RODA - Manuale dell ortolano - 1882 copia

presa; per quanto questa teoria sia giusta e conforme alle buone regole, noi crediamo che per molte piante riesca quasi impraticabile, perchè volendo eseguire le trapianta­ gioni a questo modo è necessario seminare non solo molto largo, ma diradare talmente le pianticelle da lasciar at­ torno ad ognuna uno spazio per potervi introdurre la mano o almeno un trapiantatoio (fig. 92) onde estrarle col necessario pane di terra senza scoprire le radici ; ora questo modo di trapianto, mentre diventa meno spiccio, richiede uno spazio molto maggiore per le seminagioni, che si fanno generalmente in spazi ristretti, essendo tal­ volta il giardiniere anche costretto di servirsi dei vasi, delle cassette e perfino delle pignatte. Altri pratici non meno autorevoli (coi quali siamo noi pure dello stesso parere) affermano che quelle piccole mu­ lilazioni che subiscono le radichette delle piante al mo­ mento del loro trapianto, invece di recar danno al loro futuro sviluppo, giovano invece amigliorarlo, perchè queste stesse mutilazioni fanno sviluppare un’infinità di altre pic­ cole radichette o barbe, come chiamansi comunemente, le quali tutte funzionano a beneficio delle piante, trovan­ dosi così moltiplicate le bocche chele alimentano, devono necessariamente determinare in esse uno sviluppo mag­ giore; ed è per mezzo di questi trapiantamene appunto che molti giardinieri giungono a conservare costantemente le varietà più pregiate, le quali, se durante un periodo più o meno lungo si continuassero a raccogliere le sementi nel sito stesso ove si seminano, molte varietà ritornereb­ bero allo stato primitivo, cioè perderebbero quella succo- sità che le rende ricercate. Per assicurare la ripresa delle piante trapiantate, noi abbiamo suggerito d’inzuppare le loro radici in una tenera poltiglia composta con sugo di stalla, acqua e terra argil­ losa, ovvero con sterco bovino, acqua e terra argillosa, — 1i l —

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