LA CUCINA ITALIANA 1930
IL PRODOTTO CLASSICO D! I O WA F I DUAC I SELLA MAGGIORE CONVBtlEflZÀ CTTJM GÁRM1S U non si vened scrool l S3$. ' m M CONSORZIO PER- IA DIFESA-DSi VINO TIPICO DE,L CHIANTI E DELLÄ SUA MARCAI» ORIGINE F I R E N Z E - P i a z z a S i g n o r i a -- 6 MANICARETTI - PIATTI PRELIBATI - CUCINA FOLCLORISTICA - CUCINA CONVIVIALE / SAVOIA DIVENNERO RE... PER UN DOLCE Nel" 13 k ! f u osp i te ai Ca s t e l lo d ì Cb ' ahiese » C b a u : b è r yj Ca r io di Lu s s embu r g o ,. asp i rante a l t r o no di Cariò' Magno . ' L I pr opr i e t a r ia c M " f e u d o , Mar i . - ' ier i !a' di Sa saio i Secoli, risalendo all'epoca dei Marchesi Del Carrello, Signori del Finale nel Medio Evo, e della quale si trova anche cenno nel romanzo 4. G. Barrili « Castel Gavone». di Per preparare però questo piatto bisogna, pre- metto, essere- ghiotti delle lumache, quasi alla follia, ed avere la pazienza del biblico Giobbe. v o p| g i r a ne e be l l i - ima vedova dei Marchese compenso però il manicaretto, una volta pre- C fsvairni - l i Mon f e r r a t o, v i veva f ra quei mo n t i I p a r a t o , è souisito. Procurarsi un chili)' c -mezzo di lumache, la- eoi fi.sii o qua t t o r d i c enne, i n t e l l i gen t i s s imo e p i e- no d " ini z iat ive. I l ' giórno della ''partenza delrós'jiite gradito, il gióvane Gente, al pranzo, 'di congedo pel Ca- stellar, hi «'hutía Padri » (eoA cHi^níaVá4i a quei tempi i l ' dolce} con la complicità' 'dèi 'pasticciere, si presentò sópra un piccolo' cavallo sardo, vesti- to rlcéhissimam'énte di cele.-'le (if colore' pei dcttcrBìéu SavoiaI reggendo i iel te ' propr ie mani mia giùuiHera'd'argento, sulla .quali; troneggia- va uli dó l ce compósto' di qùèlÌa'leggeris-shha pa- sta che ancor oggi si chiama « Biscotto Savoiar- do - ì • rapuresen tan te il Castello di Scialbese, cir- condato dalle nevose montagne della SaVoja, sor- montate da mia corona Imperiale. Carlo di Lussemburgo nell 'atto del giovanis- sime Conte Verde interpretò con visibi le-soddi- si azione segno di omaggio e devozione al suo de- siderio di regno. Divenuto Imperatore di 'Alle- ni agna, si ricordò di questo genialissimo fanciul- li», nominando il giovane Conte Vicario Generale 'del l ' impero: Da qui la Contea di Savoj-a venne eretta in Diicato. Mediante protezione dei discendènti di Carlo IV e mercè I ; virtù pol itiche e militari lei discendenti del Savoja, della Mori sin a e del Scialbe-e, la Casa Sabauda divenne Casa Reale. E ora eccovi la ricetta del manicaretto modestis- simo, che per noi italiani è squisitamente dolce, liei nome, nel sapore, nel ricordo e... nei futuro. PASTA PER BISCOTTI DI SAVOJA Imburrate degli stampi cannellati, spolvera- teli internamente di zuc chero .a velo, passateli alla farina. Lavorate gr. 500 di zucchero pesto, in una terrina con 12 tuorli d'uova e gr. 25 di zùcchero vanigl iato; quando sarà ben montato, sbattete in un ponzonesso IO albumi d'uovo, in- corporateli alla massa, aggiungendo 125 gr. di farina e 150 gr. di fecola, riempi te gli stampi, e incollate una banda di carta alta 25 cm. sull'alto del lo stampo. Mettete in f orno e cuoceté adagio per un'ora. — GINA ZANGTTI RUSCONI - Milano. MARMELLATA DI KAKI La marmellata di kaki si prepara come tutte le altre, ossia sbucciando il frutto e passandolo poi per staccio, poi mettendovi pari prese di zuc- chero alla polpa, facendo concentrare a fuoco moderato; occorre profumare con scorza di l imo- ne e vaniglia, mancando questo frutto di un aro- ma specifico. La concentrazione occorre sia fatta a modo di non diminuire affatto la quantità del- ta di zucchero, essendo questo necessario olire che per il gusto, per la conservazione della mar- mellata. Ad ogni n o d o consiglio di mescolare al kaki una certa quantità di mele fini di polpa. La mela è gustosa e gelatinosa in alto grado; ]} kaki non ha che da guadagnare associandovi si r ^ - A- MEBKO PETTINI - Capo Cuoco di S. M. il Re. oppur e: Preferire kaki ben maturi perchè meno aspri. Gettarli in acqua e soda un solo minuto, le- varli, tosto immergerli in acqua bollente e to- glierne il dermoide perchè il più aspro. Strizzarne parte del l 'acqua, sminuzzarli finis- i -imi, pesare la polpedine ottenuta e nel medesi- mo quantitativo unire zucchero, porgere a fuoco lento e bol l ire tenendo mosso sino a che la mas- sa diventi gelatinosa e quasi trasparente; allora è pronta: circa tre ore. Mettere in vasetti di vetro coprire con dischi <li carta pergamenata imbevuta d'alcool, eppoi coprire con altra carta pergamenata assicurata al l 'orlo del barattolo. — MARIO MARINONI. sciandole sempre nel loro guscio, lavarle repli- eaiameiitc ed- abbondantemente, anzitutto in ac- qua fresca correntie, mescolando alle ultime ri- sciacquature parecchie fogl ie di fico fresche. Si scolano poi le lumache; si spolverizzano di sale da cucina ben pestato; si ' rknescolano an- cora; filio a ohe non si ottenga una schiuma densa quasi come una saponata (la schiuma viene, si intende, buttata via). Si sciacquano an- cora abbondantemente ad acqua corrente; ver- sandovi poi sopra diversi litri di acqua bol lente con un cucchiaio di aceto bianco forte. Si sarà intanto preparato in una casseruola di terra, un deci l itro di ol io di oliva finissimo con una cipol- la affettata. Si fa soffriggere fino alla doratura della cipol la, aggiungendovi poi ^ mazzetto di prezzemolo ben trito, un pomodoro da cui si saranno tolti preventivamente i semi e la pe l l e; un ramoscel lo di basilico, uno d i maggiorana, un po' di sedano; il tutto tritato finemente. Rosolati leggermente che siano questi odori, si gettano le lumache nella casseruola; si con- discono con sale e pepe e si fanno andare a fuoco brillante. Al l orché il pomodo ro avrà colorito Folio, di rosso pal l ido, si stura una buona bottiglia di vino bianco secco; si bagnano le lumache fino a ricoprirle, lasciandole cuocere adagio ed a casseruola ben coperta fino a che non sia com- pletamente consumato il vino, rimestandole ogni tanto perchè non si attacchino. Le lumache sono in tal modo portate al com- pleto punto di cottura. Ed ecco ora la concia folklori»tica alla moda del Finale: In im mortaio accuratamente due o tre noci e parecchie nocciuolè ben secche; due cucchiai di capperi sotto aceto; un cucchiaie di, formàg- gio sardo (necessità che il formaggio sia sardo) si allunga questo « pesto » con un po ' di brodo, mescolando il tutto fino ad ottenere una specie di besciamella la quale si versa sulle lumache. Le lumache devono essere sempre lasciate nel guscio. Si lasciano ancora bol l ire (mescolandole bene perchè non si attacchino) le lumache per pochi minuti e si servono poi caldissime Avv. P. C. - Savona. La Cucina (¡egli stomachi del)oli prosciutto; escludendo LUMACHE ALLA FINAL-INA Mando una ricetta di una pietanza folklori- stira che ha nel Finale (Finale-Ligure, proviti- CARNI Per facile digerihiiitù: preferire: pol l i, vitello, cervella' ed animel le; invece caccia, selvagginu. Ma rammentare che ove trattisi di ini conva- lescente da, malattie di ricambio (aririto,, gotta, renella, uricemia, in genere) o a queste l ' enne avesse tendenza, ovvero si trattasse di un tempe- ramento arferios-sbìéroti'co, allora anzi controindi- cate sarebbero propr io le sostanze « cellulari » (cervella, animelle, ecc.) che stanno alle caini come gli spinaci- stanno alle verdure. IL jeryel-l-a, animelle e filoni al ferodo Per queste delicate carni" necessita xtno spe- ciale trattamento. Anzitutto cervella e filoni devono esseri liberati- dalla pelle che li ricopre ; le animelle, invece, dai nervi e d'ai grasso ade- 1 renti. Metterle quindi sotto acqua corrente sino a che siano: completamente dissanguate; Far bollire dell 'acqua con poco sale, »«si i o- gliolina di lauro, il succo di, un l imone, . aduna c ipol l ina; quando. l 'acqua .bol le imqtuygorri "le carni ben dissanguate e lasciar bollire tre mi- cia di Savona) dei veri fanatici; che ha attraver- miti. Ritirare la pentola e lasciar raffreddare. Estrarre le carni per l 'uso desiderato, solo quan- do l 'acqua è fredda. Professati come si. è djeM» tagliare a l'et- te piuttosto grosse, infarinare e passare po- scia in u o vo battuto, preparare i»- u»v -legnine, f i • padella del buon burro chiarificato e me t t e r vi un pezao per volta, tenendoli distaccati gli. ani dagli altri. . * Cuocere lentamente e, appena preso calere da una parte, voltarli dall'altra e dorarli afelio stesso/ modo ; a questo pumo spruzzarli legger- mente di- sale fina* Usi''aggiunta -raceoa) aliti a bile è un cucchiaio di. Sàpigi, sciolto in , mi eu-c-ohiaio d'acqua calda. Ciò aumenterà il- gusto,, la- di- geribilità e il nutrimento (essendo il Sàpis, vi- taminico). Granelli di pollo in vellutata Sbianchile 500 granimi di- granelli di pol lo come, se si trattasse di cervella, passateli nel' burro caldo siilo ad asciugarli, aggiungetevi 6 cucchiaini di. salsa,.vellutata: e -mfezaso bicchiere di panna. Cuoeete ancora qualche.istante a;-fuoco lento,, mentre rimestale con un cucchiaio, e versateli aeeòmpagnundoli con una purea di paiate. VERDURE . , , Purè a di piselli Due litri di piselli cotti stufati con acepia- s una presa di zucchero, sale necessario e cento grammi di burro. L'acqua' deve coprire a p p e na i, piselli in modo che, a- cottura ultimata, ri- mangano asciutti. Passale i piselli ancora- caldi ad uno staccio di erme; mettete la. purea in iu.u; casseruola, la- vorate fortemente con l'aiuto di una spai/ola in legno, aggiungendosi, prima 50 grammi di bur- ro, .3 cucchiaini di .Sàpis, ini bicchiere d'i latte caldo (poco per volta) sempre lavorando for- temente; lasciate scaldare bene quasi ad ebol l i- zione e conservate a bagno-maria ben coperto. Purea di patate Procedete esattamente eou l e ! J e j j a p r e d e n t e ricetta sostituendo ai pisel l i„2 chili di palate sbucciato e lessate in. acqua © j, lC . patate, appena cotte,- devono essete accuratamente sco- late e passale allo staccio-I%t calde. Unirete il burro nella lavorazione s^cessipa:, NB. — Se le patate son molto farinose, occor- rerà un po ' più di latte, sempre pé r o ' ben caldo. Purea d'i zuecB.io.e- Kg, 2500 di> zucchine pelato- e. b e a lavate,- ta- gliate a pezzetti. Procedere come nella purè.-! di carote, aggiungendo in più un, cucchiaie di salsa vellutata. A. B. — Tutte queste l 'urèes devono ossero condi te solo al momento- giusto; dopo pochi- mi- nuti lite trovereste alterato i f sapore. DOLCI Crema Ingredienti ': 1 lit.ro di latte LoJJit .j, — 200 grammi zUtche .ro vanigliato 6. uova. Mèecolate bene zucchero e uova,•-aggiungetevi il latte, miscelate ancora e passate ad un coli- no. Versate' questa crema in- r , a tegame .possi- Miniente di porcel lana (non mai di metallo)! mettete i f tegame a bagno-maria ed il tutte ai i on i o a calore moderato. Cuoeete per circa 30-40' minuti, impolverate ancora con zucchero vanigliato e servite freddi). Crema e pane Preparate delle fettine toltili-di 'pane; raffermo arrostite al burro,, disponete»® uun'steattt-.fijso in un tegame, .('come sopra-). Aggiungete -50. grammi uva Sultanina ben lavata, quindi* versatevi so- pra una CWBM come deseritia india RICETTA: pre- cedente e cuoeete' Heifidenticb' mb f o . Budino di tapioca o di semolino Ingredienti: 1 litro di latte — 20©. ; grammi- tapioca — 200 grammi zucchero vanigliato ' 6 uova. Bol l ire il latte e quindi unisvi In tapioca e il semolino lasciandoveia cadere a poco a g e c o e sempre: riihestantlo.• Cuocere'ìtntiissimm&e-ute per 10 minuti, ritirare dai fuoco, ag#iongeEe. lo. ehero e le uova battuti assieme. Per l a coltura procedere esattamente- come nella ricetta- dèlia cremai A UL I£ LOMEBARD LA CASSA DI RISPARMIO RACCOGLIE IL DANARO DEL RISPARMIATORE, LO CUSTODISCE E LO AUMENTA. DEPOSEITAT l VOSITR GAASS NI RISPOARMI DELL Forni ài i nel 1 8 2 3 Sede Ceii'tejle iti Milano- Via Monte di Pietà N. o Dipesi ti a risparmia al f gessaio ! 9 , B L 1 8 3 4 0 0 0 . 0 00 Fondi di riserva L, 270 . 000 . 000 ,— . Erogazioni in beneficenza » 265.500.000,— Divagiazion gmmmmiàe E' curioso e divertente chiedere ai secoli iì rac- conto di tutte le ghiottonerie che gli uomini hanno inventato per rendere più varia, più saia, più gustosa (la parola non potrebbe essere me- .•dio appropriata) ia materia 'dalla quale si stilla la vita stessa. E' inutile circondare di poesia il fatto. Che le bel le civettuole abbiano spesso as- sunta l'aria di creature eteree, facendo credere che si nutriscono solo di fogl ie di rose e di so- spiri, è un latto che non ha importanza: non è men vero però che alla necessità di c ibo per vivere cedono volgarmente come tutto il gene- re umano, ad olita dei sospiri e delie fogl ie ti rose. Oggi- la scienza, l ' igiene, le condizioni eco- nomi che della umanità, vogl iono che si mangi po- c o ; si stampano dei libri per insegnare il mezzo di trarre il maggior rendimento dal minor peso di c ibo possibile, e si insegna, al l 'uopo una spe- ciale masticazione. Pur nonostante, l'accusa che si fa al l 'odierna generazione è che quasi tutti muo i ono d' indigestione. Non vogl io discutere se questo sia vero o no, ma, a titolo di curiosità e senza fare troppi confronti, mi ha preso il gusto di ricercare nel passato per vedere che cosa e quanto mangiavano i nostri antenati, e se pi o- tino tati? sono degni- di essere citati per la loro moderatezza. Talvolta si cita la longevità, dando merito di questa alla parsimonia in fatto di cibo... Eppure fino quasi a ieri la cura lattea non e mai stata 'di moda, e nessun pranzo fami- ; qualche cosa di mo l lo simile che chiamavano hare o di gala coniava i esiguo numero di por- Zvthus. ..Bevevano i l vino quando volevano eco! tate dei nostri pranzi. j tare l 'allegria. Il perfezionamento della mensa è principiato. .. Gli et>rei' non amavano le salse, si cibavano di da sempre. Non è mai cessato lo studio del buo- carni solide: e grasse e mo l lo apprezzavano H no e idei meg l i o: nel caso è propr io og&i che la latte e'ij, miele. Si die? che apprezzassero anche gastronomia è passata in sott'prdine. Si cerca di mettere in moda l 'arte di digiunare! Quando gli uomini impararono ad accendere il fùoco impararono anche a cucinare. E' pur vej o che Prometeo ha insegnato agli uomini tutte le scienze! Forse le carni furono-avvicinate al ' ino- oo per disseccarle e forse l ' odore allettò i primi uomini. Il pro fumo insegnò forse la cottura. Nei r i l ì iade è detto che Achi l le per onorare j le cavallette, I Persiani, facevano onore agli asini. Non è detto che oggi non se ne mangino; ma non sono, cosi apprezzati, Forae gl i asini hanno cam- biata,. per precauzione, la qualità delie carni, cibandosi, di altre cose! E (proprio- come consi- gliano i nostri igienisti), il Re di' Persia beveva acqua bollita... Da quando Plutarco segnala la famosa salsa personaggi della Grecia che lo visitavano, cosse nera degli Spantani celebre in tutto il mondo »"'- (F I Bfi3.~Cir> n , , l l „ l ! 1 _ ' .1 ' . . „ 1 i egli stesso sulle braci, le carni di pecora e di po r c o; si pensa che non conoscessero i recipien- ti, però la sacra scrittura ci dice che si conosce- vano dei vasi ove cuocere le zuppe, perchè la zuppa di Esaù fu ben presentata in un recipiente li terra cotta. Gran parlare si fa nella storia del- la confezionatura del pane, che tutti i popoli ¡hanno fatto sempre, cercandone il migl ioramep- iiGseiuto, e. che era fatta, chi dice di aceto, san- gue, sale e pezzettini di carne, chi dice di grasso di porco con aceto e sale, già era passato il .tem- po in cui i greci di Argo e del l 'Arcadia si ci- bavano di fichi e di ghiande. Questa salsa nera però fu trovata disgustosa da un re del Ponto the per assaggiarla aveva fatto venire un cuoco Sparlano» Ma, un Lacedomene che si trovava pre- to. Gli indiani io servivano con riso e carni ar- sente gli dissi che' per gustarla a lui mancavano rottile : gli egiziani, secondo Eca teo ne erano molto ghiotti. I nostri padri antichi ne face- vano di segale ed integrale per rendere il ventre più libero. Agli ahi latori di Pelusio che solo grano po- tevano coltivare per causa delle inondazioni del Ni lo, si attribuisce l ' invenzione delia birra o di- due cose: gli esercizi dei Piatimeli ed i bagni dell 'Eurotas. Un animaletto molto apprezzato dai Romani era i l ghiro. Si conosce un epigramma di Mar- ziale ¡.ri proposito": Tola mihi dormitur hiems, et languir ilio Tempore sum quo me nil ni Ò4r Sd l iii'li'S' olii. (Dormo tutto l ' inverno ed è in questo tempo (in cui non ho che il sonno per al imento] che divengo più grasso). 11 passaggio dei barbari travolse per qualche secolo i ! raffinato buon gusto latino, ma il b u on s angue l at ino, ha s emp re prevalso su tutti e su lutto. A poco a poco le cose cambiarono: già CK tdomagno gustava Eversamente i cibi, e pro- vava la nausea delle c 'ami 'mal cotte che forma- vano la delizia -delle orde raccolte in mostruosi banchetti.. Già come ai tempi dei romani si affi- davano alle .I -enne le cure dei cibi, così che i tempi ritornarono in cui una buona cucina era un dovére, ed un buon pranzo un dovere di ospi- talità. Ma lo divenne tanto che in varie parti del- ia Frantia< ed- a Venezia specialmente, si spen- deva talmente per la cucina, che si dovettero fare delle leggi per mettere un freno. A Venezia l 'uso dei pro fumi portati dall 'oriente, rese la cu- cina di una compl icazione inaudita. Le donne veneziane erano divenute delle vere arUste. Non so se noi l e seguiremmo nei l oro gusti, posso so- lo dirvi che cuocevano il pesce nell 'acqua.di rose. La bella Rinascenza aveva riti-ovato tnjtfta l'arte de l le cose squisite, anche i gi-andi appetiti delle epoche classiche. I banchetti delie corti erano quasi fantastici per abbondanza. In Fran- cia l ' epoca delle favorite segna un per iodo g"- gantesco per l'arte culinaria, fi nome dei cuo- chi. è legalo a quel lo dei loro padroni ed hanno lasciato dei libri di gastronomia che oggi costa- no delle migliaia di lire. A n c h e a -iìo -ra si c r ea r ono ideile l egg i , ma l a t in ebbero- i l va l ore, .del la f amo sa l egge F a mm i dei R oma n i . F a p r o p r io q u a n do i n crea la ques ta l egge che: si a nnun z i a v a no l e mi g l i o ri pi e t ìu ' ze a s u o a . d i sìTiimeisti, -e si i ngra s s avano Jc g ; d i : ; , e col- l at te uè si può- di re que l lo che cos t avano ite b e v a nde gh i ac c i a i e, s emp re i n uso f i n dialla p i ù l on t ana e p o ca greca. 1 vasi p er que s to uso si é ì i i ama v ano apyriten. E nemmeno dobbiamo credere che i menu estremamente ricchi, fossero delie rare eccezio- ni, vi- sasanno stati dei banchetti eccezionali, s! ricordo, dei quali è rimasto alla storia come quel- lo di Carlo V nei 1378, quel lo dato dalla città di Harfieur a Francesco I, o i pranzi dati alia cor-te .¡d 'i Ferrara o- quelli dei grandi mercatanti fiorentini, ma anche nei pranzi comuni si servi- va una grande quantità di portate. Usualmente, ci dice una lettera della- principessa Palatina, si serviva a Lu i g i . IV: quattro scodelle di minestre diverse, un fagiano, una pernice, un gran piatto d'insalata, due grosse fette di prosciutto di mon- tone al sugo d 'aglio, un piatto di pasticceria. In proporzione, relativa, anche i pranzi dei privati erano tali che a noi oggi farebbero un po ' pensare. Tanto per darvene una pal l ida idea: vorrei trascrivervi alcune ricette. Ma» l 'articolo è già troppo lungo. Nel prossimo numero aggiunge- remo al,ie Ricette: dei, Buongustai- moderai quel- le più interessanti dei Buongustai del passato. E.... Mar inet ti ci pe rdone rà. — ANNA FRANCHI.
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