RENGADE, I bisogni della vita, 1887 copia
5 8 4 I B I S O G N I D E L L A V I T A spingendo fuori dell’acqua or l’uno or l’altro dei bracci e ricon ducendoli poi alla maniera di un remo sotto il petto. Senza troppo affaticarsi si può anche nuotare a cane, alzando ed abbassando alternativamente le mani per attirare verso il corpo l’acqua, che le gambe poi respingono subito. Fra le varie maniere di nuoto, una delle più utili e la meno faticosa è quella che consiste nel fare il morto rivolgendosi sulla schiena, mantenendo diritto il tronco e la testa rovesciata in dietro per battere l’acqua colle mani e coi piedi. Ma non basta saper ben nuotare, che, se ne abbiamo d’avanzo per il nostro diletto personale e per salvarci la vita all’occorrenza, non ne sapremo invece mai abbastanza per soc correre utilmente una persona sul punto d’affogare. Per far ciò bisogna prender abitudine a slanciarsi nell’acqua e il mi glior metodo per farlo è quello di gettarsi da una discreta al tezza in un’acqua profonda Dopo aver ripetuto parecchie volte tal esercizio, se ci avviene di buttarci nell’acqua non pro viamo più la minima impressione di paura, e conservando tutto il nostro sangue freddo possiamo operare un salvataggio con tutta speranza di successo. Per quanta intrepidezza si possieda, non è senza riflessione che si riesce ad afferrare l’annegato a mezzo soffocato dall’asfissia. Si deve in primo luogo evitare di lasciarsi prendere, e per far Primo movimento. Secondo movimento. colla testa e le braccia in avanti.
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