LA CUCINA ITALIANA 1930

N. 12 - 15 Dicembre 1930, L A C U G I N A I T A L I A N A Pag. 3 I l G a l a t e o del la Ta v o la Nel numero di settembre, una gar- ' baia pólemichetta fra la nostra « De- Ua » e Rina Simonetta de La Sera, fu chiusa con queste parole: « Alle nostre lettrici, nei prossimi numeri, dimostran- do la verità della premessa — (che he donne anche nel discutere sono più eleganti degli uomini) — faremo la grata sorpresa di una nuova collabo- razione: quella di... Rina Simonetta ». Assolviamo la promessa, offrendo al nostro pubblico questo interessante or- tìtolo della simpatica e valorosa scrii• trice. (N. d. R-). LA TAVOLA E COSMOPOLI Galateo! Prima dì tutto non e che Una parola. E poi, non è nemmeno una parola simpatica. Quand'ero piccina, la mia povera nonna m'aveva dato un j «galateo della borghesia )) e m'aveva obbligata a subirmelo tutto. Era scritto 1 in modo tanto buffo, ed io mi sentivo così poco borghese '-òhe non riuscivo ad assimilarlo affatto. Poi crescendo ebbi l'opportunità e il desiderio di lèggere tutti gli altri galatei .esistenti, da quello di Monsignor Della Casa a quello di Matilde Serao, oltre molti altri volumi e volumetti tutti compilati al solo scopo •l'insegnare la buona educazione. Dicono che io — merito dei miei ge- nitori e della mia istitutrice nonché dei vari galatei! — dicono che io sia una Persona educata. Sarà. Talvolta viag- giando per il mondo come faccio da Parecchi anni, ho . avuto molti dubbi sulla mia buona educazione. « Paese che vai, usanza che trovi » "on è una vana locuzione. E' una pura autentica verità. Ed ho dovuto consta- tarla a mie spese più d'una volta, spe- cialmente per quanto riguarda il gala- teo della tavola. « Non si possono giudicare le usanze di un popolo da quanto si vede m una sala di ristorante o di albergo. Bisogna conoscere le persone dell alta anstocra- zia e frequentate i loro salotti... >) dico- no taluni. Io sono in parte d'accordo, in parte ne. Perchè penso che l'aristocra- n s ài tutti i paesi è educata alio stesso modo, e cioè... manchi spesso d'edùéà- z icne. Sembra un paradosso, ma non lo è. Mi pare che l'albergo di primo ordi- ne e il ristorante analogo sarebbero i Posti più adatti per imparare le usan- te e conoscere le varie cucine di un Popolo. In un buon albergo si trovano sempre le persone più ragguardevoli, e Per lo meno la gente che ha del dena- r ° e la possibilità-di viaggiare. Gran c °eificenti questo e quello per 1 educa- zione di tutti. E nelle cucine di un «.Palaee » il « chef » è sempre un per- sonaggio di tanta importanza da cono- scere tutti i manicaretti e i piatti na- zionali d'ogni paese del mondo. Vicever- sa, negli alberghi l'ambiente cosmopo- lita impedisce dì trovare le persone •lei paese, e non ci si può assoluta- mente fare un'idea delle usanze e dei gusti locali. Occorre entrare nelle ca- se. Ed in quelle della media borghe- sia, sopratutto. Tutti i paesi conosciuti, fatta forse eccezione per quelli incivili, hanno un principio fondamentale : saper vivere ; ed ognuno lo vede alla sua maniera. Il modo di comportarsi a tavola, poi, varia più d'ogni altro e se si pensa che i popoli selvaggi si nutrono ancora ser- v '-ndosi delle inani, mentre in Giappo- ne non si tocca con le dita nemmeno Un chicco d'uva, possiamo vedere l'e- norme differenza che passa da un ga- lateo all'altro ,r come soffermandoci da- vanti ad un pàté di Strasburgo col de- siderio di gustarlo, non ci passa nem- nieno per il capo il pensiero d? assag- giare invece un pasticcino di carne di neonato come delicatamente prepara- no le madri — cuoche — di certe tribù delle Isole della Polinesia. -K -Sf ili America, un giorno ero a cola- zione da un'ottima amica mia. Colazio- ne servita in sala da pranzo su di un tavolo rotondo privo di tovaglia (uso questo, che qualche anno fa era giunto anche da noi, ma senza avere eco ; nelle nostre famiglie vige ancora per fortu- na l'abitudine della bella tovaglia can- dida), sotto al piatto, ai bicchieri, alle Posate, stavano dei tovagliclini di lino ricamati. Nel centro della tavola, botti- glie su sotto-bottiglie d'argento, saliera, oliera, poggiate su piccoli vassoi d'ar- gento anch'essi. Olive, mandorle sala- te, pois de seuteur stavano in mezzo alla tavola per servirsene e mangiarli come Passatempo tra un piatto e l'altro. Ad un certo punto ci servirono l'insalata, nelle conchette apposite poste accanto al piatto. Le foglie dell 'insalata erano tanto grandi da non poterle assoluta- mente mangiare se non le avessi taglia- te. Senza pensare di far cosa sconve- niente, presi la forchetta e (senza coltel- lo, per via dell'aceto- che non deve tocca- re la lama d'acciaio) con un pezzetto di pane nell'altra mano volli ridurre quel- le foglie giganti. — « I beg your pardon ! » scusate- mi, amica mia, ma non vorrete toccare l'insalata con una forchetta di metallo! — E l'amica mi fece portare una posa- tala 'speciale, di osso, mentr'ella più modestamente mangiava l'insalata te- nedola con la punta delle dita. E non si mangiano forse così anche le « chips » le famose gustosissime patatine fritte? Non si vedrà mai un americano man- giare la minestra prendendola col cuc- chiaio dal centro del piatto. Si racco- glie tutt'attorno : e questo ha una ra- gione nel fatto di non scottarsi la lin- gua prendendo il liquido nel centro do- ve rimane più caldo anziché nell'orlo del piatto, dove si raffredda più facil- mente. Ma questo da noi non s'usa. Si usa piuttosto e... non ne perdono l'abi- tudine neanche le molte persone che sì credono educate a perfezione, si usa piuttosto soffiare sul cucchiaio ! ! In Danimarca nessuno mangia il pa- ne spezzandolo con le dita; sia la pa- gnottella che la famosa gallétta danese, vengono spalmate di burro e tagliate a pezzetti col coltello. Quel buon bur- ro salato di Danimarca è veramente delizioso, e un uovo di Copenhaghen, grosso come due delle nostre uova nor- mali, con un pezzetto di galletta e bur- ro formano una colazione squisita. In Scandinavia le aragoste sono comunis- simo e se ne mangiano molte. Si por- tano in tavola nel loro guscio e con le zampe intere non spezzate. Vi sono del- le mollette apposite e dei ferretti con- cavi che servono mirabilmente per man- giare i crostacei senza toccarli per nul- la con le dita. I popoli teutonici hanno anch'essi degli usi personali; nessun arfitrione, ad esempio, porterà mai il bicchiere alia labbra senza alzarlo prima con ge- sto di brindisi. E quando il padrone di casa beve, assai malaccorto sarebbe l'o- spite che non bevesse con lui. Chè se poi invece del bock di birra si stura una bottiglia di Champagne, allora oc- corrono molti hoch! hoch! prima di av- vicinare il bicchiere alla bocca. I tede- schi non badano tanto alla qualità co- me alla quantità del cibo. Un buon piatto di Wursteli con crauti, una taz- za di birra e un sigaro formano già un gran coefficiente di felicità. Non bada- no a star seduti goffamente, ad appog- giare i gomiti sul tavolo, a sdraiarsi sulle spalliere delle seggiole e a soffiare il fu ino dei sigaro in viso ad una donna. Per essi tutto ciò non ha importanza. Proprio all'opposto è il popplo in- glese. Lì l'educazione è essenzialmente basata sull'esteriorità. Un inglese è per- fino duro nei movimenti : tant'è la rigi- dità della sua educazione. In una fami- glia dell'alta borghesia (come anche dell'aristocrazia) la padrona di casa sie- de a capo tavola e non cede mai il suo posto. Essa vi cu sempre servita per la prima. Questo per vari motivi che è ovvio enumerare. Vi è però in Inghil- terra uno strano uso. Il lunedì mattina si cuoce il famoso roast-beef, che poi dura tuttala settimana! Diffusa è anche l'usanza del pudding natalizio alla con- fezione del quale partecipano per vari giorni tutti i componenti della fami glia. Anche in Inghilterra, come in tut- ti i paesi nordici, uno dei pasti princi- pali è quello del mattino appena alzati. La tavola è preparata e tutti devono presentarsi, già vestiti ed in perfetto assetto. Se si pensa che da noi la mag- gioranza delle persone esce di casa per andare al lavoro avendo sorbito una tazzina di caffè o tutt'al più di caffè e latte, c'è da stupire al pensiero <8i ciò che ingozzano gli altri. The, caffè, cioccolata, latte, crema, burro, formag- gio, uova, prosciutto, pesce, carne fred- da, lofon, pane, Kiffels, Zwiback, grissi- ni speciali molto grossi, biscotti, pani- ni ai latte, al burro, all'olio, toasts muf- fìus, plum-cokes, frutta cotta, marmel- late, frutta cruda! E dire che ciò nono- stantegl'inglesi soli magri come acciu- ghe. In Belgio, come in Francia l'educa- zione e la cucina sono assai considera- te. Ci si tiene alle bonnes manières, al vitto raffinato, al menu ben scelto e ben fatto. L'educazione è press a poco come la nostra. Vi sono però delle piccole cose che si osservano subito. Per esem- pio queste: Nessun francese e nessun belga di buona famiglia toccherà mai la senape col coltello- La si prende con un cucchiaino d'avorio. Si pone nel pro- prio piatto da un canto, e si intìngono nel muccliietto di senape i pezzetti di carne, man mano che si tagliano per mangiarli. I francesi e i belgi hanno pe- rò questa strana abitudine: mangiano assai spesso il risotto servendosi del cuc- chiaio. Il riso e la pasta per quasi tutti i popoli non servono come da noi per primo piatto al posfo della minestra. Sono — ciò che è effettivamente — elei farinacei come le patate, i fagioli, le lenticchie eccetera. Servono per piatto di mezzo o come contorno. Gli Svizzeri bevono assai spesso con la bocca piena senza nemmeno pensare che sia una cosa che non si deve fare. L'orlo dei bicchieri spiega chiaramente che il tovagliolo non è molto adoperato (in molti restauranti di secundo ordine e in tutte le brasse ries e le crèmeries usano... i tovaglioli di Pavia, « che appena mangiato- si but- tano'via! » secondo un vecchio détto mi- lanese). Lo svizzero ama i dolciumi in modo superlativo. Preferisce un nutri- mento sano, abbondante, composto in maggior parte di latte e latticini, di le- gumi, frutta. Ama molto anche i salu- mi, la carne dei grigiòni' secca e salata (una-specie della nostra « b ond i o l a »; prosciutto coito affumicato, salsicce, ivurstens. E pei creme d'orzo, di riso, di tapioca... creme di tutti i generi. £ dolci, dolci, dolci, marmellate ciocco- lata, paste, drops, caramelle... Gli Sviz- zeri infatti hanno i denti in cattivissime condizioni. Il contrario accade ili Ispagna dove si vedono delle dentature splendènti. Nella penisola Iberica l'educazione è completamente latina. E' anzi più se- vera che da noi, perchè gli Spagnoli sono rimasti di qualche anno in ritar- do —- diciamolo a loro vanto — e non sono anci?ba persuasi che per essere mo- derni e chic occorre essere villani. Di diverso tra la Spagna e il reato dell'Eu- ropa non c'è solo l'orario dei pasti, ma la quantità delle « portate » e l'appe- tito invidiabile con il quale i bravi ibe- rici fanno scomparire quanto viene ser- vito. In Ispagna v'è l'abitudine di ritar- dare tutto nella giornata! I teatri co- miliciano alle 10 e mezza di sera, e gè- neraimenie si mangia all'una, dopo lo spettacolo. Il thè sì prende alle sette e la colazione è alle due. Fra un pasto e l'altro credo che solamente nell'America del Sud si ingurgitino una enorme quan tità di aperitivi e altre-simili bevande come nella penisola Iberica. Xeres Porto, Vermut di marche italiane, so- no all'ordine del giorno. Si esce dò un bar per entrare in un altro. E per bere, oltre le patate fritte, si sgranoc- chiano mandorle tostate, olive salate e certi chicchi eli grano saltati in pa- della, caldi e salati, così come li ser- voiio ora in taluni posti anche da noi Ma con la differenza che qui si man- giano zuccherati mentre in Ispagna e in America sono zeppi di sale. In Russia l'uso è di mangiare tutta roba fredda: maialini ripieni (coinè da noi nelle^Marche la famosa porchet ta) oche e tacchini arrostiti. Il pollo 1 0 mangiano i contadini, non è iìné abba stanza per i borghesi. 'Questi preferi- scono i prosciutti, il pesce ripieno di' gamberi e d'altri pesciolini; caviale, ua. turalmente, e •ioriiiagg-i d'ogni • sorta. Non vi sonò camerieri a cameriere. 0-, girano si serve nel proprio piatto, pren- dendo da] piatto di servizio che sta su d'un tavolo, e mangia. Wodka prima, dopo e durante il pasto. Di solito i con- vitati mescolano la Wodka col vino bianco e bevono' a un comando. Essi scelgono il capo tavola, che ha il dirit- to di comandare quando si deve bere sia per la qualità che la quantità di ciò che si deve tracannare. E tanto più au- menta, l'allegria, tanto più si ordina di bere ! I Russi hanno una minestra naziona- le che si chiama borsch; è fatta di ver- dure con brodo ma la carne che è ser- vita per il brodo non si toglie dalla pen- tola. Viene tagliata a piccoli pezzi e servita con la minestra» Si mette anche la barbabietola con le altre verdure e ciò rende il brodo rosso. Si serve con una panna montata che- sta tra la cre- ma e la ricotta. Questo piatto in russo si chiamma Smittana. Cetrioli, cavolfiori, peperoni e altra roba del genere, si mettono sotto sale e sostituiscono i nostri sottaceto. An- che nei tempi della Russia aristocratica non vi è mai stata un'educazione troppo raffinata. Il buffet freddo è sempre sfato di moda e lo Zakusky (antipasto) è quel- lo che fornisce il maggior nutrimento. Lo si prende in piedi, in un salotto ac- canto alla sala da pranzo dove c'è un tavolo preparato appositamente. Nello Zakusky vi sono pesci crudi essi- cati al sole attaccati due a due dalia parte della coda. In special modo le triglie si mangiano così confezionate. Nel Caucaso la specialità è un arrosto di piccole fette di montone tramezza- te da pezzi di pomidoro, che si fanno arrostire su spadino. Queste girano te- nendole con le dita sopra la brace e im- primendo un movimento rotativo alle lame. Il tutto va inaffiato di Wodka per- chè è pieno di pepe. Questo piatto è chiamato schasliky. ^ Anche il modo di stare a tavola è per i russi un po' come per i cinesi. Hanno pose stranamente languide. L'Austria, la Polonia, la Bulgaria, la Turchia, la Tunisia, i l Lussemburgo, tutti i paesi che ho visitati hanno pre- rogative, usi e costumi speciali. Ma mi pare d'essere già andata oltre la pa- zienza delle mie lettrici e allora... fac- cio punto per questa volta. Sono sicura che- « Delia » polemizze- rebbe ancora con me a causa dello spa- zio che le rubo. , Forse sono troppo chiacchierona, non è vero, Signora? RINA SIMONETTA. ieco la » . . 11111(111 o sta Riceviamo da Sua Eccellenza Massi- mo Bontempelli la seguente lettera nel- la quale l'illustre Accademico fa osser- vazioni e rilievi che provano' la Sua « fi- nezza » anche in questo campo. La « Signora Delia » Lo ringrazia del- l'onore fatto a Cucina Italiana con tale arguta missiva, che in ogni punto essa approva e sottoscrive. in molte co$e noi tentiamo portare ri- forme. Ma non abbiamo tutta quella Autorità che, per far seguire innovazio- ni, è invece giustamente riconosciuta d'a tutti oramai nel Capo del Novecentismo o... nell'Apostolo dei Futurismo. Signora Delia, A proposito della Nota di Galateo che ho letto nell'ultimo numero di La Cucina Italiana: Ho assistito- più volte a una discussio- ne curiosa, tra chi vuole che il caffè sia servito in tavola immediatamente dopo finito il pasto, e chi preferisce si vada a berlo di là, in salotto o sulla veranda, comodamente adagiati in poltrona e lon- tani da ognuno- di quei ricordi del pa- sto che all'uomo — animale sostanzial- mente ingrato — riescono subito tanto spiacevoli appena ne è finito il godi- mento. La questione è curiosa perchè sarebbe tanto facile a risolvere. Basta- servirlo due volte; una volta a tavola, immedia- tamente dopo l'ultimo frutto, e sia un caffè piuttosto leggero e molto profu- mato; e l'altro, quello placido, quello di riposo, di abbandono, di oblio delle recenti voluttà mangerecce, si serva in salotto o veranda, e sia rigoglioso e vio- lento. Poiché siamo a questo delicato argo- mento del caffè:' mi sa spiegare perchè si offre all'ospite del vino, del thè, del cognac; e soltanto quando si tratta di saffè gli se ne dà una tazza e non più? Ha mai veduto versare a uno un bicchie. re di vino e poi portar via il fiasco o la bottiglia? Una tazza di thè e portar via la teiera? Perfino con i liquori si è più generosi. Ma se arriva uno a trovarci dopo colazione o dopo pranzo, gli si domanda: « hai già preso il caffè ». immettendo che lo ha già preso (come è "naturale ch'egli abbia fatte, visto che '/iene da voi dopo aver pranzato) pai ohe non ci sia più nessuna ragione di of- frirgliene un altro. Sempre intorno al caffè : lei. altra vol- ta ha degnamente deprecato quegli in- coscienti — per non dire la parola vera che vi servono il caffè già zucchera- ti). Ma tra costoro esiste una sottospecie che è scesa ancora un gradino più giù nella ignobilità. Ve lo servono già zuc- cherato, e se voi avete il coraggio di ti- midamente osservare : « io veramente lo prendo amaro », sa che cosa dicono, invece di sprofondarsi nel terreno per la vergogna, o per lo meno correre a pernderne un altro ? Vi dicono : « oh non è ancora rimescolato, basta che non 10 rimescoli ». Non sanno che per il be- vitore di caffè amaro è ancora meglio bere un caffè dolce e mescolato che non quella immonda cosa che è un caffè dal fondo del quale lo zucchero tramanda in sù, traverso gli stati del liquido, un nau- seante sapore senza carattere e senza composizione, che vi lascia per tutta la giornata in preda alla misantropia. In materia di caffè ci sarebbe/o molte cose da dire. Per esempio, perchè l'uo- nio s'incollerisce se alla trattoria gli portano del vino mediocre, della birra stantia, del thè languido, e così di qua- lunque altra cosa da bere o da mangia- re; anzi di qualunque cosa si acquisti -r— ed è invece del tutto tollerante verso 11 caffè, che per una lunga eredità di rassegnazione si accetta sempre anche nelle più ignobili depravate e nausea- bonde alterazioni? Ma non voglio abusare della sua pa- zienza, e devotamente La saluto. | Molti abbonati, il cui abbonamento ! scade oltre il 31 dicembre 1930, si sono affrettati a rinnovare l'abbonamento prima della scadenza di esso. Avvertiamo questi diligenti abbonati — e così si risponde a tutti coloro che ci hanno rivolta specifica domanda — | che il nuovo abbonamento s'intende in l ingore fino ad un anno dopo la sca- | denza del vecchio, e non fino al 31 di- ' cembre 1930. Bon t emp e l li ....' dipende sopratutto dall'avere un buon figurino di moda. Il classico figurino per la Si- gnora elegante e per la sarta, è LA M EO D - R EEV U di R. Lattuada. Esce in ricchi fascicoli trime- strali con oltre 200 figurini e uri modello tagliato gratuito. Abbonamento annuo L. 30.—• (Unendo fascetta di abbonamen- to a Cucina Italiana prezzo ridot- to a L. 26.—). Ricchi premi alle abbonate. Saggio gratis a richiesta. Indirizzare a « ARACNE » Casa Editrice Milano (120) - Via Kramer, 32 | A. A. Verona. — La sua propaganda è ve- i remente amichevole; Le manderemo il volume I di Apicio come meritatissimo premio alla stessa. Andiamo a verificare per ciò che si riferi- sce alla Contessa Sua amica, e Le saremo precisi con posta ordinaria. Grazie pure del Suo rinnovato abbonamento. F. B. - Trento. — Anche per Lei un sin- cero grazie, per la diffusione dei giornale a cui si compiace contribuire procurando nuo- vi abbonati. Pubblicheremo volentieri la Sua ricetta del dolce casalingo. Per la richiesta sulla migliore utilizzaione del miele in famiglia, interpelleremo i nostri Oracoli; ma — f i raccomandiamo! -— non abbia fretta. { F. P. - Longarone. — A. X. - Tufo. — M. C. • Vasto. — C. C. - Candiano. — P. M. - Alba. — V. M. - Siena. — A. S. - Genova — L. D. A. - Messina. — Le loro ricette (tutte ottime) sono, però, di cucina regionale. Poi- ché nel prossimo numero inizieremo appunto rubriche speciali di piatti folkioristiei, così rimanderemo ad allora la pubblicazione dei loro interessanti suggerimenti gastronomici per es. : Lepre alla zoldana - Porchetta alla ro- mana • Pizza rustica e ravioli all'abruzzese - Brodetto veneziano - Lasagne a'ibesi - Cai; mari alla senese - Pasta con sarde alla paler mitana - Dolce messinese « Peloritano ». M. S. C. - Marino Romano. — La ricetta ciei pangialli che Ella desidera da noi entrerà pur essa nella cucina folkìoristica romana. Per i eanditi daremo risposta nel prossimo numero. G. M. - Napoli. — E' molto interessante dav- vero la lista che Ella si è compiaciuta in viarci: del pranzo di cerimonia offerto dal Presidente della Repubblica Francese ai So vrani d'Italia. Ma questo numero del nostro giornale è così carico di materiale (per i pranzi dì Capo d'Anno nonché per il bando di con- corso), che dobbiamo rimandare la pubblica- zione di quel « ménu » a rendere maggior- mente interessante qualche numero successi- vo. M. R. - Rapallo. — «Però siccome l'abbo- namento me lo fece papà, non chiesi il- do- no ». Ripareremo noi all'involontaria dimentican- za del Suo babbo, faeendoLe pervenire il premio (barattolo di cacao). Quanto alla gelatina cui accenna la nostra abbonata nel bodino dell'avvenire, si trova da qualunque,, salumiere di lusso. V. C. - Brindisi. — Siamo sicuri che con le speciali cure dietetiche, suggerite dal! Suo medico, Lei potrà riacquistare perfetta salu- te. Non dimentichi che il nostro giornale con- tiene, in alcuni numeri, norme alimentari per speciali regimi. A. R. - Torino. — Ripetiamo che il for- mato del nostro periodico non fu suggerito da ragioni di economia, per evitare — come Elia suppone —- le 'spese della copertina. Anche se facessimo pagare, come Lei con- siglia, L. 10 di abbonamento, manterremmo egualmente l'attuale formato de\i giornale, che è il più simpatico. Ed ili successo della « Cucina Italiana » ' è forse dovuto anche a questo elemento, che lo differenzia dalle al- tre similari riviste apparse fin qui. Ci spiace di non aceontentare una simpatica abbonata come Lei, ma contro tre o quattro giudizi analoghi al Suo, abbiamo molte mi- gliaia di consensi, proprio sul formato del nostro giornale. A. ili. S. - Torino. — Attendiamo con in- teresse il perfezionamento delle combinazio- ni che Ella sta provando su varie ricette per- sonalmente sperimentate. Per il resto della Sua lettera del 30 No- vembre (abbonamenti di signore del Suo pa- rentado e relativi premi) abbiamo dato le opportune disposizioni allo spec i al riparto d'ella nostra amministrazione. Finalmente, per la Sua proposta di spezzare le colonne a metà altezza, non GÌ è proprio possibile seguire singoli desidèri personali: Dobbiamo attenerci a sistemi che furono con- sigliati da tante ragioni, tra le quali (vedi risposta precedente all'abbonata A. R. • Tori- no) il plebiscitario plauso dei nostri lettori. Egszia • Roma. — « Quella Donna » ch'El- la si compiace giudicare così benevolmente perchè « nel trattare cose tanto comuni lo fa (secondo Lei) con tanto ingegno, con tanta poesia, con tanta signorilje eleganza e dolce femminilità » c'incarica dirle — e Le sia il miglior grazie— che in certe bontà interpre- tative di donne lontane e sconosciute essa tro- va davvero « la poesia » del proprio lavo- voro e che questa Piccola Posta è un simpa- t i c o termometro della squisita psiche femmi- nile. Abb. 51.241 - Milano. — Come avevamo ri- sposto all' Abb. C. C. di Crocemosso (V. nu- mero di Marzo) che cí aveva rivolta la stessa Sua domanda, non è consigliabile tentare Ih preparazione in casa dei marrons gtacés: sa- rebbe costosa e di incerta riuscita. Comunque, -eda nel numero di Aprile il modo di pre- pararli suggerito dall'« oracolo » Marinoni. Abb. 11.672- Genova. — Per preparare il orrone in casa, veda nel numero di Maggio le « La Cucica Italiana » i suggerimenti del Cav. Amedeo Pettini e di Mario Marinoni. C. V. - Bologna. — Confidiamo che abbia ricevuto la risposta inviatale con corrispon- tenza ordinaria dsr'la nostra Direttrice delüa' rubrica « Galateo » . Ringraziamo per i rallegramenti rivolti al nostro giornale. f R. G. - Ventò di Trento. — Ci sembra che nel ninnerò di Novembre a pagina 3 Lei pos- sa trovare quanto Le intéressa, sotto il titolo: «Conservazione dei prosciutti». Quanto poi al modo di insaccare carne sui- na,qui non siamo più in aigomento di cucina e neanche in materia di dispensa ; comun- que, ved'a nel numero di Dicembre 1929 l'articolo « Gli insaccati ». Le nostre abitudini di rispondere alle più svariate domande che il pubblico ci rivolge, abitua, però, un po' troppo i lettori a chie- derci quanto esorbita dagli obbiettivi speci- fici del nostro giornale. Abb. 11012 - Monlauro. — Anche Lei, per esempio ci ha fatto una domanda che non ha stretti rapporti con le nostre doverose com- petenze : « Dove r ivolgersi per lo sma l to bi anco o | azzurre da poter sostituire in catinelle, broc- i che d'acqua, ecc.— quello che eventualmente se ne sia distaccato » . Rispondiamo che il meglio in, questo caso è sostituire il recipiente, tanto più se trattasi di pentole da cucina. i Ma Lei insiste. E allora la invitiamo a ri- volgersi alle seguenti ditte che ne sapranno più di ¡noi: | i Smalteria e Metallurgia Veneta - Bassano del Grappa (Vicenza). Fabbrica Italiana Oggetti smaltati Corso j Mortara, 58 - Torino. Smalteria Italiana - Via Privata Nervesa j 2-A - Milano. j E. G. - Firenze. — Ammettiamo che un I calendario utile per le faccende e mansioni j giornaliere della massaia, una specie di agen- i da familiare sarebbe un regalo gradito alle ab- ; bonate della «Cucina Italiana», ma (a parte I che il Suo consiglio ci giunge troppo tardi per | Un dono natalizio) bisognerebbe chiedere se non sia stato anche gradito il genere di regalo o premio che la « Cucina Italiana » ha ! fatto avere alle Sue abbonate : Il classico ma- ' nuale gastronomico di Apicio, e generi ali- mentari tM squisita fabbricazione, come i l cacao « Perugina » e la pasta « Buitoui ». Per non ripeterci , l'anno venturo, terremo presente il Suo opportuno suggerimento del quale comunque Le esprimiamo grazie. Un'abbonata povera - Luino. — E adesso che Lei ci ha dato tutti gli elementi richiesti: 4 persone in famiglia - 100 lire la settimana - nessuna persona di servizio, ecc.; - la migliore risposta anziché da noi Le verrà dalle risposte di tutte le massaie d'Italia, al bando di concor- so contenuto in questo numero. C. R. - Voghera. — Le abbiamo risposto cosi corrispondenza ordinaria (poiché Lei si è di- sturbata a mandare cartolina R. P.), ma Le fac- ciamo sapere a mezzo di questa piccola posta, inquantochè la Sua domanda interessa tutti i lettori, che la maizena (da «Mar za», fior di granturco o di polenta) se a Voghera non si irova potrà essere commissionata alla Ditta « Fabbriche Riunite Amido, Glucosio, ecc. » , Via Kugabella 9, Milano. E. D. T. • Como. — Unicamente per ringra- z i a l a delle Sue ottime ricette. Seguiti a far- cene avere, ma, tanto Lei quanto tutte le altre cortesi persóne che mandano ricette alla « Cu- cina Italiana » non si formalizzino deli ritardo del a pubblicazione di esse. Il giornale ha quel dato numero di pagine, entro le quali dobbia- mo, purtroppo, contenere la interessantissima materia, sacrificandone perciò di necessità una parte. Ma è questione di tempo: tutte saran- no contentate. P. G. M. - Genova. — Abbiamo dato dispo- sizioni per mandarle un duplicato di quel nu- mero che tratta dei pranzi di cerimonia. Rin- graziamo la Sua cuoca di « tenerci » tanto, e la complimentiamo per Fanzianità (25 anni del suo servizio: un vero « r e c o r d » ! ) Ringrazi pure Suo marito per le simpatiche espressioni rivolte al nostro giornale « La Finanza d'Ita- ca ». A nostra volta, speriamo riuscirle graditi con le ricette, faeendoLe avere nel prossimo •amerò quella degli « Scampi » da Lei chie l 10594- - Milano. — V. C. - Spezia. — M. F. G. • Cremona. — Per le Loro domande o consigi; sul modo di cucinare il rabarbaro, dobbia mo rimandare al prossimo numero. La solita «tirannia dello spazio i % ITS R* l Cucina a Gas Scaldabagno a Gas Scalda Acqua a Gas Stufe e Radiatori a Gas Apparecchi per Il luminazione Vendita a Rate Mensili Scaldabagni a Nolo CZ/ J . ! . J L - / Otioim pre cuecie e c wem k h - Termoisifon • Steuf Ifìàsstrial i Consaegn a domoicili Rivolgersi per informazioni alla SO.C " GASECCK • MILOAN Via Bossi N. 1 fe l efoni: 86-152 86-153 86-154 86-155

RkJQdWJsaXNoZXIy MjgyOTI=