LA CUCINA ITALIANA 1932
rae- 3 ' C U C T N ^ C A S A L I N G A - R I C E T T A R I O D E L M E S E S <*> l S ÉÀ i, ni SALSA MARINATA Fate arrosolare leggermente nel bur- ro fette di cipolla e di carote; bagna- te con aceto bianco e doppio d'acqua; aggiungetevi sale grosso, pepe, timo, lauro, basilico, prezzemolo in rami, al- cune cipolle intere ed il lerzo d'uno spicchio d'aglio; lasciate cuocere que- sta marinata, passate allo staccio e con- servatela per quando vi occorrerà. Questa è una salsa assai utile alla bra- va massaia che sa utilizzare il pesce ari- 1 masto. prezaamenito che, sia pure indirettamen- te, e una lode alla cuoca! — L'abbo- nata INES BIANCHI - Dalmine. SALSA DEL VITELLO TONNATO Prendere un pezzetto di pancetta di tonno, passarla allo staccio e unirvi, mentre si lavora, una carota gialla les- sata. Fare poi una salsa maionese comu- ne, aggiungervi, quando è pronta, il passato di tonno, mescolare, allungare con un po' di aceto e limone e cospar- gerne il vitello precedentemente lessato ed affettato. Per l'estetica, guernire la salsa sopra- descritta (cioè sulle varie fette di car- ne che ne sono ricoperte) con qualche fettolina di carota gialla, sormontate ciascuna da un capperetto e altretanti in giro al piatto con spicchi di limone. SALSA VERDE Tritate finissimamente sul tagliere un po' di prezzemolo, qualche cappero, ac- ciughe lavate e pulite dalla lisca, uno o due cetriolini, peperoncini e carote sotto aceto, una patata lessata e una fettina di, cipolla con mezzo spicchio di àglio. Aggiungere sale, pepo, un cucchiaio di senape francese e diluire con olio di oliva, montando la salsa a mo' di maio- nese. Finire la stessa con un poco di aceto casalingo. — L'abbonata INES BIANCHI - Dalmine. SALSA PER CARNI FREDDE Mezzo quinto di olio d'oliva con 2 acciughe ben stemperate e 2 fette di cipolla ; si fa soffriggere per qualche minuto, indi unirvi un cucchiaio di fa- rina stemperandola bene, bagnando il tutto con mezzo quinto di aceto e 3 me- stoli di brodo, un po' di sale; si lascia bollire per 20 minuti adagio adagio mi- schiando continuamente; calda, passar- la allo staccio, aggiungendovi mezzo et- to capperi; tiepida si versa sui polli o vitello lessato; si serve fredda; si guar- nisce il piatto con verdura sott'aceto. — «UNA LETTRICE DELLA CUCINA ITALIANA». SALSA MAIONESE Un tuorlo d'uovo; un pizzico di sale; il sugo di mezzo-limone.' •'• Questi tre ingredienti messi in cio- tola di porcellana, si sbattono forte per 10 minuti sin© ad ottenere uh liquido schiumoso, indi poco alla volta si ag- giunge l 'olio sempre rimescolando e as- similando sino a dovuta consistenza. Riesce delicata e soffice. — « Segreta col- laboratrice ». SALSA INGLESE FREDDA Tritate fini un buon pizzico di fo- glie fresche di menta pepata che met- terete in una salsiera con sale, aceto ed un buon pezzo di zucchero* Questa salsa si serve col pesce. SALSA AL MARSALA Mettere un pezzo di buon burro in una casseruola e, quando è liquefatto, sciogliervi un poco di farina bianca. La- sciare cuocere qualche minuto ed ag- giungere un bicchiere di acqua calda ove sarà stato sciòlto un po' di estratto di carne Liebig che è il « ma g ò » della mia cucina. Far cuocere ancora un po- co, lasciarla addensare, e terminare la salsa fuoti dej fuoco con un bicchie- rino di marsala, ed una noce di burro rosolato a parte. E' eccellente! E La Cucina Italiana mi permetta questo ap- SALSA DI PANNA Tritate finemente prezzemolo, cerfo- glio, uno scalogno, e scorza di limone. Impastate con un cucchiaino di sena- pe, e aggiungete mescolando sempre, un decilitro di panna montata e due rossi d'uovo. Fate cuocere a fuoco len- to sempre mescolando e, prima di ser- vire, aggiungete un bel pezzo di burro e il sugo di mezzo limone. ri e idrati di carbonio, uno dei frutti meglio tollerati dallo stomaco. Anziché impedire la digestione, come pensavano a torto gli antichi, la facilita stimolan- do leggermente le secrezioni ghiandola- ri. Le manipolazioni dell'arte culinaria non aggiungono nulla alle qualità della pèsca, ma la portano ad un grado di di- geribilità da poterla consigliare cagli sto- machi più delicati e suscettibili: appe- na bollita e cosparsa di zucchero o ri- dotta in composta ed in marmellata, es- sa merita sempre gli elogi più ampi. Gli stessi antichi, che diffidavano del frutto, vantavano già le virtù terapeu- tiche dei fiori e delle foglie. Anche og- gi coi fiori del pesco si prepara uno sci- roppo che ha qualità lassative è vermi- fughe e il Dover li considerava uno spe- cifico per i calcoli dei reni e della ve- scica. Purè le foglie sono purgative e calmanti. Le mandorle del nocciolo so- no pure adoperate per la preparazione degli amaretti e, distillate, dànno un'ac- qua antispasmodica. Se non ci sono pesche fresche potete adoperare un barattolo di pesche gialle conservate; dividetele a metà e il pan di Spagna, anziché col marsala bagna- telo col sugo delle pesche. Usate nei vostri condimenti l'OLIO di OLIVA di PUGLIA Dal C l Do l ci eli pèsca La pesca sovrana delle frutta Così la chiamò il Redi, che soggiunse : « Le pesche eran già cibo da prelati, ma perchè a ognun piace i buon bocconi, voglion oggi le pesche insino i frati ». Ma, prima di meritare tale~~panegi- rico, quante calunnie e quante denigra- zioni anche la pesca, come altri sapo- rosi frutti, ha dovuto subire nei tempi antichi! Galeno la disse cibo detestabi- le, che si corrompe facilmente e fa male allo stomaco. La scuola araba e la scuo- la salernitana non furono più benevo- tè. Si dèm ai Crociati, se questo frutto, originario della Cina e che fece la sua apparizione in Italia ai tempi di Nero- ne, potè figurale nuovamente sulle mense d'Europa. Fu il frutto preferito da Luigi XIV e tale predilezione passò ai suoi successori. Oggi, distrutte le ingiuste accuse dei medici dell'antichità, e attenuate le esal- tazioni iperboliche del Redi, la pèsca resta, tra ì frutti, uno dei più prelibati e, colla rosa, è diventata il simbolo ¿Iel- la giovinezza e della bellezza. A costo d'eàser accusati di lesa poesia, i chimi- ci hanno voluto sottoporre la sua carne vellutata e profumata alle investigazio- ni della scienza per stabilire il bilancio degli elementi che la compongono ed eccb, le cifre che tale operazione ha for- nito; acqua 80; zucchero 4,5; idrati di carbonio 7; acidi 1; albumine 0,5; ce- neri 0,7; cellulosa 6. Anche nei tempi non molto lontani nei quali la frutta non aveva nell'ali- mentazione la parte importante che le Spetta ed era considerata sémplicemen- te come un accessorio di ghiottoneria, spesso più navico che utile, gli igieni- sti si accordavo? 10 WS?. fare un'eccezione in favore della pèsca, consigliadone l'u- so ai dispeptici. È, infatti, per la sua debole acidità e la quantità dì zucche- PESCHE ALLA MEL'BA Questo delizioso piatto, che viene ser- vito largamente nei grandi ristoranti è alberghi, apparentemente complicato, è invece facilissimo a prepararsi. Fatto un eccellente gelato alla vani- glia, si prendono le pesche divise in due e si immergono nello sciroppo va- nigliato, facendole ¡raffreddare nel glu- cosio fino al momento di servire. Si dispone il gelato alla vaniglia in un piatto di cristallo o in una coppa concava, si dispongono le pesche sul ge- lato e si inaffiano con sciroppo di lam- poni ben zuccherato e freddo. Tutta la preparazione va fatta al momento di servire. Come per le pesche si può procede- re, nelle stagioni in cui questa frutta manca, con altre frutta — come pere, banane, ecc. — regolandosi opportuna- mente. PESCHE AL KIRSCH Prendete alcune pesche,, tagliatele per metà e cuocetele allo sciroppo. Quando saranno raffreddate, mari- natele al Kirsch, per circa due ore; po- netele in una legumiera d'argento, de- coratele con pistacchi e amarene can- dite e mettetele per 20 minuti in luo- go fresco. Copritele con una gelatina finissima che avrete preparato con il loro sciroppo, aggiungete qualche mar- rone candito e al momento di servir- le spolverizzate il tutto con zucchero « pile » ; per renderle ancor più deco- rative e gustose, presentarle sopra uno zoccolo di ghiaccio guarnito con fiori freschi. PESCHE IN COPPA CON ZABAIONE Prendete di quelle gialle e toglierete loro la buccia, immergendole in acqua bollente. Cuocetele lentamente in poco liqui- do (metà acqua, metà marsala con un po' di zucchero)'; fate raffreddare: poi tagliatele a spicchi, togliendo natural- mente l'osso. Prendete allora pan di Spagna ta- gliato a fettine, bagnatelo nel marsa- la e ponete una fettina in ogni coppa; posateci sopra quattro spicchi di pesca e versateci poi un buon zabaione. Mettete in ghiaccio e dopo qualche tempo aggiungete un altro poco di za- baione, perchè il pan di Spagna ne avrà assorbito una parte. PESCHE IN COPPA Coprire il fondo delle coppe, di pe- sche tagliate a quadretti infuse di ma- raschino e sopra, porre una bella pal- la di gelato di vaniglia. Decorare con filetti di mandorla ed una fragola o ci- liegia al maraschino. Sulla tavola, fra i fiori o altre deco- razioni, è bene mettere dei piccoli ce- stini d'argento con mandorle fritte nel l 'olio, ben scolate, passate al sale e pe- pe di Cayenna e sfogliatine di filetti di acciughe. ALBICOCCHE AL MARASCHINO Dividete per metà 12 grosse albicoc- che; pelatele e mettetele per alcuni mi- nuti in sciroppo bollente per poi sco- larle e riempirle con un passato di mar- roni dolci al maraschino; rotolatele en- tro amaretti in polvere, poscia impana- tele friggendole di bel colore. Sgoccio- latele servendole su piccoli dischi di pa- sta Margherita cosparsi abbondantemen- te con marmellata d'albicocche al rhum. « PANINI ALLA CASTELLANA » Con noci, mandorle dolci, nocciole di bosco e pinoli pestati fini, mescolati con burro buono oppure con miele, si spalmano fette di pane che si possono anche fare con pane casalingo. Si man- giano volentieri in campagna -da. me- renda. — SANI ANGELO, Casola Valsenio. MERENDA D'ATTI!ALITA' MOSTO D'UVA Qui da noi si usa molto quando si pi- gia l'uva fare quésto sugo. Ecco come lo faccio io che ho abbandonato l'anti- chissima usanza di misurare il mosto col bicchiere e la farina col cucchiaio. Premetto che si può fare tanto con mo- sto d'uva bianca, che rossa. Migliore è quello fatto con uve fine, dolcissime, mature. Quando pigiano l'uva rossa si atten- de l'ultimo mosto, perchè più nero ed è orgoglio mostrare il sugo di colore scu- ro, promettente buon vino nuovo. Dun- que si prende il mosto, si misura, si cola nello staccio dei pomodori dentro un recipiente, poi, ogni due litri di mosto, si pesano 250 grammi di farina bianca. Questa farina si stempera, perchè non faccia grumi, in una parte di mosto, indi si mescola colFaltro. Si fa passare ancora tutto allo staccio," così si è più sicuri che è perfettamente sciolta. Si mette allora a cuocere, per piccole quantità, in una casseruola di rame sta- gnata, sul fornello e per grandi nella pentola sul fuoco. Si continua a dime- narlo con una spatola di legno (badan- do che non attacchi sul fondo e che il fuoco, troppo ardente non lo bruci) fino a dieci minuti di bollitura, aggiungendo un po ' di zucchero se non è dolce abba- stanza. Saranno già pronte le scodelle, le zuppiere, le forme d'alluminio o di smalto, ecc., bagnate d'acqua; in questi recipienti si versa il mosto cotto e ivi si lascia fino a quando si mangia. Il sugo deve riescire non troppo duro e quando si capovolge sul piatto deve re- stare come un budino. E' molto buono: datelo ai bambini: ne vedrete le feste e... le impastricciate. — L'abbonata ADE- LE ZANIBONI, Monticelli d'Ongina. Questa Regione, infatti, beneficia di un clima eccezionalmente propizio per la cultura del- l 'olivo ed è ricca di frantoi modernissimi, completamente attrezzati. Gl i olii della Provincia di Sari, nella specie di Bitonto, Molfetta, Bisceglie, Andria, Bar- letta, Canosa, etc., noti per la loro finezza e purità, per il loro gradevole sapore, sono ovunque ricercatissimi. I l Consorzio degli Olivicultori di Bari, Ente Pubblico, sorto per la difesa e l'incremento del patrimonio olivicolo della Provincia, è in condizioni di effettuare qualsiasi fornitura, ancke famigliare, ai prezzi migliori- Si invoian gratuitament e campi ion e listin BANAC POPOELAR DI MILOAN >. (Soc. Coop, An. - Fondata nel 1865 • U. P. E. Milani» N, 0450) r 1 O ' n • i i , ; Sede Centrale ed Ufficio Càmbio':] M I L A N O , — Piazzai. Cristi, 4 M I L ^ N Q TELEFONI: dà 81-540 a 81-54? FILIALI : B U S TO A R S I Z I O - G A L L A R A T E - MON Z A 1 - 5 E R E G N O AGENZIE DI PROVINCIA : CASSANO MAGNAGO - CAVARLA - C I N I S E L L O - B A L S A MO - M A G E N T A - R H O - S A R O N N O . - 15 A G E N Z I E I N C I T T À TUTTE LE OPERAZIONI DI BANCA E DI BORSA] SERVIZIO DI CASSETTE DI SICUREZZA " " EMISSIONE GRATUITA D I P R O P R I A S S E G N I C I R _ C Q D % K! # t> ' i i BANCA AUTORIZZATA A RICEVERE DEPOSITI DI CURATELE FALLIMENTARI, D I M I N O R E N N I E D I I N T E RO E ST I ! N . 4 NANDO E LA CUCINA maggior parte delle malattie clie affliggono r umanità? Da cattive nutrizioni Da che derivano le catti- ve nutrizioni? Dalla inettitudine di coloro che devono, ammannirle. — Questo è vero. — E dalla ignoranza di quelli che le ingurgitano. — Verissimo. — Ringrazio Vostra Signoria del duplice assentimento. Ma la verità è una sola: nell attuale ordinamen- to della società, il cuoco non occupa il posto che gli competè. Molti lo relegano fra i servi come uno staffie- re o un guardaportone. —' Ci sono cuochi che non valgo- no di più. — Tutte le professioni e tutti i sa- cerdozi hanno i loro fari e ì loro lu- cignoli; così accade a'nche tra sovra- ni, governanti, g i ur e consu l t i, finan- zieri; ma il problema non è qui. — Dov è? — L'uomo sta perdendo uno dei suoi cinque sensi e precisamente il più armonioso, il più delicato, il più fedele, quello che lo accompagna fi- no alla morte, che gli è di maggior ausilio nella vita, insomma, il gusto. — Mi pare che esageriate. — Vostra Signoria mi perdoni, ma è così: il mondo non sa più mari- giare. — Ci sono eccezioni. — Sempre più rare; la massa è avviata verso la barbarie sospinta da sette di eresiarchi, che l'hanno riempita di false dottrine. Una dice all'uomo: «Mangia poco». Un'al- tra predica: « Non bere vino ». Una terza incalza « Via la pasta asciut- ta». Una quarta sentenzia: «Nien- te carne ». Una quinta: «Niente grassi», e via di questo passo; «Niente sughi», «Niente umidi», « Niente salse », « Niente caffè », « Evitate le àostanze albuminose », « Evitate le sostanze amidacee », « Evitate gli idrati di carbonio », « Ay stenetevi dal latte crudo », « Guar- datevi dalle verdure fresche ». I po- veri uomini non sanno più a chi dar retta poiché, volendo ascoltare tutti questi fanatici, la nutrizione quoti- diana ideale sarebbe ridott'a a un piatto di lattuga bollita e a un bic- chiere di acqua distillata. È possibi- le che in siffatta maniera l'uomo pos- sa stare in piedi? I salutisti, che so- no i giullari del nostro secolo, si van- tano di avere con ì loro mòniti pro- lungata la vita umana di una diecina d'anni. Non ho mai udita una più sinistra inillanteria. Quand'anche fosse ver,o, mi domando a qual prò prolungare la vita per riempirla di di paure di privazioni, di rinuncie e ogni genere. —i Rassicuratevi; per quanto l'uomo abbia dato nel corso dei se- coli innumerevoli prove di essere uno scimunito, tuttavia delle false dottrine di eresiarchi o di igienisti fanatici egli tiene un conto relativo. — Vedo con piacere che Vostra Signoria ha un carattere ottimista; di solito l'ottimismo è l'amichevole compagno di una forchetta illumi- nata. —i Abbastanza. Spero che voi vorrete esserne 1 interprete e il col- laboratore. — Non dipende da me. — E da chi? — Da Vostra Signoria. — Da me? — Prima di assumere la respon- sabilità della salute e della sereni- tà della Signoria Vostra e della sua famiglia occorre chiarire alcuni que- siti. ». u . —i Incominciamo dal più impor- tante: il quesito economico. — Salvo il rispetto dovutole, que- sto per me è l'ultimo e credo che tale sarà anche per Vostra Signoria. — Fatemi intanto il piacere di non chiamarmi ad ogni momento « Vostra Signoria » e «_ Signoria Vo- stra ». — Non posso. — Non potete? I — È una locuzione che mi è in- dispensabile; non saprei parlare e dal momento che Vostra Signoria non ha titoli nobiliari o cariche emi- nenti è il minimo che posso dire per attestare il mio rispetto, per mante- nere le distanze e osservare quel to- no di pulitezza che, almeno nella conversazione, si addice alle perso- ne di levatura superiore. — Sono commendatore; chiama- temi « Signor commendatore ». i' (Segue a pag. 4)
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