RODA - Manuale dell ortolano - 1882 copia

squame rimaste, e con un piccolo cucchiaio sottile da caffè, introdotto destramente, procurano di estrarre dal­ l’interno le pagliuzze, le quali altro non sono che minu­ tissime squame pungenti, epperó incomode a mangiarsi. Tuffansi in seguito questi ricettacoli così mondati nell ac­ qua fresca, ove dopo due ore si estraggono e si pongono ad asciugare sopra cannicci al sole per due giorni ; indi, per asciugarli affatto, li fanno passare al forno con lentis­ simo fuoco; ovvero gl’infilzano e li espongono ad una cor­ rente d’aria. Quando ne vogliono far uso, gl’immergono qualche ora prima nell’acqua tiepida. Le teste o ricettacoli dei carciofi offrono un cibo molto ricercato e salubre, quando cotte vengono apprestate in diversi modi nelle cucine. Desse si ponno altresì consu­ mar crude, mangiando le teneri squame condizionate solo con olio, sale ed un po’ di pepe, per chi lo desidera. Prima di terminare la coltivazione del carciofo non vogliamo passare sotto silenzio che dei rampolli o car­ ducci di queste piante si fanno i così delti gobbi, molto riputati nell’ Italia centrale, ove se ne fa un grande con­ sumo. Per formare i gobbi adoperano di preferenza le vecchie carciofaie che si vogliono rinnovare, e nella primavera scelgono tre o quattro rampolli i più vigorosi per ogni pianta, che ripiegano dolcemente verso terra, scavando anzi un piccol solco per adagiarveli, ed in seguito si ri­ coprono di terra fin quasi all’estremità; in questo stato i rampolli continuano a vegetare ed ingrossare, ma i pe- zioli delle foglie, rimanendo ricoperti di terra, diventano bianchi, teneri emollo delicati. Questi dunque si chiamano gobbi, appunto perchè presentano una specie di protube­ ranza, prodotta dall’incurvamento che subiscono nel ve­ getare trovandosi ripiegati contro terra. In questo modo si possono utilizzare i rampolli che si — 265 —

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