RENGADE, I bisogni della vita, 1887 copia

L’ ARTE DI ESSER FELICI t 467 esigerebbe grossi volumi, e la conclusione potrebbe èsser benis­ simo che, malgrado le numerose modificazioni che subisce ancora tutti i giorni, il vestito non è mai stato razionale come quello dei parigini odierni. Questa opinione sembra oggi così generalmente accettata, che la moda parigina è ora sovrana in ogni paese e che i popoli più gelosi di conservare le loro tradizioni, quelli stessi il cui vesti­ mento è determinato da condizioni affatto speciali dell’ambiente in cui sono posti, non esitano più a rinunciare al loro vestito nazionale per vestirsi alla francese. Dal punto di vista dell’arte si può forse rimpiangere questo fatto, ma dal punto di vista dell’igiene e del progresso non c’è veramente motivo di esserne malcontenti. In ogni tempo e colle sue trasformazioni successive, il vestito ha fedelmente espresso nelle società umane lo stato dei costumi e degli animi. Per non considerare che le principali fasi della sua evoluzione in Francia, noi lo vediamo dapprima prèsso i Galli nostri avi composto essenzialmente delle brache e del sajone di lana che i contadini e i pastori delle più lontane campagne por­ tano ancora. Nel medio evo, quando non è la pesante armatura del cavaliere, è la lunga toga e la cappa del castellano, il gran sajo del borghese, pesanti e severi come il vestito del monacò allora onnipotente. Colla profonda rivoluzione che si opera al Rinascimento sembra che il vestito si modifichi ancor più dei costumi e delle idee. Infatti è l’epoca dell’estrema eleganza e della ricercatezza nei vestimenti, il tempo poco serio delle mantelline di velluto, delle giubbe di raso, dei calzoni a sgonfi, degli ornamenti di merletto. Più tardi, nel secolo XVII, il vestito, sempre conservando la sua magnificenza, acquista un carattere di distinzione e di buon gusto. Per tutta la durata del XVIII secolo va sempre più sem­ plificandosi senza cessare d i essere elegante; q u i n d i , dopo alcuni

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