GARZONI - La piazza universale - 1589
778 ? I A Z Z u perche anch'egli slam doloro/o, dubitando che'lpadrenonperdeffe tanto the non lafiiaffe, cheperdere à lui. T>e motti d'Hiperbole fi recita quel di Scipione à Numantia contra Q Metello quarto figliuolo di Metello Mace– donicoJlqual n'hebbe quattro, chefecondo l'età minore andavano manc do digiudicio fra loro, dicendo, chefie la madre partoriua il quinto, bau- rebbepartorito vn 'afino, & quello, che diffe di Golpino fio feruitore che era tanto magro &fiecco,che vna mattina fioffiandofatto ilfuoco per acce» derlo, era slato portato dalfumo fu per lo camino infimo alla cìma,& quel lo di meffer Agoflin Beuaz^ano » che recitò,come vn'auaro vedendo ilgra no andito s'impiccò advn traneper dijperatione,® correndo vn feruitore al strepito ,fit tanto à tempo, chegli tagliò il laccio dal collo, e l'auaro tor– nato in fi, volle che ilferuitore glipagaffela fune che tagliata gli hauea. De' motti di finta fciocchezja, ouero ignoranza graffa, cièquelteffem- pio di mejfer (amillo Talleotto, che diffe d'vno. Queflo paXfCp fnbito c la cominciato ad arricchire fi è morto. De' motti difimidata ammonitione ci è quello di Lentulo, che diffe ad vno , che fi polena farÀvn fio d'arme dipiù diuerfi colori, che fapejfe trouare. "Pigliapar ole*® opere di Lu– cio Catilina. De' motti iinterpretatione è bello quello di Rafael de'TaXTJ fopraquella lettera del Trior di Meffina, eh'egli fcriueua advna fita Signo ra, il fipraferitto della qual diceua. Efìa carta sha de dar à quicn caufa de mi penar, oue diffe che quella lettera andana à Taolo Tholofi, perch'e gli hauea imprestato al detto Priore dieci mila ducati ,&effo perche gran fonditore non trouaua modo di rendergli. Fra motti d'ironiafi met te per bello quel di C fa ffo,che,dolendofi Lamia auuocato fino contrario huomo vecchio, & brutto, & affai inetto oratore, di non effer e vdito fe . Signori afioltiamo il belgiouenetto ; ma rififionàenào effo ; fo non m 'ho potuto formare il corpo, ma sì ben l'animo, foggionfie. Dun que afioltia– mo l'eloquente. Fra motti di cofe diferepanti, & di confientanee, vien sto per bello quello dimejfer Latino iuuenale, che diffe verfio meffer uan Luca da Tontremolo,® meffer Domenico dalla Torta, iquali, effendo tutti dui gobbi, & mandando il Tontefice per loroper fargli auditori di ta, con dire, che voleua radrizza re la Rota, diffe . 2\o!ìro Signore s'in ganna volendo con dui torti raddrizzar la Rota. Fra motti di tacita obiet tione èbelliffimo quello di Diogene, che effendo febiauo in Corimbo, chi sto dal trombetta che lo menaua à venderebbe cofia più defideraffe difar Rifyofi di commandare à gli huomini, perilche il trombetta ridendo dif Grande imprefafarà lamia hoggi à trouare chi voglia comprarfi vnpadro ne. De?motti di Spontanea accufitioneè ridicolo quello d'alcuniamici di Tirro,che, vditi da effo fra la cena murmurar di lui grandemente,® chie– dendo la caufa di questo, non potendo trouare altra fenfia, differo. Sa Signore che fi'l vino non ci mancaua, hauremmo fatto anco di meglio. De motti di deCiderìi estremi è affai ridicolofo quello di colui, thenotand m
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