LA CUCINA ITALIANA 1932
Pag. 2 rr^'.MKSW E Ä" CU C I N 'S*" ITE A. E I S N S N. 7 • 15 Luglio 1932. LA T A V O L A DEI B U O N G U S T AI - PIATTI PRELIBATI - CUCINA FOLCLORIS1 Una npßita di AVANCINIO AVANCINI Ad elencarle tutte, dal primo volume di « Rima » edito nel 1888, al più recente ro- manzo che ha visto la luce di recente, le o- pere dell'Avancini richiederebbero molto spa- zio, e lascerebbero sempre nel dubbio di averne dimenticata qualcuna, che parecchie sono da tempo esauritè. Un suo romanzo per ragazzi, ce Alt ombra del faggio», ebbe no- tavole successo 35 anni fa, ed ancora oggi dello stesso volume si stampano nuove edi- zioni, Al non;e di Avancinio Avancini è le- gata inoltre tutta una lunga e nobile esistenza di educatore. SCAMPI Al TARTUFI È ALLE UOVA Nè dolce, nè amaro, ma così ghiot- to e lusinghevole da meritarsi l'appel- lativo, forse un po' romantico, di ame- no inganno. Consiste in: 1. Uno strato di polpa di scampi, freschi e bene sgu- sciati; 2. un altro di tartufi a sottilis- sime fettine; 3. un terzo d'uova sode, ugualmente affettate; 4. il tutto coper- to di maionese. Si può ornare il piatto con crevettes, olive, capperi e caviale. E' un po' co- stoso, ma, in compenso, singolarmente delizioso. Servito una volta, in Italia, ai Kaiser, questi se ne proclamò, dico- no, entusiasta. — AVANCINIO AVANCINI. ture Ariostiche » di Ferrara, ed ha curato per il Treves la scelta delle migliori pagine del- l'Ariosto. PIZZA AL PROSCIUTTO Per quattro persone. Prendi mezzo chilo di pasta lievitata per panini, un etto di burro, una buona presa di pepe, impasta insieme lungamente, e del blocco fa due parti uguali che spiane- rai per la grandezza della teglia. Una net adagierai sul fondo, e su quella distribuirai un. pavimento di prosciutto di montagna, e su quel primo pavimento un altro pavimento di mozza- rella (due etti di prosciutto e due di mozzarella). Metti il tutto nel forno, per una ventina di minuti. Tutto questo per aiutarsi a bere, in quattro, un fiasco di Chianti o di San- giovese. — ANTONIO BALDINI. Una ricetta di BERTO BAREARANI Nacque a Verona il 3 Dicembre 1872. Com- piuti sii studi liceali, entrò nel giornalismo. Al solo Gazzettino di Venezia, dedicò un tren- tennio di attività, come redattore-corrispon- dente. Le sue belle poesie in dialetto veronese • (I Due Canzonieri - I sogni) gli procurarono fin dal 1900, notorietà e la ragione di poter , peregrinare per l'Italia, onde conoscerne le bellezze, le costumanze, gli uomini migliori. Prosatóre elegante, scriase in italiano parec- chie ammirata impressioni di viaggio, bozzet- ti, fantasie, etc. SEDANI AL PROSCIUTTO Si prende tuia testa di sedano-rapa piuttosto grossa. Si monda bene e si ta- glia a fette dello «pessors di uno scudo Vii vecchio conio. Per ógni due di que- sta, si insinua una fetta di prosciutto cotto e si salda attorno Con filo. Così preparate ei adagiano nel tegame su di un soffritto di burro e cipolla che ab- bia già preso il biondo e dopo ben ro- solate si unisce sugo di pomidoro, mez- - zo bicchiere di marsala vecchio, mezzo ^cucchiaio di farina. Giunto il tutto a Senta condensazione è Cottura, ii serve ^caldo con buon « parmigiano » abbon- dante. Questa ricetta Ine l'ha confidata ¡un mio amico trentino. Dice che è piatto portoghese, ma Con tanta « Spagnuo- la > che v'è in giro per gli alberghi, può passare anche questo, Io però pen- do a credere, che dati gli ingredienti ed il procedimento culinario, quel portoghese abbia amoreggiato alquan- to, con la sapida ed allegra cucina par- migiana. — BERTO BARBARÀNI - Verona. Una ricetta di ANTONIO BALDINI Quando diciamo che g lui si deva la ria- bilitaziona di quel capolavoro della nostra letteratura paesana che è il celebre « Bertoldo e Bertoldino », avremo già fatta una assai sipipatica presentazione di questo garbato e fi- ne scrittore, le cui prose adornano i più gì«aldi quotidiani. L'ultimo suo libro, che gli dà il pili valido passaporto anche per il regno... dai Buongustai {Ed. Vallecchi, 1932) si intitola ii Amici allo spi edo»; e il titolo è tutto un programma. Questo «Romano de Ritmi . ha pubblicato ancora: «Nostro Pur- gatorio », «Umori di gioventù», «Salti di gomitolo », « Michelaccio». E' stato l'inizia- tore Scile oramai rinomate e celesti « Let- Una ricetta di MANTICA BARZINI Ecco come simpaticamente risponde la eletta consorte del grande giornalista Luigi Barzini — scrittrice essa pure — a chi le ha chiesto una sintesi autobiblio- grafica : « Dati biografici miei? Sono nata, ho stu- diato, sognando di fare grandi cose: cose che io non feci nè farò, ho fede che vengano compiute dai miei figliuoli. Il che è quasi lo stesso, pur essendo di assai più grande compia- cenza, per me., Scrivo: la vita di mio marito lo assorbe talmente, che devo aver una distrazione per la mia lunga attesa. E amo la vita e credo che se, camperò centejiaria seguiterò ad al- zarmi ogni mattina coli'eccitamento felice di chi aspetta qualche cosa da Ogni nuova al- ba. E' questa mi pare la ricetta per conservar- si giovani... almeno di spirito, colla mente a- perta alle nuove correnti e la comprensione pronta ad accogliere i nostri simili. Il mio più grande orgoglio? La persuasio- ne di avere reso felice mio marito. Articoli scritti e novelle: molti ed ovun- que a partire da quelli Alba, il quotidiano dove Umberto Notori cominciava sul serio quello che io giovinetta tentavo solamente. Volumi mie?: «Il doppio delle cose»; « Maghi in pantofole » ; « Nel bel regno di Fulcria » (di prossima pubblicazione) per i bambini. E per i grandi : « Racconta-novelle » ; « Senza Titolo » ; « L'altra sponda » ; « Quel- lo che gli uomini non sanno»; «Come porta iÌ vento » (di prossima pubblicazione). DOLCE AL CACAO Tre uova; due cucchiai da tavola di cacao o meglio di cioccolata in polve- re; tre cticchiai, siempre da tavola, di zucchero e circa mezzo litro di panna da monjare. .. „ Battere le uova e lo zucchero molto bene e quando siaiio ben lavorate, me- scolarvi con cura la cioccolata. Ungere un tegame abbastanza largo con burro, spolverizzandolo poi legger- mente con farina e versarvi il liquido in modo che rimanga dello spessore di uno scudo, all'incirca. Metterlo nel forno ben caldo, e riti- rarlo dopo cinque o sette minuti (la cottura dipende da tante cose). Levare subito la pasta, versandola so- pra una salvietta umida, e coprendola con un'altra, anch'essa bagnata. Preparare la panna montata, stender- la sopra la pasta appena sia fredda. Fare poi rotolare quest'ultima su se stessa, tenendo un'estremità della sal- vietta, rimasta, in modo che si abbia un rotolo di pasta avvolta intorno alla panna. C'è pericolo di qualche crepa nella pasta: si può nasconderle ornan- do la superficie in vista con qualche disegno di panna montata. — MANTICA BARZINI. tori italiani, rivelando un grande giornalista e inaugurando un nuovo genere che dall'autor re prese appunto nome e fece — come suol dirsi — scuola? Per venticinque anni, redat- tore viaggiante del « Corriere della Se.a », girò il mondo fino alle più lontane regioni inesplorate, e le sue corrisponednze egli rac- colse di volta in volta in volumi che conser- vano sempre la primitiva freschézza e il più grande interesse. Fondò e diresse per otto anni a New York un grande quotidiano ita<- liano che svolse benemerita e proficua opera di propaganda patriottica. Tornò in Italia due anni or sono, alla Direzione del « Mattino » di Napoli, il più grande quotidiano del Mez- zogiorno, e successe all'indimenticabile Amala- do Mussolini nella Presidenza della Commis- sione Superiore della Stampa. FILETTO DI SOGLIOLA AI FUNGHI 1. Mettere a sciogliere burro, piuttoh sto abbondante, in un recipiente pio abbastanza da contenere i filets di- stesi in un " solo strato. 2. Quando il burro è sciolto, disten- dervi sopra i filets, salare, pepare, met- tere al forno a cuocere lentamente do' po aver versato sul pesce un bicchiere di sherry. (Attenti che il pesce si cuo- ce presto). 3. Quando il pesce è cotto, togliere pezzo per pezzo i filets cautamente con la spatola di metallo quadra, piatta e bucata, senza romperli, e metterli in un piatto grande ben caldo, lasciando il sugo a parte. 4. Versare il sugo in un recipiente più piccolo, per comodità, ma questo non è indispensabile. Aggiungervi i funghi, con quattro o cinque tuorli d'uovo. Mettere al fuoco bassissimo, me- scolare continuamente, finché il sugo prende una densità di crema. Versare la crema sul pésce e servire 5. I funghi vanno cotti a fettine, ma poco cotti. Non debbono diventare o- scuri. Pochi minuti bastano. — LUIGI BARZINI. Una ricetta di LUIGI BARZINI Chi non ricorda le famose corrispondenze giornalistiche di Barzini dal fronte russo- giapponese, che conquistarono la folla dei let- Una ricetta di EZIO CAMUNCOLI Quantunque giovanissimo, è ben noto nel giornalismo. Oltre alla attività che svolse sul Secolo e sul Corriere della Sera, fu chiamato al posto di Capo della Cronaca al Popolo d'I- talia. r Si è affermato anche come novelliere. Pub- blicò il suo primo libro di novelle nel 1921 (Ed. Treves) : « Un mese di pazza gioia » ; se- guirono «Boccaccesche », poi due romanzi: « La fidanzata di Leopoli » e « Vera non , mi ha mai amato»; un dramma: «Madame Bo- vary ». E' simpatico a tutti per la sua caratteristica vena dì umorismo e per unaI particolare squi- sitezza di sentire che lo rivela subito vene- ziano. Del resto, tale lo rivelerebbe ai lettori la ricetta multipla che segue: STOCCAFISSO ALLA TRABACCOLESE Si acquisa una balla di stoccafisso an- dante, un sacco di patate e una resta d'aglio. Il tutto, va riposto in cambu- sa, accanto alla stia coi galletti, al bari- lotto di vino, alla corba delle verdure fresche, alla damigiana dell'olio. Prima ricetta: Il giorno della par- tenza. si lascia tranquillo lo stoccafisso e non si toccano le patate, si torce il collo a un paio di galletti che si fanno poi andare in casseruola col pomidoro, il quale produce un ghiotto intingolo. In esso il marinaio bagna il pane, ri- servando saggiamente la galletta per la' « suprema >i di stoccafisso. Seconda ricetta: Quando, dopo sei o sette giorni di navigazione, nella cam- busa non è rimasto che lo stoccafisso, giunge il momento più favorevole per metterlo a mollo e batterlo con la maz- zuola. I buongustai di bordo consiglia- no colpi sécchi e frequenti. Il ghiotto alimento viene quindi tagliato a pez- zettini e strapazzato in teglia con olio, aglio, spezie varie e patate intere. Si ^ serve bollente. Terza ricettai Ottavo giorno di navi- gazione. Scarseggiando le patate lo stoc- cafisso viene utilizzato nel modo chia- mato « alla cardinale », e cioè lessato e ricoperto con una poltiglia d'aglio tri- turato misto a prezzemolo. Se questo manca, può essere sostituito senza, dan- no da peperoni sott'aceto. Se mancasse- ro anche i peperoni, allora conviene servire lo stoccafisso con molto aceto. Le patate figurano in questo piatto a. sot- tilissime fette, che non devono supera- re, complessivamente, il peso di gram- mi cento. ; Quarta ricetta: Dal nono al dodicesi- mo giorno di navigazione l'uso di bor- do vuole che lo stoccafisso sia servito con pochissimo olio e assolutamente senza patatine. La ricetta di questo stoc- cafisso « alla marinara » è semplice, ma di delicata preparazione. Si prenda mezzo stoccafisso e dopo averlo messo a mollo e battuto meno che non richiedano le ricette preceden- ti, lo si immerga rapidamente nell'ac- qua in ebollizione. Sorgerà subito alla superficie dell'acqua stessa una schiu- ma grigiastra, che si raccoglie con un mestolo e si conserva in un pentolino. Si tolga Io stoccafisso dopo sei minuti di bollitura, se ne formino fettine lun- ghe e il più sottile possibile (è que- sto il segreto della buona riuscita del piatto) e si dispongano parallelamente in uii'ampia teglia. Vi si versino sopra due bicchieri d'aceto e si cosparga il tut- to con la schiuma di cui sopra. Si serva dopo un quarto d'ora. Se preparato a dovere, questo piatto riesce di sicuro successo, a bordo dei trabiccoli, specialmente nelle ore dei pasti. Quinta ed ultima ricetta: Dopo il do- dicesimo giorno di navigazione le prov- viste di bordo sono completamente e- saurite. Resta però la regolamentare scorta di stoccafisso, e l'equipaggio è messo a razione. E' quindi dal tredice- simo giorno in avanti che la culinaria assurge veramente al suo grado di vera arte. Lo stoccafisso, dopo bagnato, va bat- tuto pochissimo : anzi taluni cuochi non lo battono affatto, allo scopo di farlo riuscire più « al dente », come cioè lo preferiscono i marinari. Una volta bat- tuto, o soltanto bagnato, lo stoccafisso va immerso nell'acqua a 60 gradi centi- gradi per esserne cavato non appena cominci l'ebollizione. Non essendosi in tal modo prodotta, la schiuma di cui al- la ricetta N. 4 si procede alla prepa- razione di una salsa piccante che si ot- tiene mescendo un quinto di litro d'a ceto sopra una cucchiaiata di pepe; si frulli il liquido e se ne cosparga lo stoc- cafisso, che sarà stato precedentemente tagliato contro vena e a pezzetti equi- valenti a tanti bocconi. Si serve tepido. (Talvolta accade che lo stoccafisso così preparato risulti più duro della gallet- ta; ma i marinai lo preferiscono « al dente », come s'è detto). E' questo il vero e proprio « stocca- fisso alla trabaccolese », specialità del- la cucina dei trabaccoli, come chiara- mente si rileva dalla sua stessa denomi- nazione. — Ezio CAMUNCOLI. CONVIVIALE MKSESE3Eä?n2Sn a Grazia Delebba. Cippa quaranta volumi di romanzi e novelle, p£r la maggior parte a sfondo sardo, testimoniano la feconda attivi- tà di questa grande scrittrice che onora la Letteratura del nostro Paese e le donne ita'• liane, anche perchè Essa è sposa e madre esemplare. Nata a Nuoro, vive a Roma e col- labora con novelle e racconti a grandi quo- tidiani italiani e stranieri. La maggior par- te dei suoi romanzi è stata tradotta in mol- te lingue. La mia fama, in mate ri alili cucina, è perfettamente usurpata. Infatti, io non so, all'occasione, preparare che poche elementari pietanze, apprese a fare nel- la patriarcale cucina di Nuoro. Una di esse, buona per le disappe- tenze estive, sarebbe questa: SPEZZATINO DI CAPRETTO Rosolare lo spezzatino di capretto te- nere, in un soffritto di poco olio d'oliva e cipolline tagliate finissime: a giusto punto di cottura mescolare un uovo sbattuto nell'aceto bianco. (Per tre per- sone). — GRAZIA DELEDDA. Una ricetta di ANTONINO FOSCHINI Una ricetta di GRAZIA DELEDDA ii massimo riconoscimento mondiale — Premio Noebel (per la letteratura — conferi- tole nel 1926, premio che toccò, così, per la seconda volta all'Italia dopo il conferimento a Giosuè Carducci vent'anni prima) mette nell'imbarazzo ohi voglia dire di più intorno Caratteristica tempra di abruzzese, « de- buttò » nel giornalismo a quindici anni, per arrivare ancora giovanissimo (appena torna- to dalla guerra) al posto di Redattore-Capo di un importante quotidiano milanese. Attual- mente è collaboratore del Popolo d'Italia, e di altri quotidiani. Nel 1931 con un volume di grande mole : « L'Aretino » si impose alla considerazione della critica che gli riconob- be unafiime le qualità di scrittore di primo ordine, mentre l'Accademia d'Italia gli de- cretava un Premio d'incoraggiamento. A un anno di distanza dall' Aretino, che ebbe an- che un grande successo editoriale, il Foschini ha pubblicato un altro interessantissimo vo- lume: »L'avventura di Villon. CONFESSIONE... E RICETTA La cucina all'antica col fuoco acceso e l'odore d'arrosto sono l'ambiente e il clima del mio gusto di ghiotto paesano. Atavismo: mio nonno materno, che era sobrio e mattiniero tutto l'anno, un po' umanista e seguace delle dottrine di lunga vita di Luigi Cornaro, per le ri- correnze e gli anniversarii, non erano né troppo.né pochi: una trentina al- l'anno, faceva una vasta e fiorita im- bandigione, spogliava le cantine e dava alla cucina l'attività vampeggiante e ru- morosa di una fornace. In quei giorni io mi intrufolavo, alitavo e intrugliavo salse e sughi, impar ndo l'arte alla me- glio o alla peggio, ni a sempre con gran- de passione. Ho fatto da gira-arrosto, da pestatore nel mortaio, da sbattitore di uova, da sventolatole di fornello, da punzecchiatore e da lardellatore con somma attenzione, e così guardando e meditando, ho appreso i metodi elemen- tari della pasta asciutta, dello stufato, del lesso (far bollire la carne in pento- la, con gli aromi ben dosati e la qualità e la quantità non è poi cosa tanto sem- plice coni« pare!), dell'arrosto, dei di- versi modi (matriciano, romano, bolo- gnese, cacciatore, fratesco, etc.) che per spezie, verdure e formaggi seccano il palato e chiamano la bevuta. Mi sono provato, più tardi, ad esse- re cuoco, e orgogliosamente proclamo che con la « lepre all'agrodolce » ho su- perato il « gloria prima lepus » del mio chiarissimo birbante Pietro Aretino, col quale, di recente, fui in sodalizio per qualche giorno, e ne assunsi perciò le difese davanti al pubblico, che le a- scoltò. La lepre, da. morta come da viva, si compiace della serenata. Perciò, squar- tata e pulita che sia la sua carne, biso- gna metterla all'aria della notte, unta bene di olio d'oliva, e coperta di erbe aromatiche fresche: salvia, rosmarino, sedano, con qualche chiodo di garofa- no e qualche spicchio d'aglio. La lepre s'intenerisce e si impregna così di una virtù gustosa. Acquisito alla carne que- sto primo sapore di frollatura, con olio abbondante, erbe nuove e la spruzzata solita di sale, la pietanza inizia a fuoco lento la prima soffriggitura. Frattanto si è preparata la salsa: aceto vecchio e autentico d'oste (quello di buon vino fattosi più per caso che per industria) in ragione di un bicchiere, due o tre tuorli d'uova, due cucchiai di zucchero, un finocchio bene sminuzzato, due spic- chi d'aglio per chi ne gusta, e una mez- za carota: aglio e carota devono essere triturati. Tutto s'intruglia e si sbatte fino a che la densità della mistura, mo- stri che la fusione dei varii elementi é perfetta. La lepre cuoce nel suo olio e, solo quando il tono della friggitura di- venta alto, la salsa viene versala insie- me a qualche pezzo di prosciutto ma- gro. Allora a, seconda dell'opportunità, la pietanza o si mette nel fornello ca- salingo a fuoco lento, o si pone tra due bragie accendendo i carboni sul coper- chio. Si fa consumare senza fretta, an- che per due oré, e si può aggiungere, sorvegliando la cottura, un bicchiere di vino bianco poco prima che la pietanza calda sia servita in tavola. Il pepe e la così detta paprica (hei miei paesi la paprica si chiama peperone trito) sono, per chi piaccia, due ottimi ingredienti che fanno del piatto un vero asciuga boccali. Indicatissimo per la festa di S. Martino, alla prova del vino nuovo, ottimo per riscaldarsi l'inverno. Forre medici ed igienisti diranno che la « le- pre all'agrodolce », per il piccante nel- la mangiata e l'abbondanza delia be- vuta, non é un cibo propriamente sano. Ma mio nonno non la pensava così, e, se pur dava all'arte della cucina il suo piacere di gola trenta e facciamo an- che quaranta volte all'anno, alla fine era un sobrio e campò lungamente. —• ANTONIO FOSCHINI. Una ricetta di PIERO GADDA Nato a Milano nel 1902. Il suo primo ari colo fu per la « Fiamma Verde » di Massi- mo Notori. Ad un viaggio, compiuto co» Massimo al Caucaso, è ispirato il Uuv'O raccofl- irt « Liutta » (1926) che alla, memoria di sirno è dedicato. Altre opere dì" Piero Vfuidi sono: la raccolta di racconti «Verdemare » i e ' dizioni di Salaria), e « L'Entusiastica Estate »> operetta di freschi sensi pànici, (ed. Il Con- vegno). Ma il libro che rese noto il Gadda al gran pubblico fu il romanzo «Mozzo » (ed. Ceschina), che ebbe il Premio dell'Italia Let- teraria, 1930. A questo volume fecero seguito 1 tre lunghi racconti di « A Gonfie Veie » ed ii recertte romanzò storico « Gagliarda »1. Que- st'ultimo, che si svolse a Napoli durante ii regno di Gioachino Murat, incontrò molto fa- vore, per le sue doti liriche, storiche e avven- turose. Il Gadda prepara ora una raccolta di racconti, che si intitolerà «Arcobaleno». BRODO DELLE ANTILLE Raccogliete il latte grondante da 'li- na forata noce di cocco. Poi apritela e pestate in un mortaio tutta la can- dida polpa, mettendone da parte qual- che piccolo dado da fare abbrustolir»- Unite quindi il latte a questa pasta e filtrate il tutto, premendolo bene, attra- verso un tovagliolo. Allungate con una giusta quantità di brodo ben chiarifi- cato il sugo che avrete così ottenuto, aggiungendo qualche cucchiaiata di crema di latte. Condite con sale, pepe e noce moscata e riscaldate quindi, sen- za far bollire. Servite coi dadi di cocco abbrustoli- ti al fuoco. Questa minestra di emozioni bau- delairiane. — PIERO GADDA. N. 1 UMBERTO NOTARI ¿ 1 a nao e la cucina Saggio eli economia a romanzo Capitolo Primo ALLA RICERCA DI UN CUOCO — Papà, c e un altro cuoco. — Dov'è? — Non lo so; gara in anticamera; jne l'ha de tto Luchino^ — È una processione; questo è il Siciottesmio. — Perchè hai fatto l'avviso sul giornale? — Per potere scegliere. —• Ancora non liai scelto? ! —* No, Cicì: è una scelta difficile. — Tieni a mente che sabato io dò una colazione. — Tu dai una colazione? A chi? — Alle mie amiche; una ventina; ma rassicurati; tu e la mamma siete esclusi; so che non vi trovereste a vostro agio. — Chi sono queste amiche? — Le iscritte al Circolo femmini- le naturista che mi hanno nominata presidente. — i3ai che cosa ti devo dire Cicì? — Lo so, papà. — Se lo sai, allora devi smettere con questa tua nuova manìa del na- turismo. A- ~ i f ; — Non è una manìa, papà; è un problema modernissimo di sanità fi- sica e morale. — Io ti ripeto che è indecente che una ragazza di diciotto alnni come te stia tutto il giorno in giardino o nel parco in maglietta balneare. — Le prescrizioni sarebbero mol- to più rigorose: se io tengo la ma- glia, lo faccio per un riguardo a te e alla mamma. — Cicì, tu hai perso la testa ! Vorresti stare nuda? — Il naturismo scientifico è così. — E la gente? — Quale gente? Nel nostro parco non c'è nessuno. — E ì giardinieri, i famigli, il re- sto della servitù? Ora ci sono anche gli operai che lavorano al campo di foot-ball di Luchino. — Chi li vede? — Ma sono loro che ti vedono! -— Che importa? — Cicì! — Quando all'estate mi conduci al mare, non c'è gente sulla spiag- gia? Non son tutte nude le donne, o quasi ? Nota ci sono ì giovanotti che stanno a guardare anche coi bi- noccoli, anche nei camerini? Ho detto « guardare », ma potrei dire di più. — Basta! — Lo dicono le mie amiche. — Al mare si fanno i bagni; no 111 si può andare in acqua o stare sotto il sole in frac; se i costumi, parlo dei costumi sociali, degenerano non è colpa mia. — Nemmefno mia. — Non si andrà più al mare. — E il marito? — Quale marito? — Quello che dovrei trovare, — Il marito si trova stando a ca- sa, come fa ogni ragazza di garbo. D i unque la mamma dice )W gie. — Che c entra tua madre? — Dice che al mare si pescane anche i mariti. Tu stesso non ha» conosciuto la mamma a Rapallo? — Questo si usava una volta; ora non più. Va a vestirti. — Non inquietarti per così po co< papà. Non vedi che bella figliola è tua figlia? Piena di salute e di brio? Dovresti -fare del naturismo anche tu. Già; con i miei centosedic 1 chili e i miei reumi. Appunto: l'aria aperta, il sole* il moto, la piena libertà di tutte l 0 membra, la gioia di non aver niente addosso. Dimagriresti in un mese e torneresti il bel papà di un temp 0 ' La mamma dice sempre a me e a Luchino : se aveste conosciuto stro padre a trent'anni! (Segue a pag. 3)-
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