GARZONI - La piazza universale - 1589

v % i y t K.s j. L E. 71 4 sbalza, come fe bauejfe in corpo vna botte di chiodì*he lafaceffe cambia re a quella maniera, fi che vniuerjalmente parlando, poca bontà fi trova in loro da ogniparte, ne altro tìtolo portano fico, che digente che ttanga leperfione,per cavargli le vifcere,e l'anima,fieper fiortegli è conceffoMor facciamo pajfaggio ad altri profeffori. Annotationefoprai l centefimo.Difcorib . Il propri o proprijslìmo del Vetturin o ( com e diceu a l'Hoft o daH'Angefo-d T Fa»- no ) c di cerca r di bilicar qualch e col a ai Foraftieri , perch e fi chiam a Vetturin o , quali Venturina,ò Venturiero,ch e Tempr e cerc a la fua ventur a . D E' M A E T S T RI D E L LE S C I E N Z E, E T coftumi , &de'Piuti cheuann o à (cuoia, & de Dottor i d i Studi o , & Scolari d i Studio . Difacj. <jtFETIDO loda dipingereunmaesiro,oueroprecetto- re, quali debbono efier communemente quelli che ir.firuifc» noTutti,& che leggono a'Trouetti, ho penfatonell'iftefj» diftorfo chiudere ancora i fanciulli, & giouenetti che van– no à Scuola,con quegli altri più maturi che vanno in Slvdior defcriuendo le conditionè,& qualità di tutii,acciò che qucfiamateria non- refi diminuta, ma da tutte le parti più perfetta chepojfibile fa. Et per feruare laprecedenza che alla antichità fi deue, dico che i buoni maeftri hanodaeffercomelucidifiecchìdicreanza,co^umatezza,&grauità,p . . che fono la mirade ifcolari, oue tengono l'occhio affiflo da tutte l bore. Et jjjjj™ Quintiliano ricerca ne'maeflri quefla condìtione per principale, dicendo, chelafantitàloro cuflodiràda mille fiorretioni teneri animi giouenille, & lagrauitàfpauentaràdalla licenza ipiù feroci Tlutarcoparimente ri- p i u u r c » . cerca ne'maeflri la bontà della vitain quel trattato che fa de liber is .edu eand)s7 »e«fredice.Inquirend i fun t pra'ceprote s iìlij^quoru uiranulli s òbnoxia (ir criminibus.irrepreheniì mores, & optimu m (ìt e .xperimen - tum ; cffendo cofa certa,& euidete,che quanto imparano iputti a fcuola, tutto Vappiedono più preflo da'maeflri,che da loro:della qualcofa no mi la fòia mentir Tlutarco nella epijìola a Traiano, il quale affi°.rma,che i delit– ti de ifcolari communemente fi attribuificono amaefiri:ondenon macaro no molti che difiero l'ingegno depravato di Tjerone e(jer proceduto dalla trifladifciplina di Senecafuo precettore. Teròfilegge,cbe Socrate, vede D j do vnputto fcoflumato, & privo di creanza, dìffe che bifognauadare vn BabUon buo cavallo alfluo maefiro. e Diogene Babilonico narra, che Leonidapeda co. gogò A'jlleffandro l'empì d'alcuni vitij, metr'era fancivlloà qvalì nonpo teronell'etàvirile mai più levarfi»& fipararfi daini. Si ricerca ambo nel

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