LA CUCINA ITALIANA 1933

Hh ^ z i m OTTO G Ü A R I vino Se ti dicono che la sogliola muo • re nel burro, torci ¡a bocca. La famosa sogliola sante è una invenzione dei cuochi dì cartello, nessuno del quali è degno di am- mannite per il t " o palato un piat- to di pesce. Friggi la sogliola coll'olio d'oli- va purissimo, infarinandola appe- na, e levala dalla padella Quando la vedi tutta d'oro, come il vino col quale dovrai innaffiarla. Il burro ti dà una cosa bianca, molle, senza profumo. Non dico che una sogliola cuci- nata alla maniera dei grandi cuo- chi non si possa mangiare; nego che il burro la ingentilisca. E a f - fermo che ne altera il sapore e il profumo che viene dalle profondi tà marine Rammenta che sui pesce non puoi bere che vino bianco, asciut- to, un po' asprigno. Scegli; lo tro- vi nei castelli romani e in Pie- monte, nella Marca, giù per io stivale e i n tutte i € isole, grandi e piccole; dal Frascati al vino di Grottaferrata, da certa vernac- cia che devi bere con giudizio al vermentino della Gallura, dal Ca- pii al vino delie cinque terre dal- l 'albana al verdino. Che se io mi ricordo della mia nascita, quando mi capiti di man- giare una triglia di scoglio sulla gratella, un dentice del Tirreno, un « c a c c i u c c o» come te lo fanno 1 marinari del mio paese, bevo il vino della mia isola preferendo allo chablis quello usuale che 3 nostri contadini spremono dai bei grappoli della nostra uva piena di sole, senza dargli governo. Senti che il sapore e n profumo di Quel vino si fondono con le fragranze del mare. Se a un pescatore del mio pae- se, che ha mangiato due zerri sul- la brace, offri un bicchiere di vi- no nero, ti domanda per chi lo hai preso e ricusa. E s e gli fai sce- gliere tra lo chablis e il vino co- mune, preferisce Quest'ultimo per ragioni che chiamerei d'impasto, Il vino bianco dell'Elba ha il c o - lore dell 'oro che gli dà il sole, e un gusto di un'asprezza matura, saporosa e odorosa, che devono dargli la natura ferrigna del suo- lo e i venti di tramontana che ir- rorano l'uva di salsedine. Non parlarmi del vino del Re- no: lo so, lo conosco. Lo han ser- vito anche a me, qualche volta, nei pranzi, dopo una sogliola al mar- sala o al « e r e z» che gridava vendetta. E' un vino delizioso e accreditato, d'accordo. Ma per il pesce, cucinato al mo- do dei marinai, ch'è il solo possi- bile, — fritto in padella, che qual- cuno, sciagurato, te lo frigge nel forno con un pauroso sovverti- mento di tutti i sensi; arrostito sulla gratella col carbone dolce; cotto lentamente in una salsa che deve spandere odor di mare; in bianco, condito con sale, pepe, olio e limone — innocente frugalità di tut ti ghiottoni _ rosolato nel- l'olio come fai col tonno, che puoi festonare di rosmarino perchè più forte si sprigioni quel sapor di sel- vatico di certa cacciagione, se ca- piti nelle mani di una nostra massaia con molte stratificazio- ni di civiltà nel cervello, ij vino bianco che bevi ha da essere tutto sapore come i nostri. Forse sul tonno, per quel suo odor di selva di cui parlavo, un bicchiere di vino nero lo puoi be- re. Asiutto. Ma dev'essere come quel sangiovese di Romagna che trovi in talune zone dell'isola, vecchio almeno di un paio d'an- ni, scoglio di colore come certa bordò che non gli fa paura. VK CÜÜÍNA ITALIANA 1 E' questa una delle poche ecce- zioni. un 'altra, te la consente la morena quando è grassa, se la fai arrosto, che sale anch'essa dal profondo e t'empie la casa d ' o- dori. Anche qui devi ricorrere ai san- giovese. Il vino nero comune non ha lo stesso delicato sapore dei sangiovese; ma in quel campio- nario di metalli e di vini che è l'Isola d'Elba, trovi anche il vino nero comune asciutto per af foga- re un po' meno degnamente, ma sempre con un certo decoro, la morena che hai fatto arrostire. _ E' curiosq: l'eco della festa del- l'uva che ha avuto quest'anno, al- l'Elba, una sua gioiosa originalità. doveVa darmi lo spunto per un articolo sui vini di cui l'isola è ricca, e ho parlato invece di cuci- na. Ma è questa forse la riprova che se pensi a quei vini vedi ap- parecchiare la tavola per auei mangiari. Tronchi qui l'articolo? Perchè se ti metti a discorrere dei vini che ti danno i vigneti del l'Elba, e li analizzi, sia pure gros- so modo, da ctuei «biancone» che centellinavi prima al sangiovese, dai malaga alla salamanna all'a- leatico e via dicendo, corri il pe- ricolo di scrivere un'articolessa e di far la grida a un prodotto che deve ancora affermarsi sui mer- cati. Ho già detto che l'Elba è un meraviglioso campionario di vini, ma la verità è che non ha ancora un suo tipo, i viticoltori elbani son gelosi delle proprie botti © si guardano bene dal fare l'industria, Succede nell'isola quel che av- viene in molte, altre zone vinico- le d'Italia, in cui trovi decine di Qualità di vini rappresentate dal- le poche centinaia di litri che i proprietari producono per le loro cantine. Ecco un argomento interessan- te che meriterebbe d'esser trat- tato. \ Giacomo Pavoni ¡Érate roí Riceviamo e pubblichiamo: Spett. « Cucina Italiana », Il Times dedica un suo articolo di fondo al « Romano's Restaurant » di Londra e tesse l'elogio del suo fon- datore Alfonso Nicolino Romano. Lo spunto per far ciò è offerto al gior- nale dalla messa in vendita del fa- moso Ristorante, che fu. un tempo il preferito ritrovo del mondo artistico, letterario e politico della capitale in- glese. Credo sarebbe opportuno che an- che in questo giornale fosse ricorda- to uno dei tanti italiani che all'e- stero hanno onorato con l'opera e con l'intelligenza il lavoro italiano. Alfonso Nicolino Romano fu uno j dei migliori fra i pionieri che <j LOTI- j dra crearono quei ristoranti e alber-1 vhi italiani tuttora così rinomati nel- | la capitale inglese. Fu nel 1S74, che Nicolino Romano, ' allora « maitre d'hotel » (come dire u in italiano?...) al « Café Royal », com- * prò un piccalo «Fried flsh shop», unai friggitoria di pesce, e la trasformò in Ristorante all'italiana. Presto diven-< tò popolarissimo ed era frequentatisi Simo dalla «bohème » di quel tempo. « The Romano », com'era chiamato,., diventò la meta di tutti coloro che- volevano mangiar bene all'italiana. Romàno, còl suo buon senso, con la sua modestia e con la sua cordia- lità, seppe farsi amico dei clienti, fra i quali erano da contarsi le persona- lità più in vista del' mondo letterari» e politico inglese. Molti scrissero di lui e con molta simpatia. Morì nel 1901 e, come ricorda giustamente ti Times, mentre avrebbe potuto essere ricchissimo, lasciò, invece una fortuna composta in maggioranza di conti non pagatigli... e di « cheav.es s> non « onorati ». come dissi prima, eoli fu uno dpi pionieri. Altri seguirono e furono fa- mosi il « G-atti's Restauranti), l'« Al- bergo Italia », il «Firenze »... e 'il « Pali Malli) di Banani e Degiuli e tanti altri che auì non è possibile ricor- dare- Gl'inglesi impararono aa apprezza, re la cucina italiana in questi risto- ranti e prese grande sviluppo l'indu- stria dei generi alimentari Italiani. Si deve al pionieri sopra-ricordati se le paste, i formaggi, le salse di po- modoro, gli oli e i vini italiani prese- ro la via di Londra e diedero così vita allo sviXuppatissimo commercio di questi generi. Ma essi fecero anche di più: fece- ro amare l'Italia e gli italiani. E' do- veroso render loro omaggio. Il lavoro italiano alVestero ha sem- pre onorato l'Italia in tutti i campi e non meno nel campo dell'industria alberghiera e di Ristoranti. E' bene ricordarlo. Con ossequi PAOLO CONTARIN1 Grand Hótel Regina - 'Milano.

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