LA CUCINA ITALIANA 1934
M I»A CUCINA ITALIANA 1 Maggio 1934-XII esemplari italiane Nei far gli elogi delle modernissime cucine americane ,non abbiam volu- to dire che in Italia sia tutto buio da questo lato. S'intende: quello ch'è vecchio è vecchio in ogni paese; e a voler cercare, anche in America, nei quartieri fuori di mano, si trovereb- bero a migliaia le cucine male archi- tettate, male arredate, mal tenute. .Vogliamo parlare qui soltanto di quel che i popoli più colti, han saputo creare di nuovo per l'estetica della «stanza gioiello»; e non facciam quindi colpa nè alle vecchie case ita- liane nè alle americane, se son rima- ste quelle che erano. Del resto, certe nostre vecchie cucine dalla cappa mo- numentale, dalle forbitissime batterie di caldaie, tegami e casseruole, dal gi- rarrosto pronto ancora per le solen- ni schidionate, hanno serbato il loro genere di patriarcale bellezza, che non la cede ad alcun altro. Si deve pensare, innanzi tutto, che la cucina modernissima ha soppres- so quel grande elemento di gioia che era il fuoco. Come sostituire questo bel sire scoppiettante? Ora la fiamma o non si vedte più, come nei fornelli elettrici: o appare soltanto come qual- cosa di subdolo. Bisogna dunque cer- car la gioia altrove, nel nitore delle mattonelle e dei metalli ,nei colore festante delle pareti, nel brio e nella precisione. La stanza della materia per eccellenza s'è spiritualizzata ed ha guadagnato in squisitezza e in gaiezza. I nostri nonni stenterebbero a riconoscere una cucina m quell'a- riosissima stanza da cui escono oggi le Vivanap In questa gara dei popoli per la trasformazione estetica deila cucina, noi italiani non siamo affatto rimasti gli ultimi. Abbiamo anzi fatto soven- te, della stanza della cttoca, uft capo- lavoro d'impareggiabile gaiezza. Nel settentrione, a Milano e a To- nno, gióvani architetti di modernis- simo gusto hanno già creato cucine notevoli per comodità d'impianti ed eleganza di linee e di colori. Ma vo- gliamo fermarci oggi in una partico- larmente gaia, che un architetto ro- mano ha disegnata per gli apparta- menti d'un palazzo romano. Si tratta premettiamo, d'una costru- zione di lusso, che non potrebbe quin- di dar modelli per le nostre Case me- dio-borghesi. Vediamo oggi l'elevato, per venire una prossima volta, al medio ed al comune. La nota dominante della cucina ideata dall'architetto è non tanto nelle pareti quanto nel pavimento- Questo (l'illustrazione non ce lo dice abbastanza) è sorpredente per l'ele- ganza dei disegno e l'allegra policro- mia del marmi. Po«òhe cucine nel mon- do hanno una gaiezza cosi accoglien- te e così monumentale ad uh tempo. Se la cuoca della casa fosse la Qenè- rentola della favola, camminando su d'un simile pavimento élla potrebbe già Considerare di aver messo il pie- dino a Corte, poiché, il principe in- namorato diffìcilmente potrebbe offrir- le nel palazzo reale un paviménto più splendente. Cenerentola è insom- ma qui già principessa, in quanti) al- meno la fortuna è connessa, sempre coi suoi scarpini piti che con la sua testa. Una madonnina lucarobbiana domi- na la parete su cUi è il fornello, e su quella su cui è la ghiacciaia A 'in- vece l'orologi 0 ammonitore. Ma guar- date la mobiglia tagliata in modo da lion ingombrare mai spazio. Il tavo- lino non ha piedi; è una breve men- sola sotto cui, nei momenti in. cui è ozioso, lo sgabello può rimpiattarsi in una dispensa attigua altre due mensole, sormontate da un'altra maio- lica di tipo lucarobbiano, raccolgono tutti gli elementi quotidiani del ser- vizio; caraffe, fruttiere, vassoi. L'insieme dà una sensazione di ri- gorosa disciplina In una richezza, piut- tosto incline al fasto. Si tratta, ripe- to, d'appartamento di lusso in cui la ricchezza vuole apparire come solida abitudine. La cucina, di questo tipo, risente, certo, d'una certa stilizzazione: ed è m\ Wm
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