LA CUCINA ITALIANA 1934

1 Giugno 1934-XII LA CUCINA ITALIANA 29 Agniell omieric nle cueor dell "Pasmpa I l « t r e c c h e» al quale abbiamo atr taccato i morelli dì mezzo sangue, ma belli che li prendi per due cavalli di razza, solleva nella pianura arsa nu- voli di polvere. Ci galoppano accanto il vecchio gaucho Ramirez infi lato nel suo poncho di vigogna che cadendogli a pieghe dagli omeri quasi lo draiP- peggia. imainichie d<JUa camicia rimibocciafetf sui gomiti, int ìngendo in una tazza enorme uri ramoscello di rosmarino co- spargeva di quella salsa diue agnelli aperti infilati negli spiedi a un palino da terra. Andammo a sederci a un centinaio di metri sotto un gigantesco bambù intorno al cu al a la grazia dell'ospite Ci aspet tano per un asado — il suc- coso arrosto d'agnello cotto all 'aperto, nell 'aria, davanti a un fuoco w o che lentamente lo indora — nella t enuta di don Gervasio. Il genovese arcigno, vivrebbe volentieri in solitudine, cur- vo sul suo lavoro, ma, la sua figliola senza mamma ha bisogno di comuni- care coi vivi e manda ogni t an to suoi servi a di ramare inviti in quelle due o t re estancias che confinano co-« la sua t enu t a: vasta, moderna, con una piccola casa bassa a un pian® nel folto di un bosco di salici, alla quale si accede at t raverso un ampio viale coperto da un pergolato di ma- dre selva. Davanti al la casa, a destra, nel punto in cui il bosco dei salici si apre in semicerchio, Mancia ha f a t to costruire un chiosco a pagoda su cui salgono infinite varietà di rose rampi- canti che illuminano quello scenario. Quella ma t t ina alla estancia del- VEldorado noi eravamo forse i più attesi. Non io. che vedevo per la pri- ma volta la deliziosa creatura e avrei rinunciato a tut t 'i milioni di don Ger- 1 vasio per quél tesoro; ma Tista, IV mjco che mi aveva condotto con sè del quale ero ospite. Ci chiamarono per l 'ssado che si coceva di là dal bosco dei salici da- vanti a un fuoco che un rtuucho ali- mentava di continuo con rami e non sn orpmì-tv^, secca eh« sWTi^evfi profumo, ment re un al t ro vecchio pampeano Imbracato nel poncho, le aveva f a t to imbandi re le menae. Due cameriere olivigne, una cosi —< un palmo — timida e impet t i ta, l'as- t r a più agile, meno spauri ta, con un grembiule bianco ' di t r ina sul vestito di percalle a fiori celesta, servono la carne saporosa. La padrona s'accorge che siamo tre- dici a tavola e manda a chiamar© li maggiordomo che arriva scalmanato, saluta con un inchino gl ' invitati e sie- de davanti all'ospite. Si mangia in allegria. Tista è ac- canto alla bimba, felice che lo gride- rebbe al mondo : • 1 maggiordomo ag- giunge alla t>ua timidezza uin'aria d» funerale che consola. Ma non lo guar- dan che loro: Manola, che non igno- ra la sua passione, e il mio amico al quale la padroncina deve aver con- fidato le pene del giovanotto. Gli altri chiacchierano, f an dello spirito, elo- giano il vecchio pampeano che ha arrost i to gli agnelli come non sa ar- rostirli che lui, insaporandoli con quella èmttlsione d'olio, sale pepe suc- co di limone e odor di rosmarino ma in cui fa macerare, insieme a qual- che foglia d'erba cetrina, non sai che radice di cui egli solo conosce la mi- steriosa presenza, che impregna l'ar- rosto dì t u t t i gli odori silvestri. Han por tato in tavola. eoll'toatfo. un' insalata tenera e amarognola a fo- glio] ine sottili, condita con un pesto d'aglio e di noci ohe si amalgama col sapore dell'agnello omerico; nrn l'ararl- vo di un uomo -a cavallo ohe f e rma di bot to la bestia a un passo dia noi, t ronca il gioioso convito. E' un indivi- duo sui t reni ' anni dal profilo aristo- cratico ma con un che di perverso ne- gli occhi durissimi. Ci ha salutato levandosi l'aimpio cappello che ha get tato come per una bravata sulla testa dell 'animale; ha messo la mano al la cintola da cui esce il calcio di una rivoltella e aspet ta che qualcuni lo interroghi. Le cameriere si sono raccolte alle spalle delia padroncina : le donne im- pallidiscono ma r imangono al loro po- sto. C'è un momento d' incertezza e di panico che paralizza tut t i, ma un. ¡re- s te di Tista, il quale ha por tato an- che lui la mano al la cintola, ci dà la sensazione immediata di quello d i e può accadere. Il maggiordomo ha ' t ent a to di al- zarsi, ma pr ima che l'ospite gl ' intimi di non al lontanarsi è inchiodato da uno sguardo imperativo di Tista che volgendosi poi al gaucho importuno gli domanda seccamente che vuole •— Io rimango — risponde per tut ti la padroncina di casa. — Sta bene. Quandi è così — de- cisamente l ' intruso volgendosi al mio amico — saprete sulla via del ri torno chi è il gaucho Femandez al quale avete at tribui to il fur to dei vostri ninnali. — Siete dunque Pernandez? — Io stesso. Addio. E sprona il ca- vallo. Ma qualcuno galoppa verso i cava- lieri lontani che s'incollano alle be- st ie e partono come centauri al la caccia del bandito. GIACOMO PAVONI.

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