LA CUCINA ITALIANA 1930
u vsrais Otooiuwj ' AAB « o t a «iiìA tuosbib,! ' ^S 68981 lio? spender meno„ •o-o « r JtLJ JL X "'Jà. - - GIORNALE DI GA S T RONOM IA PER LE FAMÌ GL IE E P ER I BUONGUSTAI CUCINA CASALINGA - ALTA CUCINA - CUCINA CONVIVIALE CUCINA FOLCLORISTICA - CUCINA PER STOMACHI DEBOLI CUCINA ALBERGHIERA - ARTE DELLA TAVOLA - RICETTARI 1 S OC I E T À- A N O N I MA N O T A R I ( I S T I T U T O E D I T O R I A L E I T A L I A N O ) - M I L A NO - V i a M o n t e N a p o l e o n e , 4 5 , N. IO _ a n n o II — 15 Ottobre 1930 (VIII) OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5 — ESTERO L. 10 — INSERZIONI: L. 3 AL MILLIMETRO T e l e f o n o N. 7 0 - 3 5 7 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE F A C C I A MO « M A N G I A R E „ I L V I NO ! ni, salse, insalate, minestre e tutto quel- lo che la ghiottoneria latina ha esco- gitato per il bene dell'umanità o per la sua... demolizione. E ' l'abuso che crea il vizio... con le relative conseguenze. Le collezioni di un Re In antico si collezionavano i vini con una larghezza maggiore di quel che non si facesse coi libri anche presso i dotti. I vini servivano per le celebrazioni civili come per i riti religiosi. Non erano i vini che si addossavano gli anni, ma gli anni e l 'epoche che venivano fissate dai raccolti e dai vini. Gli enologi con- fondevano la loro fama con gli astrolo- ghi. L'ubbriacatura di Noè segna lina data universale incancellabile nella sto- ria del mondo. Evidentemente il vino incominciò con l'apoteosi. Vittorio Emanuele II non sfuggi alla legge del secolo, fu animatore del suo popolo e si compiacque di collezionare i vini d'Italia e d'oltre «frontiera. ,Per mollo tempo dopo lo Sua dipartita giac- quero innumeri bottiglie, nelle cantine dei Palazzi Reali, muta testimonianza di un Re latino e guerriero. Ma detestò gli abusi, tanto che fece chiudere i salo- ni del Palazzo Pitti e del Quirinale per dei trascorsi bacchici in occasione di grandi ricevimenti e di balli. E le ga- ' ¡Iantine si inaffiarono con acque limo- valorizzazione ! nate. Di qui sorge una domanda: Si pos- sono imbandire dei buoni pranzi in re- u c ; n a 1 girne praihizionistico? Sarebbe come ,, ' esigere un bel quadro con l'assenza dei Del r e s to, le migliori cucine di tutto '/ colori. Ma anche l'arte dei colori ossia mondo abbondano nell'impiego dei vi-, ^ ^ h ; j d a ^ ^ i n t e g r a t a c o n q u e l . a del cuoco, ovvero del disegnatore. Se il vincolo della premessa rappre- - sentalo dal titolo dell'articolo non me l'avesse in certo modo vietato, io avrei i- potuto scrivere così : « Facciamo bere il v 'i«o agli astemi »; ma qui non si tratta lealmente del bere sebbene del gustare '' cibi conditi con vino. Quest'arte non è nuova. Dal ricettario di Apicio (che final- mente abbiamo nella bella traduzione i- taliana di Paolo Buzzi edita .dall'Istituto Editoriale Italiano, Milano), a noi, i due quinti circa delle ricette nella maggior parte dei volumi di cucina contengono . v ìiii. Nè l'andazzo, malgrado ogni proi- bizionismo imposto o spontaneo è muta- to; [un'altro. E' proprio di questi gior- ni una mia scorsa sulle bozze di un fu- tv >ro libro che vedrà da luce a Trieste P e r parte di quell'« Associazione mari- n a r a fascista uella gente di mare » ; e i s o «o rimasto colpito dal numero di for- muel congegnate sulla base dei migliori v in'i. I n questo libro non saranno più i tre quinti, ma quattro addirittura e più. ; |Co sa non indifferente per un osservatore Qualora si pensi che sui vapori triestini 1 è imbarcato il fiore delle maestranze cu- cinarie di quella città — e non ho det- to poco - - al servizio della più intelli- gente e spendereccia clientela intèrna- Uonsle in fatto di cucina. Onore ai colleghi triestini che sanno elevare il prestigio della cucina italiana contribuendo così alla dei più delicati servizi di bordo della |ifTarirìnria mercantile della Patria! I l v i n o i n n i - Gli inglesi prediligono il Portò, il gli Sapete come si forma un Consumato alla madritena? È un brodo ristretto con Madera od il Marsala vecchio, e fumant i, a preferenza secchi. Superfluo dire dèi francesi 1 quan j s e n s o j . p o m y o r o e ( j aggiunta di vino Possono legittimamente menar vanto ^ b i a n c o [ ¡ q u o r o s o _ Ottimo miscuglio in Ue Ha perfetta armonia d interessi crea- ^ ^ ¿ a g d v i e n j a t o c o j v e c c h i o Made- ta si da gran tempo presso di loro fra il r a s e c c o e c o j Xères i quali possono es- v inattiere, il maestro cuoco ed i l - t ^ ^ 8 0 s t i t u ; t j c o j Marsala extra fino. te *ato. Unione poderosa che vorremmo Q u e g t i v i n -. g . a( jdisEÌonario a crudo cioè v eder imitata nel nostro Paese, visto t u n ' a m a I g a i J l a j . y i n o f r e { y 0 n e l c o n - c °nsiderato l 'esuberanza di tutti q-csU sinuato caldo pronto alla distribuzione, dementi presso di noi. Esempio tipico ( 0 ; U 8 p o s s o n o restringersi sul fuoco fino c i può essere il Dumas col suo « Gran ^»etionnaire de Cuisine » , ove coglien- do il destro della lettera V .sciorina una di quelle trattazioni sui vini (obliando a quasi completa evaporazione per unir si al consumato stesso. Con vini di alta marca ci si può im- pegnare ciecamente sia che il vino si Naturalmente i nostri) per cui nulla la- c o n c e d a sul fuoco o si mescoli tal qua- [®eia a desiderare più reclamistico e... I c è ; ¡ n ogni caso quest'ultimo è il più Sciovinistico, tentilo conto, beninteso, p e r i c o l o s o poiché può comunicare gu- sto non altrettanto al brodo. I cuochi del tempo in cui fu scritta. Ma anche gli spagnoli o catalani e i temono i vini perniciosi. Noi abbia- | portoghesi trattami; da par loro l'inipic- ' , 1J0 molti vini bianchi eccellenti ma bi- go dei vini nella culinaria, da veri fra-j BO g n a adattarli alla cucina giacché non è jtem in latinità. («La cucina classica di col solo vecchio Marsala superiore che quel! a nazioni 'si" picca di essere, piut- possiamo lavorare anche i soli consuma- ! tosto catalana che spagnola al pari del- t i . , : l a letteratura). I In uno studio abbastanza particola- L'alta cucina tedesca valorizza i vini ! reggiate pubblicato a varie riprese nel- Reno, vini tipici per la cucinatura j la rivista «Enot r ia» dissi g l a dei difet- t i pesci, sia di mare che d'acqua dol - ¡ ti e delle virtù dei vn» in cucina. Ri- Ce - Nè si creda con questo che tutto ciò portarsi a quegli scritti sarebbe opera s 'a u n merito particolare del cosmop.o-1 saggia per il cultore dei vini; «d ogni ^Umo culinare ; il folklore di tutti i modo, chiunque intenda entrare nell'a- Paesi, segnatamente degli italiani, ce nc ' gone culinario deve porsi davanti que- P°rge una chiara dimostrazione. Il ri- 1 sto semplice problema: ^ mio prodotto s otto alla lombarda, la coda di -manzo ' —b i a n co o di colore — lascia gnsto «Ha vaccinari!, il soffritto napoletano, 1 buono o meno se amalgamato in una ^Umido di manzo per i maccheroni, le 1 od in altra vivanda? E la prova ciascu- Preparazioni di legumi e di cacciagione ' m può farla per confo suo, tenendo ' c o l zabaione alla piemontese, l'abbac- presento eh® il P m difficile è c hio a lla cacciatora, l 'apo-dolce alla \ quello che viene fatto nello amalgamo a finché un appassionalo ai problemi vi nicoli, il Cav. Rag. Giuseppe Valentino della Federazione Nazionale del Coin mercio Enologico, facendo sua l'idea volle fosse applicata dai cuochi itaJia- ti i nell'Esposizione Internazionale di Arte Culinaria testé tenutasi a Zurigo. Mancò a lui l'elemento che lo coni prendesse e ne completasse l'idea. Questa intima collaborazione fra l'eno tecnica e la cucina è quanto di più in- teressante ai giorni nostri si possa au- gurare per la sorte del più nobile vini- smo in Italia. Il cuoco salvato dal vino Il cuoco non è soltanto un consuma- tore di vini raffinati per la sua arte, ma è sopratutto l'agente, il piazzista dei vini. Il suo elogio è probatorio come quello che Sottomette alla prova del fuoco il liquido ardente che deve svi- luppare particolari aromi nelle sue in- numeri confezioni. Egli richiederà in- sistentemente al suo direttore d'albergo, quel dato vino che operò una concia stupenda nelle più difficili circostanze, o lo allontanerà con disprezzo se il tan- to atteso miracolo non si sia compiuto. Un aumento inatteso di commensali, una quantità di consumato richiesta in più per qualsiasi cagione, un calcolo er- rato del prezioso liquido, come posso- no fronteggiarsi istantaneamente con si- curo successo? Con delle buone botti- glie di vino alla mano. Un eccellente aroma, ed una superiore alcoolicità so- sto in grado di salvare il cuoco da qual- siasi più imbarazzante situazione. Date, enotecnici, il vostro obolo intel- lettuale all'uomo dei fornel l i: egli ve ne ricompenserà ad usura, egli sarà per voi il diplomatico più fine e discreto, egli cambierà l'astemio al culto dei Vo- stri prodotti. Nelle mie prove dimostra- strative non mi sono ancora imbattu- to in un astemio che rifiutasse delle pietanze parcamente aromatizzate con vino buono. Egli « mangia » il suo vino in silenzio, dapprima, poi ne diventa ghiotto pur rimanendo fermo nel suo principio di astensione bacchica. Una volta provati dal cuoco, i vini italiani, potrebbero, come già ne feci proposta, essere designati quali vini per cucina, o, con denominazione più vasta e cosmopolita aulinary w ines, pronti per l'esportazione. Questo primo riassunto di un tema vastissimo, qualora raggiunga quella ri- sonanza nel ceto dei commercianti vini- coli che sarebbe da augurarsi ai buoni fini per cui noi italiani ci sentiamo stret- tamente vincolati, ne richiamerà degli altri. Lontana da me la pretesa dell'inse- gnante, io non faccio che seguire le tesi di predecessori che stimarono merito di se stessi misurarsi in un campo nel quale si sentivano fratelli. Prova ne sia Pierrhugne, Primo Cantiniere alla Cor- te di Luigi XV che ebbe a conchiudere a m a s s a i a m o c i e r n a Il Galateo delia Tavola <M LE PIETANZE DIFFICILI è già rapidamente esaminato, nei turpe aspetto delle guancie enfiate » — giungere liquore in tavola, su frutta o coi migliori cuochi del tempo un libro di cucina, stimato fra i migliori, in cui - ^ n e per volta, te nomi, i„ d o l j _ ì l ] P'ccmolo, D o v e 11 disaccordo (stavo xnir! uri »corsi, tutto quanto — in mate- ria di cibi difficili — si riferisce all'an- tipasto. Ma ancor più importante del- l '« t triti » è il pasto vero e proprio. Dunque, vediamo un po'. Anzitutto, un salutare cànone : Quei cibi che metterebbero in mag- giore imbarazzo non si servono in pran- zi di etichetta. Ad esempio i carciofi, che con il loro fogliame ingombrereb- bero il piatto, devono essere serviti sol- tanto come « fondi » , oppure come pri- mizie, quando, cioè, sono talmente te- neri e piccini da poter essere mangiati per intiero senza eliminazione delle pri- me foglie. Il taglio delle carni, non riguarda che il cuoco, poiché non si devono por- tare pietanze da scalcare a tavola. Sia- no già tagliate e preparate, ma ricom- poste da sembrare intiere. Per le «OHI ci limiteremo a rammen- tare che, come per tutte le cose mol- li, è bandito l'uso del coltello. Molte ohe invece la tavola è preparata di- strattamente, e si vede al proprio po- sto il coltello, quando sta per arriva- re... una frittata. (Naturalmente, se non c'è il coltello, la forchetta va a destra). Per il modo di mangiare le UOVÌ^« alla coque», che Massimo Bontemp Jj^i ha graziosamente ribatezzate « uova alla ghigliottina», si rimanda il lettore al delizioso articolo che appunto il Capo dei Novecentisti, nel numero di Giugno di} nostro giornale dedicò alla delicata Ma torniamo al coltello. Il coltello va abolito — oltre che per e uova e per ogni cibo molle — per tutte le verdure e per tutti i pesci; pe- rò, quanto a questi ultimi, se vi è l 'ap- posita posata da pesce ( personale ) allo- ra si può — anzi si deve — adoperare il coltello perchè esso è appunto quello ad hoc. Molti non io sanno e applicano sempre quella regola, che deve invece seguirsi — lo ripetiamo — soltanto o- ve manchi l'apposito coltello speciale lama d'argento. Per il pesce, pure il piatto di portata deve essere «ad ho c » . Se ne trovano d'assai eleganti, di vetro montato in ar- gento, a forma di pesce, con squame, ecc. Se invece il pesce è servito su co- mune piatto ovale, questo sia prima co- perto d'un tovagliolo ricamato, e lo si contorni di fiorellini vivaci della sta- gione. Gli Italiani non hanno bisogno del mònito che « l'insalata non si taglia mai » . Si mangiano con le mani, cioè senza bisogno di forchetta: le radici, o rava- nelli o ramolacci, ( prendendoli — s'in- tende — dalle loro foglie); le patate fritte all'americana e gli asparagi: que- sti ultimi, naturalmente, solo nel caso in cui manchino le apposite mollette. Insomma : Tra la forchetta comune e le dita, meglio le dita. Ma fra le dita e le mollette, meglio le mollette. (Superfluo lo speciale piatto da portata per aspa- ragi). LA FRUTTA Passiamo ora al modo di servire e mangiare la frutta. Le ciliege. — Tutti d'accordi S ul mangiarle una per volta, tenendole pei maglio dividerle in due nel piatto (ser vendosi naturalmente di coltello e for- chetta da frutta) e mangiarle in due o tre volte, con la forchettina. I fichi. — Si tagliano in quattro, ma lasciando le quattro parti unite al fen- do; se ne leva e se ne mangia la polpa con la forchetta da « dessert ». Le pere. — Per mezzo di coltello e forchetta se ne prende uno spicchio alla volta; lo si tiene sollevato un pochino sulla forchetta con la mano sinistra e il coltellino Io sbuccia. Poi lo si ap- poggia noramente nel piatto, sul qua- le viene tagliato e preso con la forchet- ta — si sa — in due o tre volte. Le mele. — Stesso sistema di questo ora descritto per le pere. Le pesche. — Nonostante il vecchio proverbio « Pela i fichi all'amico e le pesche al nemico », sia per igiene sia per eleganza, invece, la pesca va sbuc- ciata. In un frutteto, staccare questo gustosissimo frutto dall'albero e adden- tarlo com'è, lo si gode — certo — as- sai di più che mangiandolo a seconda del galateo. Ma, non perchè si sta al mare con i sandali, e per la strada, quando piove, con le sovrasearpe di gomma, si entrerebbe, così calzati, in un teatro o in una sala da ballo. E coloro che, per « snob » , proclamano as- sai simpatico l'addentare una pesca, di- menticano, ad esempio, che il personag- gio dannunziano — vero responsabile, in fondo, di questa preferenza — non l'addenta in un pranzo. Si consiglia dunque di trattare la pesca come la pe- ra: il galateo è sempre logico; e an- che in ciò ha il suo bravo perchè. L'esemplificazione varrà più di un ragionamento : Proprio di questi giorni avrei voluto dare lo specchio ad un signore che. mentre stava criticando quei profani del gusto che sbucciano tale frutto, aveva le labbra grondanti come se i suoi den- ti volessero apprestare una spremuta di pesca. Le albicocche soltanto non si devo- no sbucciare, e perciò si porteranno a tavola già lavate. Però anche esse si devono tagliare, e non mordere. - L'uva. — Deve essere accompagnata da un paio di forbici d'argento. Cia- scuno taglia una parte del grappolo o — se i grappoli non sono troppe gran- di — lo prenderà intero. Si mangia àci- no per àcino. Chi non vuol inghiottire la buccia, si regoli come per il nòc- ciolo delle ciliege : a meno che non rie- sca con grazia a succhiare la polpa e far restare fra pollice ed indice la pel- licola, che potrà così deporre elegan- temente sul piatto. Le arance. — Vi sono maniere ve- ramente artistiche per preparare ed dolci: il liquore, in tal caso, non si deve mai passarlo direttamente dalla botti- glia nel proprio piatto, ina sempre at- traverso un bicchierino o un cucchiaio da dolci. La banana. • —- Non deve aver contat- to ,cc \ metajt'o. Pertanto, mentre la mano sinistra la tiene, la destra ne ab- bassa la buccia; la polpa verrà mangia- ta a piccoli morsi. Nè v'è contraddizio- ne fra ciò e quanto si è detto per la pe- sca : indipendentemente dalla forma e misura, la banana non è succosa. Le fragole. — Si mangiano (co- me tutti ben sanno) con la forchetta che le raccoglie a ino' di cucchiaio, e ven- gono servite con biscotti perchè la ma- no sinistra faciliti l'operazione. Qualo- ra vi sia molto condimento di vino, li- mone o latte, è permesso sostituire alla forchetta il cucchiaio da frutta. Raccomandazione certo superflua a tutti i lettori della « Cucina Italiana » : non si schiacciano le fragole nel pro- prio piatto con la posata, sì da farne una specie di spessa crema. Lo credereste? Qualcuno fa così an- che col risotto. Incredibile ma vero! — DELIA. E c k i d e i n o s t r i C oncorsi 1 p r e m i a t i r i u g r a z i a n o Dai vincitori dei premi nei due con- corsi — per i l Dolce Italiano e per i l Pranzo di Cerimonia — riceviamo le seguenti lettere di ringraziamento: Roma, 18 settembre. Ringrazio senti;amente per la magni- fica ambitissima et gradita onorificen- za assegnatami. — G . MANFHEOI. Vi l i . 22 sett. 1930 Spett. Direzione, Ilo ritirato oggi la stupenda Meda- glia d' oro della Confederazione Gene- rale Fascista dei Commercianti, come, premio per il Concorso della « Cucina Italiana ». Sono veramente confuso per tale ono- rificenza. Porgo vivi sensi di grazie alla Dire- zione del Giornale, alla Giurìa ed alla Confederazione Generale Fascista dei Commercianti. La mia propaganda per l'interessan- tissimo giornale senza pari e la mode- sta mia collaborazione ad esso rappre- sentano l'unico modo a me consentito per mostrare ammirazione e riconoscen- za. Con devoti saluti : MARIO MARINONI. Spett. Direzione, Il dono ricevuto mi ha colmato d'in- descrivibile gioia! Io vincitore d'un pre- offrire tale frutta. L'ideale consiste nel mi ° cosl a ^ to significato! Non ho ab- bi ce connubio, AMEDEO PETTINI Capocuoco di S, My il Re. Liliana, e via dicendo. Il vino è altresì un ottimo mezso di Conservazióne delle carni 'e dei pesci s °ito forma di marinate sia per ali- menti da prepararsi, o crudi, o per vi- tande come nel pesce fritto (anguilla 6 pesciolini vari) marinati all'uso di ^"macchio. Siamo sempre in tema di folklore come Ognun vede, ma ad u- Sc i rne fuori .c'è d j perdere la testa: è n % n vero film cinematografico che ci si »la davanti. Son prosciutti, p«3CÌ, car- eni do come si è detto. Ottimo i n s e gnamen to pratico è quello che possiamo avere confrontando le cotture o mescolanze con vini tìpici -- Sauterne; Chabliss Borgogna; Bor- deux, ecc. ha guida del cuoco, magari specia- lizzato o provetto conoscitore e buon- gustaio, è sempre apprezzabile. In «Enot r i a» io avevo caldeggiato dei pubblici saggi di vini misti nplje vivande; tuttociò è rimasto pura teoria tecnica «et vino si disposava con p e r dire « la maleducazione ») comin- lucila dei cibi simpaticamente, in dol- eia, è nel modo di liberarsi dal nòccio- lo, Esso non va sputato nel piatto (que- sto participio non è elegante, ma fu usa- to appunto per far capir?.— l'inelegan- za del gesto): bensì va fatto scendere sulla forchettina che si avvicinerà con la mano sinistra alla bocca, riparando l'atto con la destra. Taluno fa passare il nòcciolo attraverso la mano semi- chiusa, Ma non è grazioso. Qualche al- tro — e, se riesce bene, questo sistema è consigliabile — sa far restare il nòc- ciolo attaccato al picciuolo, cosicché nel piatto si depone il gambo della ciliegia recante all'estremità il suo bravo nòc- ciolo, Le prugne e. ì datteri. — Se le pru- gne sono piccole, valga per esse quanto si è detto (nòcciolo passato sul piatto attraverso la forchettina) per le cilie- gie. Idem per i datteri. Quando le pru- AGLI ABBONATI DELLE COLLEZIONI DELLA SOC. AN. NOTARI (Istituto Edi- toriale Italiano) LA CUGin A ITALIANA VIENE INVITA- TA GRATIS PER TUTTA LA DURATA DEL LORO ABBONAMENTO non toccare gli spicchi. Molti, invece per predisporli con estetica, non si ac- corgono che intanto hanno le proprie dita tutte umide di sugo d'arancio. Or- rore ! Si usa pure la maniera americana: dividere l'arancia in due e da ogni me- tà estrarre il sugo con un cucchiaino. I tedeschi la tagliano a fette e inzuc- cherano le fette. In Francia sono molto usate certe ap- posite forchettine d'argento, che servono tanto a mangiare i portogalli, quanto a toglierne i semi. II melone. — All'italiana e alla fran- cese, si mangia —- tanto se per antipa- sto, quanto se per frutta — usando for- chetta e coltello da « dessert » , dopo aver finito di separare dalla scorza quel bastanza parole per esprimere tutta la mia riconoscenza alla Spett. Commis sione giudicatrice; farò, in modo pos- sibile, ogni sforzo per migliorare sem- pre più la nostra Cucina. Ed al Cav. G. Manfredi ed al Signor Mario Marinoni le mie congratulazioni per il bel premio consegu,ito. — -— Con ogni ossequio mi credano AN- DREA VERGANI, Capo Cuoco Royal Hotel S. Marco • Ravenna. 16 Settembre 1930. Spett. Direzione, Nel ricevere l'assegno Bancario di L. 500 sento il dovere di rinnovare i ringraziamenti più sentiti sia pel pre- mio assegnatomi e sia per le squisite cortesie ricevute. Nella speranza che in la fetta arco-lunata, che già così predi- avveni re qualche mia modesta ricetta sposta viene servita: cioè quasi total- * mente distaccata. gue sono molto L'ananas. — Va presentato a fette vicine l'una all'altra, sì da serbare l'a- spetto del frutto completo: ovvero co- me si farebbe di un arrosto: cinque o sei fette già tagliate (dalle quali sarà stata tolta la scorza). Circa la metà del- l'ananas, con la sua scorza, resta intie- ra, non tagliata, vicina alle fette, nel piatto, anche per ,far vedere che sì tratta del frutto fresco, e non già di ananas in scatola. Si ritiene super- fluo dare indicazioni sul modo di man- giare l'ananas, poiché — anche a farlo apposta — non ci potrebbe essere altro modo che quello comune: come se fos- sero fette di carne, salvo la diversa po- sata. Vi si aggiunge un qualche liquore: maraschino, kirsch, ecc.; e per chi lo gradisce, zucchero. Talvolta il liquo- re viene fatto aggiungere dai commen- sali stessi. Non è forse del tutto inutile una trovi buona accoglienza nel vostro sim- • paticissimo e geniale giornalei, vi osse- ! quio distintamente : Signora TINA STAF- FA MORELLI. Anticoli Corrado (Roma). grosse — per evitare « il osservazione capitale sul modo di ag- Venezia, 28 sett. 1930 - V i l i . Spett. Direzione, Di ritorno da una lunga assenza ho trovato gli ultimi numeri della Cucina Italiana nonché la loro gentile racco- mandata con la inaspettata notizia del- la vincita del secondo premio per il concorso « Il dolce Italiano ». Ringrazio vivissimamente e invio i più distinti saluti; faccio grande pro- paganda fra parenti e conoscenti per la « Cucina Italiana ». — ELSA BOLCHINI JESURUM. Milano, 21 Settembre 1930 - V I I I . La mia soddisfazione per il premio conferitomi e non soltanto per l'alto onore che mi rallegra moralmente, ma anche (perchè negarlo?) per il magnifi- co e pratico dono : il Forno e Recofix ». Dev.ma MARIA BERETTA, Milano.
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