GARZONI - La piazza universale - 1589

*S * 9 ì \À Z 2 Jt Annotation e (opr a il Ixxx v ij. Diicorto . Intorno «i Pellegrini dice qualche cofa Pietro Vittorio ae'fuoi libri dell e V»» rie Lejtioni,a'carte } i . DE' M A L D I C E N T I , D E T R A T T O R I , E Mormoratori . Diic.Ixxxyiij . C CI vnaprofeffione d'alcuni h uomini inciuili,& mal crea- tharrzj di demoni] infernali, che non fanno altro dal matino allafera,che copeffima lingua lacerar quefii,et quell'altro, far ridotti nelle botteghe,tenerfcolanellepictzje, et coucn ticole publiche,&priuate,dimofiradofi d ell' \Academi aitl V AretinoAel Borchiello,delbernia,& del Franco per non dir dellafiola di Tafquino>& di Marforio tanto fon'ufi a sfodrar contra tutti egualmen– te V'mfana lingua piena del tofiico,et del pestifero ueleno della maladttt detrattone T^e fi ricordano i furfanti, mentre fono nel circolo d 'jlnafa cdquatofìainfame cofiaattendere a qveflauergognofaprofefìione ,deridt do fra loro lafentenza d 'Hefiodo,che diceua > la lingua non dover vfci quella porta,cbeta natura a bel studio gli ha ehiufa, & beffando l'aure detto di Senocrate.DixiiTe quandoq ; penituit , tacuifl e nunquam.T^o»- dimeno èpur vero a lor malgrad&quel che dice Senecanel libro De mo ribus.che , Imag o anim o ferm o elr, & quali s uir,tali s omio.perche dm quefonogente maligna,et colma dineqvitia,quindiauiene,che in:quante te flraparlano mb dvno mò dell'altro feKZafreno,o ritegno d'alcuna forte, fcordandofìaffattoqvelbcltiffimodetto diVlutarco nel libro Decohibi – lion e iracudiajfó t formicaru, & muril i eft iv.oxAtte.etlafententiapiu cheuera di Salufìio e/JtvOmn i uiti o carer e deberis , qu i in alrer u dicer e pararu s «({.fecondo il vulgato detto di Democrito,che,q\n a'rer u incata t prob'i.ipfu m (? inmer i oponet.Hano cofloroper dilettemidiporto Taf- fomigliarfi a quell'Ofiojdel quale dice Seneca, che pareva nato a quello ne di dir male di tutti,e lacerar co lafita lingua ciafcvno: onero a ql Mo- mo, lei quale dicono ì Toeti,che calomniaua ogni cofia, fufie pur qvato teffe effer perfetta,la onde no potedo confina ragione biafimare la fig di quella Fenere.che Traff tele pittore dipinfe firmofi(fima,addeflràdouì la lingva cotra,fi sforzò di dire almen queflo, chele calzette non gli flavi no troppo bene.overo a quel Zoilo anticoda evi rabbiofa loquacità,et mot dacità amarulentafu tanta,e tale, che fi eflefe anco alle calonnie del di no Homero,onde pafiò poi in proverbio, aparlar d'una pentiate maledic %a,di nominare la mordacità diZoilo.Ouero a un Theone,chefv tato mal iico,che da Ivi derivò qvel proverbiopreffo a Taolo Manutio.Dete The nino rodi.ouero a Hipponace labografo amaruleto ,c'hebbe una lingua te aguzza al dir m ale, ebe da lui nacque quel detto prouerb

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