GARZONI - La piazza universale - 1589

V X 1 V E R S A L E . 77 9 in-v} fiume diffe. Vorrei, che que^o fiume foffetutte ricotta, &chelerì- pe fio/fero lafagne\ che mi varreifòmmergeT 'da me He fifequa dentro. Fra motti di foffefaco nfiderottone è anno aerato p er curiofo quello del Rè Hen– rico, che, dicendogli vn fino creato per tentar Itfua volontà, cbepertut- to fi dice va,che egli farebbe gòuernator e del Boto di Saluzzp, tiSpofe.ta fida pur dire, che non fan quel che fi pefibino. Framottidi fimilitudìne è bellijf'» > quel dAugutto, che advn fuo foldato y cbegli porgeva vnapa- liZacon timidità diffe,nondubitare, che non porgi vno tauola adirne Eie- N e u i o fante. De'motti dirifcntimento ci è quello, cheracconta l^euiOToeta Comico d'vn padre, chevUlodalfigliuol lagrimare, effendo Hatoqueldì condennato ; & dicendo il figliuolo, perche piangi tu padre i r B^fofe,be- Hia vuoi tu ch'io canti ? Fra motti inaspettati fi pon quello di Craffo, che dicendo vn fuo auuerfario dhauer vdite vn certo fatto, diffe verfo di quel lo, non potrebbe anch'effere, che tu haueffi male intefo ? Et dicendo effo di sì; foggionf e, non può anco cffere, che colui non l'habbia detto i RiSpon dinào dì sì ; foggìonfe , non può anch'ejfere che tu n on lhabbia vdito f 5 on– de tutti rifero del motto, che lo ficherniua per buomo dì poca fede. Fra motti di fherxpè potto quello di Cicerone, che diffe cantra Sefio Clodia Thormìone, che non era men negro,nè meno prefuntuofo, che foffe Tbor- mime Terenthco. Ne'motti di bugia è poke quell'altro di Cjalba,che dicendo vno, che in Sicilia s'era comprata vna anguilla briga cinque pie– di per picchi mercato, foggiunfe bugiardamente, non è maraviglia alcu– ni , perche in quel paefe ferie fanno le cintole da cingerft attorno. Fra gli A rgvti, i mordici fono i primi, fra quali fi legge quel di Caio Cefixre, the k ma Iran la Pomponio vna feritainficcia,&glarhndofi d"na ue ria rice– vuta nella fidinone fulpit ana per amòrjuo, RÌfpofe ; ogni volta che tv fug– gi non guardar mai indietro. & quell'altra di Domitia % che dolendofi (am– nio Raffio d'eff -.r trattata da lei da perfino vile, dicendo effa, che lui ven– devi le calzette vecchie daportare ; RiSfofe,nen ha mai detto quefia ,ma sì bene, che tuie compri, Si dice anca, che Diogene ad vno gii molto ric– co, per la fita prodigalità divenuta povero , vedendola mangiar dell'a– grume à cena, diffe. Se tu bauetti cefi mangiato, tu non cenar etti cefi ba– ra, & Cicerone perPvblio Quinta dice; che Scipioneèffe advn faldato, Ciceron chehaueuavno feudo fuor dimodaornata, che non fimaravigliava,ha- usnio Cidi patta la fuo confidenza più in quello, che nella fpada. Et Dio– gene pur anca, vedendo fòpra la porta d'vn buomo di mala vita quefie pa– role ficrittc^ "Per quefia porta non entri cofa cattiva. Diffe,"Per doue advn qte vi entrerà M padrone ì De 'mattidì riprenfiane fimpìataviè qveUodì Mirco Tullio > che, dicendo Fobia Dolobellagiàveccbìadha– uer treni'anni ,feggionfe. Egli è vero, pere betono ventanni, che io l hot fempre(entità dire. Et Rione dice >cbe Ckottata,fentendo vno ,cbe col Bion riprendere va'altra x diceva. non ti vergogni d'inebriarti ?]gli differ. £ tu.

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