RAJBERTI - Arte di convitare parte seconda - 1937

a mettermi in grande sospetto che questo libro con tutto i l suo merito mi offra fisonomie e pose e tinte piuttosto artifiziose e convenzionali dhe vere. Se ci fosse natura, come farebbe a dimenticare sempre l'o- ra del pranzo? Non v'è nè poema nè romanzo dal- Y l l i aed ai Promessi Sposi dove non si mangi e non si beva: e questa sentimentalissima Corinna non ci diede mai nemmeno un sorbetto o un bicchiere di l i- monata. Che i l cuore di madama Stàel sia stato così grande da invadere tutto i l posto del ventricolo e r i- durlo a zero? A ogni modo, doveva ammettere que- st'organo negli altri, e rispettarlo... Ma, oimè! è questa la succosissima quintessenza morale dell'ope- ra? torniamo subito a casa. Nel popolo i pranzi sono spesso guastati dal t r o p .p o Troppi cibi, troppi vin,i troppa gente, troppe insi- stenze di cordialità. E quando al troppo si contrap- pone un qualche poco, poco locale, poche suppellet- t i l i, poche persone di servizio, poca previdenza, ecc., il convito decorre impacciato, fecondo di molestie, con pericoli d'inconvenienti, e si è sempre sull'orlo del ridicolo perchè tutto sente la straordinarietà e lo sforzo. G l i eccessi impediscono poi l'onesto desiderio della reciprocanza : e finiscono talora a render dif- ficile l'accettare. Tizio e Sempronio sarebbero pur • — 187

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