Hospitale_ocred

boschivi, ed altri ancora coltivati a vigneto. Cfr.: P. BASILE, cit., pp. 213-214. 28 G. ALBINI, Dallo sviluppo (...), cit., p.55. 29 G. ALBINI, Dallo sviluppo (...), cit., pp. 30, 68-71, 74; G. ALBINI, Carità e assistenza (...), cit., pp. 217-224. 30 Per approfondimenti sul processo di riforma ospedaliera, si rimanda a: A. Ricci, La realizzazione della riforma e la sorte degli ospedali minori, in R. GRECI, 2004, cit., pp. 79-133; G. ALBINI, Carità e assistenza (...), cit., pp. 224-232. 81 L’Ospedale Rodolfo Tanzi non dà ricetto a malati di malattie incurabili, ricoverati nell’apposita struttura dell’Ugolino da Neviano (cfr. anche precedente nota 19), e non accoglie neppure i soggetti colpiti da malattie contagiose, che trovavano ricetto nei cosiddetti lazzaretti. Lungo le strade battute dai pellegrini e dai crociati erano collocati gli Ospedali di San Lazzaro, protettore dei lebbrosi, fuori dalle mura della città per il necessario isolamento dei malati. Lungo la via Emilia, ad est di Parma, nella località ancor oggi chiamata San Lazzaro, era l’Hospitale pauperum leprosorum, già esistente nel 1169, dipendente dal Monastero di San Giovanni Evangelista di Parma e gestito da un rettore che viveva sul posto (corrispondente al fabbricato oggi comunemente conosciuto con l’impropria denominazione di Rocca di San Lazzaro, che prospetta sul lato sud della Via Emilia Ovest e si articola attorno a corti interne). Nel 1548, fu aggregato all'Ospedale Maggiore di Parma e servì saltuariamente in caso di pestilenze fino al sec. XVIII (nel 1630 ospitò le vittime della famosa peste di manzoniana me- moria e poi, a varie riprese, i colerosi). Cfr.: M.0. BanzoLa, 1980, cit., pp. 38,138,152,163,164,217 e M.0. BANZOLA, 2001, cit., pp. 16-19 e notel1-16, alle pp. 77-78, con relative bibliografie. Nel frangente di epidemie contagiose, venivano utilizzati anche altri immobili situati al di fuori delle mura cittadine per ricoverarvi in isolamento i malati. Specifica A. PEZZANA (Storia della città di Parma, II, Parma, 1847, pp. 292-294 e nota) “/...]la chiesa di S. Leonardo (distante un miglio dalla città) in tempo di pestilenza era insieme con le case ad essa aderenti, il comune ricovero degli appestati e di chi dava sentore di essere tale”; e questo anche durante la pestilenza del 1468. ® T. Bazzi, U. Benassi, Storia di Parma, Parma, 1908, p. 115. 33 A. PEZZANA, cit., III, p.325. Già dieci anni prima, nel gennaio 1460, gli Anziani avevano scritto alla duchessa Bianca Maria Visconti, perché intercedesse presso il duca affinché, a sua volta, si rivolgesse al papa per dare inizio al processo di unificazione, come era già av- venuto in altre città (cfr.: G. ALBINI, Carità e assistenza (...), cit., p. 226), ma quest’istanza non aveva sortito alcun effetto (M.0. BANZOLA, 1980, cit., p. 96). 34 M.0. BanzoLa, 1980, cit., pp. 106, 108-111. Su Giovanni Antonio Da Erba (m. a Parma nel 1507 ca), cfr.: R. LasacnI, Dizionario biografi- co dei Parmigiani, Parma, PPS, 1999, II, pp. 530-531 e relativa bibliografia. Sulla famiglia Da Erba cfr.: A. CoccioLi MASTROVITI, alla voce, in Dizionario biografico degli italiani, XLIII, 1993, pp. 52-54. 8 M.0. BanzoLa, 1980, cit., pp. 111-115. Per notizie su questi artigiani cfr.: R. LasacnI, cit., IL alle voci Fatuli Gaspare (Parma, 1440- 1497), pp. 662-663, e Ferrari Antonio (Agrate Brianza, 1463-Parma, 1528), pp. 696-697, con relative bibliografie. Cfr. anche: P.P. MENDO- GNI, Artisti e Artigiani operanti a metà del 400 in Sant'Antonio Abate e in altre chiese, in AP, LXV, III, dic. 1981, pp. 263-272. 36 Dovrebbe trattarsi di Giovanni Geminiano da Monchio de Mutina (nato nel 1463) abitante nella vicinia di Santa Cecilia e facente parte di una vera e propria dinastia di boccalari, [cfr.: F. DALLASTA, R. LasaGNI, Leonardo Aicardi de Monchio (1498-1554), pittore e ceramista parmigiano della bottega dei Mazzola, in “Aurea Parma”, LXXXV, fasc. III, sett.-dic. 2001, pp. 331-370, a p.336, nota]. Secondo G. Campori (Della ceramica in Parma, Pesaro 1879, p.121) e A. PEZZANA (cit., IV, p. 351 e V, p. 162), l’autore del cornicione sarebbe invece Giovanni del Rio da Guardasone, iscritto nel 1492 tra i creditori dell’Ospedale (A. Morpacci, Ceramisti e maiolicari, in G. GODI, a cura di, Arti e mestieri a Parma dal medioevo al XX secolo, Parma, Step, 1987, pp. 68-81, in particolare, p. 72). Col termine di maestri bocalari si indicavano i produttori di boccali, contenitori e stoviglie in terracotta. Giovanni e Giambattista sono nomi frequenti dal XV secolo, nelle famiglie di questi artefici (ricordiamo anche Moile Giovanni Battista) tanto da generare confusione sulla paternità delle opere, dove viene specificato solo il nome seguito dall’attributo di bocalaro (San Giovanni Battista è uno dei principali santi protettori della città di Parma). ® Cfr.: FE. ToneLLI, Bernardino Zaccagni e un inedito contratto d’appalto del 1500 per l'ospedale grande a Parma, in “Presenza Tecnica”, 252, febb. 2010, pp. 70-73. Per notizie biografiche su Bernardino Zaccagni (Rivalta di Lesignano, Pr, 1455ca — Parma, 1531), cfr.: R. LASAGNI, cit., IV, pp. 815-816, alla voce. 67

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