LA CUCINA ITALIANA 1931
LA CUCINA I T A L I A NS ch' io mi soffermi, e non si crgda ch' io non mi sappia cavar di dosso l'abito pro- fessorale se mi sembra di dover espor- re qualche sistematica nozione sulle. Vi- tamine. Perchè le vitamine sono almeno cin- que e non una, ed hanno ciascuna una speciale attività fisiologica, e nelle ver- dure e nelle frutta non se ne trovan che alcune, e nelle bucce e nei baccel- li esse sono ben scarse. Furon distinte con lettere dell'alfa- beto e con queste s'intende ormai di definire le proprietà fisiologiche e bio- chimiche delle cinque più note vita- mine. VITAMINA A. — E- insolubile nel- l 'acqua; solubile invece nei grassi è perciò detta liposolubilej E' necessaria per mantenere sane le congiuntive e limpida la cornea. E' presente nel latte, nel burro, nel tuorlo dell'uovo, negli olii dei pesci; in quasi tutti i grassi di origine animale, e perciò anche nel grasso che è commisto alla carne, nel- la sugna, ecc. Resiste a 100°. VITAMINA B. — E' solubile nel- l'acqua e resiste per pochi minuti a 100°. E' necessaria per il buon funzio- namento dei nervi di senso e di moto. La sua assenza genera la polinevrite, malattia che s'osservò nelle ciurme o nei reclusi alimentati esclusivamente con riso brillato, cioè completamente privato di crusca. Questa malattia è og- gi quasi scomparsa. La vitamina B è presente nella cru- sca dei cereali, in tutte le verdure e nei legumi, è molto abbondante nel lievi- to di birra, ed in genere nei semi ger- mogliati (riso, grano, orzo, ecc.). VITAMINA C. — E' solubile nell 'oc qua. E' necessaria per mantener sane le mucose; la sua assenza genera lo scorbuto, malattia che colpiva un tem- po le ciurme nutrite esclusivamente con carni conservate e sterilizzate. Si sa da gran tempo che il succo di limone la guarisce. Infatti di questa vitamina è ricca in genere la frutta, ma ne sono ricchissimi sopratutto gli agrumi ed il succo di pomodoro, anche quello con- servato o concentrato. VITAMINA D. — E' insolubile nel- l'acqua e si scioglie nei grassi. Serve a fissare il calcio nelle ossa e perciò vien chiamata calciofissatrice ed antirachi- tica. Abbonda nell'olio di fegato di mer- luzzo, ma è presente un po' in tutti i grassi animali, e perciò anche nel. lat- te. Oggi la si ottiene artificialmente ir- radiando coi raggi ultravioletti l'ergo- sterolo, e il mercato è inondato di que- sta vitamina artificiale, tanto utile nel- l'alimentazione dell'infanzia. VITAMINA .JEL .Lìposalubile e re- sistente al calore. Regola lo sviluppo e le funzioni dell'apparato riproduttore. Dove le collochiamo dunque, per la loro ricchezza in vitamine, le bucce, le scorze, i baccelli e tutte l'altre... im- mondizie del genere? Gettiamole pu- re senza ritegno nell'immondezzaio an- che se debbano nutrire i topi, e se ne abbiamo la opportunità, diamole ai maiali. Altro è parlare di verdure come l'in- salata, il cavolfiore, la verza, la cipolla, gli spinaci ed i cardi; altro è parlare 'di scorze, di bucce e di baccelli. Non dico poi della frutta, che ormai si sa t ene che le vitamine ch'esse contengo- no, stanno sopratutto nella polpa e nel succo. Per capire come qualcuno creda di dover valorizzare per la nutrizione u- mana tutti quei residui vegetali, s'ha da pensare che la confusione sia stata forse ingenerata dalla vitamina B, l'an- tinevritica. « I l riso brillato produce, la poline- vrite; basta un po' di crusca per sal- vare dalla malattia j t si mangi dunque i l rÌ3o con la crusca » . Il fatto è vero ma la deduzione è di- fettosa, perchè non tien conto che 1 vitamina B non è presente soltanto nel- la immangiabile crusca del riso, ma an- che in tanti altri alimenti che l 'uo- mo appetisce ei digerisce. Chi mangia mai la crusca del riso, o degli altri ce- reali? E s'è mai vista fra popoli civili la polinevrite avitaminica? L'avevano i poveri reclusi che nelle isole malesi terano alimentati unicamente con riso brillato; ma questa alimentazione uni- laterale e deficiente era roba da gale- ra o da guerra. S'è detto che il chicco di frumento Va mangiato intero, con tutta la crusca ò gran parte di essa, facendone il cosi- detto pane integrale^ Questo è un argomento troppo lungo ila trattare qui e perciò prego chi se ne interessasse di leggere, oltre al mol- to che se n'è scritto, un mio articoletto « Pane Nostro » uscito in Gerarchia nel settembre del 1926. Mi si conceda ch' io ne citi qui un frammento che s'addice al nostro argomento : « Nella dieta mi- « sta abituale, anche sulla mensa più « parca, assai di raro mancano le vita- « mine necessarie. Stolto ed antiecono- « mico sarebbe che l'uomo mangiasse « tutte le crusche dei cereali, le bucce « dei legumi e persino i loro baccelli, « per non perdere vitamine: accanto a « queste si introdurrebbero troppe so- « stanze dannose all'apparato dige- N. 8 - 15 Agosto 1931. Non posso ricordare senza un fremi- to di profonda commozione come il pro- fessor Icilio Guareschi, il chimico in- signe dell'Ateneo Torinese, all'inizio della guerra, convinto che la Nazione dovesse mettersi tempestivamente al più rigoroso regime di economia alimen- tare, si accingesse a compiere su se stes- so un tragico esperimento,: quello di non gettare nulla dei residui vegetali e di non escludere dalla propria ali- mentazione bucce, scorze e baccelli che abitualmente si gettano. Una enterite emorragica chiuse tra- gicamente il breve ciclo di questo espe- rimento. Troppa lignina, troppa cellulosa, cioè troppe sostanze non digeribili conten- gono quelle parti vegetali, sostanze che soltanto l'apparato digerente di alcuni animali è in grado di digerire e di uti- lizzare. Lasciamo dunque scorze, bucce, bac- celli e crusche all'alimentazione degli animali, e sopratutto del maiale. Que- sto è il trasformatore più prezioso, per- chè digerisce ogni cosa che per l'uo- mo è indigesta, e la converte in tanta carne e tanto lardo. Ho finito, Signora Delia, cioè con- cludo : 1) Fra gli involucri indigesti costi- tuiti da scorze, baccelli, bucce, crusche cc., soltanto le crusche dei cereali so- no veramente di una vitamina: l'anti- nevretica. Ma le crusche sono indi- geribili, e per contro la vitamina B si trova anche in molti altri ali- menti digeribilissimi. Quelle parti dei vegetali devono dunque essere gettate o date in pasto agli animali. 2) Una buona alimentazione ordi- naria ove non manchi qualche po' di verdura cruda, di frutta fresca e di grassi animali, contiene tutte le vita- mine necessarie. 3) Conviene lavar bene in acqua corrente la verdura e la frutta che -i mangiano crude, e, se proprio s'abbia ragione di temere qualche contagio, si lascino per 10-15 minuti immerse in una soluzione di acido cloridico in ac- qua all'uno per mille, soluzione assai facile da preparare. So bene, Signora Delia, che si son dette e scritte cose diverse da queste conclusioni, ma o son cose sbagliate, o son cose esagerate che possono diven- tare « fissazioni » ed « ossessioni ». La parola della scienza coincide con quella del buon senso. Era ben giusto da parte sua rileva- re l'apparente contraddizione e doman- dare spiegazioni. Da parte mia non ho altra pretesa se non d'aver riportato le cose sulla via che fu sempre segui- ta dalle buone massaie, le quali si fan- no guidare dal buon senso e dalla tra- dizionale esperienza. Molto cordialmente suo quanto per le decozioni: Per un litro di acqua gr. 30-40 radici; gr. 10 a 20 di foglie o fiori secchi; gr. 100 di fo- glie verdi. Le tisane si bevono ordinariamente calde. Alcune di esse (come i decotti di genziana o di china) hanno gusto ama- ro e sarà bene, zuccherarle ; altre coirne le tisane di malva, di fiori di tiglio, di sambuco, ecc., costituiscono dei veri tè, e sono più gradevoli coH'aggiiiinta di zucchero, di latte, di scorze di li- mone o corrette con cognac e rhum. C A R LO FOÀ. m o a e r n a Consigli pratici Una buona tazza di caffè Per ottenere una buona tazza di caffè occorrono parecchie cose e parecchi ac- corgimenti : Anzitutto... avere del buon caffè ge- nuino. A questo riguardo diremo subito che la buona massaia deve rinunciare all'idea di acquistarsi il caffè crudo per compiere da sola tutte le operazioni successive. Intanto non è impresa facile cono- scere e scegliere il caffè crudo in mez- zo ai tipi numerosi e svariati offerti dal commercio : in secondo luogo si deve praticamente .ricorrere ad una mesco- Janza dilliie, feò~più ripidi caffè (Mo. ka, Portorico, S. Domingo, ecc.) che de- vono prima essere tostati separatamente con la cura necessaria. Ciò richiedereb- be una provvista sproporzionata al con- sumo giornaliero e un grande perditem- po, senza dire che una bevanda ricca di aroma e di profumo può aversi soltanto con : torrefazione recente, macinazione recentissima, preparazione immediata. Tanto vale quindi acquistare una buo- na miscela preferibilmente Moka (per il profumo) e Portorico (per la forza) nelle rispettive proporzioni di un terzo e due terzi in quantità adatta al consu- mo di pochi giorni. Il caffè in polvere è facilmente sofi- sticabile. Perciò comprarlo a chicchi (torrefatti o no, ma non mai già maci- nati). Macinate da voi il vostro caffè di vol- ta in volta e per non avanzarne nel ma- cinino, pesatelo prima in chicchi a se- conda della quantità che vi occorre. An- zi, potete misurarlo con un piccolo re- cipiente di vetro o metallo che ne con- tenga 5-7 gr. (il fabbisogno medio di una chicchera) e polverizzarlo minuta- mente solo all'istante di metterlo al fuo- co,. Il caffè soffre le temperature alte e prolungate: deve farsi un infuso e non un decotto. Sono quindi preferibili i recipienti a filtro: ottime le cosidette caffettiere napoletane. Usate acqua attinta di recente, non ricorrete ai surrogati e non fate mai riscaldare il caffè della, volta prece* dente. Da una buona torrefazione si otten- gono chicchi color castagno; analoga- mente, la bevanda non deve essere molto scura. Conservate il caffè tostato in reci- pienti ben chiusi di vetro o di metallo. Preparare una squisita tazza di tè vuol dire attenersi ad un complesso di norme da molte persone ritenute su- perflue ma la cui trascuranza finisce per alterare totalmente il gusto e le virtù di questa bevanda che delizia, da secoli, interi continenti. Vogliamo riepilogare queste norme, dispensandoci dal (descrivere i diver- si tipi di samovar e di teiere che si trovano in commercio, anche perchè si può — all'occorrenza — farne senza. La bevanda è il risultato di un ' in- fuso: perciò è chiaro che le foglioli ne di tè non si debbono far bollire Esse vanno poste a contatto con acqua che abbia appena raggiunta l'ebollizio- ne. Se non avete le apposite teiere, po- nete il tè (gr. 2-3 per tazza) in reci- piente di porcellana, terraglia o ve- tro, preventivamente riscaldato, versa- tevi sopra l'acqua bollente e coprite per 2-4 minuti. La durata di questa im- mersione deve essere misturata (sempre usando la stessa dose e lo stesso pro- dotto) coll'orologio alla mano, se si vuole avere una bevanda a tipo co- síante. " Prolungando l'infusione il co- lore diventa più carico, ima Jt'aroma troppo piccante, fino a snaturarsi. Colando il liquido, fare attenzione che non passino detriti di foglie. Poiché i pregi di questa bevanda con- sistono specialmente nell'aroma, non de- ve conservarsi scoperta, ne deve mai es- sere riscaldata. A seconda dei gusti vi si può aggiun- gere cognac, rhum, latte, fetta di li- mone. Fredda è molto dissetante. Conservate il prodotto, perchè non perda le sue qualità, in recipienti ben chiusi, possibilmente di vetro, con l imboccatura piuttosto larga e muniti di coperchio ermetico. Non devesi conservare il Tè nè in luoghi umidi, nè in luoghi caldi e si badi di tenerlo lontano da oggetti di forte odore, poiché ne verrebbe facil- mente impregnato. Una buona: tisana 25 taezz di caèff esproess cno L. 10. 7 Si mette in un fiasco ben pulito mez- zo etto di caffè in polvere (L. 1,50) a mezzo di un imbuto un po' largo di canna. Poi si fanno bollire due litri circa di acqua (cioè quella che ci sta in un fia- sco) mettendovi la quinta parte di un pacchetto d'Olanda marea 0 . G. li- re 0.85:5 r 0.18 e si fa bollire per due minuti l'acqua che si versa poi subito bollente, nel fiasco appoggiato alla ta- vola (non in mano). Si chiude poi col turacciolo e si lascia depositare due minuti. Dopo di che si serve. Dovendo riscaldare in seguito il ri- manente farlo sempre a bagnomaria. — , L'Abbonata L. FOLA ' ÌEI . U - Milano ¥ «SiLimnIJB«, ' ,J UL.gl 'I Gastronomia di Montagna, - s i • i l . i n i . , 1 * il | s • I * \ Consigli di un vecchio c cciatore ili montagna É « R i l e g h i , a d i s t i , s c i a t o r i , a ^ t o i ^ o f e i l l s^ E adesso, a voi, brave massaie, l'ap- plicazione pratica delle norme che in questa vostra Rubrica abbiamo creduto opportuno di suggerirvi o, almeno, di rammentarvi. Una buona tazza di Tè « recite » . •.«.LÌ! ; II tè ci dà una bevanda che per i suoi pregi e le sue virtù toniche, dia- foretiche e diuretiche,' merita di godere la massima popolarità. Il commercio ce ne offre tipi innu- merevoli, che generalmente portano il nome della località di produzione o del porto d'imbarco. Le marche più reputate si riferiscono ad rana data mi- scela e corrispondono ad un dato gu- sto. I tè provenienti dall'India sono ge- neralmente più forti di aroma e più eccitanti, mentre quelli provenienti dalla Cina sono caratterizzati da aro- mi più delicati e da sfumature che gli intenditori ed i raffinati trovano pre- 1 feribili. Le tisane si fanno con piante medi- cinali. Possono essere preparate per in- fusione, per decozione e per macerai zione. E siccome la virtù curativa di ciascuna pianta medicinale dipende dalla maniera con la quale la pianta etessa viene trattata, è indispensabile che un imodo di preparazione non ven- ga confuso o sostituito coll'altro. a) Infusione (od infuso}. Versare acqua bollente sulle foglie o sui fiori o sulle radici delle pian- te. Coprire e lasciare in contatto da 5 a 30 minuti, secondo il vegetale usato. Filtrare attraverso ad uno staccino o pannolino prima di usarne. Si fanno infusi di tè, tiglio, salvia, menta, fi- nocchi, camomilla, genziana, ecc. b) Decozione (o decotto). Bollire le sostante vegetali perchè cedano le loro virtù curative all'acqua e ne risulti appunto il decotto. Durata dell'ebollizione secondo la qualità del- le sostanze usate: da 5 a 10 minuti per le foglie verdi; da mezz'ora, un'ora e anche più, per le foglie secche e per le radici. Filtrare come sopra. (Decotti di : riso, orzo, malva, semi di lino, gra- migna, liq.uorizia, china, ecc). c) Per macerazione. Prima di far bollire certi vegetali, sopratutto le radici di certe piante, si devono macerare in acqua fredda per parecchie ore, ed anche per un giorno intero perchè si rammolliscano. Liquido e sostanze dovranno poi es- sere bollite a lungo; circa ¡un'ora ed in seguito filtrate. Le radici devono essere schiacciate o frantumate perchè cedano meglio all'acqua le lóro proprietà curative. Proporzione tanto per le infusioni 1 te, di piselli, di conserva pomidoro, ecc., Chi ha passato alcuni giófni conse- cutivi in alta montagna a scopo di cac- cia, o di alpinismi, con^e io ho fatto per molti anni (piò di 10) lontano da facili povviste, avrà notato che Ilaria ossige- nata, le chiare, dolci e fresche, acque, il ruoto per ore ed ore consecutive a più di 1500 m., mettono un appetito., che vuole essere sedato con una buona ali- mentazione carnea, accompagnata da un buon bicchiere di chiaretto. La lunga esperienza mi ha fatto ab- bandonare i salumi e, per idiosincrasia, i formaggi e ne ho trovato giovamento, tanto che, anche dopo 15 giorni di lun- ghe e faticose permanenze, sono sempre disceso al piano con senso di benessere ed i miei tiri alle pernici bianche ed ai galli di monte avevano una bassa per- centuale di padelle. Premetto che non ho mai fatto uso di carni in scatola o pesci conservati che si trovano in commercio e che il tutto me lo preparavo io in casa, paziente- mente e col solo sopraprezzo del tra- sporte alla montagna in una baita qua- lunque, abbandonata in autunno. Sempre, al mattino, prendevo una scodelletta di cioccolata con pane; al mezzodì levavo dal sacco, pane, carne affumicata, oppure una scatola da me preparata, borraccia con vino e mar- niellata. Di ritorno alla sera, in non più di tre quarti d'ora, il pranzo era prepa- rate» e variato tutti i giorni. Eccone la n o t a : minestra in brodo, di riso, o pa- sta, con cavoli ed eventualmente spi- nacci di monte, che si trovano nei po- sti molto pingui, dove pernottano d'e- state le vacche e che, a differenza dì quelli d'orto, sono lievemente ipelosi e perenni Il piatto variato consisteva i n: spez zatini di vitello; pollo alla cacciatora p o l l o alla fricassea (con salsa limone ed uova); manzo brasato; stufato alla milanese; piccato di vitella ; faraone alla salmi; arrosto negato; funghi in umido, che adoperavo come contorno, u c c e l l e t t i alla stufatola; coniglio o le p r e in salmi; vitello tonnato, il tutto privato, dalle ossa e cotto in abbondante (si noti bene) condimento. Per la mi Destra in brodo ho sempre adoperato grasso di rene di vitello e pancetta (ì'Ar- tusi la dice carnesecca) in parti eguali di peso, finemente tagliuzzati e fritti con cipolla e rosmarino. Cotti, e lo si capisce dalla cipolla tagliuzzata, li pas savo allo staccio, spremevo il residuo collo schiacciapatate e lo versavo in sca- tola di lata. Raffreddato, si indurisce, e si conserva a lungo anche senza sale. È buon consiglio aggiungere alla prov- vista minestra un vasetto di Liebig, con- serva di pomodoro, un cavolo, o due, prezzemolo e sedano che però, dopo po co, ingialliscono, ma tengono la fra- granza Di ritorno dalla caccia, verso sera, mettevo un litro circa di acqua in un pentolino con 30 grammi di soffritto per persona, Liebig, cavoli, sale ed al primo bollore, riso o pasta. Dall'accen- dere il fuoco allo scodellare non im- piegavo più di 45 minuti e mangiavo una buona minestra appetitosa e nu- triente. In altri pochi minuti il piatto carnè era pronto. Legavo da una delle sca- tole da me preparate il coperchio di grasso, come dirò in seguito, che sciolto in acqua calda, inzuppava il pane per il mio bracco; con un coltello levavo il contenuto della scatola e lo versavo in un tegamino, accuratamente riscaldavo sulla brace e me ne serviva. Vi confes- so che ho sempre trovato piatti freschi di cuci natura. Eccovi il mio procedimento conser- vativo dei piatti soprasegnati e, se al- cuno credesse di aggiungerne altri, gli consiglio di scegliere quelli che guaz- zino nel loro condimento. Cotti che siane in abbondante condi- mento, levate tutte le ossa ai polli, al coniglio, al lepre, tagliate il manzo bra- sato, lo stufato, ecc., in piccole porzio- ni, riempite scatole vuote di marmella che avrete in primo fatte ln>llire con soda o potassa per pulirle e che al mo mento di adoperarle terrete in acqua pura bollente. Versate sopra quanto avete messo nella scatola tanto condì mento quanto: basti P e r coprire il tut to, lasciando uno spazio di cm. 2 circa tra il contenuto e I orio del contenente Con un cucchiaio comprimete ben bene affinchè non vi rimanga aria, ma solo condimento. Ciò fatto, versate subito sulla super- ficie 5-6-7 cucchiai di grasso di bue bol- lente, che, per avere una temperatura di ebullizione superiore ai 100 gì lo vedrete friggere, quasi ferro rovente immerso neìll' acqua. Lasciate raiffred. dare e. troverete la vostra scatola chiusa ermeticamente da un disco molto duro di grasso, aderente alle pareti. Caso mai notaste screpolature, o man- cata aderenza, ciò che raramente succe de, o aggiungete altro grasso bollente, oppure con un ferro caldo strisciate so pra il grasso screpolato. Con questo pra tico ed economico sistema le vostre provviste durano anche parecchi mesi In maggio ho asseggiato un lepre mes- so in barattolo l'ottobre antecedente sembrava fresco. Chiudo con un consiglio personale In montagna, pochissima acqua per uso interno; un buon mezzolitro di chia retto e anche tre quarti, quando man giate; niente liquori e, se vi trovate ba gnati di pioggia al ritorno, una bella fiammata ed un bicchierino di robur, che preparerete voi a casa, con grani mi 100 di vero moka in polvere, mace- rato per alcuni giorni in mezzo litro di buona acquavite e filtrato. Lasciate il the ai letterati, o alle giapponesi. Dott. ALESSANDRO PEDRONI Doev son niat i maccheroni ? Il quotidiano l'Unione Sarda in una interessante polemica sostiene che maccheroni non sono napoletani, ma sardi; e più precisamente cagliaritani. Fino ad oggi era risaputo'che il mac- cherone era creazione di un buongu- staio napoletano, di cui si ignorava il nome ma clje s{ sapeva vissuto nel '500 o giù di lì. Sembra, invece, che tale buongustaio abbia trovato i anac- cherojii in un suo viaggio in Sardegna e, riconosciutene le innegabili doti, ab- bia pensato di portarli a prosperare altrove. A quanto sembra, però, l'origine sar- da del maccherone non fu subito di- menticata: il poeta napoletano Sgrut- tendio, infatti, nel 1646 in un commos- so saluto alla bella Napoli, dalla quale si allontanava per sempre, dava l'ad- dio alla città ricordando i « maccara- ne de Cagliari » . Dunque, — secondo il giornale sardo. — i maccheroni sono cagliaritani ed emigrarono in terra più prospera, per iniziare di lì quel viag- gio trionfale attraverso gli stomachi di tutto il mondo. ETIMOLOGI A DIE MACCIARON Si narra che un vecchio pellegrino, in un tardo pomeriggio del mese di gennaio, stanco, infreddolito, digiuno transitava per una lunga strada napoli- tana e, quando era ormai incombente la notte, si fermò in una osteria di cam- pagna.. Alla massaia che stava in un canto, vici- no al fuoco, a manipolare una larga ton- deggiante schiacciata di pasta, chiese di che. rifocillarsi. E, difatti, dopo poco, gli fu servita una copiosa pietanza, che il pellegri- no, non napolitano, vedeva per la pri- ma volta, ima che trovò gustosissima e saporita. Al mattino, prima di riprender il suo cammino, il Romeo sentì chiedersi per la pietanza della sera precedente un prezzo che gli sembrò esagerato: tanto da farlo esclamare: Buonissimi... Ma... cari, ma.... caroni! IL VOOSTR BUNO GUOST si rivela con lp vostra cucina 4 ma anche col vostro modo di vestire LA MODE - REVUE vi offre le più deliziose novità nel suo fascicolo autunno-inverno 1931-32 in vendita in tutte le edi- cole, dal 15 agosto, al prezzo di L. 10. Abbonamento annuo (quattro fascicoli) L. 30 ridotto a L. 26 per le abbonate a La Cucina Ita- liana. Cojiia di saggio gratis inviando f L. 1 in francobolli per le spese postali. « ARACNE » Casa Editrice Milan 9 (120) - Via Kramer, 32 OPERE DI í f w . JÍ?. tl¡ Elenco dei volumi pubblicati e I ter l aid r Fu fi La fataic nuzeial La donan "tiop tr,e, Viat die Rosiciant Il turbeant violoett Signaor "Novecento, , Le deu moneet Le rageazz allarmi ant Meridoian di Roam La doann neigl affiar L'Elrixi di juang Itali I Podàest daigl occih apeirt li Gioceator id Briedg Luec dla sdu Il Sigrno Geraemi Ogni volume elegantemente rile- gato L. 9.Ó0 - Tutti i volumi L. 160.'- pagabili in 16 rate mensili consecutive di L. 10 .~ CEDOLA D'ABBONAMENTO Io sottoscritto desidero abbonarmi alle opere di Umberto Notari. L'importo complessivo di L. 160 sarà da me pagato in 16 rate men- sdì consecutive di Lire 10 ciascuna. I volumi mi saranno inviati su- bito franchi di porto al pagamento delle prime due rate (L. 20), che qui rimetto unite alla presente. D a t a • • . y ° m e • » ». Professione Domicilio Tutti i volumi vengono spediti subito franco di porto e di im- ballaggio in Italia e Colonie a chiun- que invia le prime due quote (carto- lina vaglia di L. 20) insieme alla pre- sente cedola di sottoscrizione alla Soc. Istituto Editoriale Italiano - Via Monte Napoleone, 45 - Milano. li
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