LA CUCINA ITALIANA 1932
' pi. 10 - 15 Ottobre 1932. n E X ' - m n - u i f ? * viw'ti I N S .W- „ • ^¿jngwii^l .T " MX T v V' SAGGIO DI ECONOMIA A ROMANZO DI U M B OE R T # Ì > T A Ì L X ( Vedere i numeri 7, 8, 9 della Cucina Italiana del 15 luglio, 15 agosto e 15 settembre 1932). Castolo sesto — S e ci sono persone a questo mondo cke per grat i tudine dovreb- bero ogni giorno appendere una ghirlanda di rose al santuar io della cucina, tali persone sono proprio i diplomatici. La storia del la diplomazia non è, in fendo, che una storia di pranzi, «ii colazioni e di banchet t i. — Nando, l asc i ate s tare la sto-? ria, e veni amo al nostro pranzo. — Mi lasci dire, s ignore; mi la- sci s fogare a lmeno una vol ta. È concepibi le una diplomazia sen- za tavola imbandi t a? Ddve e come l avorerebbero amba- sciatori, ministri o legati se non aves- sero questo comune punto di gravi- tazione, di incontro, di appoggio? Non è intorno ad una mensa che si svolgono le piccole e le grandi ma- novre diplomat iche? Non è a tavola che si iniziano, si conducono e si sanzionano i grandi negozi politici, gli accordi t ra i mo- narchi, ì t rat tati f ra le nazioni, le intese di amicizia, di pace, di scam- bio f ra ì popoli? — Giusto. •— Pa r r ebbe dunque logico che al la cucina, di cui la tavola è la ri- più o meno scint i l lante, e alla Si stmn.ómia, di cui la cucina è l'ap- plicazijone, i signori diplomatici con* sac ras se ro una parte dei loro studi e dèl ie loro cure. Così f acevano i Venez i ani al tempo del la Sereni ss i- ma, che furono gli ambasc iatori pm scal t ri del mondò. ~ J f cT ... Così f acevano i Lega ti pontifici al- l ' epoca della maggiore potenza del- la Chi esa romana. Così hanno fat to x diplomatici f rancesi dei secoli decimoset t imo e decimot tavo, al lorché la Franc ia fu all 'apogèo del la sua gloria e det te prestigio al le sue Ambascer ie non sol tanto con la forza delle sue ar- mate o col valore dei suoi condottie- ri, ma con la perizia sempre più af- finata dei suoi cuochi. — Nando, vogl iamo conc ludere? — S to concludendo, signore. Che cosa è r imasto in piedi delle tante signorie eserc i tate dal la Franc ia nel mondo? Non gli editti del cardinale RichelieU, non i mani fes ti di Robe- spierre, non i proclami di Napoleo- n e , ma ì menus, ì s emp l i ci mentis di un Vatel, di un Ma r c he se di Ber chamel o di un Escoff ier. Chi p«tra diment icare la grande risposta del più grande diplomatico dell èra napoleoni ca? Che cosa disse a Napol eone il principe di Tay l l e r and al la vigilia di andare a Vi enna a negoziarvi lo sto- rico e difficilissimo t rat tato di pace? « — Pe r garant irvi il successo, S i re, nqn ho bisogno di avere con me che Un solo uomo: il cuoco di Vost ra Ma e s t à » . Quale diplomatico del l 'epoca no- stra possiede una così ispirata perce- zione del la immensa inf luenza che Un mani caret to sapiente può eserci- tare su] la .pf i che di un negoziatore? — Insomma, Nando! -— Guardi, signore, che cosa sue- fed-é nel solazzevole periodo della Op e r a n te socialdemocrazia. Ma i vi è stato un tempo di inten- do lavoro diplomatico uguale a quel- 0 che è intercorso dal la guerra mon" ai giorni nostri. Da l le ass i se di Versai l l es al le as- semb l ee di Ginevra, non è che una success ione ininterrot ta di conve- gni, di raduni, di conferenze, di visi- te fra i più alti dignitari del le diplo- mazie di ogni paese. — Lo so, lo so. — Tut ti i temi sono stati affron- tati, specillati, mant ecat i, mant ru- giat i: la Pa c e, la Si curezza, i Debi- ti, le Riparazioni, il Di sarmo, la Mo- ratoria. Na tura lmente a ne s suna del le t ante eserci tazioni diplomatiche è manca to il corol lario dei conviti e dei fes t ini; pranzi, colazioni e c ene ; cene, colazioni e pranzi si sono mol- tiplicati, nonos tante la crisi, come i pani e ì pesci del Nuovo Tes t a- mento. I De l egati ordinari e gli Inviati straordinari del le var ie Po t enze hanno mangiato e tr incato sin che hanno voluto. Chi potesse f are il conto totale del le note di albergo e di r i s torante pagate dal le Cance l l e- rie di tutti ì Pa e s i int eressa ti trove- rebbe che duemi la milioni non sono bastat i. — Poss i b i l e? — Le sole adunanze di Ginevra a cui partecipano i diplomatici di ses sant ac inque S t a t i non costano meno di mezzo mi l iardo al l 'anno. Oso credere che gli albergatori e trat tori della impeccabi le città elve- tica intaschino almeno la me tà di questa somma. In dieci anni, da quando cioè è venuta al mondo la be l la figliola del signor Wi l son, il conto complessivo dei feotages, e dei brùts ammonta già a due miliardi e mezzo. • Ebbene, qhe còsa si è conc luso? — Lo domandate a me? — No, signore, non lo domando a nessuno, poiché la risposta che ne scatur i rebbe potrebbe sembrare un paradosso od una car i catura, men- tre non è che mi surata e pesata ve- rità. •— Vale a dire? •— Niente! '— E a me che importa? Signore, che cosa dice Non deve vost ra signoria offri pranzo diplomatico? Eb b e n e? . ~ Ebbene, la moderna diploma- zia e senza educazione gastronomi- ca ; non ha il senso del gusto, man- gia ma l e; ingoia, invece di assapo- r a r e ; non sa dist inguere un tordo da un beccaf i co; n o n conosce il grado di cottura, ,di spessore, di colore di un «Chateaubriand » ; ignora il potere suadente di una sa l sa di gamber i; 1 oratoria appass ionata di un petto di fagi ano; lo slancio generoso di un cuore di t ar tufo; l a v ; r t ù idilliaca di una crema di r e s i ne; non sa cul lare dol cemente nei calici il sole liquido che vi hanno spremuto i vitigni d' I- talia, di Franc ia e di Spagna. La cu- cina è linguaggio, il l inguaggio può diventare e l oquenza; l ' eloquenza, convinzione; la convinzione, fidu- cia. Tut t i i sensi condotti dal gusto ent rano in gioco; l 'organi smo ne ha un ristoro, una mol t ipl icazione, una e l evaz ione; la mat er ia fa corpo con lo spirito ; la circolazione del sangue è a t t iva t a; il s i s t ema nervoso re- staurato, il cervel lo annobi l i to. I l cuore bat te con vigore; le idee af- fluiscono con fac i l i tà; una sensazio- ne di bene s s e re pervade tut te le fa- col tà; i giudizi si dispongono all 'ot- t imi smo; le fronti annuvol ate si spi anano; le disposizioni ostili si ma i? t re un a t t enuano; na s ce una volontà di bene che sale a grado a grado, si ef- fonde e si comuni ca ai c i rcos tant i; questo è il momento esa t to per pro- porre le soluzioni dei problemi che at tanagl iano l 'umani tà. — S t a bene, Nando; voi siete un acuto os se rva t or e; ora parl iamo del nostro pranzo. — Una parola ancora, s ignore; le mie osservazioni, di cui qua- lunque fisiologo o psicologo può con- trol lare la fondatezza, non sono uti- li sol tanto in diplomazia. Il proverbio inglese che sconsigl ia di t rat tare affari con l 'uomo digiuno è giusto a metà. Io di rei: « Non trat- tate affari con chi ha mangiato ma- le ». Chi mangia male digerisce ma- l e ; e l 'uomo che ha la digest ione cont ras tata è poco t rat tabi le. — Anche questo è giusto. Volete sottoporrai la l ista. .. — Come vuole che la digestione della moderna diplomazia funzioni regolarmente quando la maggior par- te degli affari diplomatici si svolge in alberghi dove la sc i enza gastro- nomica non è che ol traggio? Che co- sa si può a t t endere da una diploma- zia che non si accorge del le relazio- ni che intercorrono f ra il succo pan- creat ico e quat t ro dozzine di ostri- che e fra un ' a la di pollo e il piano Young? Che cosa sperare da una maggioranza di plenipotenziari che non sol tanto non conosce i privilegi di urta tavola superiore, ma quasi ne os t enta lo spregio per fal so pu- dore o per demagogia? — Certo, cer to; ma il nostro pranzet to di domani sera. .. — Qua le rinjsedio può der ivare dalle solenni adunate di ambasc i a- tori ci rcondate da caterve di periti, di espert i, di special isti di ogni cate- goria ecce t tua ta la « più pene t rante in c a v i t à »: quel la dei cuochi? P e r mio conto una mutazione è indispensabi le e una ri forma si im- pone. — Dov e? , — Nel rec lutamento dei giovani ammes si al la carr iera diplomatica. Invece di tanti compl icati ed arruf- fati titoli di studio che si richiedono agli esami, domanderei ai candidati due sole cos e: la composizione del- la l ista di un pranzo e la r i cet ta di u- na f r i t tata al tonno. — Una fr i t tata al tonno? —-* E ' un piatto sempl ice, gustoso, nut r iente, profumato che può ser- vire di pietra di paragone; e s sa se- para infal l ibi lmente gli intel l igenti da quelli che non lo sono. Ca&tolo settimo o lo spessore di una crema per aver- ne la sensibi l i tà. — Quan te cose s t rane e mi ste- j ». 4 4 no E e ! — Apprezza la cucina, s ignor ina? — Mi è indi f ferent issima. — Par lo del prodotto, non del la mani fat tura. — Non m' int eres sano nè l 'uno nè l ' al tra. — Dimodoché quando la signo- rina sarà una padrona di casa e a- vrà marito. .. — Non avrò mar i to. Ah no ; Buon giorno, signor Nando; si — I mariti mi f anno ridere. — Che studi ha lat to, s ignor ina: — Il Liceo. * — Non ci sono professori di ga- stronomia al Li ceo? — Lei scherza, signor Nando. — Almeno un' ora di scienza ga- stronomica al la se t t imana ci do- vre bbe es sere. — In che modo? * — Non esist'óno in ogni Li ceo au- le speciali per il disegno, per la fisi- ca, per la ginnas t i ca? Pe r chè non dovrebbe esservi una cucina speri- men t a l e? La cucina è ben più utile del disegno e più c lass i ca del lat ino, non le pare? — Noi, t ra le pent o l e?! — Sono arnesi di notevole im- portanza, s ignor ina; senza pentole il mondo t orne r ebbe ad e s s e re un covo di selvaggi. — A me che importa? Dev ' e s s e- re int eres sant i s s ima la vi ta del le sel- vagge. — Qua le colazione des iderava la s ignor ina? — Una colazione f ant as t i ca. — Con invi tat i? — Da diciotto a t r en t a; tut te le mie ami che del Circolo natur i s ta. — Nubi l i? — Pe r c hè? — E la l inea? — La l inea è una convenzione, signorina. , V — L ' es t e t i ca è una legge. — A benef icio di chi? — De l le dorine. — E gli uomini^ — Gli uomini, di es tet i ca, non ca- piscono niente. •— E al lora perchè le donne desi- derano di e s s e re setnpre più be l l e? — Pe r l ' ist into di piacere. —• A chi? — A se s t esse. Non confonda le donne di oggi con quel le d'una vol- ta. — Mi permet ta una domanda, si- gnor ina: che cosa t rovano di esteti-* co le donne nel la l inea r e t t a? — La snel lezza è bel lezza. — D' àccordo; ma gli sche l et ri non sono belli. — Nemmeno gli ippopotami. — Facc i amo una media. — a i past iccio di mac che ron i? f Con un nso t tmo e fegat ini di pollo. : r Puah, ^fegat ini ! — Soppr imiamo i fegat ini e met- t iamo 1 funghi. — Pe r car i t à; hanno un odore in- sopportabi le. — Sos t i tuiamoli c o l p o m o d o r i f r e s co; il pomodoro giova al colori«- to del la pelle. — A questo provvedono megl io le nos t re trousses. — L' epidermide del le bel le si fabbr i ca e si mant i ene dal «di den- tro », s ignor ina; non dal « di fuor i ». — In che modo? — Con la buona, nutrizioni :, • __ Cwè? ! — Mang i ando con intel l igenza tut to quel lo che la naturgi e l ' ar te cucinar ia sanno creare. Lé donne — Le pare che le mie ami che pos- c k e si nutrono sol tanto di insa l ata sano es se re mar i t a t e? s, di gelati invecchiano pres to; e a fu- — Dal punto di vi sta g a s t r o n o - ( " a di aceto e di cipria, a t rent ' anni mico non ci vedrei nes sun inconve- s o n o vi?ze come la carta-pecora. — La cucina è l 'ul t ima cosa a cui deve pensare una donna. Pr ima di tutto non ne ha il tempo. La toilette, lo sport, il massaggio, le commissio- ni, il telefono, il parrucchiere, la ma- niente. ? — Mar i to al la nos t ra e t à? Che cosa dice? Non sa che tutti i mari ti sono contro il natur i smo? Non tur i sta lei? e na- — Sì , signorina, natur i s ta fra i ™cure, le visite, il tè, il circolo, il ci- più convinti, per ii più grande natu- «ematografo, il bal lo; non r imane r i smo: quello del la tavola. ic g'gere può ; — Oh, signorina, lei in cuc ina? — Sono venuta a ordinare la mia colazione. — Domando perdono al la signo- rina se non tolgo il copricapo: i cuo- chi sono come i soldat i. — Lei è un generale, anzi un ge- neral issimo. Mi , levi una ,curios.ifà.. Que l la bacche t t ina che ha nel le ma- ? Una bacche t ta magi- e una sempl ice ic ni che cosa ca? — No, s ignor ina; sonda. — A che se rve? — A premere dol cemente la su- perficie di una costolet ta per misu- rarne i « r i f l e s s i », o la ve l atura di una sa l sa per sent i rne i legament i, — A tavola s ingrassa. Non vede papà che bot te è diventato? — Mi permet to di osservare che sono qui sol amente da tre se t t imane a n n i e che il peso del suo signor padre, da me scrupolosamente control lato ogni lunedì, segue già un regresso di quat t rocento grammi. — Nonos t ante la sua squisi ta cu- c i na! In casa non si parla d ' a l- t ro: al pranzo diplomatico del l ' al tra sera tut ti inneggiavano al signor Nando; lei è un uomo ce l ebre in tut- ta Roma ; lo dicono anche le mie a- miche. Appunto per questo voglio una colazione degna di lei. — Fa rò del mio megl io, signori- na. Ha predilezioni part icolari? — A - un mi nu t o, n e mm e no per un l i b ro gi a l lo. T s — .La s i gno r i na e g i ovane . .. — Io giovane? Quasi diciannove Ne dirhostra molto meno. — Ques to poi no! — Pa re una bambina. — Signor Nando, non le permet- to cer te osservaz ioni! — Perdoni, s ignor ina: ma è così sotti le. — Maud è più sotti le di me e ha vent icinque anni. — Chi è Ma ud? — Un a mia amica inglese che se- gue un regime perfet to. —• Qua le s a r ebbe? — Cinquanta grammi di biscotti l ' in- sa l at f; se t tantac inque grammi di me piacciono i gelati e .1 i - salata con mol to T imone; l ' insa l ata ò a r t ì e i arrost i ta ; " v centoc inquanta é la pass ione anche del le mie ami- £ r a m m * di frUtta e verdura ; se l tan- che. i*« gramrni'-•'di' tè ; c e n t o v e n t i gtam- — A me pare, tut tavia, che il m i ^ e tre bicchierini di grande moto, la vi ta ' alFàpertò, ì à w h i s k V ' s t es sa giovinezza del le sue amiche ' quindici anni la s ignor ina confer i scano un buon appetito e sia sarà bn mostro, forse opportuno qualche éosà di' più P e r c h è? corroborante. Che ne di rebbe, ad esempio, di un bel pasticcio di mac- :heroni? La pasta asc iut t a? Che or rore! -— Ho I { e' mie idee, signorina. — Le dica. (Continua) - UMB E RTO NOT ARI.
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