LA CUCINA ITALIANA 1930
L A C U C I N A I T A L I A N A j n « p- JUa Ksucina degli stomachi deboli o MANICARÉTTI - PIATTI PRELIBATI • CUCINA FOLCLORISTICA - CUCINA CONVIVIALE CAPRETTO ALLA ROMANA Capretto « brodettalo ». Si fa cuocere il capretto come se fosse per ar- rosto o pei- umilio ( con olio e butto nella te- glia, senza nessun odore). Intanto si sbatte m una tazza rosso d'uovo ton sugo di limone (re- golando, naturalmente, le proporzioni secondo la quantità della carne) è al momento iti cui sì leva il capretto d'ai fuoco, vi si versa sopra. Tale b a g n a dev ' ès sere ' abbondante, si da co- prirlo. Capretto alla cacciatora. Fatto a pezzi, 'si mette a rosolare in olio e burro, con qualche spicchio d'aglio. ^ • Sempre; per ógni piatto, al burro o ali olio si uniscono 'nella téglia dwé o tre spicchi d'aglio intieri; schiacciati, che servono a «digrassare », avendo cura di levarli quando si toglie il cu- cinato dal fuoco. Qu a n do i l capretto (o 1 abbacchio romano) e ben c o l o r i to (dopo circa mezz'ora) vi si versa lentamente un pesto che si sarà preparato nel mortaio, composto cioè di due acciughe, pochis- simo aglio, ramoscelli di rosmarino e un cuc- chiaio di buon aceto. BRACIOLINE CON LE ACCIUGHE Si mettono in un tegame di terra, con olio, sale e pepe.. Se.si adopera la conserva salata allora non si mette il sale. Quando le bracioline avran- no ritirato l'acqua che fanno, si mette la con- serva. a g g i un g e n do via via qualche poca d'ac- qua. D o p o clie le bracioline saranno cotte, mettono le acciughe in proporzione; per es.: con una libbra di bracioline ci vogliono tre acciughe Queste si fanno bollire alcuni minuti in modo che si disfacciano e il sugo venga ritirato piano piano in misura giusta. Quindi si portano in ta- vola ben calde. „ si i verità più grande fu detta di {issimi. Nel 1513 fu dato un pranzo per far feste Forse non mal quella che annunciò — : senza saperlo — un po- vero ' diavolo ' di -vagabondo che si affaccendava a roecare qualche soldo a vagabondi come lui, ma' più fortunati: — Per la fabbrica dell'appetito, signori! Tutto per lo stomaco, il gran dio dalla vota- ta inverosimile', al quale tutti sacrifichiamo. Nascendo, difatti, per prima cosa chiediamo il capezzolo... Nella vita esprimiamo la nostra gioia ;d il nostro dolore con banchetti più o meno funestati da brindisi. Banchetti di gioia, ban- chetti politici, tinaiK'o banchetti funebri... Ogni nostra festa va a finire in un banchetto: non si può fare a meno di piangere o di ridere senza aprire la bocca per mangiare e per bere. E' da qui il detto della saggezza popolare:! tutti i Salmi finiscono in gloria. Tremila lire per sei triglie. 1 Le cronache son piene di pranzi celebri, pian; zi che piti son celebri' quanto più roba si è get- tata via, c quante più grosse indigestioni si son buscate i convitati, I Romani, veramente, pen- savano a tempo a certe cose e Seneca aveva ra- gione di scrivere « edunt ut vomant, vomant ut SALSA AL MADERA Affettate una grossa cipolla e una piccola ca rota che metterete in casseruola con 50 gr. di . burro o lardo vergine. Fate cuocere adag io ada- ì gio e bagnate con un litro d'acqua, sale e pepe. 1 due cucchiaiate di salsa o conserva di pomi- doro, mezza di estratto Diebig o altro, mazzetto di prezzemolo, timo e foglia di alloro, e lasciate cuocere circa venti minuti. I n t a n t o sciogliete ir una tazza di acqua fredda tre cucchiaini di fa l'ina, rimestando perchè la miscela sia liscia e senza grumi e versate nell'intinto bollente, ri ' movendo, e prenderà subito la consistenza di salsa. Fate cuocere altri venti minuti e passate il tutto allo staccio in un'altra casseruola. Ag- giungete un bicchiere di Madera o di Marsala e 100 <*r. di burro che farete prima imbiondire, J lUa non ann e r i r e, i n tegàt ì ie; versate gli avanci ! e s ca l dati che siano, servite il tutto. ! OFFELLE DI MELE Frutta candita gr. 40, zucchero in polvere • gr. 100, mele gr. 500, polvere di cannella gr. 5, farina gr. 250, burro gr. 100. •1 Affettate le mele sbucciate il pm sottilmente • che potete e mettetele a cuocere con centilitri . quattro d'acqua aggiungendone ancora se ne oc- c o r r e rà fino a che diventino disfatte. Indi ag- giungetevi lo zucchero ed in ultimo le frutta triturate, la cannella e, quando il tutto già ben . r i s t re t t o, s c ende t e l a. . . . . Fa te una pasta f r o l l a c o n l a f a r i na, i l b u r r o e , poca a c q u a q u a n to bas ta p e r r e n d e r la ma n e g - 5 p i ab i le senza t r o p p o l av o r a r l a. S t ende t e la a t re o qua t t ro m i l l i me t ri d i spe s s o r e, t ag l i a t e la a d i - J schi me t t e t e vi l e me l e" d e n t ro s o v r a p p o n e n d o vi un a l t ro d i s co e d a v e n do c u ra di b a g n a re c o l di - to i b o r d i c he c o s ì i n c o l l e r e t e. Fr as t ag l i a te c o n la r o t e l l a, d o r a t e le c o n t u o r l o d ' u o vo ed i n t o r - ba t e le p e r p o i s p o l v e r i z z a r le d i z u c c h e r o. edant ». Se si pensa che Vitellio spendeva ottan- tamila lire per cena, che un banchetto di Nero- ne fu degno di essere immortalato da Petronio nel Satyricon, che Un Apic'io per tré triglie spese seimila lire, Ottaviano per uno solo dei detti pe- sci sborsò • novàritahovem ila li re,''Calli odoro per comprare una triglia di quattro libbre cedet- te il suo schiavo migliore, Caligola, Cleopatra e la etèra Lollia Paolina mangiavano perle stem- perate nei manicaretti più gustosi, se si pensa a questo sperpero fantastico, si può ben avere un'idea di quajnto si sacrificasse al ventre in Ro- ma antica. Un pranzo con sedici portate di carne Ma l'uso non decadde, anzi riprese più forte e più profónde radici nei secoli dei barbari fino ai t emp i più v i c i ni a noi. Anzi se i Romani di- mostravano di avere qualche raffinatezza nel gu- sto ed imponevano ai loro cuochi equilibri dif- ficilissimi dì arte culinaria col volere l'un dentro l'altro e tutti a perfetta cottura più capi di sel- vaggina, più tardi, per i loro discendenti imba- starditi dàlie invasioni, bastava l'arrosto d'un solo intero bue o d'un solo intero cinghiale. Si passava da un'esagerazione all'altra; al tempo dei Cesari si badava a contentare il gusto, più tardi, travolto l ' Impero, si soddisfaceva solamen- te e semplicemente l'appetito. Cosi nel pranzo imbandito per le nozze di Lionello e Violante vi furono sedici — 1 ben sedici — portate di car- ne per Io più tutta e sempre arrosto, e, badate che, su per giù, tutte le « imbandisioni » era- no coiiie la seguente,;. « la terza imbandisione fu un grande vitello tutto dorato con truite dora- te » . Di pranzi celebri e memorabili ve ne sono mol a Giuliani) dfc-ì 'Mèdici; 'elètto cittadino di Roma. •;( AI suono di trombe e pifferi — narra Guido Mazzoni — otto vassói di bécca fichi arrosto, ot- to <ìi quaglie', otto di animelle, otto di torte gre- che, otto' eli'Starne alla catalana,'quattro di gal- letti « clic stavano in piedi còme se fosèerò vivi » quattro -di galline conciate a ino' dei loro ma- riti, otto grandissimi piatti pieni di caponi al- lessi coperti di savore bianco, otto piatti con fo- caccine di marzapane, otto piatti con pastèlli di quaglie, un irióniòne da' quattro còrni, allesso, rivestito con la sua pelle, ma talmente concio sopra una gran 'conca indorata che stava in piedi et Aiv<b ' parèvii i>. I banchetti di Bonifazio II Memorabile anche è la « corte bandita » a Mantova dai Gonzaga nell'occasione di uii tri- pìifefe sposalizio, della quale si trova la descrizio- ne data dall'Aliprando nella raccolta del Mura- tori. I convitati recarono doni ricchissimi: tre- centotrentotto vesti preziose, coppe e vassoi d'ar- gento per il valore di duecento cinquanta mila marchi, duemila ducati in moneta sonante, ven- to tto cavalli ed altri oggetti ;>è£ un valore di cir- ca cinquantadue mila lira. Bonifazio II, padre della celebre contesa Matilde, t enne banchetti per tre mesi consecutivi, a j quali convennero du- chi con i cavai ii ferrati in argeilto, tempo nel qùalo' il popolo potette attingere vino dai pozzi con secchi legati a catene d'oro, come narra un cronisti? dell'epoca. Certo è però che Ferdiando d'Aragona in una « colazione generale » offèrta nel 1456 a Lucre- zia d'Alagna ed a poche ali re patrizie napoleta- ne spese noveraila lire per le sole confettili- . Si- milmente nel pranzo di Capodanno del 1458 a Castel Nuovo, Lucrezia fu-servita in piatti d'oro, saliere d'oro e diamajnti,i rubini e pèrle, va'si di cristallo di rocca intarsiati di rubini e di bril- lanti, mentre intorno alìe mense s'affrettavano cortigiani, paggi, sc,hiayj Wj turcheschi e negri. Ma Lucrezia era l'amante, non la moglie o la figlia tìr "Ferdinando d'Aragoifà! — KikiBio. condita prima ai esser esita riscaldamento » per la quale tutti gli italiani re- j sidenti all'estero avranno il piacere di gustare in j qualsiasi momento il nostro piatto nazionale. ! Tale sistema elimina gli inconvenienti più im- portanti' (eccessiva cottura c cottura in acqua scarsa! e dà, d'altra parte, l i possibilità in qua- lunque luògo e in qualunque momento di otte- nere in un tempo assolutamente minimo un piat- to èccélleiite, senza la preoccupazione di dover preparare pasta, salsa, sale e formaggio, trovan- dosi il tutto contenuto nella .( Scatola di cottura a surriscaldamento ». La scatola contiene 300 grillimi di pasta e la chiusura superiore è costituita da una seconda scatola assai più piccola che contiene 70 grammi di condimento in quattro varietà, a scelta del consumatore, Si sceglie una casseruola capace di contenere la scatola di cottura, si riempie d'acqua, si porta all'ebollizione, e si immerge lentamente nella casseruola sostenendola per la cordicella. Quan- do la scatola è completamente sommersa si ap- poggia la cordicella sull'orlo del recipiente per potersene poi servire per la rie-ti azione. II fenomeno che evita • l'ammassamento e l'in- collamento della pasta è causalo dal surriseal- (¡amepto dell'acqua nell'interno della scatola e dal movimenti? eoi?'inifo che il vapore imprime alla scatola stessa, L'amido della pasta non viene quindi solubile, ma per l'elevata temperatura limane integro in tutta la sua costituzione chi- mica conservando il caratteristico aroma del se- molino di grano, che con il comune sistema di cottura si disperde. L'acqua esterna comunicando con l'interno del recipiente attraverso le valvole del fondo, rico- pre la pasta e discioglie il sale, che in maggior parte viene assorbito dalla pasta. fi' necessario che l'ebollizione dell'acqua non subisca interruzioni. La pressione che il vapore forma nell'interno della scatola, alimenta ii Calore in rispetto a quello dell'acqua esterna.' Dopo 12 minuti si ritira la scatola servendosi delia cordicella e si tiene sospesa per pochi secondi onde permettere all'acqua di defluire' attraverso le valvole del fondo. Si toglie il coperchio facendo leva con il manico di una forchetta e si versa la pasta in un piatto. Con la chiavetta annessa alla cordi- cella si apre la scatoletta che funziona da coper- chio e si rovescia pulii pasta la squisita salsa contenutavi che insieme alla pasta ha comple- tata la'sua cottura, L'invenzione parti dal concetto di diffondere all'estero l'uso della pasta asciutta; ina per il modo praticò col quale se n'è'effettuata l'appli- cazione J1 nuovo sistema fa fare un passo gigante all'alimentazione, mei tendo in.grado tutti, i. buon- gustai di preparare i nostri gustosi piatti senza molti ingredienti necessari e senza alcuna abi- lità. Viene inoltre facilitata alla donna moderna la preparazione di un alimento che richiede una Ceria competenza ed un assortimento complesso di ingredienti, mettendola in grado di ottenere in pochi minuti il fumante piatto caratteristico della cucina italiana. UDÌ'A ALLA CREMA Semplicissime a farsi c molto indicate per bambini. Prendete degli stampini per crema, oppure delle tazze da caffè, spannateli di burro, rompete le uova, salatele, aggiungete un cuc- chiaio di crema (pannai per coprirli. Ponete i vostri-, stampi a bagnomaria- ' in una teglia alta con un po' d'acqua), passate al Corno « Reeof ix» non troppo calda, per-- circa • 20 minuti. MINESTRA DEL 'CONVALESCENTE Fate delie graziose fettine so Itili, di. pane egua- li in forma ed in grandezza, fatele tostare alla grigliai a fuoco leggero da rostare pallide. Spol- verate con poco zucchero fino; disponete in piat- to c • -vergatevi sopra del latte bollente con un pizzico, di sale. Legate, se volete, con qualche giallo d'uovo, il latte prima di versarlo. SPAGHETTI « ALLA MATRICIANA ». Per rèndere non meno gustosi, ma assai più digestivi gli spaghetti alia matrieiana, si consi- glia il seguente emendanient'ò-alla ricelta che ab- bia a i} dato per la tavola di tutti i giorni : Invece del «guanc ial e» o «Tardo», si cuo- ciano all'olio come al magro e vi si faccia un ragù di verdura : sedano, carota» pomodoro, prez- zemolo, ecc., secondo la stagione. POLLASTRI ALLA DELFINA Far rosolare in una casseruola grande due pollastri tagliati in quarti, con poco burro, mezzo cucchiaio di farina e sale. Quando saranno abbronzati, bagnarli con brodo liscio e lasciare clic bollano lèntamente. A perfetta cottura, sgras- sarne il fondo, passarlo allo staccio, legarlo con tre tuorli d'uova stemperati prima in poca pan- na, ed unirvi sotto continua agitazione, il suc- co di mezzo limone e poco prezzemolo trito. L'italiano che ha avuto occasione di viaggiale all'estero si è jeso spesso conto della ragione per cui la pasta asciutta, e in particolar modo i clas- sici spaghetti-, non abbia avuto quella diffusione che essa meritai Infatti in molti paesi la pasta alimentare, ado- perata generalmente come semplice contorno di un piatto di carne, viene messa a cuocere in ac- qua fredda: si-può dedurre come possa riuscire a cottura ultimata. 1 Appunto per ovviare a tale inconveniente, il signor Mario Spagnoli di Perugia ha fatto recen- temente brevettare una « scatola di cottura a sur- AI CUOCHI PROVETTI DEL- LE GRANDI CASE PRIVATE, DEI GRANDI ALBERGHI, DEI RI- STORANTI FINI RACCOMAN- DIAMO Dì COLLABORARE AT- TIVAMENTE A LA CUCINA ITA- LIANA INVIANDO RICETTE DI PIETANZE DA ESSI CREATE. SCIROPPO DI POMI COTOGNI. Prendi dei pomi cotogni in tal quantità che, tagliati insieme alla loro scorza in fette sottili, bastino a occupare la metà di una casseruola. Versavi sopra tant'acqua da riempire la casse- ruola stessa e mettili a bollire per alcune ore, fino a.che il tutto si riduca ad un terzo. — Ciò fatto, spremi quanto resta attraverso di una tela rada, ed ottenuto cosi un denso sugo, pesalo esattamente. Prendi ora tanto zucchero quanto è il peso del sugo, e, messolo in una bastardel- la non stagnata, o meglio in un vaso di terra, bagnalo con acqua che gli.venga a galla e una bastardella. Disponi sul fondo del mastello un molo di Jpomi d'oro freschi ed asciutti che pri- ma avrai tagliati in piccoli pezzi; spolverizza questo suolo di sale in polvere; poi stendine un altro suolo e spolverizzalo esso pure di sale; e cosi continua finché avrai dei pomi d'oro. La- scia che l'acqua gemente dai pomi d'oro gocci per ventiquattrore dal foro del mastello nella bastardella. Decorse le ventiquattr'ore, passa i pomi d'oro, già addensati, per Io staccio, e lega la purea, che ne otterrai, in un pannolino non troppo fitto. Sospendilo sopra una pentola qua- lunque e lascia che, gocciando per altre ven- ti quatr'ore, la puree si spogli di quasi tutta l'acqua che contiene. Metti allora questa puree in un vaso di vetro smerigliato al suo largo eolio, coprila di uno strato d'olio d'ulive alto due dita, chiudi il vaso col suo tappo smeriglia- to, e. copertolo con carta, conserva così questa salsa in un sito fresco e non umido. — Volendo servirsi di deità salsa, terrai per una mezz'ora il vaso inclinato da un lato affinchè l'olio sopran- nuotanie si ritiri nella parte più declive; e dal Iato in cui la salsa resta a nudo trarrai col cuc- chiaio quel tanto che ti abbisogna per la gior- nata,' avendo cura di raddrizzare poscia il vaso Ì di chiuderlo come prima. < V. altre ricette a pagina 2 - Verdure) Le t i era l i i ra e g a s t r p e m i a Riprendendo il filo del discorso interrotto nel numero -précédente de La Cucina Aialìéàii, in questi pagina dedicata ai Buongustai, cultori Primi e perchè no? — maestri della cuciìia, t'acciaino ora un'escursione ideale, in cerca efi dementi dimostrativi del nostro assunto: dim- ani come mangi... e t p ¿tirò come scrivi. Andiamo, cioè, dove mangiano gli scrittori, per constatare se davvero ciò che mangiano «corr i sponde» a quello che scrivono. Dobbiamo, naturalmente, rifare in questo ca- il cammino inverso, con procedimento ana- a quello della « p r o v a» nelle Operazioni di ^»tmetiica : pa r t endo dall'assunto arrivare alla Premessa ' visto come scrivono;., constatiamo cò- 'n* mangiano. '"< " v i : : " ' P o i c h é i n o g n i c i t tà gl i s c r i t t o ri c h e v i r i s i e- d o no f r e q u e n t a no d i s o l i to tut ti Un m e d e s i mo f 'wtoratttej! d o v e i n l i e t i c o nv e r s a ri t r à s c o r t o no f le ore più belle » dei loro giorni, il compito indagarne i gusti non si presenta iir appareii- 'molto -difficile: ma queste» soltanto : da un inioto di vista < logistico » . Chè se il lettore fnol considerarci e penila per ùn po' alPestrénia pelicate&za delle indagini, allora comprenderà ftlanto difficile sia -questo viaggio e cOmé il ca- , ?Q consigli la massima ^prudenza e molto... di- '•niijjio tatto, se non si trattasse d'avere a che a r e cV palato! Il risforante-ritrovo dei letterati e degli arti- sti, sìa più 0 meno rinomato non importa, ma esiste in ogni città: a Milano come a Roma, a Venezia come a Palermo, dovunque vivono at- torno alle Redazioni dei giornali, alle Case Edi- trici o ai Teatri « uomini di penna » , quelli che scrivono articoli, romanzi e commedie, libri di ogni genere e cose d'ogni sorta. Il celebre Bagutta Dovendo, per l a più o v v j a delle ragioni di questo e di quell'altro mondo, cominciare il no- stro viaggio da Milano, qui, lo sanno tutti, il ri- trovo ristoratore degli uomini che c'interessano è Poramai celebre « Bagutta » , modesta tratto- ria senza pretese con l e sue insegne e vetrine di- pinte in giallovivo, angoletto strapaesano nel cuore di Stracittà, che dà il suo nome ad un ambito Premio letterario essendo assurta al ruo- lo di « Istituzione » con Statuti e regolamenti propri, fondata dai suoi frequentatori d'eccezio- ne i quali le hanno impressa una caratteristica « fisionomia » simpaticissima. «Bagutta, leggiamo nell'Almanacco Italiano del 1930, è facilmente rintracciabile; vi si può giùngere per più dì una via, da quella Via del Monte Napoleone che a qualcuno in vena d'ot- timismo' è apparsa un po' l a R ue de P^x della capitale inorale, oppure da Corso Vene- zia, ampia arteria napoleonica, o chi Corso Vit- torio Emanuele. Via Bagutta, infatti, sbocca al- l'innesto di Corso Vittorio Emanuele con Corso Venezia, dinanzi a una piazzetta con una colon- na e a una chiesetta con carillon. Sbocca da una quiete covata da odori di drogheria e di salumi e da un'ombra non tócca mai dai sole, a un fra- stuono tumultuoso... « Il visitatore entri senza timore alcuno; vada in fondo, e si fermi in una stanza non grande col soffitto un po' basso. Qui mangiano e vocia- no e danno il Premio « gli undici » di Bagutta. 11 soffitto è, tutto un affresco; le pareti tutta una tappezeria di quadretti e disegni raffiguranti i simposii avvenuti, i banchetti offerti dai Bagut- ria ni a qualche ospite più o meno illustre, sta- bile o di passaggio, in seguito ad un suo trionfo o quasi, teatrale o letterario. Sulla parte di fon- do, nella- p o s i z i o n e giacente nella quale gli an- tichi, fantasiosi cartografi, raffiguravano un fiu- me regale (Tevere o Po) svolge le sue forme ro- tonde e voluminose Riccardo Baccbelli... che è il Presidente di Bagutta... » . Intervista con Ugo Dunque... entriamo anche noi «senza timo- re » : se Italo ci si fa incontro tutto cerimonioso e gentile con quella sua faecina pallida da « in- genuo malizioso » nel giorno della prima co- munione e ci offre posto nella sua saletta dal soffitto a vetri, non diamogli ascolto. Con l'aria di chi è « uno di casa» andiamo incontro a Ugo, l'altro cameriere, quello ch'è addetto alla saletta dei Baguttiani. « bibliofilo a tempo per- so e sbdolo umorista » — come lo descrive il citato Almanacco e facciamogli intendere che vorremmo essere « dei suoi ». Egli troverà il modo di accontentarci, seppu- re dirà che nella «sal c i la» non c'è posto, e fra una portata e l'altra (da Bagutta le portate so- no sempre parecchie perchè'qui davvero si avve- ra il proverbio: l'appetito vien mangiando) vi sussurrerà qualcuna delle sue ghiotte indiscre- zioni intorno ai Baguttiani, orgoglioso d'essere il custode, colui che tiene ambo le chiavi (rife- rendoci alla dispensa e alla cantina...) delle boc- che più famose di Milano. Ghiotte indiscrezioni Letterati e artisti, filosofi e poeti, commedio- grafi e critici, nomini-pedi' !. ' accademici, di residenza o di passaggi , bino, con tutti, ovvero: con i gusti di tutti. - o ha un'invidia- bile dim'estiebezza; e .ii mai vi sa parlare, vi sa dire qualche cpiso -"irò, -qualche bat- tuta piccante pronunciala magari--«-inter s o» nella letizia di un convito, dopo dato il fondo ad alcune bottiglie di Inanella, il vino più in voga da Bagutta. — Incominciamo dal Presidente — ci fa Ugo ammiccando verso Riccardo Baccbelli che sedu- to in fondo-alla-s aletta compie una delicata-ed abile operazione intorno ad una costoletta semi- sanguinante. Come vede, egli mangia lentamen- te e cosi ritengo elabori i suoi scritti: fagioli, punta di vitello al forno, costoletta ai ferri, in- salate di legumi, vino Dianella e caffè amaro sono le sue preferenze; vivande semplici e so- stanziose: ricorda «Il diavola a Pont elungo? » lo credo che per Bacchelli sia fuori discussione la verità di quanto ha scritto La Cucina india- na riguardo alla corrispondenza che c'è fra lo stile e le predilezioni gastronomiche, e questo bene « Lo sa il tonno »... — E degli altri? — Sono tanti e tanto diversi sono i loro gusti che bisognerebbe scriverci addirittura un volu- me (Non escludiamo che qualche giorno vedre- mo lanciare sul mercato librario « Le memorie di' Ugo »). Mar inetti, per esempio, mangia ver- tiginosamente, sì che non faccio mai in tempo a servirlo, quando viene qui nemmeno con tutta la buona volontà che ci inetto e con tutti i ri- I guardi dovuti al suo rango di Eccellenza. ' Non ama gl'intingoli, o ia i miscugli c pre- ferisce la carne bianca e la pasta al burro; be- jve soltanto acqua. Orio Vergarli, il Vice-Presidente di Bagutta, , che anche dopo il suo recò'ite trapasso alla vita ¡coniugale non trascura di mandarci sempre car- toline illustrate da ogni ai gaio del mondo, si diletta con gli antipasti e gl'intermezzi, piatti igeri c allegri, gorgonzola bianco e banane... come il « Povero negro ». Pranzetti da « Danza- Irice stanca » che abbia « L'acqua alla gola » e debba compiere « / / cammino sulle acque »... | Marco Ramperti, continua Ugo sottovoce stu- ! di ¡indo si di non far trasparire alcun doppio sen- so, beve acqua e limone al posto del vino... men- are il pittore Vellani Marchi ha una speciale predilezione per la pasta « maltagliata » e per le lasagne spezzate, al contrario del suo colle- ga Steffenini che ama di avere sempre nel suo piatto òssibuehi e pasta al salto. Titta Rosa, invece, mangia un po' di tutto: r;li piacciono i manicaretti fragranti ed i « boc- concini » , mentre Curzio Malaparte proprio que- | sti aveva in odio quando era un Baguttiano pri- llila-di lasciare Milano. Musiche inusitate C'è -poi... (a questo punto Ugo .ci indica un signore di cui facendo il nome si potrebbe ur- tare la suscettibilità), che per un piatto di spu- i ghetti vuole due formaggere di pecorino grat- j tuggiato, mentre... [idem c. s.) consuma le ostri- clic che si fa mandare dal suo paese e le vuole preparate in tutte le salse le più piccanti. La « sfilata » delle interessanti rivelazioni po- trebbe continuare ancóra gustosissima: ma il let- tore a questo punto dirà che ne ha già troppo... ed Ugo deve correre da un angolo all'altro per raccogliere « i desiderata » degl'incontentabili avventori ebe già affollano i tavoli. Il signor PèpOri, proprietario di Bagutta, quan- do è giunta quest'ora potrebbe mettere sulla por- ta ima di quelle tabelle che il trainviere non ab- bassa mai per tempo davanti ai carrozzoni, per- chè. tutto il ristorante (alle 13 e alle 20) è « completo » . .E ben s'accorgano, di ciò i pacifici avventori della prima saletta dove giungono i rumori, le grida e i canti della saletta centrale che è quel- la dei Baguttiani. I quali, in attesa dei « primo » o fra un piat- to e l'altro, am mazzano il.tempo,—r è proprio il caso ìi diro cosi — cantando con accompagna- menti» enarmonico di stoviglie e bicchieri, La Wspa 'Fero: -i sull'aria dell'Inno di Garibaldi o il sonetto di Dante a Beatrice sull'aria- -di;. « .1/«- F r a n e o d e A g a s t i o
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