SORBIATTI - La gastronomia moderna - 1871 copia
226 § 85. Costoline di piccioni fritte alla piemontese (Côtelette s de pigeons frits à la piemontaise). Spiccati i petti di piccioni come sopra, collocateli in una tegghia nella quale avrete disposto al fondo quat tro sottili fette di lardo e 85 grammi di burro, fateli friggere a fuoco ardente, tanto da una parte che dal l 'al tra, lasciando loro prendere un legger colore; indi versatevi un bicchier di vino bianco ed un mesloletto di brodo o meglio consommé; tevi una fronda di sedano, tre chiovi di garofano, una ca- rota, uno scrupolo di spezie e del sale. Coprite la tegghia, la- sciandola sobbollire per un'oretta circa; in seguito, levateli, collocandoli asciutti dislesi in una tortiera. Fate un poco di béchemelle (vedi nel cap. II), alla quale unirete turalo di un pizzico di prezzemolo, due funghi o tartufi, ed un pocheltino di poppa di vitella colla; amalgamatela con un tuorlo d'uovo ed uno scrupolo di noce moscata grattuggiala, coprite in seguilo ogni filetto di piccione colla béchemelle, attorniandola a ciascun filello. Immersi poi nell'uovo battuto, indi nel pane gral tuggialo, fateli friggere nella frittura ben cal- da (vedi questa nel cap. II), a color biondo. Serviteli su di un piatto con salvietta e guernileli di prezzemolo fritto intero. § 86. Piccioni arrosto in cazzeruola (Pigeons rôti s en casserole). Si preparano come la pollastra in cazzeruola (vedi qui sopra). § 87. Delle tortore (Des tour tereaux). Le tortore nel loro gusto si avvicinano mollo al piccione, e si allestiscono anzi nella stessa maniera. Le selvatiche poi sono più pregiale delle domestiche, le quali si cuociono ge- neralmente allo spiedo. § 88. Del gallo d'India o gallinaccio (Du dindon). Il gallinaccio o pollo d ' I nd i a, quando è giovine, ha un soave sapore. Quantunque la sua carne sia un po' asciutta, abbonda però molto di osmazoma. La femmina è migliore del maschio, tanlo più quando ha la carne di un bianco az- zurrognolo, e sia ben nudrila e non troppo grassa. Esso si deve lasciarlo affrollire per diversi giorni, cioè, almeno da sei a selle giorni nel verno, e da tre o quat t ro giorni nella stagione estiva in un luogo fresco ed asciutto.
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