LA CUCINA ITALIANA 1931

M . • m r - « « pm F é t i IB f" r- 1 x »/en M IP- I« J Í angiar meglio> spender meno» otoo •asOfi •o O CUCINA CASALINGA DI GASTRONOMIA PER LE FAMIGLIE E PER I BUONGUSTAI ALTA CUCINA - CUCINA CONVIVIALE - CUCINA FOLCLORISTICA - CUCINA PER STOMACHI DEBOLI - CUCINA ALBERGHIERA - ARTE DELLA TAVOLA - RICETTARI. S O C I E T À ' A N O N I M A N. 5 — ANNO HI -15 Maggio 1931 (IX) N O T A R I Editoriale Ital iano) - M I L A N O - V i a OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5 — ESTERO L. 10 - M o n t e N a p o l e o n e , 4 5 - INSERZIONI : L. 3 AL MILLIMETRO T e l e f o n o N . 7 0 - 3 5 7 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE La Masasai Elveatic ola Masasai Fran?cese Repl i ca tít Ri na Simonetta a Margherita Sarfatti Come i lettori della Cucina Italiana sanno, l'illustre Margherita Sarfatti ha onorato di lina confutazione (in gergo teatrale si direbbe « stroncatura ») il 'mio modesto articolo apparso sul nu- mero di marzo, intitolato La massaia elvetica. Il magistrale scritto di Margherita Sarfatti dal brillante titolo « La botte piena e la moglie ubbriaca » (vedasi La Cucina Italiana del 15 aprile ju. s.) meritamente fu riprodotto da quasi tut- ti i quotidiani d'Italia. gli ottoni scintillanti, i vetri tersi, le tendine candide, le pentole, le posate luccicanti, i piatti, le scarpe pulite, gli abiti stirati e smacchiati, i letti ben ri- fatti, non un atomo di polvere sui mo- bili e su gli stipiti, la camera da ba- gno, la camera dei bimbi, i corridoi pu- liti... come sarebbero felici, dico, le no- stre massaie se, senza « parlarne mai, pensandovi molto », in un paio d'ore, potessero veder compiuto tutto! Che « la casa si svolga meccanica- mente, scivolando su rotaie felpate » sa- Sicehè mi parebbe quasi mancare di r à assai bello, ed è possibile forse per riguardo alla nobil donna che prese la ! c hi ha a sua disposizione un gran nu- parola in contradditorio con nife, se io 1 mero di persone di servizio. Ma nell'ar- mi tacessi. ticolo mio, parlavo di massaie della me- Noblesse oblige : Margherita Sarfatti j dia borghesia, operaie e contadine, che sia pure attraverso l'interposta per- ^ lutt'al più potranno avere una dome- sona della Direttrice di Cucina Italia- , stica a loro disposizione. na — mi rivolge la parola? Mi è dove- Inoltre, la signora Sarfatti, afferma roso rispondere. che noi Italiane siamo più brave di Nel mio articolo, consigliavo, è vero, ' chiunque altro « certo infinitamente più le signore italiane a prendere esempio j abili delle signore massaie svizzere, la dalle svizzere, ma bene spiegavo che cui abilità consiste ne] far confusione e l'esempio doveva limitarsi a quanto con- nel gonfiare il loro compito e la im- cerne la casa, guardandosi bene, anzi, portanza che ne traggono... ». dal seguirlo in quanto concerne l'est«- j E dire che invece la Svizzera è il " paese di riposo, dove si va per curare tica personale (« grembiuloni di rigat- tino blu e pantofole felpate in salot- to »!). La signora Sarfatti invece asserisce che gli uomini italiani preferiscono tro- varcela moglie in « toilette » anzi che un buon pranzo in tavola. Per rispon- dere a questo bisognerebbe interroga- re i mariti. Ho rilevato alcune qualità che han-1 no le signore della libera Elvezia. Que- 'I sto alla mia contraditt-rice è-pars® un i delitto di lesa italianità, come sé io . avessi bestemmiato contro la mia: Pa- j tria solo per aver trovato che c'è guai- che virtù anche nelle donne «li Un'al- tra Nazione. L'egregia e grande scrittri- ce nostra afferma dapprima che non si possono conciliare gli opposti, e finisce col dire che quegli opposti sono cónci la propria -stanchezza, i nervi eccitati o logorati, appunto perchè si vive in gran calma, in tranquillità. Infatti quel- lo è il Paese dove la parola « confusio- ne » potrebbe essere abolita dal voca- bolario. L'eminente nostra critica d'arte espri- me invece il desiderio che se le donne Italiane debbono prendere esempio da qualche paese straniero, questo deve es- sere la Francia. Ogni opinione è rispe - tabile: mi permetto allora di conser- vare la mia, che è precisamente oppo- sta a quella della mia gentile contrad- dittrice. ' La mia convinzione che alle ragazze sia necessario insegnare quella che si può chiamare la Scienza della massaia, è avvalorata dal fatto che — ad esem- pio della Svizzera — in molte nostre scuole, private e pubbliche, l'insegna- mento stesso è stato, con molta saggez- za, introdotto dall'oculato nostro Mini- stero dell'Euducazione Nazionale. In ogni modo io sono orgogliosa di aver dato, ad una donna della levatu- ra, e della squisitezza di Margherita Sar- fatti, occasione d'intervenire in argo- menti che sembrano futili ma sono di altissima importanza. Mi duole soltanto di dover rimanere ancora della mia opinione 0). R i na S imonet ta ( 1 ) E noi della nostra: che fra la mas- saia elvetica e quella francese, la rni- gliore è... la massaia Italiana! — N.d.R. j .14. ,'.y,"V* //.•¡fM» "r ',<m-. La massaia 1 m o a e m a Servizi .da tavola Fino ad una ventina di anni or sono, quando si doveva pensare a fornire di servizi da tavola una giovane coppia di sposi, i parenti ne avevano ben facile il compito: Le posate e le posatine per Ìfabuirin 1 questa'conclusione ella con-! ¿odici o per diciotto o per ventiquat- viene con me. E allora in che cosa dis- \ tro, più le posate da portata, che si li- c i t iamo? i m * t a v a n o a cucchiaione, forchettone e Ed ora, se permette, discutiamo un trinciante (allora si scalcava a tavola). Poco. A meno che il fatto di trovare del j Tutto ciò si offriva racchiuso ili una buono qualche volta anche oltre confi- bella cassettina, con tanto di chiavetta e ne, non mi venga imputato come una colpa di disamore verso la mia Terra che ho dimostrato più volte di adorare, che ho servita, continuo a servire, e alla quale ho dato anche la mia opera di madre e di scrittrice. Nel mio articolo, avevo premesso che con l'interno formato da vari scom- parti in velluto cremisi. Oggi è tutt'altra cosa: I servizi da tavola hanno assunta pu- re essi, con le moderne raffinatezze, una certa complicazione che forma appun- >. . . | to la ricchezza, o, auanto meno, l'eie- io sono una donna italiana, innamora-1 , ' "> 1 u d m o u r e u u ' ta del mio Paese, così come altra volta g« " z a a e i P as t l - ho detto che appunto perchè amo la Ecco un saggio" di come può essere mia Patria non voglio nascondere la te- composto un moderno servizio da tavo- sta sotto l'ala, come un uccellino pan- la: oltre, si intende, alle solite posate, roso, ma vorrei prendere il bello e il Cucchiai e forchette di varie dimen- buono dovunque esso sia, per portarlo g i o n i p e r i piatti di portata; chè non nella mia Nazione e renderla così la ( ] e v o n o c o n questi tornare a comparire più perfetta del mondo. E aveva detto . < . |U . ) . !liai ( ] a minestra e le forchette di anche, sì, che la donna svizzera c. una ^ o n a l e . massaia modello. Lo riaffermo perche. d a f r u t t a , c h e , d i . conosco bene il Paese di cui parlo a ] a m a d > a r g 3 n t o , c r c £ t i v o cuo sarei lieta che le nostre case coloniche. . . , . , , 1 • . • t o -1 ; ,.„„,,.; chiaio da dessert, che servirà speciaì- le case dei nostri contadini, dei notiti i t operai, le stalle, le latterie, fossero lin- mente per composte e fragole, de, pulite, fiorite, come quelle umili ru- ;. Posate speciali da pesce (anche esse stiche casette, latterie, stalle elvetiche L'illustre signora Margherita Sarfat- ti dice che la pretesa abilità delle mas- saie svizzere è un bluff, e asserisce che Ja cucina svizzera o tedesca è pessima. Nel mio articolo io non ne ho parlato. Perchè in fatto di cucina, tra popolo e popolo non ci si intenderà mai. E', questione di clima, di abitudini, di gu- sti e di atavismo. E ne ho parlato lun- gamente in un avicolo su La Cucina Italiana, di qualche mese fa. Noi tro- viamo pessima la cucina svizzera; Per compenso gli svizzeri trovano cattiva la nostra. Dunque siamo pari. Ripeto, non ho parlalo di cucina, ma di maisnja. E alla mia eletta contraddittrice. la qu.l'- Io afferma non esserci abilità e bravura rifila massaia che si serve d'una cttri- na a base di marmellate, dirò che p-r ottenere delle buone conserve occorri necessariamente una gran dose di abi- lità. E -ancora: « non vi è lavoro domesti a lama d'argento o vermeil : si inten- de che, oltre alle piccole debbono es- servi pure, nel servizio da pesce, le due grandi per i piatti da portata. (Ram- mentarsi che la inibizione di mangiare il pesce con il coltello cade quando il coltello sia quello apposito per tale vi- s i riempia di fragole (crude o cotte). Si imiti il verde calice e il piccolo Portuovi e portaiormaggio in argento. Cestino per il pane (da adoperarsi pe- rò soltanto nell'intimità dei pasti quo- tidiani). Cestino, - anch'esso d'argento, per ser- vire vini vecchi in bottiglia. Porta stecchini elegante (per la ta- vola familiare ove gli stecchini ¿i ivuCf j ^111 perano, rammentandosi che gli stuzzi- \ ' cadenti sono giustamente proscritti per tavola di cerimonia). Tappi d'argento. Portabottiglie; sia per i liquori quan- do questi vengono serviti nella loro bot- tiglia medesima, sia per le bottiglie da W orcestershire e, sopratutto per le ampolline. Macinapepe in argento e... chi più ne ha più ne metta. Per il sale pure vi sono eleganti por- tasaliere in argento ,entro le quali è contenuto il salino di vetro; ma noi preferiamo che i portasale accompagni- no i servizi di cristallo, specialmente se di Murano. Tale elenco potrà riuscire utile tanto alla massaia-signora per la propria casa, quanto alla sposina che deve fornirsi gli arredi della tavola e, finalmente, vi potranno trovare « spunto » interessan- te tutti coloro che devono fare un re- galo di nozze. La tavola dei nostri bimbi Bisogna cercare di dar gaiezza ai pasti dei bambini. Una delle maniere pratiche per al- j lietarli consiste nel preparare alcuni piatti dall'aspetto insolito e divertente..j Ad esempio: « Le fragole del paese dei Giganti ». Ecco come: ; Cuocere un pò' dì semolino al latte, [ piuttosto denso; quando si sia raffred- dato, preparare con la sua massa, un po' gelatinosa, tanti pasticcini a forma di grandi fragole. Vi si. faccia un buco nel mezzo e lo I P IR E M C O N F E R I T I NEL NOSTRO CONCORSO NAZIONALE Pubblicammo nel precedente nume- ro i nomi delle premiate nel nostro grande concorso nazionale: 7 colazioni e 7 desinari per 4 persone con L. 70. Appena reso noto il risultato, facem- mo pervenire alle premiate gli assegni bancari corrispondenti ai premi in da- naro stabiliti e cioè: Lire 500 alla Signora Valori di Roma (primo premio). Lire 200 alla Signora Fuortes Giorda- no Lanza di Napoli (secondo premio). Lire 150 á'lla Signora Aida Baldini di Raveiina (terzo premio). Lire'100 allá. Signora Debora Bonazzi di Pàdova "(quarto premio). E non a'pp'ena pronte, con le incisio- ni dei nomi "di ciascuna premiata sulle medàglie rispettive, ' provvedemmo a spedire le medaglie stesse, delle quali riproduciamo qui di seguito i fac-simili. Alla Signora Lisetta Raimondi di Bo- logna (quinto premio) oltre alla meda- glia inviammo anche le due scatole campionario completo delle specialità aromatiche gastronomiche della Ditta C. Dahò e C. di Milano. In tal modo abbiamo assolto il no- stro dovere a seconda delle promesse contenute nel bando di concorso. FAC-SIMILÈ DELLE MEDAGLIE CONFERITE ALLE PREMIATE NEL NOSTRO CONCORSO NAZIONALE Pr imo premio éÈtÈÈ . La buoan cucain al servoizi deall Diploma azi (La storia del pasticcio di fegato grasso) i 1 7 I • H I — } y ,X < \ tí > S V V*" " " «mu ^mpi Medaglia d' oro della Confederazione Nazionale Fascista dell 'Agricoltura. iSecoüc ío premio La medaglia relativa al secondo premio non potè essere materialmente ancora inviata; e il perchè, chiaro risulta, dalla lettera ricevuta dal- la Confederazione Generale del Commercio, che qui integralmente riproduciamo-: vanda). Forchettina a tre punte dorate per le «alzate» da pasticceria, e piccolissime forchettine personali — pure a tre pun- te per marons glacés, canditi ecc. 'Coltellini.- speciali di solito con la- ma puntuta in vermeil — per spalma- re i formaggi morbidi sul pane. Forchettine d i o-tr'c'-e. JMo'Wfc per asparagi e, per gli stessi, niolln irrauib. da por tata. Cucchiai a forma di piccolo ramatalo per servire salse e ragù. Coltello da melone. Paletta per gelato* ovvero altro tipo , . • • . i ad hoc per servirsene e cucchiai a pa- co che non possa sbrigarsi in un paio ' <l'ore », dichiara la signora Sarfatti. Co- [ ^tta per sorbirlo. me sarebbero felici le massaie che vo-1 Forbici d argento per luva. gitano avere la casa pulita, ordinata, la } Cucchiai speciali per «uova ali o- biaricheria lavata, stirata, i pavimenti e i strioa ». > t stelo con Una foglia d'albero, sapiente- mente preparata, e il suo gambo. Si colori il pasticcino con sugo di fra- gole concentrato. Altrettanto si può fare per imitare ciliege, albicocche, pesche. La cara mammina avrà fatto prece- dere, naturalmente, il pasto di quel giorno da qualche racconto di «gigan- tesche » avventure, per poi dire a ta- vola: — Ma guarda un po'! Abbiamo qui la stessa frutta che si mangiava sui Kisengebirge : che ce l'abbia mandata Herqld? O addirittura sia un dono di Brianteo ? E lì, battimani, vocette clamanti, squilli di risatine... : tutto il gaio romo- re dell'infanzia in festa, che rende feli- ci le madri e riconcilia con la vita chi non ebbe prole... o non l'ha più. — DELIA. L'alsaziano Fusch era capo-cuoco presso il conte di Broglie, che risiede- va, verso il 1750, a Strasburgo. Egli era un cuoco emerito, un cercatore eru- dito e coscienzioso. Ma, benché arri- vato già all'età matura, non aveva an- cora prodotta l'opera geniale che clas- sifica gli artisti tra i grandi. Il barone Béchamel de Nointel, mae- stro di casa del grande Condé, aveva scoperto le « amourettes de veau à la moelle » ; M.de Roquelière, primo cuo- co del maresciallo, di Richelieu, aveva, in un giorno d'ispirazione, trovato le « paupiettes de beuf à l'estoufade aux capucins confitès ». Fusch non aveva ancora inventato nulla. E sentiva che fino a tanto .non avesse creato uno di quei piatti il cui solo titolo fa venir l'ac- quolina-in bocca, qualcosa sarebbe sem- pre mancata alla sua gloria. Un giorno,' mentre passeggiava soli- tario, meditando a suo agio una pietan- za nuova, fu abordato da uno sconosciu- to che da qualche tempo sembrava se- guirlo con ostinazione. -— Non è forse al signor Fusch che ho l'onore di parlare? — A lui stesso. — Siete proprio voi il capo degli uf- ficiali di bocca del conte di Broglie? — Sono io. — In questo caso, sono incaricato per voi d'una commissione delicata e confi- denziale. Un signore, che desidera man- tenere rincagni to, è vicina a morire. E prima di lasciare la vita, vorrebbe avere con voi un segreto abbocca- mento; m'ha pregato di avvertirvene. E' l'ultimo desiderio di un moribondo, — Ed in che modo posso io giovare al gentiluomo? — domandò. — Ho dun- que l'onore di essere da lui conosciuto? - Non lo credo. Ma se vorrete re- carvi questa sera, a notte tarda, nel sob- borgo Krutenau, voi troverete, all'estre- mità della via Renard-Préchant, un uo- mo di sua fiducia che v'introdurrà da lui, e non avrete a pentirvi, ne sono certo, d'aver creduto alla mia parola. A notte fatta, cedendo alla curiosila, uscì, risoluto però a non spingere oltre l'avventura. Arrivato alla via Renard- Préchant, vide, difatti, un uomo che sembrava attendere. Volle tentare un voltafaccia. Ma l'uomo gli si avvicinò, e toccandosi il cappello: — Seguitemi, signor Fusch — gli disse. Arrivarono alla porta di un vec- chio casamento che pareva abbando- nato. Penetrando nel vestibolo, Fusch credette indovinare, nell'ombra, acco- vacciati su d'una lettiera, dei volatili bianchi che dormivano. Non vi pre- stò attenzione e seguì la sua guida. Que- sta non lo lasciò che dopo avere pic- chiato ad una porta del primo piano ed aver sentito ripetere ben distintamente la parola « entrate ». Fusch entrò: Su di un letto a corti- ne, stile antico, un vecchio giaceva di- steso: era estremamente debole e ap- pariva centenario tanto il suo viso era magro e stanco. Fece colla mano, segno a Fusch di avvicinarsi. — Ho voluto vedervi... per confidar- vi, prima di morire, un segreto impor- tante. Lo sforzo fatto per parlare lo aveva esaurito. Nondimeno, dopo pochi minu- ti riprese, spezzando le parole: — Or fu sessantanni... avevo la vo- stra età, allora... una donna di Hanau badese, cui avevo salvata la vita', m'ha data una ricetta... una ricetta meravi- gliosa. E' grazie ad essa che ho rag- giunto i limiti della vita umana... Da lunghi anni io non ho, si può dire, pre- so altro nutrimento... e non ho voluto portare con me questo segreto così uti- ,, , „ le al benessere dell'umanità... solo vo- Grande medaglia d argento , . del Ministro del l 'Agricoltura e delle F o r e s t e > i e vo trasmetterlo ad un artista, a un «OHrCMKAZOINK NAZOINALE f »SOSTA DLE COMM&CtfOI a liul>in »imaiu« Jb Cc' j. fugalo HI3 tlx") S p t t t . D i r a l l o s * da • U C U C I S i X T A L U S 1 ' l a r l c o O B t ra • Ï ® / a r a p r i i » U . B . VI I n f o rmo e i a 1M ¿ a l a g l i * l ' o r o p a r 1 1 aoaoo r ao 1 1 - C a c i c a I t a » l l a n a * t s t a t a o r m a t a «a boo c i a ango ra g i a n t s . Son op pono a l p s r T s r r k a a r * s o s t r i « a r a t r a « s a a t t a r T a l s oon l a B a s e l s « a o l l a s l t a d l n s . D t « H » t l » l i t i . e r zo p r em i o Medaglia d ' oro della Confederazione Nazionale Fascista dell'industria italiana. Medaglia d ' oro del Ministro delle Corporazioni Quinto premio maestro... degno di comprendere... mi han parlato di voi... ho voluto vedervi... Aspettate, ve lo dirò... Il vegliardo si assopì un momento. Poi riaprì gli occhi, e prendendo nella sua mano scarna, quella di Fusch, co- minciò a voce bassa, a rivelargli il gran- de mistero. Gli apprese come fosse pos- sibile dare alle oche bianche della pia- nura del Reno una malattia che in- grassava smisuratamente i loro orga- ni interiori. Gli svelò che privando que' volatili d'ogni bevanda, facendo in- goiare delle farine e delle paste, ac- cecandoli, legandoli alle zampe, onde non potessero muoversi, se ne otteneva dei fegati d'una finezza estrema e di una succulenza indicibile. Quando fu bene inteso su questi pre- liminari, passò a spiegare la prepara^ zioné cucinaria. — Bagnate al madera, mi capite? Condite poco, pochissimo. Nient'altro che tartufi di Perigueux... Fatene la prova... mi ricorderete. Io ve lo dico: Quest'alimento, del quale ho fatto uso esclusivo quasi per tutta la vita, è un vero elixir per campare a lungo... Il malato ricadde sul letto: chiuse gli occhi come rapito in estasi. Poi fe' segno a Fuech che lo ringraziava d'es- sere venuto, e lo congedò con un triste sorriso. Nel momento che il cuoco stava per uscire, un gemito del vecchio lo richia- mò presso il letto: — Avete eapito? Bagnate al made- ra... trifolate a tutto andare e vedrete meraviglie!... Andate! Fusch durante due anni restò muto sulla rivelazione fattagli nell'ora supre- ma dal barone Dudweillez. Lavorava e tentava esperimenti: faceva prove e con- troprove. Capiva la sua grande missione. Sentiva, in una parola, che giuocava la sua gloria e iï suo avvenire. A questo punto, il conte di Broglie venne nominato ambasciatore in Polo- nia, e portò a Varsavia tutta la sua fa- miglia. La casa di Saxe, minacciata dai russi, non domandava ehe di appoggiar- si alla Francia, e il conte di Broglie doveva valersi di tutte le risorse della sua abilità onde scongiurare le sventu- re che minacciavano l'antico regno dei Sobieski. Un giorno lo fece chiamare di buon mattino : — Caro Fusch, gli disse, vi preven- go che lunedì ho invitato a pranzo l'E- lettore di Saxe. Dovendo parlare a Sua Altézza a quattr'occhi, l'ho pregato di accettare l'invito. Cosa ci servirete, di grazia? Io vorrei un piatto nuovo, che fa- cesse colpo, che forzasse l'attenzione... cercate... immaginate... e ve ne sarò ri- conoscente. Fusch comprese che l'ora di agire era venuta; si mise all'opera. L'indomani era pronto. Egli stesso andò prima del pranzo a portare in tavola il suo pastic- cio. Poi si ritirò in cucina. E ogni volta che un cameriere arrivava dalla sala da pranzo, Fusch gli si precipitava in- contro : — « Che cosa dicono » ? Hanno at- taccato il pasticcio? S. E. parla? L'E- lettore mangia? — L'abbiamo servito adesso. Poco dopo, altre notizie: il conte di Broglie parlava sempre, e l'Elettore continuava a mangiare... Il suo viso brillava di una gioia interna; gli oc- chi esprimevano l'estasi. Egli non ri- spondeva più che con gesti d'approva- zione. Quando il pranzo fu terminato e l'Elettore partì, il Conte, volgendosi ver- so la servitù disse commosso al capocuo- co : « La Polonia è salva per merito vostro! » Venite fra le mie braccia... A. PETTENATI

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