuma di goffcria,leiarae d'afinitàjorduradi cattiuerie, chenon filo alberga, ma domina, & regna eternamente ne' petti loro ? S'ha forfè da portar rifletto à questi boaz^ì d'intelletto, à questi cauaUaT^ì di giudi- cio, à queste al fané di materia, à queste gir affé fen%afimo, e difeorfo d'al– cuna forfè? Non fi sà, chela fostanzade'pedanti non è altro, ebes gofferia ? la quantità non è altro, che vna vacuità di ceruello ? la quali– tà non è altro, che vn fumo, & vna boria di fetenza da tre b ez^ci ? la re- lattone non tende ai altro, che à vna difciplina da fantolini ? il luogo non è altro, che vna vìi fcuola da putelli ? il fitto non è altro , che vn viliffima fcanno, che molte volte gli è per fcherno Iettato di fotto,come auuene à Fi- dentio ? ihabìto non è altro, che vna toga labile, tutta tarmata, che non hapur vn pelo per teìlimonio ? il tempo non è altro, che quel delfabbato d'andar àipaffo dietro ài fiumicome vanno igiudeì? l'attiene noni-ai- tro t chedar camiti, e Raffiliate, cofada carnefice, & da agogno? la Ti 2 pacione :
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