LA CUCINA ITALIANA 1933

T T A T i l / i J L i 'Mangiar meglio, spender meno& G I ORNALE DI GA S TRONOM IA PER LE FAMI GL IE E PER I BUONGUSTAI CUCINA CASALINGA - ALTA CUCINA . CUCINA CONVIVIALE - CUCINA FOLCLORISTA • CUCINA PER STOMACHI DEBOLI • CUCINA ALBERGHIERA . ARTE DELLA TAVOLA . RICETTARI N. 6 — ANNO V _ 15 GIUGNO 1933 - ANNO XI ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE TELEFONI: N. 62041, 63042, 62043. 62044, 62045 — ROMA Palazzo Sciarra ROMA _ TELEFONI: N. 62041, 62042, 62043, 63044, 62045 — OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5,30 - ESTERO L. 10 — INSERZIONI: L. 4 AL MILLIMETRO N. 6 — ANNO V _ 15 GIUGNO 1933 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE smo a s t r o n o m i c o r an c i a Per parlare dell'esoterismo ali- mentare, dirò subito che esso si inizia, principalmente, colle mi- nestre d'importazione straniera — impropriamente designate da al- cuni trattatisti col titolo di co- smopolite, cioè che hanno per loro Patria il mondo intiero; men- tre, invece, sono limitate ad al- cune nazioni, e talvolta rappre- sentano l'esponente folcloristico, cioè tradizionale, dell'alimentazio- ne di un popolo; come chi, verbi- grazia, dicesse: polenta o macche- roni per indicare l'alimento prin- cipale di alcune regioni italiane; olla-podrida o puchero per indi- care la vivanda nazionale iberica; il bortsch, lo stchi per indicare le minestre o minestroni dei popoli slavi; come il pilaff per quelli o- rientali e via dicendo. Queste zuppe erano neglette nelle metodologie di una cinquan- tina d'anni fa, e quasii considera- te quali intruse — per non dire intrugli — mentre odiernamente, cominciando dal libro di Urbano Dubois (La cuisine de tous pays), e passando per la Guide Culinaire di Escoffier per giungere a quel- l 'altro di Salles e Montague : La Grande Cuisine Moderne, al li- bro di Suzanne, ecc., gareggiano Dell'esporre questi loro studi et- nici — dirò così — nell'alimenta- zione dei popoli. Questi bei tratti d'internaziona- lismo gastronomico del tempo, avvaloralo sempre più l'opinione degli antichi greci i quali consi- deravano la tavola quale « mini- stra » d'amicizia e di alleanze. Dei resto i cuochi hanno l'animo gen- tile e non conservano astio; pro- va ne sia che Carême aveva alle- stito il bancheto così detto della <( Santa Alleanza », nel maggio 1814; e Vcry, l 'anno successivo, apprestava quello degli alleati, ch' ebbe luogo nelle pianure di Vertus. Lo stesso Carême, che per va- ri anni diresse — come cuoco di Talleyrand — i pranzi che veni- vano dati alle Tuilleries ed a Saint- Cloud, e descrisse partico- larmente quelli datisi in occasione della cerimonia del sacro dell'im- peratore Napoleone, del suo ma- trimonio con Maria Luisa, e del battesimo del re di Roma, ecc., ilei suo libro: L'art de la cuisine française au XIX siècle (Paris, 1833-1835), fu al servizio dello Czar Alessandro di Russia, del principe del Wurtemberg e del Principe Giorgio d'Inghilterra, e se lasciò il servizio di quel Princi- pe di Galles, si fu perchè, avendo ammanita una lingua di vitello in sorpresa al futuro Re d'Tnghilter- xa, costui — come confessa lo stesso Carême — non la seppe comprendere. Lo stesso fece — per una di queste punture di a- mor proprio professionale — il cuoco di Wellington, il principale artefice della sconfitta di Napo- leone a Waterloo. Riquette — altro cuoco di Tal- leyrand — introdusse la cucina francese in Russia, come Urbano Dubois ed Emilio Bernard furono capi di cucina della Casa Reale di Prussia. Del resto Mèot, Robert, Roze, Very, Legacque e tanti altri men- zionati da Grimod de la Reynière nel suo Almanach Gastronomique 'del 1804, e nel suo Iteneraire d'un gourmand, divennero milionari, coll'ammanire le loro più delizio- se vivande destinate alle gole di coloro che più contribuirono a di- struggere la potenza ed il presti- g io di Napoleone ed a mandarlo prigioniero a Sant'Elena. Anche nelle Medit. XXVIll r della Phisiologie du goût, Brillât Savarin, parlando di Beauvilliers (allievo, come Carême, del famo- so Laquipière, già capo cuoco di Napoleone I ) , che aveva aperto un sontuoso ristorante, verso il 1872, a Parigli ci fornisce questi particolari: « Durante le due occupazioni successive di Parigi nel 1S14 e ¡1815, dagli alleati, si vedeva co- stantemente, davanti allo stabili- mento di Beauvilliers, dei veicoli di tutte le nazioni; egli conosceva •tutti i capi dei Corpi stranieri, ed aveva finito di parlare tutte le lin- gue, per quanto era necessario al suo commercio ». Ciò \ lga a provare come la Francia, e particolarmente Parigi, pel suo eccezionale cosmopoliti- smo, abbia potuto accentrare e di- rei quasi monopolizzare, per tan- ti anni, l'arte del cucinare, impo- nendo, con le conquiste napoleo- niche, le sue vivande ed i suoi vi- ni sopratutto alle altre nazioni. « Fu questo fattore di prosperità economica — come osservava già Brillat-Savarin, fin dai suoi tem- pi, — che fece rientrare in Fran- cia i miliardi spesi nelle guerre e, sopratutto, per pagare le taglie o rançons di guerra che le avevano imposto, come indennità, le nazio- ni alleate ». Non facciamo considerazioni per quanto riguarda la nostra cucina italiana — la grande maestra di tutte le cucine, cominciando dal- la francese. Quella si limitò ad ag- giogarsi al carro dei Carême e dei Dubois, dimenticò persino la sua terminologia, la sua nomenclatu- ra, le sue liste cibarie; adottò sem- plicemente quelle francesi, abdicò alla propria cucina nazionale, e, mentre russi, inglesi e persino giapponesi riuscivano a fare adot- tare le loro vivande in Francia, essa perdeva anche il prestigio dei maccheroni che si fabbricano a Clermont Ferrand. e vengono im- portati persino a Massaua. Ora dobbiamo fidare in quel me- raviglioso spirito fascista che ha ormai permeato ogni ambiente, in Italia, risanando animi e menti e cuori e lir gua, perchè anche la terminologia e la nomenclatura de- gli attrezzi cucinari e delle vivan- de siano, in Italia, restituite alla loro dignità nazionale. Cesare Aidani Capo cuoco dell'Albergo a Saturnia» - Roma Curiosità e raf~ finitezze nella storia della Gastronomia l precetti della buona cucina roma- na si perdettero nel naufragio della civiltà verso il v secolo; ma molti di essi rimasero nei manoscritti conser- vati nelle biblioteche e. durante il Ri- nascimento. le città, più ricche, come Genova, Venezia. Firenze e Milano seppero riportarli in luce ed applicarli con ingegnosi perfezionamenti. L'ari- stocrazia francese, al ritorno dalle guerre in Italia, imitò i signori italia- ni e Caterina dei Medici portò alla Corte di Francia le raffinatezze della cucina italiana. Da allora la Francia diventò la rivale, per molti secoli for- tunata, dell'Italia nel campo della cu- cina... scientifica. Fra i ritrovati ce- lebri sono da ricordare: il « frangipa- ne», golose scoperta di un principe italiano, Cesare Frangipane; la pasta sfoglia, dovuta ad un celebre pitto- re: Claudio Lo -rrain, detto « il Raffael- lo del paesaggio»; le costolette di montone, secondo una speciale prepa- razione escogitata dalla marchesa di Maintencr, dopo lunghe conferenze cMonthier, capo cuoco di Luigi XIV. Il secolo XVII fu il secolo delle salse. La grande voga fu iniziata da Luigi di Béchamel, soprintendente di Filippo d'Orléans e gran maggiordomo del Re Sole, il Quale inventò la famo- sa « salsa bianca » Armando du Ples- sis, duci J Richelieu, maresciallo di Francia e accademico, inventò a Mi- norca, conquistando Porto-Makon, la « mahonnais » ; Carlo di Rohan, Ma- resciallo principe di Soubise, servì a Ltiir.i X r . suo ospite a Saint-Ouen. una costoletta fatta con uova di fa- giani e di pernici rosse e con altri in- rjredizn-:. così rari da farla costare 25 luigi. Le altri pietanze offerte non eo- stavano di meno! Maria Adealtde di Se :a. duchessa di Borgogna, compo- se una salsa nella Quale il dolce SÌ mescolava all'aceto, destinata ad ac- compagnare il lesso. In Quel tempo si usava dire: » Vatel (capo delle mense del grand- Condé) è all'arrosto quello che Molière è alla commedia e Bécha- mel è in verità il Racine delle salse ». Il neccio seguente fu, invece, quello delle fantasia culinarie e delle raffi- natezze gastronomiche I signori si r.ontendevann a prezzi favolosi 1 cuo- chi viri rinomati La principessa Car- lotta di Baviera racconta nelle sue memorie che suo figlio Filippo, duca di Chartres e poi di Orléans, ave- va imparato a cucinare durante ia gua, .-a di Spagna. Tornato In Fran- cia, divenne promotore di quei famosi Detits soupers nei quali seppe riunire il fior fiore degli intellettuali. Quasi tutte le sere, il Duca di Orléans si recava in una fattoria di Asnléres, indossava un camiciotto dì tela e si metteva allegramente ai fornelli per preparare la cena, alla quale parteci- pavano anche tutti i domestici Alle amiche lettrici AM I CHE LETTRICI^ Se amate la vostra casa e il segreto di gioia che essa racchiude per voi; se avete sperato e sperate che in essa le persone a voi care trovino il rifugio predi letto, il conforto necessario, il sorriso della serenità, questo giornale è per voi. AM I C HE LETTR I C I! Se tuttora credete, sognando, al principe azzur ro del la leg- genda dorata, e vi fa inquiete e impaz ienti il tormento dolce del- l'attesa, questo giornale è ancora per voi. Da essa impare- rete l ' umi le e pur non volgare arte dal la quale fiorirà — indistrut- tibile — la poesia del vostro focolare e la vostra fel icità. AM I CHE LETTR I C I , Se desiderate conservare al la vostra tenerezza un mar i to che amate, fate che egli trovi nel la sua casa e in voi la quiete serena. Create ogni g i orno una sorpresa al la sua g ioi a; fate che egli senta il piacere di sedersi alla tavola che gl i avrete preparato : fiori, cri- stalli, stovigl ie, vivande, tutto sia gaio, vivace, luminoso. An c he la mensa più modesta — la più povera! — può essere luminosa e soave, se voi lo vogl iate, PER LU I . Fa te che egl i lasci con r impianto la sua casa quando torna al lavoro, e non trovi mai nul la che sia più desiderabile del la sua donna e del la sua dimora. Questo giornale v'insegnerà anche questo segreto. [ : # * Questo giornale è l'amico più prezioso di tutte le donne ita- l iane. E ' nato con questo scopo. E lo scopo è risultato così giusto che in pochissimo tempo la tiratura della Cucina italiana è sa- lita a una ci fra superante anche le più ottimistiche previsioni. II mer i to è tutto del le donne italiane. Sono esse, intanto, le nostre più fedeli col laboratrici. Ac can to al nome del lo scrittore i l lustre, la not icina pratica del la massaia intel l igente compare sem- pre, a portar luce di esperienza e di f erv ido amore, ovunque. E sono queste centinaia di ricette, in ogni numero pubbl icate, sem- pre più nuove e sempre più interessanti, che rendono tanto più ghiot ta la lettura del nostro periodico, ovunque esistano f ami g l ie al buon andamento del le quali una donna vigi li premurosa e solerte. E di queste donne —c he spingono l ' amore per la f ami g l ia fino a voler perfezionarsi per il suo bene — ne esistono in Ital ia a centinaia di mi g l i a i a: sono le nostre abbonate. # # * Ma vog l i amo aumentarne il numero. A favorir la sana pro- paganda che ci s iamo prefissi, abbiamo mantenuto per l 'abbona- mento alla Cucina Italiana u n prezzo irrisorio : L. 5.30 all'anno N o n esiste, crediamo — neppure f ra quel le di condi z ione più modesta — una donna o una f ami g l ia che non possan disporre di una somma così mi n ima, in un anno. E potendone disporre, nessuna donna dovrebbe poter ignorare gl i immensi benef ici di consigl i, di cogni z ioni, di aiuti, che le verranno dal la lettura del nostro giornale. Per facilitare alle nostre lettrici, che ancora non siano ab- bonate, il ragg i ung imento di codesta .qual ità, noi apr iamo da oggi un nuovo abbonamento alla Cucina Italiana — e cioè dal p r i . rno luglio 1933 al 30 giugno 1934. Chi invece preferisce l ' abbonamento — per così dire — con- sueto, regolare, que l lo che va dal i . genna io al 31 dicembre di ogni anno, può ugua lmente inviare adesso la sua quota, richie- dendoci i numeri arretrati, dal gennaio 1933 ad oggi. In questo secondo caso, le nuove abbonate avranno il van- taggio di avere, tutti insieme sott 'occhio, 6 numeri di questo gior- nale che, sebbene arretrati, nul la avranno perso del la loro attua- lità, del la loro f reschezza, del loro grande interesse, poiché nessuna cosa come l 'arte del benessere fami l iare, è così preziosa ed impor- tante ed eterna. Dirigere vaglia di L. 5,30 alla Amministrazione del Giornale N WItalia - Roma, 0 versare L . 5,30 nel Con to coerente postale 1-2525, Roma. Tale versamento può effettuarsi presso qualunque tifficio postale del Regno e delle Colonie. IL Mantengo la promessa, e ripren- do il discorso cominciato nel nu- mero di maggio per la epurazione del linguaggio gastronomico, che è Quanto dire per nazionalizzare la terminologia attinente alla cu- cina e alla mensa. Questa volta ci occuperemo di vocaboli che pedissequemente ri- petiamo dall'inglese, come: Pic- nic, Pudiinj, Grill Room, Tea Room, Lunch, Teast. Picnic Riporterò al riguardo quanto, su questa parola, scrive l'illustre Mo- nelli: «Gl i inglesi scrivono la parola così, senza lineetta, e pronuncia- no picnic, cioè con l'accento sul primo i. La parola è fatta deriva- re dal francese pique-nique, d'in- certa etimologia. Ma mentre in in- glese « picnic » significa « gita di piacere che include un pasto fuo- ri di casa», in francese «pique- nique» vuol dire pasto o meren- da dove ciascuno paga la sua quo- ta 0 fornisce la sua parte: cioè « alla romana ». Da noi la parola è generalmente scritta pic-nic o più fantasiosamente pick-nick ed è usata quasi sempre nel significa- to che le danno gli inglesi, cioè di merenda in campagna, di escur- sione con viveri portati seco e da consumarsi durante una sosta del- la gita. L'idea che è nell'uso fran- cés^ di vagare alla: romana, è spesso sottintesa, ma non è con- dizione assoluta di un picnic co- me generalmente s'intende da noi. La parola straniera darebbe po- co fastidio e potrebbe essere tol- lerata, se al solito non si tendes- se a darle sempre maggiore cam- po, cacciando in bando ogni e - spressione o modo di dire nostro: merenda in campagna, spuntino all'aria aperta, coiasione al sacco, ecc.; dove le parole in campagna, all'aria aperta ecc. possono trala- sciarsi quando appare chiaro dal discorso dove si vuole rifocillarsi Picnic alla francese (piaue-nique) è il nostro cena, merenda, colazio- ne ecc. « alla romana ». Pudding I francesi scrivono « podding » e l'hanno adottato anche loro. Ma, in italiano, non abbiamo forse la nostra parola « b odino »? Che im- porta se l'origine del vocabolo va ricercata in una torta speciale? Comunque la parola bodino, di- fesa dal Viani, registrata dal Ri- gutini, dal Petrocchi e dal Panzi- ni, deve avere senza alcun dubbio il primato in confronto della pa- rola «pudding». Lunch Seconda colazione e, semplice- mente, colazione (poiché nessuno potrà supporre — se si tratta di un invito — di essere invitato al caffè latte; del pari, se si entrerà in un ristorante nelle ore intorno a mezzogiorno, non occorrerà cer- to spiegare che non si vuole caf- fè latte e cioccolato; e se sui ta- volini di una trattoria sarà la li- sta della « colazione », non vi sa- rà ugualmente possibilità di e - quivoco). Perchè darsi le arie snobistiche dell'invito al « l unch» intimo, e della descrizione di un « l un c h» sontuoso, quando non potrà incor- rerà in anfibologia con la nostra chiara parola italiana « colazio- ne » ? E se dubbio sorgesse di po- terla confondere con quella delle prime ore del mattino, si aggiun- ga, tutt'al più — come detto in principio la chiarificazione di « seconda ». Fra l'altro, per gli inglesi, la pa- rola « l unch», suole indicare piut- tosto (poiché gli inglesi mangia- no cinque volte al giorno e non tre come i sobri Italiani) un pa- sto fra la prima (1) e la seconda colazione. Se aboliamo il «dé j euner» fran- core — anche perchè l'ironia po- polare toscana e romana scherza- va sull'equivoco del digiunare — non v'è ragione di sostituire il francese con l'inglese. Toast Poiché ho cominciato la odierna disamina citando un'autorità in materia (il Monelli) riporterò an- che sulla parola toast, quanto e- gli scrive. Pure su questo vocabo- lo, come per picnic, sono perfet- tamente d'accordo coll'illustre let- terato : «Parola inglese (pronuncia tost, con 1'« o » molto stretto e quasi « ou » che vuol dire fetta di pa- ne abbrustolito e brindisi nello stesso tempo; poiché quegli iper- borei usavano bere alla salute non alzando col bicchiere il dito, come fanno gli italiani, non por- tando il bicchiere alla fronte e al cuore, come fanno gli scandinavi, ma inzuppando nel bicchiere una fettina di pane arrostito. Gli ita- liani usano spesso toast per brin- disi, ma soprattutto per indicare la su indicata fettina di pane, ciò che da noi si dovrebbe dire cro- stino. Ma provate un po' a ordi- nare ad un cameriere insieme col tè crostini e burro, o crostini im- burrati! Vi guarderà con la faccia incitrullita nove volte su dieci, e chiederà timido: « Crostini? Lei forse vuol dire toast ». (Salvando la .pronuncia, che in parole òsti- che si sbizzarrisce assai). I puristi ce l'hanno con brinda- re e brindisi e ricordano il bello e antico verbo italiano propinare; ma a parte il buon uso che si può fare di propinare nelle nobili scritture (Carducci; «E propinan- do i vin bianchi e leggeri - balla- no con gli ulani e con le scorte...») brindisi e brindare hanno # onori di cittadinanza dopo il lepido uso che ne fece il Redi nel suo Diti- rambo: «E se a te brindisi io fo - perchè a me faccia il buon prò - Ariannuccia leggiadribelluccia... »; Quanto a toast per pan tostato, esso è appunto fetta di pan tosto, e in una parola sola e appropria- ta crostino ». Grill Room e Tea Room E' tanto semplice! Invece che « stanza per arrosto », la nostra lingua, sempre più ricca delle al- tre, ha una parola unica per e - sprimere la stessa cosa, ed è « r o- sticceria ». Non ci soffermiamo sulla tra- duzione della parola « Tea Room » (che è assai chiara: «Sala da tè») poiché non riguarda la terminolo- gia occasionale della donna ita- liana a cui rivolgiamo le presenti note. Essa riguarda invece i pro- prietari e i dirigenti di caffè, al- berghi ecc., che credono di au- mentare l'importanza dei propri locali e di farvi accorrere una clientela più eletta adottando U- na insegna in lingua straniera. Ben venne il provvedimento fa- scista di una tassa speciale sulle insegne straniere, ma forse non fu sufficiente ad estirpare la mala pianta: infatti insegne straniere, e specialmente queste del « tea room » e del « grill room », segui- tano al deturpare ogni parte d ' I- talia con urtante servilismo. Più pratico era forse il prò-' granima goliardico esposto da Massimo Notari, sedicenne, nel suo giornale studentesco « La Fiamma Verde » e ripetuto al Con- gresso di Roma: « Gli studènti italiani dovranno procedere a formare in ogni città esquadre volanti» che —• dopo il debito ultimatum — infrangano senza pietà ogni insegna stra- niera! « Ecco l'unico motivo per cui io posso ammettere o giustificare un procedimento un po'... teppistico». « * * Ci sbizzarriremo, nel numero di luglio, anche per procurare una speciale soddisfazione, alla passio- ne linguistica della signora Ele- na Gaddi di Brescia e del signor « Jamino » di Milano, a tradur- re tutti quei vocaboli (dirà me- glio, ad evitare la traduzione) che si riferiscono propriamente alla cucina; come: « gratin, consommé, paté, vol-au-vent, soufflé, glacé, Óàteau », ecc. DELIA ( l) In Inglese: «.breakfast ». Accade spesso ai medici, allor- ché prescrivono il regime ristret- to ad un obeso, o ad un pletorico, di sentirsi rispondere: « Io vorrei mangiar meno, ma come posso ab- bandonar la tavola se dopo aver mangiato la quantità di cibo che ella mi prescrive, io ho pressoché lo stesso appetito di prima? Se ho appetito come prima, vuol dire che il mio organismo ha bisogno di mangiar di più». Naturalmente al medico -, vien voglia di rispondere che una simi- le ostinazione dell'appetito è il frutto dell'abitudine. Chi ha l'abi- tudine di mangiar molto», scambia coll'appetito l'assenza del senso di sazietà; ora mentre l'appetito de- riva direttamente dai bisogni rea- li dell'organismo; il senso di sa- zietà dipende dalle sensazioni lo- cali dello stomaco. A questo proposito giova dire che le ragioni per cui un cibo sa- zia presto ed un altro sazia tardi non sono ancora note. E giova dire che la fisiologia do- po che ha dedicato a questo argo- mento la sua attenzione, ha con- statato che una buona parte dei dati relativi erano già stati intuiti dalla opinione volgare. Infatti quando si consideri la distribuzio- ne dei vari cibi nei pasti usuali si constata che 1 cibi che danno la sazietà assai tardi, vengono servi- ti per solito all'inizio del pasto, e auelli che danno la sazietà assai presto, vengono serviti alla fine di esso. Gli usi gastronomici hanno dun- que preceduto, in certo modo, il precetto scientifico. Specialmente fisse sono le tradizioni, per cui si servano alla fine dei pasti i dol- ciumi, il formaggio, ed il caffè. Questi sono quei cibi che danno la sazietà più rapidamente. Que-f st'uso era già noto agli antichi, sicché è citato espressamente da Plinio, da Plutarco, da Peviandro; Lo Shakespeare, faceva dire ad un personaggio d'una sua com- media che «il formaggio è, la ve- ra polvere digestiva ». Quanto al caffè non solo riesce utile in fine dei pasti brevi per dare rapidamente il senso di sa- zietà agli individui normali, ma può venire usato nella cura del- l'obesità come anti-aperitivo, Un altro cibo che dà la sazietà piuttosto rapidamente è la polpa di pesce. La polpa di pesce ha un alto valore nutritivo. Le carni di animali da macello hanno eguale valore nutritivo, ma riguardo all'appetito hanno pro- prietà opposte; esse possono ve- nir mangiate in maggior quanti- tà senza dare il minimo segno di sazietà. Così si spiega come le porzioni di carne che vengono servite nel- le trattorie primarie sono assai voluminose; e quest'usanza ci è venuta dall'Inghilterra e dalla Germania, dove non è raro che nel pasto di mezzogiorno vengono serviti dei chateaubriands di tre- cento grammi l'uno! Comunque sia, la scienza con- temporanea ridà alle carni ma- cellata il posto subordinato che ad esse compete delle proprietà eccitatrici della funzione dell'ali- mentazione, ma conviene limitar- ne l'uso allo stretto necessario, a- vuto riguardo ai pericoli gravi del- ì'aìbuminismo, legati all'abuso di esse. Alcuni fra i cibi d'uso più comu- ne, il pane, la pasta, le patate, saziano l 'appetito rapidamente, ma quando costituiscano la par- te prevalente del regime, a un certo punto vengono a nausea in modo intollerabile, I grandi successi di certi regimi vegetariani, che paiono a prima vista regimi di fame, riposano su questa oscura legge fisiologica; tali sono i regimi di pane ed olio, 0 pane ed olive, di pasta con un po' di alimenti grassi e pomodori, di patate e formaggio, ecc., che in realtà si dimostrano sufficienti. In codesti reigimi la scelta dei componenti, per quanto enorme- mente ristretta, è così abile, che ad ogni singolo pasto il senso di sazietà arriva abbastanza presto da assicurare tutti i benefici della sobrietà. Certo, pel sistema ner- voso degli individui civilmente raffinati, -jei quali la varietà de- gli stimoli è divenuta necessaria, 1 regimi di codesto genere riusci- rebbero ben presto dannosi. Ma, accade per l'estetica del gu- sto, ciò che accade in ogni altra forma di estetica: se - la ricchezza delle impressioni cost i tuire il premio per gli eletti, la semplici- tà costituisce la salvaguarda per le masse! A. Giaqninto I IL PIÙ' GRANDE, IL PIÙ' MO- DERNO, IL PIÙ' VIVACE SETTI- MANALE DI ATTUALITA E DI LETTERATURA pubblica in ogni numero i reso- conti dei viaggi nel mondo dei suoi reporter» più avventurosi : e racconti e novelle e fotografie e articoli di Moda e disegni di ele- ganze femminili Rubriche specia- li. di corrispondenza coi lettori in- torno alla scienza grafologica, all'igiene, ecc; concorsi di enigmi- stica, articoli di volgarizzazione scientifica rendono sempre più va- rio e Interessante il cui abbonamento da OGGI al 31 dicembre 1933, costa L. t CHIEDETELO IN TUTTE LE ÈDICOLE Per abbonamenti rivolgersi mi (( Giornale d'Italia ». >OMA — Palazzo Sciarra — ROMA R

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