RAJBERTI - Arte di convitare parte seconda - 1937

non potè a meno di levarsi in piedi e apostrofarlo a un di presso così: «Oh, riverisco divotamente i l signor mille e ottocento due! Al tro che n aat m e c u, m consule M a n, l ai on p h olr a Tu sei nato tre anni prima di me, c o n s tei lNapoleone M aog n che valeva mille Manl i,i e un milione di anfore o di fiaschi, che è poi lo stesso. Ma sai tu che, per essere un vino, sei di un'antichità così prodigiosa come le piramidi di Egitto, e i l carnevale di Venezia, e le rovine di Per- sepoli, e l'incendio di Pentapoli? Vino dell'otto- centodue, che stai per morire carico di anni e di meriti come l'uomo giusto, senti bene cosa ti dico i o: Quando penso all'epoca che andavo a scuola a far raccolta di pugni e schiaffi e bacchettat e perchè mi infastidiva del verbo f a s t iod i e non capiva mai i tradimenti del verbo capto capis, mi sembra che ci sieno passati sopra dei secoli: e tu, vino, eri là ad aspettarmi ; anzi eri già un vino vecchione. Vo ancora indietro indietro con la memoria fino all'età infan- tile, quando mi mandavano vestito da donna, tempo che all'incerta e confusa reminiscenza si richiama co- me annebbiato e favoloso per enorme lontananza : e tu, vino di una longanimità infinita, eri là tranquillo ad aspettarmi. Che dico? mio padre era forse an- cora filosoficamente nemico del matrimonio: mia

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