LA CUCINA ITALIANA 1934

12 LA CUCINA ITALIANA N. 4 •— 15 Aprile 1934-XII SS 53 4Ü Essere o non essere, ecco la questione Il vecchio aforisma shakesperiano si adatta mirabilmente all'annoso pro- blema della cucina italiana, la quale anche attraverso i suoi più tenaci so- stenitori, non ci appare, nella miglio- re delle ipotesi, più di una larva ini- ziale... di ciò che sarà la sua rinoman- za — che dico — la sua celebrità mon- diale! Senonchè ad ostacolare que- sto grandioso avvento si appongono gli stessi ostacoli che si pararono da- vanti alla cucina francese allorché fu iniziato il grande concepimento, felicemente realizzato, della sua in- vadenza e della sua supremazia nel- l'orbe. Frutto di una politica di Sta- to. secolare, avveduta, lungimirante che neppure il Grande Corso trascurò e ce ne rimase documento quando, rivolgendosi a Tyllerand scriveva: «Regolatevi, Eccellenza, come s'Io fos- si a Parigi e la Francia in pace; date pranzi e balli ; divertite la metropoli ». Questo lo Standard impresso alla na- zione e con volitivo ardimento affian- cato da colléghi che rispondono ai no- mi (cito a memoria) : di Lagipière, Carème. Oovffè Ftienne. Lacam. Re- culet, Gilbert. Hélouis, Dubois. Ber- nard fino ad Escoffìer e cosi. via. Agendo diversamente si assume l'a- spetto di sognatori in credito di chis- sà quale fama gastronomica sui mer- cati ove si negozia l'avvenire delle n'a- zioni intorno al.grande problema non solo della gastronomia, ma anche del- la più semplice alimentazione popo- lare. Pur riassumendolo, non si può ne- gare al nroblema della cucina un'este- sa significazione. Verissimo che la cu- cina fiorì sotto i Cesari e noi ricordia- mo fra gli altri Augusto, che fatto ch'amar» Galeno a Roma l'incaricò della riforma del vitto alle Legioni; la cuc'na fiorì e decadde col tramonta- re della potenza romana, sorretta an- cora per la eco della sua grandissima fama dalle tàccole Corti d'Italia e per ¡1 valore dei nostri artisti anche nel- le Corti d'Europa, rinfrescando poi gli allori nel periodo del Rinascimento eh» tiri*.« mise in valore ciò che vi era d'intellettualità e di fioritura civile. La cucina ossia la gastronomia è una ouestione di principio. Mecenati di quest'arte si ebHpro anche nei pon- tefici e fino all 'ho molte vivande e salse ne portarono il nome. Nè la mensa fu meno e giustificatamente il- lustrata dai Principi della Chiesa. Pio V ci mostra attraverso il suo cuo- co cop quali mezzi si allestissero le ci- barie in. camnagna, vulso: in nuerra jmerta. Queste preparazioni richiesero sforzi di vo'ontà e d'in.aTliirema non comuni anche, per l'uso dei rviù com- pliciti sistemi <ìi lavoro, tuttora se- guiti dalla tecnica, »fcwnn* vna'iifmf astrarre da cuei sottili sistemi che debbono suscitare sensazioni di uno schietto godimento pantagruelico. Ed ora auguriamoci, amici della cu- cina- che sulle vie elle menano ai trionfi della nuova Italia, saluberrima 0 riposante come in antico sorga una oasi d'illuminata prosa sotto 11 nome di « Ristoratrice Quirita », preludio di rinverditi primati. La cucina folclorista non deve vive- re qual'è, nè — tanto peggio — subire ie trasformazioni che inevitabilmente le verranno fatte da uomini imbevu- ti di forestierismo, sorretti da quanti si credono autorizzati a dettare la nuova legge solo perchè ebbero la ven- tura di sedersi talvolta intorno a dei tavoli d'albergo o di ristsratori stra- nieri. Uria riforma degli spiriti Quanti darebbero la loro approva- zione se in una minuta per Pranzo con inviti sì scrivessero, ad es. dei piatti di questo genere: «Pomodori della Torre alla Romana», «Mozzarelle di Sorren- to in carrozza », « Carciofi primaticci alla Romana», «Saltimbocca alla Raf- faello»? (potrei seguitare all'infinito). Nessuno! Nemmeno se si sapesse che queste vivande sarebbero trattate così: Pomodori della torre >• -• ' t alla romana Quattro pomodori a persona, media grossezza, non troppo maturi, lisci: la- varli; toglierne il picciolo ed aspor- tarne intorno un tondo del diam. da 4-5 cm. Vuotateli per intero e passate il succo insieme a lieve odore d'aglio lesso, unitevi prezzemolo trito, tartufo ñero a dadi 2 cucchiaini colmi di riso vialone e 2 di burro sciolto con poco olio fine, sale, pepe, dito di brodo ri- stretto; riempire i frutti, coprirli col loro disco. Coprire il fondo del tega- me con burro, fettine di prosciutto, adagiarvi i pomodori; cuocerli ag- giungendo il liquido in sopravanzo. Preparare una farcia così: pestate 200 gr. polpa di pollo o gallina giova- ne, 5o gr, di burro, sale, 2 chiare; pas- sare per staccio, incorporare un bic- chiere di panna. Usando del compasto foggiare dei tondi su teglia unta di 4-5 cm. di diám ; far rapprendere al- l'aria di forno. Sostituite con questi 1 dischi dei pomodori già cotti. Cuocete un fondo di sfoglia (vol-avr vent), spalmare l'interno col rima- nente della farcia di pollo, farvela rapprendere c. s. Impiaitamento: Prima, la cassetta dì pasta-sfoglia divisa in porzioni re- golari; dentro i pomodori col loro cannello di farcia; tenere in caldo. Preparate una semi-diaccja / demi- edace) con sugo ristretto dii vitello al- l'essenza di Lacryrna Chysti e burro fresco; irrorate abbondantemente il farinaceo ed inviatene una salsiera da servirsi insieme. Mozzarelle di Sorrento in carrozza A chi non piacciono!? Eppure non corrono miglior sorte dei «pomodori*. Ma occorre spiegare. La «carrozza» fu in antico la rap- presentazione medesima del lusso, per definizione, che trasportata in cucina (la definizione s'intende) dovè appa- rire il non plus ultra della bontà. A proposito; non vi siete sentiti rispon- dere in questi tempi, d'una cosa ben riuscita: «A burro e al ice!?». Nè il paradigma finisce qui. Di ufi pranzetto andato a meraviglia, una signorina compiacendosene rispondeva: « Un ve- ro Borsalino ! », Ma poiché andiamo cercando... fru- gate nella cucina inglese e troverete dizioni caratteristiche ed interessanti Passiamo ancora una volta alla di- mostrazione. Tagliate da un pane a cassetta tan- ti dischi di 5-6 cm. di diam. con 2-3 di spessore, incavateli, bagnateli nel latte salato. Dividete in fettine delle piccole mozzarelle di buona prove- nienza e fresche, conditele con sale, pepe, formaggio grattato; mescolatele con uovo sbattuto e disponetele nel cavo del crostino con fra mezzo filet- ti d'acciuga; fate la colma ed in cima ad essa collocatevi una pallottola di pane inglese imbevuta di latte ed as- sicurata al resto con 3 stecchini, da togliersi dopo la frittura. In questo modo camuffato, il fritto prenderà l'aspetto di tanti piccoli briozaini. Po- chi minuti innanzi dei servizio infari- nate uno ad uno i crostini, immerge- teli nell'uovo sbattuto e friggeteli a gran padella con olio d'oliva finissimo o buon strutto. Serviteli caldissimi. Accompagnate con spicchi di carciofi fritti o punte di asparagi imboraccia- te e fritte. Saltimbocca alla Raffaello Prendiamo un centro ( coeur) di fi- letto gentile di vitella, tagliamone al- cune fettine, battiamole e formia- mone braciolóne tondeggianti, che fa- remo rapprendere nel burro da un sol lato, asciughiamone l'untume, ed una volta fredde spalmiamone la parte rappresa con farcia fine di vi- tello ad imitazione di quella di pollo dei pomodori alla romana; sopra di essa un tondo di prosciutto cotto pre- pariamo una saltiera con burro spu- mante costellato da foglie di salvia e disponiamo le bracioline dal lato crudo, infarinate: rosolate che siano voltiamole, rallentando il calore ed un momento dopo lucidiamo!» con buon sugo ristretto; scrupolo di sale lm-

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