GARZONI - La piazza universale - 1589

V 9S[ 1 V E t\ S A L E. 55 7 Domenico,un fildho perla putta,® cefi pian piano fi ferra la feria, che manco il Moro abbaia. Dopo defmarcpoi, datala pos'ia ,fivà conia borfa Stipata uerjo il traghetto di mcelor,t:a,oue fi fientolar.cfvoriizan front d quattro, e fei, ne fi jparmiaal ciecoda Forlì, pur che fi ficcia una botta compita alla moderna. Quelle fono le gentilezze di coloro,cbc maneggiano quel d'altri,pcrcbe ,fe beiti i zanfroni [guizzano pei l'on– de come le fquille,fc bene in vna[cartatafifa del refio di cecchini, come di tante patacche,[e ben per cauarfi un capriccio fi /pende un greppo di ducati in vnavaccaonta come un lardaruolo , qvelìopare che importi poco, effendo robba d'altri, che [corre più liquida che il mele notte e giorno . Con tutto ciò [empre il giornale è a un modo, e, [e ben pio– ne, fe ben tuona, [e ben tempejla l entrala à quefla maniera, file dà ejfito bonorato in tante cbiauature cita poftoil fabro , in tante caval- cature adoperate per i fatti di cafri, in tante vacche ch'affegnano per rifeontro, in tanti becchi che lafiiano di fuori, in tanta carne di capret– to c'hanno comprato per far pa[ìo, & le pofie fi raddoppiano à tutto tranftto , acciò lo [cartafaccio in vltimovada all'inqvifitione con lor vergogna , & e /ji in perpetuo privi di maneggio , per l'opre loro be- roiche, & fiegnalate. T ^onparlo dello Rvdio che pongono dentronella tariffa,cbe qveflo el'llomero che teneva Mcflanàro fitto il capezzale, l'Eneida di Virgilio che Hvdiava Avgvfloàl poema d'Oppiano che leg- geuafovc te Antonio figliuol di Seuero,i Commentari/ diTiinio Iuntore, era fi cari à Largo Licinioal Tertulliano ch'era in mano di Cipriano ogni ora, la pedia di Ciro cofi domefiica di Scipione, il TbilolaoTitagorico di tatogvfio à TlatoncloSpevfippo chcArifiotìlchaucain eotatoprezjp, il CornelìoTacito dove Tacito Imperadores'afiorbivaperdoleezja: & esfi muoiono di diletto,computando ifioldi,dislinguendo legazctte,par– tendo i dveatì, e fottrahendo i cecchini [opra tutto alla volta loro. Qui fi vede quanta asfidvità regni in loro, quanta fillecitudine à ritirar/} per dar fine alle ragioni, qvanta induflria per compire quei conti, quatf taprattìca per riformare quelle polizie, qvanta ifperieirza per rificon- trarc i crediti coi debiti, quanta fagocita in afeondere i vi vp fi. quan– ta peritiainaffegnar le jpefe, quanta fvrfintariain firmare un giorna– le da proceffio poco di/ferente da gli infiromenti del \\o dar Mainar- do. Et per quefi'opre fante, per quefie anioni hor.orate,i padroni alla • mcn/à /egli tirano molte volte appreJJ'oft fittorifion d'un mucchio d'im– bandigioni , s'honoran come Tvllu ton la cathedra d'appegie, fe gli fa corte innanzi, come fe fi fiero il Duca Sorfo, f e gli da r.no epiteta di Carìsfim'uqvafi che fiano cometa Fata Argentina, che di fotte parte- riva l'oro. T^e però fon altro che fattori,anzi disfattori della robba a'al- ttiycompagni de'cuochiper la pr attica, fi atelli de garzoni per la fiecu- latiuay

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