LA CUCINA ITALIANA 1932
GIORNALE CUCINA CASALINGA - ALTA VN3IS bjou biiïA oiaoriuaj -AAB t i p s s ^ ' ^S 68981 i s o j "D 'D S O C I E T À ' A N O N I M A N. 1 • ANNO IV - 15 Gennaio 1932-(X) DI GASTRONOMIA PER ILE FAMIGLIE E PER CUCINA - CUCINA CONVIVIALE • CUCINA FOLCLORISTICA . CUCINA N O T A R I (Istituto Editoriale Italiano) - M I L A N O • V Mangiar meglio, spender meno„ VNV n VXI VMIDilD VI l I T t " T A a r i a a n PER STOMACHI DEBOLI I BUONGUSTAI CUCINA ALBERGHIERA - ARTE DELLA TAVOLA OGNI NUMERO CENT. 50 i a M o n t e N a p o l e o n e , 4 5 ABBONAMENTO ANNUO t . 5 - ESTERO L. 10 - INSERZIONI: L. 4 AL MILLIMETRO T e l e f o n o N . 7 0 - 3 5 7 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE RAON Z MODERON I S S IM CON S I GNAOR I N " 9 0„ 0 ! Dall' interessantissimo Saggio d'Economìa Pubblica « VITA DEI ROSICANTI » di Um- berto Notori togliamo questo capitolo (che l' Autore ha intitolato « Un pranzo al Tung- steno »). Presenta per la prima volta l'immor- tale Bàsia, che poi diventa la protagonista dell'altro volume di economia romanzata del Notori r — lìASIA ovvero LE RAGAZZE AL- LARMANTI — e che vediamo rivivere nei successivi romanzi economico-sociali dello stesso Autore. .... Le formalità delle presentazioni e le banalità dei primi discorsi sono ab- breviate dall'annuncio del domestico: — « La signora è servita ». Passiamo nella sala da pranzo. La tavola sfarzosa è preparata con otto coperti e noi siamo quattro. II conto è fatto mentalmente da tutti — E Bàsia? — esclama la signora Ghisilieri, — Dov'è Bàsia? — Credo elle la signorina — dice il cameriere con un filo di compunzioni — non sia ancora rientrata. Pepino comincia a dare segni di in quietudine : — Non sarà successo niente? La signora Ghisilieri lo rassicura con ¡¡n'alzata di spalle. — Ma ebe! Lei non la conosce. Ogni sera ha una nuova storia per giustificare i suoi ritardi. Tutta suo padre. - E Trutrù? — domanda il Princi pe per evitare il piano inclinato dellt lamentele coniugali. — Già; e Trutrù? — chiede a sita volta la signora al domestico —- Non vedo nemmeno lui. — Il signorino è alla Presolana. Mi ha lasciato l'incarico di dire alla signora tii non preoccuparsi se stanotte non dovesse tornare. La signora non appare affatto turbata da quella prospettiva e c'invita a pren- dere postò; il Principe alla sua destra, lo alla sinistra. Pepino viene fatto sedere a lato di una seggiola vuota che sta fra lui e me; la sedia è evidentemente destinata alla signorina Bàsia che non arriva. Pepino fa certi impercettibili movi- menti forse perchè è sulle spine, forse perchè vuole accomodare le falde del « tight » rimaste sotto, in positura peri- colosa. La signora attacca vigorosamente una alzata di tartine di caviale: — Che figli, che figli, al giorno d'og- gi! Ha fatto bene lei, caro Principe, a non prender moglie. Vede a che si ri- duce oggi una madre di famiglia? Il marito è non si sa dove ; il figliuolo più grande sta in montagna; l'altro s'è do- vuto mettere in collegio, la figliuola... — Eccomi qua, Muccia, eccomi, qua, evviva Muccia... Venite avanti voi al- tri; perchè vi fermate lì impalati? Muc- cia mia, Muccia cara, scusami, sono Un po' in ritardo; tutta colpa di Mi- stocca. Vero, Mistocca, che la colpa è tua? Dio che fame! Zu ru zu, zu ru ztì, 2 u ru zu, quanta bella roba c'è qua sù... Suona sera Principe, buona sera signo- Che bel caldino. Sedetevi voi altri; c i sono quattro coperti giusti giusti: tanto Papicchio non viene e Trutrù sta a sciare con la sua bella. -— Bàsia! La signora Ghisilieri ha potuto final- mente profittare di un quarto di battu- a per prendere la bacchetta del co- l ando . i»àsia non ha la minima sensibilità ° r chestrale e continua il suo a solo sconvolgente. ' Dove hai messo l'astueio del mio 'ucile, Mistocca? Sei capace di averlo dimenticato in tram. Muccia, sai che ho vinto la poule dilettanti? Cinque su sei. Oggi i piccioni erano freccie, ma io pan pan pan. Ero in polso, vero Mistocca? Fuori del poligono non c'era nemmeno un taxi. Allora siamo venuti in tram. In piazza, Mistocca ha sbagliato la coincidenza e siamo saliti sul tram di porta Romana. Ce ne siamo accorti alla Gamholoita perchè io facevo la corte al tramviere, un bel ragazzo: lui ci stava; Mistocca mi faceva il muso e quegli altri lì si divertivano a più non posso. Zu ru zu, zu ru zu; buono questo ca- viale. Uh! a proposito e il mio pre- mio? Mistocca dove hai messo il pre- mio? Indovina Muccia che cosa ho vin to? Una bella pentolina, una pentolina carina carina, piena di pasticcio di Stra- sburgo. Adesso la mangiamo : so che ne vai matta! Muccina non. essere in col- lera, dammi un bacino. Anche a lei Principe piace il pasticcio, vero? — Bàsia finiscila! Principe le chiedo scusa per questa ragazzaccia. — No, no, mamma; faccio io le scu- se. Io so come si fa. Bàsia si alza, gira la tavola e va a porsi davanti al Principe in posizione di attenti. Porta i gambali di cuoio nero lucido alla cavallerizza, una tunichetta di fru- stagno verde scuro alla cacciatora; una cinghia di cuoio a cartucciera le strin- ge la vita. Sul busto diritto e sottile come un lambù si erge un visetto pimentato da due grandi occhi di algerina e da una bocca di ribes. I capelli da paggio sono striati e ma culati di bruno, di fulvo e di biondo come il dorso di un leopardo. Tinture sbagliate, incompiute, fantasiose, li hanno così conciati. II viso di Pepino sembra un quadro di reclame luminosa ad accensione in- termittente: luce rossa; luce bianca; luce rossa, luce bianca. Il rosso ha il sopravvento e rimane fisso. Bàsia fa un profondo inchino sette- centesco : Signor Principe, le chiedo il per- messo di presentarle i miei « b o y s » . Chi sono i miei « boys » ? Sono studen ti, come si vede dalla loro aria scalci- nata; sono i miei compagni di Liceo: il Parini, terzo corso classico; sezione A, la « Disperata » ; sono i più intrepi- di sportivi enciclopedici, come si vede dai loro maglioni, dai loro mollettoni e dalle loro brache a sbuffi, piuttosto sporche come le loro mani che non han- no più lavato da questa mattina. — Bàsia! smettila; siedi al tuo posto mangia. L'invito della signora Ghisilieri ot- tiene un successo di stima. Bàsia le fa con gli occhi un cenno di consenso; non si muove e continua: — E io chi sono, signor Principe? Forse qui ci può essere qualcuno cht ia desiderio di sapere chi sono; ebbene, io lo dirò. Io sono Bàsia; Bàsia la novella Dia- na; Bàsia la Reginella del Tiro al pic- cione (operetta da scrivere); Bàsia la disperazione della sua unica madre e degli innumerevoli suoi spasimanti; Bàsia che oggi sul campo di Precotto ha vinto la poule dilettanti e stamane a scuola ha preso due in latino. Scoppia un boato spaventevole. Sono i « boys » che, da qualche tem- po, comprimono a stento una molesta ilarità e ora si sganasciano con grande disappunto di Pepino che porta una mano alla fronte, lievemente madida, e sorride con qual fare incerto e dolce con cui sorridono i ciechi. " U P P E R - C U T , Le notizie sportive e scolastiche di Bàsia non esercitano molta influenza sulla madre che si limita ad osservare — Sarebbe meglio tu fossi andata a cambiarti. Non è riguardoso presentarsi a tavola in simile arnese! — Lo so. — Perchè, allora, non sei andata vestirti? — Perchè non c'è proprio niente di quello che volevo; se cerco da me, tu dici che biftto tutto sossopra. —- C'è la cameriera. — Non c'è la cameriera. — Come non c'è? — Mentre rientravo l'ho vista anda- re alla latteria di faccia con lo chauf- feur di papà. — Bàsia! diventi sconveniente! — Perchè mi strilli tanto Muccia? E' colpa mia se Giuditta fa all'amore con tutti gli chauffeurs di papà? — Insomma, Bàsia, basta! La signora Ghisilieri è v i s i b i l m e n t e seccata. Bàsia, per la bizza, mangerebbe cammello. Si accontenta di allungare un. picei».*» al gomito che Mistocca tiene puntato sulla tavola, mentre divora tartine. Perduto all'improvviso quel solito punto d'appoggio, il gomito scivola giù e trascina nella caduta gli oggetti circo- stanti, vale a dire piatti, posate, b i c un — No, signorina. — E lei, signor Pepino? — Io? Oh! io.... -— Io l'adoro ; sono un « peso piuma » temibile. Il mio colpo preferito è l 'up- per cut col sinistro; questo; così; toc! La mano di Bàsia, chiusa a pugno, parte e rientra con una velocità impres- sionante. Si sentono un suono secco di denti battuti e una esclamazione soffo- cata. Pepino porta la mano alla bocca e al mento colpito. Bàsia è stupefatta, quasi sgomenta della sua audacia, della precisione e della robustezza del colpo. Dio mio! t mormora ha la chieri. E' un momento di indicibile emozio- ne per i « boys » che si sentono solidali nel disastro del loro compagno. Bàsia prende un tono, u n viso e una bocca da istitutrice inglese. — Non si tengono i gomiti sulla ta- la: do you understand, my little boy? La signora Ghisilieri è indecisa fra la voglia di ridere e di andare in collera. Pepino naviga verso isole sconosciute. Il Principe giudica opportuno un di- versivo : — Con le tue piccole deliziose follie, mia cara Basià, non mi hai lasciato ancora il tempo di presentare il mio amico, signor Notari. Bàsia mi pianta gli occhi addosso co- me riflettori di una torpediniera in per- lustrazione : Notari? Lei è parente di quello delle banane? — Bàsia! — Ma sì, Notari, « erbaggi e frutta ». via Manzoni; ci passo davanti ogni giorno andando al Parini... I « boys » hanno una serie di scariche di ilarità. II Principe è un pochino impermalito per me: — Via, Bàsia; Notari, lo scrittore. Il viso di Bàsia è sdegnoso. Dio mio ; un altro scrittore ! Per me è molto più interessante un frutti- , c h e m i dànno tanti appuntamenti di cui vendolo. Tutti fanno gli scrittori. Mi- ] f a c c ì o ta bida rasa per la semplice ra- dentiera artificiale e glie l 'ho rotta! Pepino protesta: — No signorina, non ho denti artifi- ciali; ma lei mi ha fatto mordere la lingua ! I « boys » sono in convulsione. Rido- no con tutto ciò che possiedono: spal- le, braccia, gambe, mani, piedi. Sembrano arbusti contorti violente- mente da raffiche folli. La signora Ghisilieri ha un viso di Presidente di Corte d'Assise: — Bàsia, ti prego di ritirarti. Pepino ha le lagrime agli occhi per il dolore provato; ma è magnanimo: Signora, le pare? per una cosa da niente, un piccolo scherzo; tutto pas- sato, tutto passato. Niente di rotto, nien- te di rotto. Non si preoccupi signorina. Pepino prova l'impressione di un av- viaménto alla vita eroica. Bàsia con uno sguardo circolare vede sui differenti visi i differenti modi di dissimulare l'interno sollazzo. Sente che basterebbe inviare ai suoi « boys » la più lieve inflessione di voce, il più innocente raschiamento di go- la, per far saltare in aria la generala serietà. Ma non abusa d'ella situazione e m tiene cheta. La qual cosa permette al pranzo di procedere spedito e alla conversazioni di snodarsi a suo agio. C A R N E F I C I N A Pepino può essere finalmente a tu per tu con Bàsia e le domanda se si ricorda la promessa fatto al the del Continen- tal. Bàsia dice di no; consiglia di non fi darsi mai delle sue promesse perchè lei — specialmente ai the — dice un'infi- nità di sciocchezze. Pepino sente di nuovo appesantirsi la croce e cambia spalla. — Era così seria, signorina Bàsia, quando ieri m'ha detto « venga più pre- sto degli altri; potremo stare insieme e chiacchierare noi due soli ». — Io le ho detto questo? — Sì, lei. — Quando? — Ieri. — Dove? A un tavolino del Continental du- rante il the. —- E' ben sicuro che io parlassi a lei e che fossi io a parlare così? — Signorina! — Non riconosco il mio stile. — Occorre uno stile per queste cose? — Io non so se occorra; so che vado a tanti the; incontro tanti giovanotti Si direbbe ch'egli stia per annuncia- re o per compiere qualche cor-a di grave. Il cameriere col più suadente sorriso gli offre la portata. Pepino fa uno sforzo supremo su di sè; dà un colpetto nervoso alle falde del tight; si siede; prende una coscia di pol lo; afferra con le mani tremanti col- tello e forchetta e la trafigge. Per Pepino, quella coscia di pollo rappresenta in quel momento tutta l'u- manità femminile. I NGRES SO D I CHI CCHI tocca fa lo scrittore; Trutrù fa lo scrit- tore; il mio professore di ballo fa lo scrittore; il parrucchiere di mammà fa lo scrittore. Tutti scrivono; uff! per chi Per me no; io non leggo niente; io leggo soltanto il Corriere dei gione che gli appuntamenti li do io. Difatti, ieri, lei ha dato l'appun- tamento a me. — In qual luogo? — Qui, questa sera, alle sei e mezzo. _ Vede che ha preso un granchio» piccoli ; lo leggo da sette anni perchè L e p a r e c h e io faccia venire i miei/ìirts c'è una storiellina con l e figurine che ' a c a s a d e i miei genitori? — In casa di chi allora? — In casa mia; nella mia garqon- mi piace tanto; quella di Arcibaldo che prende le botte da sua moglie Pe- tronilla. Da sette anni, ogni sabato Pe- „¿ère/ tronilla picchia e Arcibaldo « incassa ». Pepino, pallido, si è alzato in piedi. E' molto carino, vero Mistocca? Cono- Una mano è appoggiata alla spalliera see la boxe, signor Notari? della seggiola, l'altra regge il tovagliolo. Bàsia si rende lucidamente conto di quella simbolica carneficina. — Le dispiace? Perchè? Tu ite le mie amiche hanno la garçonnière. E' molto di moda; molto « ben portato ». La mia è carina : due buchini all'ultimo piano : un'anticamera, un salottino e una gran- de terrazza dove al pomeriggio balliamo col grammofono. Ci divertiamo come piace a noi. Prendiamo il the; fumia- mo, giochiamo, discutiamo!. Vengono le amiche, i loro flirts, i miei boys: in- somma, stiamo in grande libertà. Pepino depone il coltello: -—Lo sanno i suoi parenti? — Altro che! I soldi dell'affitto me li dà papicchio! — Papicchio? — Già; non sa chi è papicchio? — No. — Mio padre. — Lei parlava di grande libertà. — Che cosa crede? Libertà nel senso che non vogliamo testimoni, ingombri chaperons, istitutrici, zie, cognate. Noi vogliamo stare « fra noi », vivere la « nostra vita » senza ipocrisie: fare j nostri discorsi e dirci le nostre confi- l denze senza veli. — E i flirts? — Qualche bacio e basta. Coi giova- notti moderni non c'è da aver paura. La fronte di Pepino è un acquitrino. Bàsia si alza di scatto volgendo le spalle. — E Chicchi? Un sibilo potente fende la sala e tronca i discorsi confusi dei commen- sali. Bàsia, in piedi, ferma al suo posto, con la testa rivolta alla porta di servi- zio, infila due dita in bocca alla ma- niera degli apaches. II secondo fischio è più acuto, — Chicchi! Dalla porta di servizio un grosso ba- tuffolo scuro sbuca a ruzzoloni, traver- sa la sala, balza sulla sedia di Bàsia, poi sulla tavola. — Chicchi! Chicchi mia! Bàsia si e riseduta spalancando lt braccia al batuffolo che si slancia al suo viso con un fremito pazzo di sternuti, di squittii, di mugolìi. La coda del batuffolo è un'epilessia; il muso un delirio. Fra il batuffolo, che è tutto un sussul- to di giubilo, e Bàsia che è tutta mater- nità, ha luogo un lungo scambio di baci. Gli astanti sono sospesi. — Mia Chicchi cara, scusami; la col- pa è di questi brutti signori. Chicchi dimenticata. •ChiccEi bella. Chicchi te- soro. Famìna la Chicchi? I mangiarini alla Chicchi? Queste domande intensificano l'e- spansività del batuffolo. Bàsia lo tiene stretto al collo a fatica e dice a Pepino: — Lesto, mi dia la sua coscia. Pepino è confuso dalla ridda degli avvenimenti. La richiesta di Bàsia lo disorienta. Mistocca interviene : — Quella lì, nel suo piatto. — La tagli in pezzettini piccoli — aggiunge'Bàsia — e li metta qui; sì, sì, sì Chicchi; i mangiarini tutti per te, i bei mangiarini tutti per Chicchi, sì, sì, sì. Pepino ha eseguito l'ordine e come compenso avvicina la mano a Chicchi per farle una carezza. Come se fosse stata toccata da un fer- ro rovente, Chicchi scatta in un abbaia- mento sovracuto all'indirizzo di Pepi- no che arretra spaventato. L'ilarità riconquista l'ambiente. Chicchi non si placa se non dinanzi al pollo tritato che Bàsia le porge con moine di balia che vuol far mangiare un pupo renitente. Pepino è sfinito e non ha più nè idea, nè parole. Bàsia è tutta a Chicchi; Chicchi tut- ta a una serie di porzioni di pollo via via allestite da Mistocca. Il pranzo è finito. Si passa nel salone pernii caffè, ad eccezione di Bàsia che rimane nella sala da pranzo con Chicchi e gli sportivi. UMBERTO NOTARI La massaia J m o d e r n a la Cuc:ina Igieen e pratàicit Per T aereazione Perchè i gas della combustione e gli altri odori inerenti alle operazioni della cucina, ¡.ostano eliminarsi facil- mente, non deve mai mancare la cap- pa di tiraggio, collocata opportunamen- te sopra i fornelli (anche se a gas). Se manca, occorre stabilire mna cor- rente d'aria: finestre aperte su pareti opposte, oppure una finestra contro la porta,, possono dare ventilazione suffi- ciente ad una piccola cucina. Un telaio a réte' posto sopra là polla o la finestra, in alto, può dare una buo- na ventilazione supplementare. Se la naturale corrente d'aria non è sufficiente, si collochi un piccolo vera- tilatore elettrico dentro al camino. Scaldacqua istantanei Essi operano per ¡mezzo di una val- vola, che accende il gas quando l'ac- qua è fredda e chiude il rubinetto quan- do l'acqua è calda. Ogni scalda-acqua a gas si può mettere in comunicazione con un tubo di ecarico, che compie 'ufficio di asportare tutte le esalazioni nocive del gas. Alceun Noàvit Mobili di cotone In Inghilterra è stata fatta un'inven- zione molto interessante. L'inventore pretende di aver fabbricato un buonissi- mo «legno artificiale» consistente di un materiale compresso ed indurito col contenuto di 90 per cento di co- tone. Egli si è fabbricato tutti i mobili della sua camera di questo materiale; i vantaggi del legno-co- tone li descrive come segue : « il le- gno artificiale può essere fatto in ogni grossezza e per ogni forma. E' molto più leggero del legno, ma parecchio più forte e resistente. Si può facilmen- te pulire e lucidare come il vetro; può essere trattato con vernice, lacca o tinta. E' adatto per ogni scopo e non si deforma sotto l'influenza del calore del vapore; non è permeabile all'ac- qua. Le spese per il nuovo legno sono molto inferiori a quelle per il legno vero. Automatismo fcer saziarci! Non ci volevano che i Tedeschi per un'invenzione come questa: A Monaco è stato inaugurato un ap- parecchio automatico, il quale indica che cosa dobbiamo mangiare e in che quantità. Esso funziona grazie a tre leve. Con la prima si forma il numero corrispondente all'età, con la seconda — che agisce lungo una guida gradua- ta — si rileva la statura: quindi, pre- mendo la terza, si fa comparire su d'iun quadrante un numero che indica le ca- lorie occorrenti giornalmente all'orga- nismo umano, normale in istato di ri- poso. E' questo il numero base: Perchè pe- rò ciascuno possa avere dall'apparec- chio un responso che faccia al caso proprio, annessa al quadrante trovasi una tabella di valori fissi da aggiun- gersi al numero-base a seconda della professione.
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