LA CUCINA ITALIANA 1933

___—, — ' F "..isSBBPKSBSrrriV • ' 'Mangiar meglio, ALIAIS ; h i F e r r u c c io SIENA G I O R NE A L D I GASTRONOMIA PER LE FAMIGLIE E PER I BUONGUSTAI CUCINA CASALINGA ALTA CUCINA CUCINA CONVIVIALE . CUCINA FOLCLORISTA • CUCINA PER STOMACHI DEBOLI . CUCINA ALBERGHIERA . ARTE DELLA TAVOLA . RICETTARI N. 8 — ANNO V _ 15 AGOSTO 1932- ANNO Xl ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE TELEFONI: N. S2B41, 62043, 62043, 62044, 62045 — ROMA Palazzo Sciarra ROMA OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5,30 - ESTERO L. 10 - . TELEFONI: N. 62041, 62042, 62043, 62044, 62045 — INSERZIONI: L. 4 AL MILLIMETRO N. 8 — ANNO V — 15 AGOSTO 1933 ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE Le nmeile della " Cucina, Italiana 99 IMPROVVISATA Siamo venuti a sentire la Lucia. [Abbiamo voluto farvi un'improv- yisata. La villa d'un signore terriero, presso una cittaduzza del Ferra- rese. L'improvvisante è un indu- striale bolognese, uno di quegli italiani che fanno ancora volen- tieri un centinaio di chilometri in ferrovia o in automobile, per an- 'dare a sentire un tenore rinomato o una prima donna celebre. Que- sta volta, non si tratta che d'un baritono. Ma è un baritono del Teatro Reale dell'Opera: e non lo si sente tutti i giorni. E poi, per dirla tutta, l'improvvisante ha 'punto del padrou di casa e, forse, anche dell'industriale che trova semplicemente squisita la mensa del vecchio amico. L'industriale s'è già piacevolmente abituato al- l'idea di raggiunger le signore do- po il prim'atto. Quel pranzo tipicamente ferra- rese meriterebbe infatti che gli si sacrificasse qualsiasi gloria: quella persino d'un baritono del Teatro Reale dell'Opera. C'è veramente, in quei piatti della vecchia cucina paesana, una specie di regalità sta- gionai a^, sostenuta, non meno splen dida di alcun'altra. Ci si sente an- cora la corte magnifica degli E- Questa è u na macchina/. luna macchina nuova, superba, con cui si fa volentieri un' improwisa- ta ad un vecchio compagno d'uni- versità, diventato un po' orso con gli anni. — Un'ora e tre minuti, precisi. Si chiama filare, eh ! E ne abbiam perduti dieci al passaggio a livel- lo. Se no,- s'arrivava qui in meno di un'ora. Questa è una macchina. — Ma non ti vergogni? — re- plica il terriero ospitale. — Sei nonno ormai e vuoi fare ancora della velocità. Lasciala fare ai ra- gazzi/ vecchio matto. Un'altra vol- ata se ci metti meno di due ore, non ti ricevo. Avanti intanto-, un po' di rinfresco. Nel linguaggio del signore ter- riero,- un po' di rinfresco signifi- ca una merenda svariatissima, con un vago pretesto di tea: una me- renda classica,- italiana e ferrarese ad un tempo, che comprende ciam- bella di pampepato,- c i a l d e ripiene di persicata, riccioline all'olio, e certi panini croccanti e ancor caldi di forno, che portano ognuno un piccolo tesoro ascosto d'erbe aro- matiche, d'acciughe, di latticini. S'aggiunga a questo il caviale, che è di stagione, e le specialità me- rendesche per cui è insigne la cuo- ca della villa. Ne rammenteremo due: la marmellata di more e i marlitozz dorati, che sono i comu- ni maritozzi tagliati trasversalmen- te e lievemente tostati. La cuoca ferrarese ne fa così un toast deli- zioso, di cui non si troverebbe l'e- guale in alcun elegante tea room, Uè d'Europa nè d'America. Questo dorato e profumato co- smo s'allarga sempre più intorno alle tazzine del tea: e gli ospiti non ne vedon più la fine. Ad ogni minuto, circola una nuova sor- presa. — Com'è dunque questa Lucia? chiede finalmente, al vecchio amico terriero, l'industriale che si è rinfrancato. -—• E lo chiedi a me ! — replica il vecchio signore che ha gusti difficili in fatto di musica. — Io non vado più a teatro. La Lucia io l'ho sentita l'ultima volta v-en- t'anni fa, con la Pinbert: e non me la guasto. — Già: tu sei sempre stato un •wagneriano, fin dai tempi di Bo- logna. — Lo ero prima di nascere. La moglie e le figlie dell'indu- striale sono già visibilmente elet- trizzate dall'idea dello spettacolo, e lo stesso dicasi della moglie del terriero, che, dati i gusti del ma- rito, non può andare a teatro così sovente come vorrebbe. Tutti i tempi del pranzo sono dunque un po' accelerati, con segreto disap- stensi, in quella mensa patriarcale. Si comincia con un classico tro- ne g g i a le pasticcio di maccheroni: e poi arrivano piatti di pesce e di carne, apparecchiati con una lar- ghezza;'pittoresca che rammenta ancora le « Nozze di Cana » del Veronese e le stampe ferraresi dei « Banchetti » di Cristoforo di Mes- simburgo. Come divertimento e come ubi consistam ad un tempo, arriva ad un cerio punto la celebrata sapo- rosissima « salama da sugo ». Pre- occuparsi accora per un baritono della Lucia, innanzi a tanta molle e profumata magnificenza? L'in- dustriale è ormai, come il terriero, deciso a non accelerare alcun tem- po, e rassegnato a raggiunger le signore alla fine del second'atto, se occorra. Ma le signore han tagliato corto e vanno già al teatro, già rinun- ciando al caffè. — Io resto qui a far due chiac- chiere col mio vecchio Menghin —- spiega l'industriale. — Non ci vediamo più da un anno e mezzo! ormai. Vi raggiungo al più p r e - | sto: dopo il primo o il secondo at- to; prima della fine, in ogni modo. — Grazie della premura ! E di- re che avevi tanta smania di sen- tire una buona Lucia! Benché già alle frutta, con la partenza delle signore, il pranzo prende finalmente il suo tempo normale: il suo « andante » tenero e grave. Ci sono ancora molte cose da dire e molte piccole e grandi cose da portare in tavola: frutta d'ogni specie, liquori. La serie dei liquori è aperta da un'anisetta d'Ascoli,; cwf segue un jj maraschino di Zara. L'industriale comincia a sentir nelle idee qual- cosa di caldo e d'aggressivo,- un bisogno d'espansione inconsueto. — Lo so^ Menghino; tu sei sem- pre stato molto difficile in fatto di musica: sei stato sempre un wagne- riano intransigente. Ma io, te lo devo dire, comincio ad avere il so- spetto che sia tutta una posa. Non te ne avere a male. Siamo amici da trentacinque anni oramai e pos- siamo cominciare a dirci qualche verità, alla buona. — Ed io, Pirùla, ho il sospetto che anche il tuo culto delle gran- di velocità sia una maschera che tuti metta per illuder te stesso. Tu, in fondo, sei rimasto lo stes- so sensitivo un po' ombroso che eri all'università. Ti ricordi come si faceva presto a farti prender cappello? Ti ricordi le scene che m'hai fatte per Albertina? A quel nome, l'industriale bal- za d'improvviso: — Come ! Lo sapevi già? — Che cosa? — Che Albertina è morta. Si- curo ! Una settimana fa, in quella campagna in cui viveva ritirata da qualche anno. — Morta Albertina ! — Sì, poveretta ! Io l 'ho sapu- to, per caso, l'altro ieri. E m'ha fatto impressione: non te lo na- scondo. Ti ricordi quant'era cari- na ! Quanto abbiam riso insieme: e quanto anche abbiam litigato ! — Quella sì che capiva la mu- sica ! E come cantava ! Te ne ri- cordi? Ti ricordi la gita a Pa- derno? — Come cantava ! Che voce ! I due amici tacciono per qualche istante. Una comune invisibile vo- ce ripassa d'improvviso per quei due spiriti, attraverso il mistero della notte e del tempo. E' la loro vera Lucia.- quella passante pel co- re e non pel teatro. Wmk't «sueste gi«a»Ie si stampa» Roma, 0 grande (mo- re dell'Italia ¿1 Mossoli»!, è tutta vn fremito di entusiasmo. Palpita»«» ad «gal finestra! i segni della, Patri» riimovellata: jireymiijpe da »gru becca, || grido di passione facojjtesiMI« S « 1* fha fe» rtempito il jnpjttdd di ammirali«»* e « k * stupore. fiwrt!.tl£ d«He donne ditali», delle madri italiane, là CUCINA ITALIANA TO Big unire sua voce a quella di tutto 3 popolo entusiasta, eh« saluta nelle aquile di Balbo l'espres- sSona più ardente e pia »ura delia ¡rioventù audace e forte, »ostr» spora«*» é »ostro orgoglio. i í w n w w ' i Fuori t barbari ! Confiture IV. Ment re ci riserviamo di pubbli- care qua l cuna delle più impor t anti missive che ci sono pervenute sul la nos t ra campagna di I t a l i ani tà per la eliminazione degli esotismi dal linguaggio gastronomico, chiudia- mo oggi la serie delle pun t a te che iniziammo nel numero di maggio su tale argomento. Entrecote I Toscani dicono costata eli bue o di manzo. I n f a t t i non è al t ro ohe quel pez- zo di carne di bue o di manzo t a - gliato f r a due costa. Molte volte si può usare benissi- mo la parola generica bistecca, anche, per £5j®if»car« la -r-pec'ilca entrecôte, Non è il caso di sca r t a re la parola bistecca, (sempre usa ta in Toscana s a Roma) per la pau ra di una l on t ana etimologia anglo-sassone (da beefsteak. che significa appun- to, fetta di carne di bue) Gibelotte Siccome si t r a t t a di pezzi di co- niglio f r i t ti nello s t rut to, poi b r u- ciati con fiamma d'acquavite, e fi- ni t i di cuocere nei vino bianco, si pot rebbe sostituir tale termine, con denominazione più lunga, ma chia- r a : fritto di coniglio all'acquavite, oppure fritto di coniglio al vino. Tournedos Eugenio Giovannetti « te no o birra Chi beve birra campa cent'anni Chi beve vino non muore mai, I produttori di vino (c'è da pen- sare che siano stati loro) sotto il cartello reclame delle stazioni fer- roviarie: « Chi beve birra campa cent'anni » fecero apporre un altro cartello: «.Chi beve il vino, non muore mai ». Ben detto. Tu misuri la vita, o birraio, coi fermenti del luppolo e Bacco, da dio vecchio, non dà misure perchè non vuole gretterie, non ama minuzie, non ammette orologio sul quadrante della vita... Hai detto cento anni, avaraccio e cjretto anche quando si tratta della vita... degli altri. Non ci sono limiti: sempre, per non morire mai più, per fare il brindisi alla bel- lezza fino all'eternità. A proposito: .come si fa a fare il brindisi colla birra? Carducci quando voleva inspirar- si beveva una bottiglia di quello generoso. E che versi allora! Non ho mai sentito dire che bevesse la birra, il Poeta. K neppur Dante, che esalta il vi- no come frutto utile e naturale della terra e che magnifica il calore del Sol che si f a vino giunto al l 'umor che dal la vite cola Anche Giusti, fu giusto: tre versi, un capolavoro, si mangia si beve e si sta allegri; ma ci vogliono « il fiasco paesano ed il galletto ». Niente birra. Ecco il miracolo: Gesti:, alle noz- ze di Cana convertì l'acqua in vi- no, non in birra. Torquato Tasso andava matto per i vini dolci e piccanti del suo paese; Il Redi ditirambeggiava col- la sua immortale esaltazione del vino, e Giuli, musicista di grande fama segnava in quest'ordine i suoi amori: prima di tutto amo il de- naro, poi il vino e poi la gloria; perchè con il denaro acquisto il vino, con il v". 3 m'ispiro e colle i- spirazioni raggiungo la gloria. Tutta una letteratura antica e moderna copiosamente parla della gloria del vino: Aristofane ed Al- ceo, secondo uno storico Ateniese scrìssero le lor 0 opere migliori quando erano pieni" di vino; So- crate ottenne la palma fra i be- vitori c Dionisio di Siracusa ri- mase quaranta giorni «fra il sa- piente delle vita oblio». La frasca è la più grande inse- gna, ed il birraio dovrebbe intende- re, quando conta gli anni per la di- sperazione del prossimo, che vita viene da vita, e che il vino è il me», gico elisir, il balsamico licore, il rubino più scintillante d'Italia, se è vino dA razza nobile e perciò in- citatore di ogni ardimento, conso- latore e ristoratore di spiriti ed animatore ad ogni opera buona. Sono le grosse scaloppe di filetto di bue (parte di mezzo) ar ros t i te; ot t ime — quand'è la stagione dei t a r t ufi — se coper te di essi, (o, faute de mieux), di fungh i. Possono benissimo essere chi a- ma t e in i tal iano medaglioni di fi- letto. Puree Alcuni autori l ' hanno i tal ianiz- zato in purè. Altri — e talvol ta noi stesso in questo stesso giornale — h a nno adot tato la p arolla purèa. Ma perchè non di re: passata di piselli, passata di spinaci, passata di. patate, dal momento che le « purées al tro non sono che ver- dure passate allo staccio? Anche per questo vocabolo p r en- diamo, dunque, lezione da Toscani e Romani. Ragout Carne a pezzetti, cot ta in umido con verdura per essere — general- men te — servi ta su pas te asciut te. I pur i s ti taducono con guazzetto: ci sembra ricercato e poco chiaro. Ecco un caso in cui sarebbe da pre- ferirsi, come dicono e scrivono i Napoletani: ragù. Per quanto nel lessico del Fan f ani ed Arila si fac- cia rispondere al vocabolo ragù la voce stufato, noi ci a t t en i amo a quanto sopra espresso. Non siamo d'accordo con le pre- det te autor i tà l inguist iche, il cui sentenziare è appoggiato e r ipe tuto dal l ' i l lustre Alfredo Papzini. Lo stufato è, invece, il rocchio di carne intero cot to in umido : pie- t anza e non condimento; t u t t ' a l t ra cosa, dunque, dai ragù. Gigot Si t raduce « cosciotto » poiché, i nf a t t i , con la parola f rancese — che negli alberghi sembra insost i- tuibile •— al tro non si vuole indi- care che coscia di montone, di a - gnello, di capriolo o di maiale. Sconsigliamo la volgare parola chiappa propos ta dal Fan f an i, e ci parrebbe f ar tor to alle nos t re l e t- trici se spendessimo una parola per invi tar le a non usare l ' ibrido voca- bolo gigotto. Il nos t ro vocabolario è cosi ricco che, men t re i f rancesi con la paro- la confiture abbracciano t u t te le var ietà del genere, noi ci possiamo perme t t ere il lusso di: conserva, marmellata, gelatina di fruita, a seconda dei casi. Non possiamo, anzi, tacere a questo r iguardo il nos t ro r amma- rico nel cons t a t are che una im- por t ant i ss ima Casa i tal iana, per « lanciare » il s u 0 ot t imo prodot to — spendendo qualche milione in pubbl ici tà — usi sempre la parola « confiture. » Non sarebbe ora di « p i an t a r la »? Brulé Nessuna delle t raduzioni propo- ste fin qui da i l lustri l e t t era ti ci sembra esat ta, e, sopa tut to, non tale da pene t r a re r ap i damen te nel- l 'uso comune. I l e t t era ti vanno sempre al la etimologia, e siccome la parola brulé deriva dal f rancese buciare, t a l uno si è permesso di t r adu r re con vino bruciato (orro- re! ). Altri, poi, che hanno voluto prenderne il senso, hanno t r ado t- to vino cotto, vino caldo, vino bol- lente. No, si dice: vino bollito„ Glacé Cambiare t raduzione secondo ì casi. Se si par la di mar roni, usare la parola canditi; se del manzo in gelatina, definirlo appun to cosi. I n a l t ri casi, poi, (per esempio, vitello glacé) può essere t r ado t to glassato, poiché la parola glassa è pe r f e t t amen te i tal iana, cont rar ia- men te a quan to comunemente si crede. • • » Per gli albergator i, i capicuochi, i camer ieri che devono pr epa r a re le liste dei past i, mol to al t ro res t e- rebbe da dire, o meglio, da t r a du r - re! Ad sempio, la nomenc l a t ura dei pesci (basti ci tare l ' eterno «loup de mei- » che si os t inano a non voler (o non saper?) ch i ama- re branzino. Ma ad essi dedicheremo presto un apposi to vocabolariet to tascabi- le. men t re queste note sono dedi- cate al la Massaia Moderna, cioè alla signora .che pr epa ra personal- mente le l iste conviviali, che dà gli ordini di ret ti ai cuoco o al la cuctaiera, che — viaggiando — deve i n t r a t t ene r si coi Di ret tori e camer ieri d'albergo o di r i s torante sulla « car ta» del giorno. Quanto sa rà ca r i na la mia «In- t ima amica sconosciuta E ' pacifico,- ormai,- che l'arte- riosclerosi è assai spesso cagiona- ta, ma sempre influenzata,- della auto intossicazione intestinale; più facilmente riscontrabile nei forti mangiatori e nei ghiottoni. Al Metchnikofì spetta il merito di a- ver chiarita completamente tale questione di patogenesi. In una serie di ricerche e di esperienze praticate all'Istituto Pasteur da lui e dai suoi allievi egli ha addi- mostrato che la sclerosi delle arte- rie e di differenti importantissimi organi quali il fegato, il rene, il cervello, è conseguenza del rassor- bimento nel crasso intestino dei prodotti tossici della putrefazione £;azotica. La intossicazione di cui sopra è parola dipende molto dal- la alimentazione prevalentemente carnea e la prova apodittica di ciò ci viene offerta dal fatto che il re- gime carneo ingenera l'aumento della pressione del sangue; ovve- rosia lo inizio della sclerosi car- dio-vascolare. Il prof. Wertz di Stuttgart ha fatto eseguire delle osservazioni a tal riguardo su centodieci frati ap- partenenti agli ordini che vietano l'uso della carne e su centoquindi- ci frati appartenenti agli ordini che permettono un tal uso ed ha potuto stabilire che i, primi non solo misuravano una pressione ar- teriosa assai più bassa, ma rag- giungevano inoltre, una età più a- vanzata. Esposto, intanto, così in succin- to, la causa precipua che determi- na ¡'arteriosclerosi, dobbiamo di- re che i limiti della terapia farma- cologica relativamente alla sclero- si delle arterie sono piuttosto mo- desti. Lo stesso joduro,- una volta tanto prescritto, non ha arrestato mai la temibile infermità ed an- che Rucliard che lo aveva preco- nizzato,. ha finito per riconoscere il suo errore. Stando, anzi, alle e- sperienze ben conosciute di Feis- sier, Thevenot, Iosuè sugli ani- mali bisogna convenire die lo jo- duro non soltanto non fra azione sull'arteriosclerosi ma, al contra- rio, è capace di provocarla. La terapia, quindi, delle sclero- si delle arterie è precipuamente occupata dal trattamento igienico dietetico. Ed allora in qual modo possiamo tenere lontana da noi la triste infermità? 1) Procurando,- anzitutto, che il nostro sangue non abbia pres- sione, viscosità, coagulabilità, su- periori alle normali; 2) Procurando, inoltre, che il nostro crasso intestino si manten- ga ognora pulito. 3) Conservando in fine, la perfetta inegrità funzionale del fe- gato; che tra le molteplici funzio- ni alle quali esso presiede,- esiste quella di neutralizzare le tossine intestinali. Queste tre importantissime fina- lità vengono perfettamente rag- giunte dalla cura con le uve. E' stato osservato nella assolu- ta maggioranza degli arterioscle- rosi un aumento costante della coagulabilità del sangue e della sua viscosità. L'aumento della viscosità porta all'aumento delle resistenze di attrito opposte dai vasi (e spe- cialmente dalle arterie) alla cor- rente sanguigna: resistenze di at- » se si fin- gerà ignorante e avrà l ' ar ia di non , -, , , , , capi re ogni parola s t rani era! Per Ì r l t o c h ®' P a r a n d o , producono esempio: «Homar che vuol di re? Poularde che cosa è? E la sauce aux tomates? Vorrebbe spiegarmi m i tal iano?». Io mi permisi anni f a il lusso di questo diver t imento con la mia sar tor ia. Telefonavo: — Chi pa r l a? Mi sent ii r i spondere: — Maison tal dei tal i. Io: — Avete preso un socio — Come? — Eh, sento che è cambi a ta la ragion sociale... — Ma che dice, signora Notari? — Non mi avete nomina to un certo signor Maison oltre il vostro nome? Un simile a t t eggi amento può es- sere assunto oggi da ogni signora, dal la mia cara «Massaia Moder- na », verso le varie mar s ine di ri- s toranti e alberghi. Cosi, almeno, in tali circostanze, verrà s impa t i camente r icordato da t u t te voi, duecentomi la lettrici, auesto gionale che vi è dedicato e forse anche... (o è illusione?) la Vostra aff .ma DELIA le caratteristiche lesioni arterio- sclerotiche: perchè facilitano il de- posito sulle pareti delle arterie dei prodotti tossici contenuti nel san- gue) . A delucidazione di un tal fenomeno potrebbe invocarsi la legge fisica secondo la quale l'ac- qua, scorrendo in tubature, depo- sita nelle pareti di queste il sale di calce che tiene in soluzione. E ciò tanto più in quanto l'attrito è maggiore. Di guisa che, tornando al nostro argomento, diciamo che tutti quei fattori che portano ad una diminuzione della pressione e della viscosità del sangue e della sua coagulabilità, debbono servire come di guida nella profilassi e nella .terapia dell'arteriosclerosi. Ora i sali di potassio che l'uva contiene e che nel sangue si tra- sformano in carbonati di potassio, servono benissimo non solo a sa- turare e a sciogliere l'acido urico che circola nel nostro sangue, ma ben pure ad abbassare la pressio- ne del sangue medesimo e a ren- derlo meno vischioso e meno coa- gulabile. Al tro benefizio derivante dal li cura con le uve consiste nella sop- pressione degl'inconvenienti pa- tologici dell'intestino crasso. L'u- va attiva il transito e la espulsio- ne del bolo fecale, prima che là fermentazione putrida abbia potu- to apparirvi. Nella libertà dell'ini testino è la salvezza dell'arterie-, sclerosi. La putrefazione non a- vendo più ormai materia per svi- lupparsi, si estingue come si e- stingue un incendio per mancan- za di materiale combustibile, in virtù dell'antico adagio popolare «ove nulla c'è, anche il diavolo perde i suoi diritti ».. La toletta i-' gienica dell'intestino crasso, che avverasi in virtù dell'uva, è più' razionale e più utile ancora del lavaggio della bocca, del viso, del-, le mani; perchè l'arteriosclerosi è,- come abbiamo visto, il principale risultato dell'auto intossicazione intestinale. E ' stato ben detto,- quindi, che la vecchiaia è funzio- ne di un intestino sprovvisto di fermentazioni putride e che vi- vremmo con arterie elastiche se a- vessimo un intestino più pulito. _ L'uva, però, allo scopo terapeu- tico di cui avanti è parola, va coni sumata,^ salvo casi eccezionalissi-s mi, unitamente alla sua buccia; checché possa pensare su ciò l ' ili lustre prof. Carlo Foà di Milano., Il quale, come si sa, è un inse- gnante di alti meriti, ma potreb- be, ciò non per tanto, esser talvol- ta vittima anche lui di fissazioni,; di ossessioni opposte a quelle che credo di riscontrare negli altri,- Del resto nello scritto apparsoj qualche tempo fa,- ne « La Cuci- na Italiana » il prof. Foà dice che molta frutta non si usa sbucciarla come: le ciliege, le susine, le albi- cocche, ecc. Non ci dice poi il fi- siologo anzidetto quanti casi di. enterite emorragica abbia provo- cato l'ingestione integrale della' frutta avanti specificata. Cita ufi solo caso, quello del prof. Guare- schi,- facendoci conoscere, però che costui nulla dei residui vege- tali ha escluso. dalla sua alimene fazione ed ha ingerito non solo le bucce propriamente dette,- ma ben' pure le scorze ed i baccelli: ovve- rosia il guscio di alcuni legumi come le fave e i piselli: gusci che,; in fatto di lignina e di cellulosajj non vanno,- certamente,- paragona ti con la tenue buccia dell'uva* Molto probabilmente il prof. Guai reschi, il poco fortunato esperi» mentatore — lodevole, del resto,] dal punto di vista patriottico — as vrà ingerito integralmente,- ber» 1 pure le patate. (Non parlo di a-, ranci o di mandarini). Ed è noto che la scorza delle patate contiene assai spesso,- anche con una ger« minazione in miniatura,- la solanis na: alcaloide molto tossico. E la' sintomatologia dell 'avvelenamene to con patate,- dà precisamente la' gastro-enterite, spesso emorragica < _ Comunque: l'alimentazione scov riacea come principio terapeutica si è o?gi affermata senza che sia- no apparsi gli inconvenienti tan- to temuti. Non dobbiamo, quindi^ condannare all'ostracismo la inno- cente cellulosa dell'uva, che rie- sce tanto utile anche nel promuo- vere la circolazione intestinale^ Del resto è risaputo che nei labo- ratori di fisiologia,- soglionsi ag- giungere, alle razioni assegnate ai topi sottoposti a diverse esperien- ze dietetiche, pezzi di carta per e* vitare la occlusione intestinale. Dott. Antonino Vasta J IL PIÙ' GRANDE, IL PIÙ- MO- DERNO, IL PIÙ' VIVACE SETTI- MANALE DI ATTUALITA' E DI LETTERATURA pubblica in ogni numero j reso- conti dei viaggi nel mondo dei suoi reporters più avventurosi: e racconti e novelle e fotografie e articoli di Meda e disegni di ele- ganze femminili. Rubriche specia- li, di corrispondenza coi lettori in- torno alla scienza grafologica, all'igiene, ecc; concorsi di enigmi- stica, articoli di volgarizzazione scientific.a rendono sempre più va- rio e interessante Giorenal daell Domaenic il cui abbonamento da OGGI ai 31 dicembre 1933, costa L. 7 CHIEDETELO IN TUTTE LE EDICOLE Per abbonamenti rivolgersi al « Giornale d'Italia ». ROMA — Palazzo Sciarra — ROMA Abbonament o ' . ,.L Ai, j v.a .aâî..^. . t.,.»,..........ï ,, per un an,no al ./• . ËÊÈœi .»i î . mm

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