LA CUCINA ITALIANA 1933
CINA ' M a n g i a r meg' • n Amr ^ 1 / 1 2 / 3 4 FERRUCCIO SIENA 59 G I ORNALE DI GASTRONOMIA PER LE FAMIGLIE E PER I BUONGUSTAI CUCINA CASALINGA - ALTA CUCINA . CUCINA CONVIVIALE • CUCINA FOLCLORISTA • CUCINA PER STOMACHI DEBOLI . CUCINA ALBERGHIERA . ARTE DELLA TAVOLA . RICETTARI N 11 — ANNO V — 15 NOVEMBRE 1933 — ANNO XII ESCE tL QUINDICI DI OGNI MESE TELEFONI: N. 62041, 62042, 62043, 62044, 62045 — ROMA Palazzo Sclarea ROMA _ TELEFONI: N. 62041. 62042, 62043, 62044, 62045 _ N. 11 OGNI NUMERO CENT. 50 — ABBONAMENTO ANNUO L. 5,30 . ESTERO L. 10 — INSERZIONI: L. 4 AL MILLIMETRO ANNO V — 15 NOVEMBRE 1C : _ ANNO X « ESCE IL QUINDICI DI OGNI MESE VECCHIA CUCINA ITALIANA AirOsteria die trenta € Fermatevi pure alla prima oste- ria, quando sia graziosa l'ostessa e buono il vino. Usciti da Porta Cavalleggeri, per la salita che fian- cheggia le mura di Urbano V i l i , a mano destra, troverete subito quello che vi conviene. Fra il ver- de chiaro dei bambù,- v'aspetta l'osteria del Padroncino, riposo dei yetturini, paradiso dei cavalli. Qui, annidati tra la grande ombra del cupolone e le mura serene di Papa Barberini, scoprirete uno dei più delicati segreti della vita romana. Intanto, chi non è un pivello, qui, appena entrato, s'accorge su- bito d'essere in un'osteria ricca e stupendamente ordinata. Accanto al solito pecorino, qui si vede il parmigiano in certe forme che paiono macine: se è di quello con la lacrima, c ' è materia al Padron- cino per cento tragedie. Una tren- tina di cavalli nella stalla, altret- tante carrozze nella rimessa, più due o tre camions, ottimo vino in cantina,- magazzini di biada,- can- dida biancheria nelle credenze, sto- viglie forbite, fruttiere ricolme, carne freschissima nella dispensa e verdure a bizzeffe, ovunque un buon odore di casalinga agiatezza ben disposta verso gli uomini Verso gli animali: che volete di più da un Padroncino? Aggiungete che vi servono a tavola le pro- prietarie stesse di tutto questo ben di Dio, le quattro figlie dell'oste, degnissime di diventar tutt'e quat- tro regine come le figlie di Rai- mondo Berlingeri. Mentre pranzate, colombi grigi fe bianchi passeggiano tronfi per ;l'alberato cortile e, se vi si avvici- nano per aver qualche mollica, par che lo facciano giusto per farvi piacere. Pare che essi trovino mol- to più decoroso l'andare attorno al cavallone baio, che un giovane fi- glio dell'oste s'accinge ad attacca- re al biroccino. Il giovanotto com- pie il suo lavoro con sì baldanzosa destrezza ed è sì bene inquadrato 'dalla verdeggiante opulenza della paterna osteria, che, guardandolo, si ricorda l'idillio celebre che ha per scenario principale una fi'oren- tissima osteria e si pensa: et ecco Ermanno pronto ad àndare dalla sua Dorotea ». Fra tanta patriarcale grazia, bi- sogna ordinare qualche piattuccio saporito,- degno di noi e della no- t segreto del luogo. « Trenta vettu- rini — mormora il lettore — come eroi d'una storia, mi paiono un po' troppi e volgarucci anzicheno ». Ma rammenta, caro lettore, che di qui partono ogni mattina e che qui ritornano ogni sera, salvo inciden- ti, trenta carrozze da nolo, e che questi trenta poveri diavoli di vet- turini, per necessità di cose, sono i clienti più fedeli del Padroncino e anche i più pittoreschi. Quanto al « volgarucci », pensa che qual- cuno di questi trenta vetturini, che se ne vanno su e giù per Roma tut- Padroncino ha ora la sua clientela più vivace. Questi poveri diavoli, assai migliori della loro fama, scesi di cassetta e snodate un po' le giun ture, ridono come tutti gli altri uomini e non bestemmiano più di certi borghesi o gentiluomini. Uno di codesti fiaccherai, un vecchiot- to dalla faccia rubizza, balla in mezzo al cortile, scimmiottando qualcuno che ha visto ballare al Tabarin. Il vecchiotto ha indosso un cappotto rivoltato, di quelli senza fodera, dal risvolto scozzese. Quegli strani colori gli si animano to il santo giorno, può avere avu- to l 'onore di accoglierti nella sua carrozza e di portarti ad un con- vegno d'amore. Certo è che qui, nell'opulenta osteria, si pensa ut- to il giorno a codesti poveri fiac- cherai e ancor più alle povere tren- ta bestie affidate alle loro mani e trotterellanti da mane a sera sui selciati dell'urbe. Qui il cliente bi- pede deve accorgersi alla fine che, mentre si sta preparando con molta cura il suo pranzo, con altrettanta cura si sta preparando il pranzo di trenta clienti quadrupedi, che se lo stan guadagnando a forza di garet- ti. L 'originalità del luogo const- e r à vecchia Italia. Per conto no- stro, dopo i maccaroncini e^d un'o- dorosa cacciatora d'abbacchio, di siamo orientati spiritualmente ver- so la coratella. Piatto forte delle o - sterie marchigiane, umile gloria della nostra vecchia cucina paesa- na. la coratella ci riconduce ai na- jtivi colli della Marca, all'appetito della gioventù. Antologia caserec- cia che ci fa sentire il tenero della 'treccia, l 'amarognolo del fegato e il dolciastro del polmone, la cora- tella si prepara li per li, e quando ci s'è spremuto un po' di limone per ammazzare il grasso, ci viene fra i denti calda calda. Perdonami la vanità, o benigno lettore, ma, innanzi a così odoroso piatto, of- fertomi da due mani bianche pres- so le mura solatie di Urbano V i l i , 10 mi son sentito, ad un tempo, marchigiano e romano e italiano. E oso credere che neppure i grandi cardinali diplomatici che il mio paese ha sempre dati alla Chiesa, sdegnerebbero un piattuccio così saporoso. Forse anche il più illu- stre fra i miei compaesani, l 'emi- nentissimo cardinale Gasparri, se 11 suo principesco decoro gli avesse permesso di fermarsi per una mez- z'ora al Padroncino, avrebbe a- ftiato ritrovare, in una coratellina ben cucinata, il buon odore casa- lingo della Marca lontana. Vanità delle nostre vanità ! Co- si fantasticando, abbiam dimenti- cati i nostri trenta vetturini e il ste appunto nei sacchetti della bia- da, che, in attesa del ritorno sera- le, delle bestie, son preparati a po- chi passi da te, con la stessa agile cura con cui si prepara la tua cora- tella. Codesti sacchetti, veramente uguali per tutti i cavalli, li vedi un po' dappertutto nell'osteria del Pa- droncino e ti dànno una più con- fortevole idea dell'umana giustizia. Pensi forse che, per isbaglio, in- vece del tuo piatto, potrebbe esser- ti portato uno dei sacchetti? Que- sta confusione, a quel che pare, non è ancor mai avvenuta. Un quadrupede che risalga alla sera l'erta del Padroncino, dopo quattordici ore di trotto per le vie di Roma, non è più confondibile con un'altra creatura viva. Con- tro la cupola di San Pietro, il po- vero cavallo rampante si profila in quell'ora come un nero impasto di issa e di dolore. E' sola una spe- cie di allucinata speranza _ quella che gli fa muovere gli ultimi passi. Qualche bagliore fuggitivo, scivo- lando sul suo occhio opaco, gli ha detto che il paradiso sta per ritor- nare. La bestia sfinita non s accor- ge più di muoversi: le pare che un sacchetto odoroso le venga incon- tro, traendo seco la freschezza om- brosa della lettiera. Sapore, odore, colore, si confondono in un'unica delizia bruna, senza fine. Ecco intanto i vetturini, che, re- golati i conti, bevono la solita « fo- jetta » prima di tornare a casa. Il sul dorso, mentre balla alla lucè delle lampade, e fan pensare ad un gigantesco iridescente coleottero. La serata dei cavalli è ben più misteriosa. Qui sta appunto, o mangiatori raffinati, il segreto che volevamo rivelarvi. I cavalli, quan- do restano soli nell'ombra della stalla, piangono. Sant'Antonio dal- la barba bianca, scende allora giù per la pendice del Gianicolo ed en- tra inosservato al Padroncino. Af - facciandosi ad una finestrella della stalla, che guarda sul cupolone, il buon Santo chiama San Pietro e "-li chiede: « quando i tuoi vetturini fi- ranno di straziare le mie bestie? ». Dalla profondità del sepolcro, at- traverso il colonnato, la voce di S. Pietro risponde: «non finiranno mai, non finiranno mai ! Ma dam- mi i tuoi trenta cavalli del Pa- droncino: anche questa notte, li farò dormire con me in paradiso». E, avvolti nell'ombra del cupolo- ne come in un sacro mantello, i trenta cavalli del Padroncino ve- dono, ogni notte, un verde im- menso paradiso, tutto fiorito di sacchetti di biada. Eugenio Giovannetti La tavola allegra Due fratelli pranzavano in una trattoria di Firenze. — Filippo — disse il maggiore — non ti pare che vi sia dell'acqua m questo vino? Mi pare invece — rispose l'al- tro — che vi sia del vino in questa acqua * * » — S e ve ne ha per sei, ve ne ha abbastanza per sette — diceva uno scroccone presentandosi all'improvvi- so ad una brigata d'amici nell'ora Ael pranzo. — Senza dubbio — rispondeva il padrone di cas a — se parlate delle lampade che devono far luce. * * * Venivano lodate assai certe focaccie d{un fornaio. Un signore, alquanto ghiotto, ebbe desiderio di provarle e mando il suo servitore ad acquistar- ne, dicendogli: — Eccoti mezza lira; comprami di quelle focaccie da cinque soldi dal fornaio qui vicino, e prendine una anche per te cogli altri cinque soldi. Il buon servo andò e tosto fu di ri- torno con la bocca piena mastican- do; e, rendendo i cinque soldi al pa- drone, gli disse: — Non ne aveva che una soltanto; ecco il resto per la vostra. * * * Un domestico fece cadere inavvedu- tamente una zuppiera colma che do- veva servir« 1 alla mensa. Il padrone adirato proruppe; — Bestia ohe sei; quando devo mandare in cucina un asino, ci vado piuttosto da me. • * * Rossini aveva fatto un a scommessa e la posta concordata era un pollo d'India con tartufi. Il celebre Maestro vinse; e siccome l'avversario, noto avaro, non si risol- veva mai a pagare, gli disse: — Ebbene, amico, quando mange- remo il pollo d'India? — In questa stagiona non ono buo- ni i polli - rispose l'altro. — Eh! via; sono i tartufi che fau- ro correre questa voce — replicò Ros- sini ironicamente. UNA DOMANDA' « i ift i'lHl IHI "JQBRitfli'Wft'Wfl Hlilfc'l"'l "fflTWir*" alle NOSTRE LETTRICI Questo nostro giornale è dedicato a tutte le donne d'Italia, di ogni condizione e di ogni età. E' stato, nelle intenzioni della sua illustre fon- datrice, e noi vogliamo che sia, l'amico, il consi- gliere, la guida, della donna italiana. Ma perchè la CUCINA continui ad essere la lettura preferita e gradita di ogni massaia, oc- corre che anche nella veste, dStre che nel conte-, nuto, esso risponda in pieno ai desideri e al gusto delle nostre lettrici. Ora, da qualche tempo ci giunge, da parte di molte nostre abbonate, questa domanda: perchè non cambiate il formato della CUCINA ITALIA- NA, nel senso di trasformarlo in un fascicolo the abbia la metà delle dimensioni (tipo settimanali il- lustrati) e il doppio delle pagine? La cosa è divenuta troppo insistente perchè non dobbiamo preoccuparcene. Rivolgiamo dunque il problema alle nostre lettrici stesse. Chiediamo perciò alle nostre amiche vicine e lontane: 1 — se la loro preferenza va al formato at- tuale della CUCINA ITALIANA, così come si pre- senta, a tipo di grande giornale quotidiano, e quindi differenziato dalle altre pubblicazioni periodiche; oppure al formato ridotto, con un numero mag- giore di pagine; 2 — le ragioni che determinano questa prefe- renza, esposte molto chiaramente e molto detta- gliatamente. A cominciare dal prossimo numero, irrideremo la pubblicazione delle risposte che mano a mano ci perverranno, dando la precedenza a quelle che spie- gheranno con più fondatezza e più larghezza di ve- dute le ragioni del cambiamento desiderato. Sulla base di questo " referendum " sarà de- cìso quale formato dovremo dare a questo giornale, che dovrà tendere costantemente a migliorarsi ; ad essere sempre più vicino al gusto delle nostre gen- tili lettrici, a diventare il consigliere e l'amico indi- spensabile di ogni donna italiana. Ogni nostra lettrice — anche se non abbonata — può partecipare a questo nostro " referendum „: DEVE ANZI PARTECIPARVI, perchè noi confi- diamo che col nuovo anno non ci sarà più una donna — cosciente della sua missione — che non sia una nostra abbonata. I/abbonamento annuo alla CUCINA ITALIANA costa soltanto L. 530 A tutte le amiche gentili che ci procureranno almeno 5 nuovi abbonamenti, sarà inviato un pic- colo dono. Le richieste di numeri di saggio e i vaglia, dovranno essere inviati all'Amministrazione del GIORNALE D'ITALIA - Palazzo Sciarra - Roma. Ma si possono anche versare le L. 5,30 in qua- lunque ufficio postale del Regno, e Colonie, senza spesa, a beneficio del C. C. P. 1-2525, Roma. L'Amministrazione del GIORNALE D'ITALIA è a disposizione delle abbonate alla CUCINA ITALIANA che vogliano associarsi anche a qualcuna delle seguenti pubblicazioni: (Direttore S. E. Luigi Fe- derzoni, Presidente del Senato) ECONOMIA (Direttore S. E. Enzo Casalini) EL GIORNALE DELLA DOMENICA IL GIORNALE D'ITALIA AGRICOLO Speciali facilitazioni per abbonamenti cumulativi. Elogoi di alciim ciib Un'amica ti dice : « Devo la mia sa- lute al grande uso che ho fatto di limoni in quest'ultimo tempo, perchè, fra l'altro, mi hanno liberata dagli d- cidi urici. Segui il mio esempio». Un'altra ti narra: «Ho licenziata la cuoca, non soltanto perchè — figurati — metteva l'aglio in quasi ogni pie- tanza; ma, se non le preparavo io la lista, ci ammanniva ogni tanto i cibi più grossolani: dalle cipolle alle sal- siccie. I suoi precedenti padroni do- vevano essere gente ben ordinaria! » « Scusa cara, se in questa colazione non ti ho fatto servire il formaggio') — si giustifica una terza — «Da noi c'è una specie di giustificata idiosin- crasia per questo cibo pesante, che, fra l'altro, mi rovinava la pelle per i frequenti brufoli a cui dà luogo ». E, via di questo passo, potrei conti- nuare esemplificando per un. pezzo, poiché sono infiniti i casi, nei quali empiricamente si sdottoreggiano giu- dizi sulle proprietà alimentari di al- cuni cibi; e quasi sempre da signore affatto incompetenti in materia, le quali spesso — e questo è il grave — applicano un giusto principio a rove- scio, consigliando, per esempio, cibi a- cidi a chi invece di essere uricemico soffre di ipercloridria; suggerendo, putacaso, gli spinaci a una che pati- sce, anziché di stipsi e costipazione intestinale, di gotta o di artrite; rac- comandando cibi calcificanti . a chi magari abbia la tendenza alla arte- roscleròsi, o l'uva a chi ha la glico- suria o il diabete. Tu, cara « massaia modierna », devi, invece, non lasciarti influenzare dal- l'amica « je sais tout», nè ripetere a orecchio, consigli dati a vànvera su princìpi spesso mal compresi, quasi sempre mal assimilati, e, comunque, per casi diversi — magari opposti — a quelli per i quali furono uditi e ap- plicati. Ecco perchè io voglio metterti m grado, con !a scorta di quanto hanno scritto eminenti dottori, fisiologi, igie- nisti ecc., di saperti regolare da te in alcuni casi dei quali più frequente- mente si suol discorrere dall'amica sa- piente. E comincio oggi l'elogio di alcuni ci- bi d'attualità: Elogoi deall meal • La mela è tra 1 migliori alimenti del cervello. Essa contiene molto acido fosforico in forma facilmente digeribi- le, eccita l'azione del fegato, provoca •un sonno tranquillo, disinfetta la boc- ca, aiuta le secrezioni renali, impedi- sce la formazione dei calcoli, evita 'e indigestioni, ed è uno dei migliori pre- ventivi contro le malattie della gola. Inoltre, contenendo peptina in quan- tità, aglutina il soverchio succo ga- strico, combatte l'iperacidità. E' notoria a tutti l'efficacia delle mele cotte, specialmente se asperse di zucchero e cotte nel vino, come ricostituente e come lassativo. Final- mente dopo il limone e l'arancio, è il migliore antidoto contro la sete, e calma il desiderio dell'alcool. Un pro- verbio inglese dice: «una mela al giorno tiene lontano il medico, spe- cialmente se viene mangiata prima ci andare a letto». Gli svizzeri applicano scrupolosamente tale precetto. Gli a- mericani dicono: «Vi sentite mala- ticcio, di cattivo umore, stanco? Man- giate una mela». Le mele italiane sono tra le miglio- ri. Fra le nostrane quelle che ormai per volger di secoli hanno fama dii indiscussa bontà, tanto da fare dire al Goethe di «sospirar le mele, i fi- chi e l'uva italiana », sono le Lazzcruo- le, la Francesca e la Ruggine; e tra le mele invernali, che oggi per gusto, sapore, morbidezza e facile conserva- zione vengon ricercate, sono le Re- nette, come volgarmente le si chiama- no e delle quali si contano numerose varietà, fini, gustose, profumate a pol- pa bianca e dorata. Col succo delle mele si prepara nei paesi settentrionali un liquore fer- mentato, conosciuto sotto il nome di Sidro. La mela è stata sempre bene accet- » ta sopra ogni tavola, e specialmente * i Romani la tenevano in grande ono- re. Essi non finivano il loro pasto o sontuoso o frugale che fosse, senza la mela, ohe ritenevano nutriente e di- gestiva per eccellenza. Modesta e quasi umile, la mela po- trebbe invece darsi arie di grande im- portanza, in confronto delle sue roi- leghe e rivali: pesche, pere, aran- ce, ecc., perchè, se, quando è presen- tata a mensa essa ha meno appari- scenti attrattive di estetica e vipn considerata come frutto borghese, e viceversa quello che ha ima nobile e immortale tradizione: la sua storia è contemporanea alla storia del mon- do (frutto proibito) ; la C 'erra di Troia e relativi poemi non derivano dal pomo aggiudicato a Venere, che suscitò la discordia tra le Dee? E non v'è forse uno Stato moderno, che im- pema la storia della sua indipenden- za sulla mela (leggenda di Guglielmo Teli)? E finalmente non deve la scien-, za, alla caduta di una mela ai piedi di Newton, la grandiosa legge fisic» della gravitazione universale? Cara massaia moderna, mia Ìntima amica sconosciuta, io mi ti figuro un po' (capisci, veh!) come la mela! Un uomo di grande ingegno e di fine spirito, che non è più — l'on. Emilio Maraini — mentre assaporava a fin dì tavola un profumato spicchio di ranetta, osservò sorridendo: «La mela è la donna onesta delle frutta. La mela è in buona moglie»! Elogoi dle limoen La bontà terapeutica del limone 6 conosciuta al « Canone » opera classi- ca della medicina Araba. Il suo uso veniva raccomandato nell'ittero, nelle nausee, nella gravidanza e come po- tente cordiale. Questo agrume nel medio evo fu vantato come febbrifu- go, vermifugo, diuretico. Per le sinco- pi, da Simon Pacelli. Guy-Patin de- cano della facoltà di medicina fran- cese dichiarò che teneva più a un li- mone che a tutte le droghe cardiache della farmacopea. In tempi moderni fu usato il limo- ne e consigliato per i suoi risultati nel reumatismo articolare, nella lom- baggine ribelle, nella gotta, nella cal- colosi vescicale e come emostatico, nonché nelle afte, stomatiti ecc. • Il prof. Murri guari, con la cura semplice di limoni, in modo miracolo- so, un caso di scorbuto. Esperienze di Morel e Roschaix affermano il limone microbicida. Il sugo di limone è così acido e po- tente, che messo a contatto del mar- mo, lo corrode, perchè ne intacca i carbonati. Questo fatto ci spiega 11 meccanismo della sua utile applica- zione nel reumatismo, nella gotta, nell'arteriosclerosi. Il limone però per le sue stesse pre- rogative - - afferma il dott. Marco Sol- rani — è, a dosi alte e prolungate, formalmente controindicato in quegli stati di demineralizzazione, freddolo- sità, stanchezza, corrosione dello smal- to dei denti, diminuzione dei peso specifico del corpo, infezioni ed affe- zioni cutanee, mucose (eczema, angi- na) che costituiscono il terreno pre- paratorio dell'infezione tubercolare. Perciò il suo uso in grande quantità' va riservato per j casi di gotta, ardi- tismo, obesità, reumatismo, scorbuto e arteriosclerosi. La cura di limone va fatta pren- dendo in po' d'acqua edulcorata, e frazionatamente durante il giorno, a distanza dei pasti, il sugo di due li- moni per tre giorni consecutivi, au- mentando ogni tre giorni di un limo-' ne sino ~ ì arrivare, secondo tolleran- za individuale, sopratutto da parte dello stomaco, al massimo quotiuiano di sei limoni. Raggiunto tale massi- mo, ogni tre giorni si diminuirà di un limone la cura sino a ritornare alla quantità di due limoni, con cui la cu- ra si era iniziata. Questo periodo di cura dura un me- se e richiede l'impiego di 120 limoni,, va interrotta per almeno dieci giorni prima di passare, colle stesse modalità, ad un secondo successivo periodo di cura, la cui durata va lasciata al buon senso dell'individuo e subordinata alla e'ntità dei risultati ottenuti Elogoi dell'aogli e deall Si richiama l'attenzione, per l'elogio di questi due cibi, sull'articolo del dott Ceccherelli, nel numero di set- tembre, articolo intitolato; «Agli e Cipolle e le loro virtù ». Ci limitiamo arè aggiungere che l'a- glio ha potere disgrassante, e che tut-' te le brave cuciniere debbono ricor- darsi di mettere nel burro sempre uno spicchio di aglio schiacciato, appunto per rendere il burro meno grasso, che è quanto dire più digeribile. Non tutti digeriscono bene l'aglio; ma noi non diamo consiglio di mangiarlo, bensì ài servirsene come digrassante. Coloro poi a cui non riesce indigesto e non temano le conseguenze dell'acuto suo odore per l'alito, rammentino che non a torto l'aglio fu definito: «La spe- zìeria dei contadini ». Quanto alle cipolle siamo pienamen- te d'accordo col prof. Ceccherelli. Recentemente il Corriere della sera pubblicava una corrispondenza da Londra, intitolata: «La raffinatezza 'in decadenza — La cipolla e i buon-. gustai londinesi ». La riproduciamo: « Il principe di Galles arbitro e lan- ciatore di molte eleganze, ha dato vi- ta ad una nuova moda: quella di con- sumare cibi semplicissimi e di sapore forte nei locali di gran lusso: oggi co- me oggi il principe ha un vero culto per la polposa trippa e per le carnose e saporite cipolle. Naturalmente, ha fatto scuola. Molti piatti ritenuti tem- po addietro come « borghesi » quali, ad esempio, il prosciutto con le uova., Il fegato di maiale col prosciutto, sono nobilitati e formano la delizia di mol- ti tra i più nobili palati londinesi. Fra i buongustai hanno grande su> cesso gli antipasti caldi. L'uso delle ostriche sta popolare zandosi, ma quasi tutti le vogi'ono cotte ». E, poiché la corrispondenza del Cor- riere finisce col parlare delle ostriche, passeremo all'elogio di questo ali- mento: Elogoi deell ostriech Il pregiudizio che le ostriche sì de- vono mangiare nei mesi con l'r è (co- me ogni empirismo popolare^ basato su ragioni giuste. I mesi senza r quali sOno? Maggio, Giugno, Luglio, Agosto. L'estate! Quando cioè, per il caldo, so- no ancor più sconsigli abili i cibi che fanno pensare a forme tifoidi! Runa- re senza, r pure il gennaio; ma su ot- to mesi uno non conta Indipendentemente dall'ostrica, che è cibo per i ricchi, vanno appoggiati i molluschi in genere, perchè il Icro valore nutritivo, la loro ricchezza in vitamine, in sostanze inorganichii ec- tanti, il modico costo di alcuni di ta- si, danno loro una particolare imporr tanza nel problema dell'alimentazione del Paese. Epperò, diffondere il loro uso alimentare nelle numerose regio- ni Italiane, nelle quali essi sono c o » I
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