RAJBERTI - Arte di convitare parte prima - 1937

scettro in mano, devono pur fare dei grandi sacrifiai di gola, non potendo mai discendere a dare un'oc- chiatina in dispensa: oh, non vorrei esser e un re! E ci vuol proprio i l condimento speciale del lardo: e fo questo rimarco perchè molti aristocratici e an- che taluni plebei rifatti, per affettazione di gusto schizzinoso, inorridiscono al solo sentirne parlare: povera gente! Di l lo tu, Giorgio, che hai tanto buon senso nella minestra, come si possa mangiar fagiuoli e cavoli senza lardo : e la nostra famosa verzata lom- barda, consolazione e ristoro delle lunghe serate in- vernali, è possibile imaginarsela senza lardo ? Sarebbe come figurarsi un marchese senza stemma, un usu- rajo senza crudeltà, un vescovo senza prebenda, che finirebbe ad esser e un vescovo i n p a r t i b, u s cioè privo delle parti più essenziali, i l vescovado e la mensa. Così la verzata senza lardo e senza cotica di majale. Le buone minestre io le divido in due grandi cate- gorie: minestra nobile o del cuoco, minestra plebea o della serva. La prima più dottamente artificiale, confezionata con sughi delicati e leggieri, mi rende- rebbe l'idea di una bellezza sfumata, aerea, di una silfide d'Albione, dai capelli dorati, dalle pupille ce- rulee, dalla pelle alabastrina. La seconda, più natu- rale, composta di clementi primitivi e sinceri, è una

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