RAJBERTI - Arte di convitare parte prima - 1937
lasciarla a gloria esclusiva della gentaglia denarosa, quando celebra nozze, e vuol farsi ammirare dal roz- zo parentado. Là tutto è in armonia; e la sposa gras- sa e rubizza, con indosso tutti i colori dell'iride e mezza bottega d'orefice, incoraggiata assiduamente con la voce e coi gomiti a mangiare, risponde sghi- gnazzando: «Sono piena che non ne posso più», e fra gli evviva assordanti scaglia manate di confetti in volto agli avvinazzati commensali. Un pranzo di buon gusto, lontano egualmente dalla parsimonia come dalla matta ostentazione, dovrebbe constare, a mio debole avviso, di cinque piatti o, al più, sei: i tre d'obligo, frittura, lesso, arrosto, con qualche altro intermedio. Non terrò computo nè d'una verdura, nè d'un po' di salato, come ho detto indietro. Volete proprio sfoggiare? aggiugnete un dolce, un gelato e altre bazzecole di credenza : chiu- derò perfino un occhio se vi sarà un pesce squisito che per noi gente mediterranea è oggetto di lusso; e allora avremo un vero pranzo in apolline. Ma poi basta, basta davvero: i l di più è sprecamento, è lun- gaggine, è noja, è indigestione, è lavorare a benefi- zio della medicina. Nè vanno più in là le case cospicue per ricchezza e buon governo, nemmeno in giorni d' invito, salvo
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