GARZONI - La piazza universale - 1589
V N 1 V E R S est L E. ySt mo,cheimportunamla fui porta, rifondendo egli Sleffo non efferin ca– pi ; ® perche Ennio diceua, non cono fio io la -voce tua i figgiunfe egli. non hò io creduto alle volte alla tua fante, chenoneri in ca/a t ® bora tu nolvuoi credere à me proprio s* Bel motto d ironia fu, quello d'Alfonfo finta Croceche hauendariceuuto oltraggi in "Bologna da vn Monfignore d'importanza,® vedendo vno alle forche appicato per giullitia, dife ^j» Beato tu, che non hai che fare con Monftgnore.. Fra motti dinafcofafigni- fcatione fi narra quella chediedevn Signore cantravn capitano ch'era fo- iitodi perdere, & hauendavinto vnavoltaper forte, fi vestì d'un fillodi veluto chemofi, qual dìceuafidavno ,ch'era fililo di vestir fi dopò le vit– torie,mottegìando e fio,® dicendo .il faio dee effer nono. Framottidi fii- militudine Plutarco recita quello d'vn certo Romano, ch'effendo riprefo Plutarc da gli amici per hauer ripudiato vndmoglie bella, ricca,® honeiìa, sten– dendo la gamba, moflràloro il piede, dicendo.® questa ficarpa ancor e fa è nona,® bella, e nondimeno alcun non fa doue la me premei'., Framot– ti fai fi pungenti è posto quello di (fòfimo de' Medici à Meffer palla slroz? Zj, il quale, ejfendofuorufiitodiEior'enza,® mandandogli à dire, che la Gallinacouaua,gli fece rifonder e,che malamente couaua fuori del fio nido. intorno al parlar grauc i motti fententiofi fono comequeldì Fauom. **»»«"• rino, che diceua, che de gli huomini parte fin ridicoli, parte odiofi,e par- t e miferabili, i ridicoli fin quelli eh'af ir ano à cofe grandi per audacia, gli odio fi quelli che le confegmnè. i mirabili quelli, che fono ingannati dalla. Cieca ffieranza->* Et Euripide dice, che Efopo fileua dire, ch'ognun Euripide.. partauavna ficarfelladi dietro, ®vnadauanti, nella prima portando l difetti fuoi, neM feconda quelli daltri. Fra motti prouerbiofi è posto- quello di (atone,che diffe d vn giouene sfrenato. il tempo ò giouénemd- tura ognicofa.. Fra granitemi s'enumera pur quel di Catone, che per– ca f oda vnacaf a che vnfachino portauain falla, ® dopo il colpo di– cendo -, guarda, Rityofehaitu altroin fiattachéquella caffal Fra motti dirifyojìa. penfata è quello di Diogene y che chiesto, perche gli huomini fan pia pretta elem'ofina i zoppi, &• liruppiati, che à floffi, ® fauij, diffe.. Ter'chetemono poter più presto diventarzoppi, ® Stroppiati,, che filofifi,® fauij. Et fra detti grauiè poflo quel diM. Tullio ,che\^> éceua+cbenellecongiure fyeffò auuieneche i pochi non baffano,® imol- tilefioprena. Et quello batti intorno d. tutti i motti in vniuerfdlcs „ , ìq'uali: fin vitto fi, quando fin troppo freddi, a troppoacerbi ,ò troppa dishonefli, ò troppalhentiofi,ò troppofyeffie tedioft, ò troppo vili', òcon maniere divoltotroppocontrafatte,,otroppo affettati, ®preparati, à troppo inhumani, a troppo prefontuofi, e fuperbì, o troppo maligni, ò troppo fuor di tempo. Terò s'bada guardardiligentemente, che fiati fatiche glìanimi de' cìr constanti fi n'habbiano da ditettare, ® non da. fiandalizgrzji.. Et con la profeffioneie'mottivengonoimco gli Enigmi, de'
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