LA CUCINA ITALIANA 1931

' M e di (S3 angiar meglio, spender meno„ vais b j o M B inA oroanjja^j -AAB i t p s e p j ÏS 68981 GIORNALE DI GASTRONOMIA PER LE CUGINA CASALINGA - ALTA CUCINA - CUCINA CONVIVIALE CUCINA FOLCLORISTICA FAMIGLIE E PER I BUONGUSTAI CUCINA PER STOMACHI DEBOLI CUCINA ALBERGHIERA - ARTE DELLA TAVOLA - RICETTARI S O C I E T À * N. 2 — ANNO III ANON I MA NO T A RI • 15 Febbraio 1931 (IX) ( I S T I T U TO E D I T OR I A LE I T A L I ANO) . M I L A N O - V i a M o n t e N a p o l e o n e . OGNI NUMERO CENT. 50 - ABBONAMENTO ANNUO L. 5 - ESTERO L. 10 - INSERZIONI: I , 3 AL MILLIMETRO 4 5 T e l e f o no ÎM. 7 0 - 3 5 7 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE Fagioli con le cótiche pEjjrichiamo alla cucina paesana Quale imbecille avrà mai detto per primo che i cambiamenti di aria ecci tano l'appetito? Sono oramai tre mesi che sto viaggiando di paese in paese e l'appetito mi diminuisce di giorno in giorno. Eppure, in questo continuo gi rovagare, disperdo molte forze, e il mio organismo dovrebbe istintivamente ten dere a reintegrarsi del logorio subito Evidèntemente sono malata. Una di- spepsia, una gastrite, forse. Stasera poi, più ancora del solito, mi seggo a tavola di malavoglia, guardan do con occhio ostile i piatti e le posate, come strumenti di una inutile tortura. L'atmosfera surriscaldata della grande affollatissima sala mi fa dolere la testa. Ho sete, soltanto sete; la bocca arida Don secerne una sola goccia di saliva. — Schön menu, schön menu! — ba da a ripetermi il cameriere, come mor tifìcato della mia invicibile inappeten- za, che giudica forse un'offesa per la cucina dell'albergo. Eh, si, « schön menu », ma tu non sai, mio caro cameriere, che questa c ' a terza sera che mi presentano lo stes so identico « schön menu ;> ! Ieri l'al- tro a Budapest, ieri sera in wagon re- staurant, stasera qui ad 1 Innsbruck. Vi siete evidentemente passata la parola, J n una misteriosa congiura contro di me. Cucina internazionale: sempre im- placabilmente eguale, da un estremo al- l'altro di E u r o p a . E dire che si viaggia soltanto per l'ansiosa ricerca di un po- co di varietà! Però, è anche vero che quando si vuole evadere, e si ha magari l'ambi- zione di scoprire qualche caratteristi- c i IràiloLria locale, può capitare di peg- gio ancora. Non mi hanno forse pre- sentata a Berna una minestra di grasso di maiale, diluito e come emulsionato bell'acqua bollente? Non sono forse st ati capaci a Ostenda di consigliarmi c ome ottimo un dolce fatto di panna e agro di limone? Non hanno forse osato a Budapest di offrirmi una terri- ficante insalata, composta di peperoni, Ca pperi, e altre simili diavolerie, tutto Co mpJetamente crudo, e abbondante- 3110 ut e condito con la a paprica », il pe- pe ungherese, dolce e piccante insiè- me? Ebbi pure l'audacia di assaggiar-, e ne rimasi con le labbra infiam- 'Hate per ventiquattro ore. Dopo due o tre di questi esperimen- ''> vi assicuro che si ritorna docili più c he agnelli e completamente rassegnati alla « table d'hóte ». Docili e rassegna- ti, così come sto io ora nel vedermi P r e " Untato per la terza sera un pranzo che ''efesio. « Delìzie » della cucina tedesca di comincia con la crema di avena, la famigerata crema di avena, che la- scia in bocca un sapore di polvere, e in fondo all'animo la desolante impressio- ne di essere un cavallo — per non eita- rr ' un altro quadrupede più umile an- tera. Poi il « turbot », l'immancabile ( ( turbot », che insieme con la « bar- bile » — suprème de barbue — divide gli onori dei piatti argentati di tutti i principali alberghi. Non so esattamen- te come si chiami in italiano, ma è cer- tamente qualche cosa di molto simile al merluzzo. Bianchissimo, sciapo; pre- muto contro il palato potrebbe sembra- le un agglomerato di ostie. E per insa- porirlo ci si mette sopra una salsetta color rosa corallo, fatta di gamberetti schiacciati e diluiti nella panna. II " «Oli plus ultra » della raffinatezza francese, dichiarano i « maîtres d'ho- tel ». Ma io non sono di questa opinio- ne, e respingo insieme pesce e salsetta rosa. Un signore seduto al tavolino accan- to è stato del mio stesso parere, e ha ordinato in sostituzione un piatto di spaghetti. Lo guardo con vivo interes- se. pronta a un eventuale plagio della Magnifica idea. Italiano però non si di- rebbe. Ahimè - ! arrivano gli spaghetti, c quel signore afferra le posate da pe- sce rimaste inutilizzate e si mette con p sse a mangiarli! Prima schiacciandoli C °1 coltello, e riducendoli a una colla a •inacea e vischiosa da rilegatore di ' "ri, e poi raccogliendoli è raschiando» 1 dal piatto con la forchetta. Impalli- f disco di sdegno. Quanti barbari tu devi ancora civilizzare, Italia! Accettiamo in silenzio l'arrosto, che viene ora. Larghe e sottili fette di « roast beef », troppo cotte, terribil- mente secche. Su piattini a parte, in- salata verde, e sarebbe buona e fresca, ma non è condita con olio e aceto, ben- sì con una misteriosa acquerugiola in cui il sapore che prevale è quello del- l'anice. I legumi che sarebbero ramo buoni mangiati insieme con la earnq, impossibile di averli contemporanea- mente. Il solo richiederli sarebbe un ol- traggio all'albergo, la cui dignità esige che vi siano tre portate oltre la mine- stra e il dolce. Gli spinaci martoriati Infatti gli erbaggi arrivano dopo, so- li, e sono gli spinaci, gli <c épinards ». Sminuzzati, passati, ridotti a un'infame poltiglia verdastra. Intorno, rettangoli- ni di pasta sfoglia, e nel centro, unico condimento, mezzo bicchiere di bal- samella. Il mio gusto prevalentemen- te vegetariano me ne fa ancora inghiot- tire una cucchiaiata, ma quando vedo poi venire verso di me — sempre per la terza sera di seguito, non dimenìi- cate! — un atroce « poudding » inglese, di cui sento ancora dal giorno prima in bocca il dolcissimo nauseante sapore, mi alzo da tavola con uno scatto di bel- va ferita e mi rifugio in sala di lettura. Evidentemente sono malata, se la sola vista del cibo può ripugnarmi così. Infatti, sono anche molto dimagrata, durante questo viaggio. L'abito da sera che quattro mesi fa non mi faceva una grinza — secondo l'antichissima moda rifiorita recentemente ~ mi casca ora in larghe pieghe da tutte le parti. For- tuna che domani l'altro ritorno a Ro- ma, e che potrò farmi visitare e curare in tempo. Ma non passeranno dunque mai, queste trentasei ore che mi separano dalla mia città? Non si potrebbero var- care di un tratto, col corpo, questi mil- le chilometri di distanza, come li var- co col desiderio? Eh! si parte sempre con entusiasmo, ma si rientra nella pro- pria casa con entusiasmo maggiore an- cora e, certamente, in tutti i viaggi di piacere il momento più piacevole è quello del ritorno. Pareva che non dovessero passare mai, queste trentasei ore, e invece già sono passate, e hanno annientato i mil- le chilometri di distanza, ed io scendo di primissima mattina, con allegra leg- gerezza dallo « sleeping ». A Roma, fi- nalmente! Molte cose vi 8 0 n o da fare, tamente la primissima è quella di cor- rere al imo poderetto, e dare un'occhia- ta alle colture, che saranno forse state trascurate dai contadini durante la mia troppo lunga assenza. E ritirare i miei cani, i miei dolci e fedeli amici, abban- donati da quattro mesi. Nel pomerig. gio, poi, immancabilmente, a n d r ò a c o n . sultare il medico per q u e l m i o e caso di dispepsia. Che dolcezza, un poco di « strapae- se », dopo tanta « stracittà » ! Tutti gli animali mi riconoscono e mi f a n n o j>. sta. L'arietta leggera dell a campagna romana — così calunniata a torto mi sembra squisita. Io giro tutto il po- dere, guardo, approvo, rimprovero, e intanto il tempo passa. E' qu a s i m e z . zogiorno, oramai. Ritorno i n f r e t t a a j casolare per dare gli ultimi ordini prb ma di andarmene via. Finalmente, cucina paesana! Ma che cos'è quest'odore - - buono! — che viene dalla cucina, soverchiando le altre rustiche ma pure simpatiche esalazioni che salgono dall'erba taglia- ta, dal fieno, dalla stalla vicina? Lo a- spiro lungamente, e poi entro nella ca- setta. — Che cosa state facendo di buono? — Fagioli con le cotiche, signurì. Accidenti! Fagioli con le cotiche, al sugo di pomidoro! Sono quattro mesi che non ne mangio, sono quattro mesi che biascico pappette, « purées » e « pouddings » come se fossi una vec- chia sdentata ! Mi sento improvvisamen- te la bocca umida umida e una legge- rà contrazione allo stomaco. Che sia ap- Un ricordo mi fa sorridere. Tre an- ni fa lessi un giorno sopra un giornale un articolo di medicina. Ah, questi ar- ticoli di divulgazione, che avviseranno forse, in tempo per indurlo a curarsi e a salvarsi, qualcuno di quei malati che si trascurano per inerzia o ignoranza, ma in compenso mettono in subbuglio migliaia d'i persohe sanissime, soltanto 'un pochino nervose e impressionabili, come per esempio sarei i o! Dunque, quest'articolo mi interessò moltissimo. Lo rilessi due volte, con a<- tcazione sempre crescente... e l'indoma- ni ero dal medico. — Dottore — incominciai con molta serietà — forse mi rimprovererà r>er essere venuta soltanto ora da Lei. Ha ragione, non bisognerebbe trascurarsi così! Io già da molti mesi sentivo, p r i - ma del pasto, un languore, un rodimen- to, un senso di mancanza, una contra- zione quasi dolorosa... — Dove? — Allo stomaco. Ma non ci facevo ca- so. Fortunatamente questo giornale let- to ieri mi ha fatto comprendere la mia colpevole trascuratezza. Ho appreso co- sì che queste sensazioni di cui le ho parlato sono i più netti ed evidenti sin- tomi dell'iperacidità del succo gastrico, che condùce inevitabilmente, se non si cura a tempo, all'ulcerazione dello sto- maco. Faremo naturalmente una radio- grafia. Ma spero che l'ulcera non si s i a ancora formata. — E dopo il pasto, si sente bene? — Perfettamente. Ma è appunto il soffrire soltanto a stomaco vuoto, dice quell'articolo, che permette la diagno- si sicura di questo male. Un medicamento inusitato Il medico mi fissò a lungo negli oc- chi. in un modo piuttosto... vivace. E che di ricevimento ordinario; e poiché que- fettine di patate fritte, tartine ripie- Dio glie lo conservi sempre! sta rubrica non tratta le convenienze jne di maionese, sandwichs al prosciut- A1 momento rimasi offesa assai di per ogni caso della vita sociale, — ben- ¡to o all'acciuga, fette di pane tostato questa canzonatura alla mia dignità di «ì solo in quanto il «saper vivere» ( « t oas t » ); e poi torte, budini, candi- ammalata seria. Ma poi dovetti ricouo- ' l a rapporto con la tavola, — così non ti, marons glacés, la più varia pastic- scere che veramente non si trattava di si era creduto dover trattare un ar- ceria, i più fini tipi di biscotti... altro. Intanto, la donna aveva tolto dal fuo- co l'immenso pentolone, e mi diceva la gomento che suol appartenere piutto- sto al galateo « del ricevere ». Tuttavia, dobbiamo riconoscere co- Per questi tè a invito le signore a- vranno deposto pellicce e mantelli in r anticamera, che, invece, è elegante il frase sacramentale di tutti i contadini: ; m e ' e s s e n c l o v i m o l te volte pure pel tè penerei indosso durante quelli — assai Vuol favorire, signurì' 1 U n a t a v o l a apparecchiata e rimanen- jpiù semplici — serviti in sala di voi- Un'accettazione subitanea mi fa sol- '1° ^ " T ® Ì n " T ™ " ' b f UC ° H c a ' U D °" Ì a Ì D V ° l t a c h e S i u n ' S o n o l i u e v e v i s i t e - stro galateo della tavola possa rite- nersi « sede idonea » per lo svolgimen- to di tale tèma. col lega I Che il diavolo si porti quel mio ! — mormorò — Lei è la veni" sima persona che viene a trovarmi, im- pressionata dalla lettura di quel gior- nale ! — È spaventoso! Che malattia dif- fusa! — Orbene, sa lei cos'è questo languo- re, questo rodimento, questo sintomo che tanto la preoccupa? È l'appetito, signorina ! — Eh? ! — Sì, l'appetito! Lei è sana, ha ven- t'anni, fa molto sport, vive molto al- l'aria libera, ed è naturale che Io senta levare la testa. Eh, sì, perbacco, voglio favorire! Preparatemi subito un tavo- lino, all'aperto, là sotto il chiosco. E portatemi un piatto di fagioli! E la gastrite? E la dispepsia? Mah! Ho potuto soffrirne nelle me- tropoli europee, nelle sale dèi grandi alberghi, ma qui, ora, sono improvvisa- mente scomparse, dinanzi a una pie- tanza paesana, e al soffio frizzante ep- pur carezzevole della mia aria nativa. Fortuna che non ero ancora andata dal medico. Per la seconda volta ci a- vrei fatta una bella figura! Come tre anni fa mi aveva detto, guardandomi fisso in viso e dissimulando un sorriso: « È l'appetito, signorina! » questa vol- ta non avrebbe avuto nessun ritegno a dichiararmi, forse ridendo apertamente : — Sa lei da che cosa dipendono la sua inappetenza, la sua dispepsia? Semplicemente e unicamente dall'invin- cibile nostalgia che ognuno di noi pro- va all'estero per la schietta cucina ita- liana. LAETI2IA BOSCHI HUBERT Bisogna distinguere i « five o ' clock » a invito (quelli che i parigini chiama- no «goûters» o « thés pr iés», dai tè normali dei giorni di ricevimento. In Francia si dà molta importanza a quei pomeriggi per i quali si fa in- vito speciale; anzi si suole scrivere sul biglietto da visita o sul cartoncino re- Non vi saranno posti prestabiliti a tavola, tanto più che per gl'inviti a un tè è permesso arrivare in ritardo. I guanti devono esser tolti a tavola. Tè - buffet Quando si tratta d'un gran ricevi- mento che trattiene la padrona di casa in salone e il numero delle visite non per- mette l'ora fissa (se non si è nel caso del « tè a invito » si comincia alle 16 per : finire alle 20) è meglio adottare il tipo ¡del buffet permanente, ove si è autoriz- cante l'invito : « Musica » o « Lettura . . , , di versi» o «Br i dg e» ecc. Talvolta ! , f J ! ^ . * P a a r o n * l'indicazione dice solo: «Gouters L a massaia J m o a e m a Il Galateo ci eJla Tavoli In sala da pranzo, la tavola sarà e- legantemente apparecchiata; ma in mo. do diverso da quello d'un pranzo di cerimonia: ricami a colori, ovvero bianchi ma con sotto dei serici tra- sparenti in tinta; ornamenti vivaci; fiori, scintillìi: insomma, gaiezza e di- sinvoltura; eleganza movimentata e non già ricchezza austera. Posate e piatti? Quelli da frutta, be- ninteso. Tovaglioli piccoli (che nessu- no spiegherà interamente, ma solo a metà lasciandolo a sinistra della tazza perchè deve servire solo per le labbra). Sottocoppe in ricamo o pizzo, e non manchino candidi merletti pure sotto alle torte. Oltre al tè si servirà — a piacere d'ognuno — caffèllatte, cioccolata e bibite di fantasia in estate o punchs in di alberghi di casa, servirsi a piacere e restarvi per qualche tempo in conversazione fra gruppetti d'invitati, con molta li- hertà. La signorina di casa, o, in as- senza, una giovinetta amica intima del- la famiglia, accompagna al buffet, dà un'occhiata al servizio e di tanto in tanto si ferma a tenervi breve, alterna- ta compagnia. Ma un cameriere (o anche una ca- meriera « stylée ») dev'esservi fisso per mantenere calde le bevande, per il ser- vizio di tazze e bicchieri, per le rifor- niture, per badare che il buffet non abbia mai a risultare o sovraccarico e ingombro, o sprovvisto e semi- \uoto. I tea-rooms Oggi è di moda andar a prendere il tè nei tea-rooms o nelle sale dei gran- I L T È Già: qualche lettore ha protestato contro l'affermazione, contenuta nel nu- mero scorso, d'aver oramai — nella presènte rubrica — chiuso il ciclo delle norme di galateo moderno, rilevando- ci che, ad esempio, non abbiamo par- lato del tè. Ecco: Siccome non sempre il tè si beve a tavola, ma più generalmen- te viene servito in salotto nei giorni Cucain Itial lana per 1931 Abbon. annuo Italia e Colonie L ,, ,, Estero 5"' 10 inverno; nonché qualche finissimo vino squisito (tipo spagnolo). Simili inviti al tè offrono pretesto a mille eleganze: non soltanto nell'ad- dobbo della sala e tavola, ma nella va- rietà del trattamento: abbrustolite mandorle cosparse di molto sale; Come gli uomini si riunivano volen- tieri al caffè a parlare di politica, co- sì le signore gradiscono oggi riunirsi al tè, a parlar di moda, d'arte, di «f l irts» . .. e forse non a parlarne sol- tanto. Eh, be ' : Che c'è di male?. — DELIA. Il grande Concorso Nazionale fra le Massaie AVVI SO IMPORTANTE Preghiamo le signore abbonate in ritardo a voler sol- lecitamente rinnovare l'abbonamento, per non subire in- terruzioni nell'invio del giornale. Coloro il cui abbonamento scade a fine Gennaio, o a fine Febbraio, o a fine Marzo sono pregati di inviare su- bito il rinnovo per il 1931 trattenendo dalle 5 lire tante volte cinquanta centesimi quanti sono i numeri dell'anna- ta pagati coll'abbonamento precedente. Esempio: chi ha l 'abbonamento scadente a fine Gennaio, mandi carto- lina vaglia di L. 4,50; chi ha l'abbonamento scadente a fine Febbraio mandi cartolina di L. 4; chi ha l'abbona- mento a fine Marzo mandi cartolina di L. 3,50. Per ne- cessità di semplificazione amministrativa, occorre che la scadenza di tutti gli abbonamenti sia portata a fine Di- cembre 1931 o a fine Giugno 1932. O TUTTI INDI STINTAMENTE GLI ABBONATI DEBBONO AGGIUNGERE 30 CENTESIMI PER LA TASSA DI BOLLO. Unire alla cartolina vaglia la fascetta a stampa con cui viene spedito il giornale. Dirigere le cartoline vaglia alla Soc. An. Notari - Via Monte Napoleone, 45 - Milano. Abbiamo accennato nel nu- mero precedente alla larghis- sima eco di consensi che ha riscosso la nostra iniziativa del grande Concorso Naziona- fra le Massaie Italiane : da parte di Autorità, di Enti e della stampa, che unanime ha commentato, riportandolo integralmente, il Bando. Ma la nostra maggiore, diremmo massima soddisfa- zione, è quella che proviene dall' entusiasmo — « entusia- smo », senza iperbolizzare — col quale la nostra iniziativa è stata accolta dal pubblico delle Lettrici che hanno sapu- to dimostrare quale spirito a- nimi la Donna Italiana, per- fetta Massaia Moderna in salotto e in cucina, esperta davanti ai fornelli non meno che davanti allo specchio. Tale fu l'affluire di lettere — vere valanghe ogni giorno — riguardanti il Concorso, che abbiamo dovuto istituire nella Redazione un apposito ufficio per lo smistamento e per la prima delibazione. A chiusura del Concorso, avvenuta com'era stabilito il 10 corr., i Saggi pervenuti som- mano già a 3800: dimostrazio- ne imponente di quanto ab- biamo più sopra affermato. Ancora una volta, come nei precedenti concorsi, — per quanto ci fu dato osservare da uno sguardo sommario e fu- gace -— ì <( Saggi » dimostra- no il grado di elevatezza rag- giunto dalle Massaie Italia- ne, la loro esperienza ed ocu- latezza nel saper trarre dal M I N I MO MEZZO IL MAS- S IMO RENDIMENTO, cioè dalla minima spesa il più ab- . fondante, nutriente e gusto- so' pasto. A tutta prima sembrò a qualcuno un assurdo il capo- saldo del nostro Concorso: « 7 colazioni e 7 desinari con 70 lire?» Ma la perizia delle Concorrenti dimostra che an- che... 1 assurdo può diventare attuazione pratica quando la necessità impone di acuminar 1 ingegno e sfruttare al mas- simo tutte le risorse. Lo con" stateranno ì pessimisti allor- ché pubblicheremo i « S a g g i » premiati. Alle gentili Concorrenti, per ora, detto ciò, non chie- diamo che di attendere con pazienza il risultato, lascian- do che la Commissione com- pia con la più coscienziosa meticolosità l'esame dei lavo- ri. Sopratutto evitare le let- tere sollecitatorie che altro non produrrebbero se non un ritardo nel! espletamento del Concorso. Continueremo ad accetta- re quei « Saggi» che siano sta- ti restituiti alle Concorrenti per qualche modifica formale, ed eventualmente non ritor- natici entro il 10 Febbraio, e quelli delle Concorrenti che ci hanno chiesto chiaramenti e delucidazioni: il ritardo del- le quali è stato causato... dal nostro ritardo fortuito nel ri- spondere.

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