GARZONI - La piazza universale - 1589
SerirtO- 77 6 P J U Z 2 A Qitot taium siellas, tot babet tua Romapuellas. Subito foggionfe egli vedendo da vn'altra parte ima frotta di belli/fimi giouani. Tafcua quotquot hedos , tot babet tua 'Rgma cituedos.. Mottiprouerbiofifono, quando s'allega à propofto qualcheprouerbio,co- me chi dicejfeà vn fiuperiore che murmuraffe de'fudditi,che'l pefce comin eia à putir dal capo, onero che tale è la cagnola, quale è lafgnora. Intorno a motti rifondenti alle parole, & non al fenfo ci è l'effempiodi quel Si– gnore, il qual, dicendo àvnfuo fer nitore, & familiare antico di cafa, che glidimandaua vnfiruitio, comanda ch'io ti fruirò, rifpofeegli ,digratia Signore fruitemi come s'io fuffivoHro padrone. De motti d'allegoria fi narra l'effempio dell'infame Aretino, il quale, effendo per lafina ma la li gua sìatosf rifato in Roma ,& portato via come morto, & accettato in c fa humaniffimamente da vn personaggio d 'importanza, e chiedendo effo fi direbbe cofi mal di lui.come hauea fatto de gli altri. Riffofe,come tufe- minerai, coft raccorrai. / motti di fimilitudine fono, quando facetamente alcuno saffomiglia à qualche cofa diuerfa,comeLuciHo,cbe, famigliò lema- nierc della fua aman te infida alla pelle del Camaleonte. Quei di fintione fo– no , quando Ihuomo finge dìtton intendere quello, ch'egli intende, com Tamidio Romano interrogato, che buomo ti pare vno, che fiaritrouato in adulterio;Rityofe, Lento. I motti di afcofafofiitionefono quelli ,doue fi oc culta vna certafofpitione dì cofa degna di rifo,& fi dice quello,cbe alt ri di– ce, ma con altro fenfo,come Catullo à quell'oratore Languido, che in vn cer to (w epil ogo gli dimandategli pareua,che haueffe moffo l auditor e dcom pajfione, Hjtyofieli,& grande certamente,perche io non stimo, chefia huo mo alcun sì duro ,à cuilatuaorationenon fia parfia degna di compaffione. I motti di riprensione fono quelh,doue fi riprende facetamente lafiiocchez Za dì qualcb'vno,come Scipione,effendo Pretore, voleuadareà vn Sicilia– no per auocato della caufa fuavn fuo botyite buomo nobile, ma alquant fiocco, vii Siciliano diffe. Ioti prego Pretore, dà quefìo auuocato al mio attuerfario, & àme nonne dare alcuno . De motti di comprenfionedicofe diferepanti s'affegna quefìo ejfempio.Flauio Rutilio, vedendo vn certo Or tenfio da Sarni,che hauea del matto,diffe prefenti molti circonfìanti,oque sti farà buono dafar p-rìoredella Minerva. De' motti d 'ammonitione vi è teffempio di Granio buomo faceto, che configliando vno auuocato raffred– dilo à pigliar per la voce certa beuanda alla voce perniciofa, & dicendo effo,s'io beueffi questa cofa la perderei affatto,Grauio rifpofi, Meglioè rif nir •q:wlla,cheil reo. Et Sernìo dice, che.Democrito, vedendo menare v ladro prigione da vndeci, diffe, 0 mefchinovrt'altra voltarubba affai,p(r- che farai bastante à menar loro vndeci mprigione,fifapraiftrc. 'De' mor– ti di concejfio ne fi recita q tei di Caio Lelio, il quale, effendo nato dhvA 1 liffimo fangae, & dicendogli vno di canina Stirpe, ch'egli era indegno de fuoi
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