LA CUCINA ITALIANA 1933
e t 'Mangi ar meglio, spender meno m I T T A l l i I ITALIANA C.C. Post. rv. Falaschi Ferruccio SIENA GIORNALE DI GASTRONOMIA PER LE FAMIGLIE E PER I B U O N G U SI T A CUCINA CASALINGA - ALTA CUCINA . CUCINA CONVIVIALE - CUCINA FOLCLORISTA « CUCINA PER STOMACHI DEBOLI . CUCINA ALBERGHIERA , ARTE DELLA TAVOLA . RICETTARI _ TELEFONI: N. 63041, 62042, 62043, 62044 , 62045 — ROMA Palazzo Srìarra ROMA _ TELEFONI: N. 62041 62042, 62043, 62044, 62045 — OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5,30 : ESTERO L. 10 — INSERZIONI: L. 4 AL MILLIMETRO N. 5 — ANNO V — 15 MAGGIO 1933 - ANNO XI ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE N. 5 — ANNO V — 15 MAGGIO 1933 - ANNO XI ESCE IL QUINDICI DI OGNI* MESE e in cucina II seguente articolo del Dott. Piero Sangiorgi sarà letto con molto inte- resse, non solo per l'argomento ap- passionante, trattato pure su questo giornale dalla proposta Mantovani per una Cattedra di Gastronomia nella Università (che ci giunse contempo- raneamente a questa scritto), ma an- che per la conoscenza che i nostri let- tori hanno dell'Autore per averne am- mirato quei saggi della « Storia del- l'alimentazione umana » che abbiamo pubblicato su queste stesse colonne. Il Dott. Piero Sangiorgi è romagno- lo e porta quindi in ogni attività del suo ingegno l'entusiasmo e la fede propria dei suoi conterranei. Laureatosi a Bologna, dopo un bre- ve tirocinio nell'Ospedale di Ravenna, completò la sua educazione scientifica professionale nelle cliniche di Parigi, IBerlino, Vienna, Leydon. Ha al suo attivo di scienziato, nume- rose e importanti pubblicazioni. Trasferitosi nel 1926 in Lombardia, si dedicò allo studio delle malattie al- lergiche, fondando tre anni dopo il primo istituto italiano per la diagno- sì e cura di queste malattie: esso, sot- to il nome di Villa Gloria — sul Lago di Como — funziona con grande suc- cesso dal febbraio 1930. Fu anche valoroso soldato in guer- ra: ufficiale di artiglieria e ferito in combattimento sugli altipiani di Asia- go, sul Piave e sul Montello, si acqui- stò il titolo d'onore di invalido di guerra, per. una grave ferita da scheg- gia di granata riportata appunto sul Montello. E' fascista della primissima ora e ha svolto in seno al Partito feconda e*apprezzata attività. Alla corte di Alfonso 'd'Este si discuteva un giorno sulle professio- ni maggiormente esercitate dagli uomini — ed il Gonnella, buf fone 'dèi Duca, non solo asserì che la professione più esercitata era quel- la del medico,- ma scommise di es- sere in grado di dimostrarlo entro ventiquattro ore. Il mattino se- flipp.te. - per le vie di Ferrara, i cit- tadini si voltano incuriositi al pas- saggio del gobbo, : che ha il viso af fondato in un fenomenale cu- mulo di bende che gli fasciano il capo fino al collo. Chi non cono- sce il Gonnella? Chi non gli è ami- co? Molti gli vanno incontro, lo fermano,- domandano. Ah imè! il povero Gonnella ha passato una notte d' inferno e sta ancora male, così male, che davvero gli sem- bra d'esser vicino all'ultima ora. Pare impossibile,- ma anche un dente può far impazzire di dolore, può far morire... — Un dente? ma via, caro Gon- nella,- un dente è presto curato. Non te lo puoi far togliere? _Ma. intanto mettici su questo,- mettici dentro quest'altro,- e strisciaci so- pra con l'aglio,- e mordicchia un po ' di garofano, e recita tre Ave Maria poi guarda tre volte in cie- lo e tre in terra... — insomma, ognuno dice la sua con ferma con- vinzione e con affettuosa espansi- vità. E così,- cammin facendo,- il Gon- nella raccoglie un buon numero di ricette, di suggerimenti e di con- sigli,- mentre il dente continua a fargli male. Eccolo al palazzo Ducale. Al corpo di guardia,- su per le scale, nelle anticamere del Duca, dovun- que egli passi e 6i soffermi a rac- contare, ognuno ha una cura da proporgli. Arriva finalmente di- nanzi al Signore,- che,- dimentico della scommessa, e impietosito dal lamentevole stato del suo buffone, e sentito di che si tratti,- umana- mente gli suggerisce un rimedio, assicurando che nemmeno Muzio Brasavolo, l'illusore medico di Cor- te, ne avrebbe saputa dare uno più saggio. Al che, pronto,- il Gon- nella,- strappandosi il voluminosis- simo turbante esclama: « H o vin- to la scommessa! Sapete quanti medici ho incontrato,- solo nel trat- to di r strada fra la mia casa ed il vostro palazzo? Con voi, cento- trenta.,. T .'I ».- L 'aneddoto dimostra,- ed in me- no assai di ventiquattro ore. che in fatto di medicina ognuno ha sempre qualcosa di suo da dire. I j on v'è scienza che sia, (fctne la Medicina,- così alla portata di tut- ti, così accessibile a tutti. Nessuno di noi che non sia, che so io? o astronomo od avvocato od inge- gnere si sognerebbe di dettar sen- tenze su la tale costellazione, od esprimere il tale parere giuridico 0 di valutare la sopportabilità di tale parte: ma state certi, se con- fessate ad un astronomo, ad un av- tvocatpjr ad un ingegnere che avete mal di stomaco, che digerite con fatica, che non vi sentite più be- ne, state certi che l'astronomo vi dirà di provare questo, l'avvocato si farà un dovere di suggerirvi que- st'altro e l'ingegnere vi assicure- rà, sulla parola d'onore, che non c'è niente al mondo che faccia tan- to bene allo stomaco quanto... la purea di carote. Figuriamoci poi le donnicciole, quelle che san tutto loro e fanno tutto loro: figuriamoci se non san- no dirvi che cosa dovete mangiare quando vi sentite lo stomaco in di- sordine ! La volgarizzazione della scienza in gene r e— è cosa altamente lode- vole. Ed anche la Medicina si pre- sta ad essere volgarizzata. E vi so- no stati dei volgarizzatori eccellen- ti, come il Mantegazza ed il Mos- so, per esempio, che hanno saputo veramente spezzare al popolo pro- fano la scienza più elevata dello scibile umano, la Medicina,- sapen- do mantenere nei giusti limiti' Je loro trattazioni, ottenendo perfet- tamente lo scopo nobilmente edu- cativo che s'eran prefissi. In nessun caso come nella Me- dicina si applica il detto: Ars lon- gaj vita brevis! Non si può, in una formula bre- ve. racchiudere un principio pato- logico ed applicarlo all'umanità che soffre. Non vi son malattie: vi son degli ammalati. Ed ognuno rappresenta un suo caso, che, pur inquadrato nello sfondo generale del capitolo di patologia cui appar- tiene,- ha note tutte sue particola- ri, tutte sue individuali, che -van- no accuratamente precisate e stu- diate. Anche in fatto di dietetica. Mol- tissimo, anzi, in fatto di dietetica. Perchè di fronte ai cibi che l 'uomo introduce egli è come il portiere di uno stabilimento: sa che cosa entri, sa che cosa esca, ma non sa che cosa succeda entro lo stabi- limento medesimo; quali macchine vengano mosse, quali ordigni ven- gano usati. Bisogna esser prudenti nello sta- bilire una dietetica e ricordarsi che sovente, come da un errato regi- me dietetico nascono molte ma- lattie,- un errato regime dietetico può mantenerle o aggravarle. _ E' un campo della terapia, que- sto, estremamente arduo e delica- to — non solo perchè, non ostante le luci fatte in questi ultimi decen- ni,- vi è ancora molto buio nelle nostre cognizioni,- ma perchè esi- stono ancora troppi errori e trop- pi pregiudizi che intricano il pro- blema terapeutico e ne ostacolano anziché facilitarne la soluzione. Non esiste ancora nelle nostre università e nemmeno nelle stra- niere,- un corso di dietoterapia. Es- sa rientra nella terapia clinica in generale e di conseguenza non si dà di essa una sufficiente prepara- zione ai giovani medici che do- vranno apprenderla nel corso del- l'esercizio professionale. Eppure quanti di noi possono serenamente ed onestamente confessare di non essersi trovati imbarazzati, qual- che volta specialmente nei primi anni di vita professionale di fronte alla domanda '« Dottoreche cosa devo mangiare? ». Al le gentili lettrici che mi hanno ascoltato fin qui,- credo di avere fatto comprendere quale altissimo rispetto io nutra per la scienza che professo. Eppure, credono forse che io mi vergogni di scendere in cucina? Nella mia Clinica, per esempio, non è difficile trovarmi laggiù, col mio camice bianco,- tra fornelli e casseruole,- a. .. consulto col Cuo- c o ! E non è meno difficile trova- re il Cuoco nel mio studio, con la sua giubba ed il suo grembiule bianchi,- ed il candido berrettone in mano,- fra libri e microscopi a consulto non meno solenne con me ! Non si discutono cose di po- co conto. Anzi: non faccio forse forse nemmeno col Farmacista, co- sì interessanti e laboriose sedute come col mio Cuoco. Giacché, in fatto di dietoterapia,- una collabo- razione strettissima deve stabilirsi fra Chi ordina quel determinato cibo,- o quella determinata serie di cibi, e Chi deve ammannirli al pa- ziente, in forma adatta, con varie- tà di presentazione,- di confezione e via discorrendo. Quando ad un nefritico, per e- sempio,- ordino una dieta priva di sale; quando ad un artritico 'pre- scrivo un'alimentazione da cui, al- meno pei primi tempi, escludo la carne, il pane, le uova, il vino, il caffè,- i condimenti e. .. molte al- tre cose ancora, credete sia facile rispondere alla domanda che già qualcuna di voi mi ha" fatto or ora a ma allora che cosa gli si dà da mangiare? ». Cara signora, ecco il problema ! Che Cosa gli si dà da mangiare? Latte, va bene. Ma non tutti lo tollerano; poi, a lungo an- dare, nausea ed impasta la bocca. Verdura? Ma siamo in una stagio- ne in cui non c 'è che questo o que- st'altro; o siamo in una località dove non si trova che roba in sca- tole; eppoi, fra le verdure, qualcu- na ha subito anch'essa l'oltraggio del bando. Allora, chi ascolta i colloqui col mio Cuoco, non si stupirebbe più della serietà con cui passiamo in rassegna tutti i commestibili... con- cessi e le diverse maniere di pre- pararli perchè riescano appetibili al malato non ostante la loro uni- formità e siano confezionati nella maniera più opportuna affinchè senza nulla perdere del loro sapore nulla ad essi venga tolto del loro valore nutritivo. Sicuro, anche questo è un pro- blema: il modo di preparazione di un cibo può influire o meno sul suo valore nutritivo. Le frutta, per esempio, sono più ricche di sostan- ze nutritive, quando sian crude che non quando sian cotte. Le vitami- ne, ricpnosciute oggi quali principi di capitale importanza per l 'econo- mia dell'organismo, a determinate temperature vengono distrutte. Tutti sanno che il valore nutritivo della carne bollita è inferiore a quello della carne ai ferri. Non tutti sanno, invece, che il brodo, così fragrante, così appetitoso, co- sì ristoratore non dà nulla di ciò che promette ( «Gl i uomini... che mascalzoni!), perchè ha perso con la schiuma tutti i suoi principi nu- tritivi. L'insalata condita con suc- co di limone, anziché con aceto, ha insospettate, benefiche virtù. Altri problemi assillano la men- te del medico. Pensate un po ' : i principii alimentari sono rappre- sentati da albumine, o da grassi o da idrati di carbonio. Questi co- stituenti sono variamente distri- buiti nei singoli cibi ed Ognuno di essi è in grado di fornire un certo numero di calorie. Noi sappiamo esattamente di quante calorie un essere umano ha bisogno per vi- vere: sappiamo quante ne occorro- no ad un bambino, quante ad un adulto, quante ad un vecchio, quante ad un uomo e quante ad una donna. Sappiamo persino quante calorie richiede un uomo che lavori: un operaio, per esem- pio; e quanto un altro uomo che eseguisca un lavoro mentale o che sia in istato di riposo. Immagina- te,- quindi, una macchina di cui vi siano note le quantità di combu- stibili diversi necessari per farla funzionare. Supponete che la mac- china si guasti; che vi occorra cal- colare le qualità di combustili più adatti per ritardarne od accelerar- ne il movimento; ed oltre la quali- tà anche le singole quantità... E ' un calcolo un po' arduo,- non è vero? Ed è mutatis mutandis lo stesso calcolo che un medico deve eseguire per poter dare al suo ma- lato la quantità di calorie neces- sarie e sufficienti alla vita, tenendo presente nel medesimo tempo, ciò che può nuocere o meno, ciò che bisogna sottrarre, o sostituire o re- cuperare. Valga l'esempio del dia- bete, in cui dobbiamo togliere tut- ta la classe degli idrati di carbo- nio senza che. il malato ne risenta il disagio, o quello dell 'obeso in cui il rallentato metabolismo dei gi-assi va saggiamente e prudente- mente corretto con la somministra- zione di cibi che senza diminuire le calorie necessarie possa raggiun- gere lo scopo. 15 si pensi, infine, al numero e- n<5rme di elementi che si assom- mano, si intrecciano, si richiama- no,; interferiscono a vicenda, a tutti i fattori locali e generali,- fisiologici e patologici,: ai gusti stessi dei ma- lati, di cui bisosi a pure tenere il debito conto,- per comprendere che la prescrizione di un regime diete- tico non può essere dettata se non dal medico stesso,- il quale solo può essere in grado di stabilire }uali siano i cibi adatti in ogni singola circostanza. A sua volta il medico non si accontenti di conoscere solo teoricamente il valore nutritivo dei cibi prescritti, la loro digeribili"^, i fenomeni di assimilazione di cui saranno oggetto da parte dti'l'or- ganismo umano o quelli che pos- sono in qualsiasi altro modo provo- care, mia non disdegni di scendere in cucina, di sollevare il coperch o di qualche marmitta che, se bron- tola, avrà pure la sua buona ra- gione di brontolare,..- Come brontoleranno le mie gen- tili lettrici; quelle almeno che han- no avuto la pazienza e la bontà di arrivare fin qui. Piero Sangiorgi. l itf M A S S A I A e e F u o r i i B a r b a r i I " — Ma la nostra amica Delia dove si è messa in testa di fax arrivare questa rubrica della Massaia Moderna? Che c'entra con la gastronomia, con l'eco- nomia domestica, con un giornale di cucina, il grido di papa Giulio l i? — c'entrissima! — risponde Delia. — Quella invocazione, forse neppure allora — e di certo non adesso — va intesa soltanto relativa alle persone: barbaro intendiamo, con lo stesso ani- mo dell'antica Roma, tutto quanto non p italiano: dal prodotto industriale a quello artistico. (1) Ma, se quando siamo in materia di « cose », si potranno trovare argomenti contro la nostra intolleranza domeni- cana, (poiché si potrà eccepire che in certi articoli ancora non siamo prepa- rati, che ci vuole la reciprocità delle e- sportazioni tra stato e Stato, che l'ar- te e la letteraura non hanno confini geografici ecc. ecc.); viceversa quale difesa porà mai accamparsi per la sciocca abitudine, inveterata negli Ita- liani, di adottare vocaboli stranieri? La nostra lingua — chi non lo sa? — è la più ricca, e più espressiva di tutte; moltissime delle parole che si credono d'oltr'Alpe non sono che tra- duzioni di termini nostri o derivano dal latino e vengono a noi di secon- da. mano. Quaatìu ¿>.i..sono originali dell'altro Paese, risultano quasi sempre imperfette, inaderenti; ma a noi sem- brano oro colato appunto perchè suo- nano in idioma esotico. — Beh: sia pure! Ma che c'entra con questo giusto sermone la Màssaia Moderna? — C'entrissima! Già ti ho spiegato, o mia intima a- mica sconosciuta, che abbiamo agget- tivato di moderna la parola massaia per distinguerla da quella tradizio- nale: soltanto donna di casa, lavora- trice, economa, che dirige l'andamen- to della famiglia, del podere, delle masserizie, ma... — purtroppo — ordi- nariotta. pochissimo coita, inelegan- te o, addirittura sciatta, pesante, a- rida. La massaia d'oggi non è più quella di cinquantanni fa: essa è anche «si- gnora». Non manca d'istruzione; viag- gia; riceve; invita a pranzo; frequen- ta alberghi. La massaia moderna, dunque, deve, per la prima — quando offre un tè, quando ha invitati alla sua mensa, quando ordina il pasto al direttore o al cameriere di un albergo, — dare l'ostracismo alle parole straniere. E' una epurazione necessaria. E per questa nobile battaglia, vanno arruolate le donne. Esse otterranno praticamente assai più di quanto non si sia conseguito cor artìcoli, proclami, congressi, leg- gi. In ogni campo la propaganda fem- minile fu e sarà sempre la più effi- cace. Pertanto, «Delia» — a ottenere la unificazione nazionale del termini cu- cinari, la nazionalizzazione della ter- minologia gastronomica — rivolge un modesto, ma intenso appello a tutte le lettrici di questo giornale. Ecco perchè ha detto:. «C'entris- sima ». * • * Ne i ci occuperemo oggi degli spe- ciali nomi ritenuti Intraducibili per le varie pietanze. Passeremo in rapida, rassegna soltanto quegli altri vocar boli inerenti alla tavola, affini alle vi- vande e alla bucolica in genere. Cominciamo: MENU Venticinque anni fa il nostro-Sovra- IL GIOERNAL daell DOMAENIC il più grande, il più moderno, il più vivace settimanale di attualità e di letteratura pubblica in ogni numero i resoconti dei viaggi nel mondo dei suoi reporter* plft »Trentwosi: e racconti « novelle • fotofnuB« e articoli di Moda e disegni di eleganze femminili. Rubriche speciali di eonrisponden» eoi lettori intorno alla scienza grafologica. aU'igle- ne, eco; concorsi di enigmistica, Articoli di volgarizzazione scientifica rendono sempre più vario e interessante U cui abbonamento , da OGGI al Si Maggio MM, costa I* 12 sole. CHIEDETELO IN TUTTE LE EDICOLE. no dette l'esempio ammiratissimo — in un pranzo di Corte, ordinando che tutte le pietanze fossero indicate in italiano — della traduzione esatta di questa parola francese (orribilmente tradotta in « minuta ») con il giusto vocabolo italiano corrispondente, che ha pure esempi antichi in tal senso: « Lista ». HORS-D'OEUVRE Perchè 1 dobbiamo dire: «fuori d'ope- ra» per indicare «antipasto»? Non è il .caso di aggiungere altre considerazioni per tale semplice, chia- ra sostituzione. ENTREMETS Bisogna cominciare ad intendersi su questa parola: I francesi chiamano « entremets » quei piatti che si servono prima della frutta e che comprendono, di solito, varie pasticcerie; mentre per noi I- taliani, s'indica con tale termine quel genere di piatti che vengono serviti fra i due di maggiore consistenza: co- me, ad esempio, tra il pesce e l'arro- sto e che, di solito, sono rappresenta- ti da sformati di verdura, pasticcio di fegato, primizie di stagione (quali asparagi, fondi di carciofi) : ovvero quelb varie pietanze montate (che i Francesi chiamano « Souffles »> di formaggio di frittata, ecc. L'Artusi, seguito da quasi tutti gli autori di Manuali gastronomici, tra- dusse la paiola « entremets » con «tramessi». E l'illustre Alfredo Pan- zini, approva avvalorando il vocabolo con un antico esempio del Boccaccio. Ma perchè non si direbbe: «inter- mezzi»? Parola carina che ci richia- ma alla musica. E la mensa {leve es- sere anch'essa armonia. Quel «trames- so», sembra uno sproposito del so 7 stantivo «tramezzo»: che cioè sia sta- to scritto con due esse anziché con due zeta e non si afferra a tutta pri- ma che invece è usato da «lntramet. tere» (messo fra). DESSERT Dal francese «dasservir» poiché sì riferisce all'ultimo servizio da pranzo. Le « seconde mense », proposte dal Panzini, non avrebbero seguito; e poi., ci sembra sproporzionato chiamare «seconde mense», quella parte assai più limitata è assai meno importan- te che si suole definire con la parola « dessert ». Ma perché non dire semplicemente, come Toscani e Romani dicono: «Frutta e dolci»? MOUSSER Poiché «mousse» deriva dal tede- sco « moos » — che vuol dire « schiu- ma » —> parola che a sua volta ha origine dal latino « mulsa », perchè non tornare alla bella parola nostra: «spumare» e «spumeggiare»? Tuttavia non possiamo tacere che i Toscani hanno fatto accogliere anche dai loro vocabolaristi (il Petrocchi) la parole « mussare » per « vino o liquo- re che spumeggia». Riprenderemo il discorso nel pros- simo numero. DELIA (1) Vedasi u volume di Umberto Notarl: « Il Signor Geremia ». S e l e d o n n e s a p e s s e r o c u c i n a r e . . . Tempo fa si tenne un importante Congresso Sanitario (Igienisti) a Già sgow nel quale furono fatte (a pro- posito d'igiene infantile domestica) .alcune affermazioni molto interes- santi Un congressista medico, e per giun- ta donna, non esitò ad affermare che là massima parte dei disturbi di cui soffre l'umanità, specie di questi tem- pi, — e anche della mortalità infanti- le — é dovuta al fatto che le donne non sanno cucinare. Il prof. E. p, Cathard dell'Univer- sità di Glasgow, rafforzò questo con- cetto, afermando però che sarebbe assai meglio insegnare (riferendosi all'insegnamento della cucina nelle scuole) pochi e semplici piatti, piutto- sto che tentare di propinare un'alta cultura cucinaria, che le allieve a- vranno assai poche occasioni di ap- plicare nella vita pratica. La Cucina Italiana è perfettamente d'accordo col prof. Cathard. Bisogna Imparare bene quanto occorre nella alimentazione quotidiana, mentre tut- ti i giorni ci accorgiamo quanto sia più facile trovare una donna di casa che sappia preparare un buon dolce, di quanto non sia trovare chi sappia allestire un ottimo brodo, uno squi' sito lesso, un arrosto a regola tfarte. ora Il bozzetto gastronomico, che qui pubblichiamo, del noto umo- rista «Micco Spadaio* (Aristide Morini), contiene, per le padro- ne di casa, un mònito la cui ap- plicazione pratica riuscirà gra- dita specialmente a tutti i mariti. Del resti\ non c'è stata novella pubblicata sulle colonne dì que- sto giornale che, sotto l'apparen- za del puro diletto, non racchiu- desse sani principi pel benessere (talvolta economico, talvolta spi- rituale) delle famiglie; ovvero idee madri a vantaggio dell'agri- coltura, dell'industria alimentare, della produzione in genere. Vogliano, dunque, le nostre let- trici, meditare anche sulla scher- zosa novelletta del Morini. c Si può insegnare i¡ vero anche ridendo » (N. d. D.) Siamo in casa dell'onorevole E- rasmo Scacchetti, giovanotto di cinquantanni, confessati la pri- ma volta nell'espansione della gioia, quando, nel 1921, da depu- tato passò senatore: confessati al- lora e rimasti sempre cinquanta. Egli è già vestito per uscirà, mentre la signora Geltrude, don- na di sesto acuto, d'animo retto e di intelligenza non. del tutto ottu- sa, passeggia lentamente' pel sa- lotto, eseguendo all'uncinetto un lavoro all'antica, che fa veramen- te schifo. LUI — Geltrude, è pronta la co- lazione? LEI — Che pronta! La Camilla, tu lo sai, non è uscita, per la spe- sa, che alle 10 e mezzo... LUI (con tremolio convulso al- la gamba destra e occhi alzati al soffitto) — Sempre così! Non c'è caso che mi si voglia capire ! Quan- do dico le undici intendo dire le undici'! Se ordino la colazione per le undici, è proprio per le undici che voglio fare colazione! Come parlo? Parlo turco? Parlo ostro- goto? LEI —. Dopo tutto non sono che le undici e cinquantacincue minuti... LUI — fortuna che non è... la mezzanotte ! LEI — E poi la Camilla sa che deve comprare il filetto di vitella: il filetto di vitella è tenero e cuo- ce presto... LUI (sentenzioso) — Non convie- ne, nella vita, mai basarsi sulle supposLùuni! Pc=<- ottenere la cer- tessa delia puntualità si mette la roba al fuoco molto presto, il più presto possibile; poi, quando è cot- ta, si ritira' d.ai fornelli e si man- gia all'ora fissata. Spesso avviene che la vitella è mulo e il mulo è ostinato: non cuoce... LEI — Queste sono eresie ga- stronomiche... LUI — Che cosa? che il millo non cuoce? LEI — No: che la roba, salvo gli stufati, non si mangia appena cotta. LUI — Ah, si? Il più stufato so- no io! Ebbene, sai che faccio un'al- tra volta? Vado in trattoria... LEI — Sicuro: il signore fa pre- sto! Lui va in trattoria! La mo- glie non gli viene neppure in men- te. si capisce... LUI — Ma io alle dodici in pun- to dovevo essere al Senato, per raccomandare... LEI — Tutti i giorni devi andare e restare al Senato! Sarà vero? Il marito di Aurelia non va quasi mai al Senato, eppure è più senatore di te. Io sono stata cinque volte alla tribuna, con biglietti che mi ha dato l'amico Capponi, perchè tu non ci pensi, e non ti ci ho vi- sto mai... Mai!... LUI (arrossendo) — Evidente- mente ero nel seno... LEI — . . . d'una commissione. Lo so. M'hai sempre detto cosi! Torni a casa la sera alle sette, "brontolando. Nulla ti 'piace del pranzo, niente ti va bene. Ti do- mando se si va al teatro dell'Ope- ra a sentire Gigli, ma tu devi cor- rere agli Uffici. Ti prego di accom- pagnarmi dai Pulini. ma tu giuri che devi chiedere schiarimenti di urgenza al ministro De Bono... Ma è possibile che io continui questa vita d'inferno? LUI (glaciale) — Geltrude, que- sto discorso ormai lo so a memo- ria, come, nei tempi della mia a- dolescenza. quelli del compianto Guala sulla provincia di Vercelli e quelli del compianto Saracco sul- la linea ferroviaria Ovada-Asti... Tu hai ragione, ma io non ho torto. LEI — Nel colmo dell'inverno t'ho chiesto un mantello di pel- liccia e tu niente! Tutte le mie a- miche, tutte le mogli dei senatori hanno un mantello di pelliccia: 10 sola.., LUI — L'inverno di Roma è sempre cosi mite, che, mettersi in questa gloriosa metropoli del Mon- do una pelliccia sarebbe un'offesa al Governatore: a Sua Eccellenza 1 Principe Boncompagni Ludovisl... LEI (diventando verde) — Ah, mi prendi anche in giro? Tu cre- di proprio che io sia una stupida? Che non m'accorga di nulla? Lu- nedì tu avevi nel portafoglio 10 mila lire. Ieri non ne avevi più che 1700... LUI (turbato) — Moglie mia, do- po la vittoria del Regime non si fa più questione... di portafogli... LEI (indignatissima) — Che ne hai fatto di 8300 lire in ventiquat- tr'ore? Le hai forse versate nel seno... della tua commissione? Ri- spendi: che ne hai fatto? LUI (balbettando) — Prima di tutto ho prestato cinquanta ¡ire a un amico... LEI — Ah! bènissimo! La mo- glie non ha pelliccia, ma il signo- re presta cinquanta lire a un a- mico. La moglie muore di voglia di sentire Gigli nel Rigoletto, ma il signore presta cinquanta lire a un amico. Da due anni mi devo fare un abito decente, ma 51 si- gnore si affretta a prestare cin- quanta lira a un amico. Ho spe- rato invano di andare al concerto di Vecsey, ma il signore presta c in- quanta lire a un amico. L'ho pre- gato di condurmi alla fiera cam- pionaria di Milano e m'ha rispo- sto elite non-poteva,, ma il signore può prestare cinquanta lire a un amico... Eppoi cinquanta lire so- no cinquanta lire. Mancano an- cora 8250 lire. Spero che non a- vret-e prestato cinquanta lire a centosessantacincme amici!... LUI (accomodante) — Senti, Geltrude, farò colazione questa se- ra alle diciannove. Il minstro De Bono mlaspetta... LEI — Ma le 8250 lire?... LUI (avvicinandosi alla vorta) — Le ho mandate alle vittime del terremoto... LEI — Di quale terremoto? LUI (violento) — Del terremoto e basta! Oh! vediamo un po'. LEI (mostrando, con gesto dram- matico, un biglietto) — E la signo- rina Elvira Codarelli, che in que- sto biglietto, vi scrive che 8000 l i- re non le bastano? E ; forse una vittima del vostro misterioso ter- remoto? LUI (sempre più violento) Basta! ho detto! Easta con que- ste sciocchezze. (Pausa e poi ur- lando) : Dovresti, invece, sorve- gliare e curare un. DOCO la puntua- lità dell'ora dei pasti! Micco Spadaro. VARIE TA' La civàilt a tavoal Non tutti salino che soltanto quat- tro secoli fa, e precisamente nel 1500, anche le persone più raffinate ci(ca il modo di servire a mensa assenni- glkivano ai barbari della decadenza romana, e che soltanto sul principio dei secolo decimo ottavo entrarono nell'uso comune le forchette. Durante il "medio evo, fino al sscolo decimo sesto, i commensali mangia- vano nel medesimo piatto e bevevano in un unico boccale. Soltanto più tardi, e solo fra la gen- ie di gran mondo, si comniciò ad usa- re un piatto ed un boccale ogni dite persone: il che non impediva affatto di ficcare le mani nel vassoio centra- le.- Questi piatti, inutile dirlo, non si cambiavano mai e i due. disgraziati erano costretti, naturalmente, a man- giare l'ultima portata accanto o,gli a- uanzi della prima. Le forchette entrarono nell'uso co- mune solo verso il 1690. Prima, le re- gole di buona creanza si limitavano a prescrivere, a questi riguardi, di pren- dere le vivande con tre dita soltanto, senza, tuffarle troppo profondamente nella salsa. Non si può stabilize con. precisione chi sia - stato il fortunato inventore della forchetta. Si sa però che fra i primi ad usarne furono eli effeminati compagni di Carlo III, che scandalizzarono il mondo col portare alla bocca un piccolo strumento for- cuto invece delle dita. In Italia quest'uno fu introdotto da, Tommaso Corgate che appunto per questo fu beffato dai contemporanei coi grottesco soprannome di furcifer. Un galateo del 154i di origine ita- liana, tradotto poi in tutte le lingue, stabilisce che: «Non è bene grattarsi quando si siede a mensa; inoltre bi- sogna astenersi il più possibile dallo sputare, quando non se ne possa fare a meno, si sputi con una certa grazia e con molte, delicatezza ». Cesare Àldan! I s e m i à i f r u m e n t o In lui suo interessante studio l'on. Giuseppe Tallarico informa circa le virtù ancora poco note dei semi di frumento germinati. Le sostanze costituenti il seme, rie- scono non solo ad agevolare la costru- zione dei tessuti come avviene, àd e- sempio, nello sviluppo e nella cre- scenza degli individui, ma anche le ri- costruzioni che hanno luogo negli or- ganismi dopo perdite di energia deri- vanti da processi traumatici o da .ma- lattie esaurienti. A dflfcta di autori di fama, le cura a base di succo di semi germinati a- vrebbero operato dei veri miraceli, Quando questa nuova terapia a ba- se di semi germinati, chiamata ap- punto « terapeutica gemmale » avrà stabilito le caratteristiche e l'azion» dei vari semi, mediante armoniche as- sociazioni noi avremo a nostra dispo- sizione una gamma intera molto rio» ca, di principi terapeutici che potre* mo utilizzare volta per voita a seco» da delle circostanze, per gli indivi» dui rachitici a ritardata crescenza, per gli anemici, per gli indeboliti dal» la scrofola, per gli affetti dalla n&> vrosi, per il rapido consolidamento delle ferite e delle fratture e soprat- tutto per gli esaurimenti e per ic eoa» valescenze.
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