LA CUCINA ITALIANA 1934

16. LA CUCINA ITALIANA 1 luglio 1934rXlI PRESTIT IN CUCIAN Gl i agnelli pampeani da cui parla- vo nella mia ultima novella, han su- scitato la curiosità di una lettrice, che mi domanda se la cucina italia- na «non potrebbe arricchirsi di qual- che pietanza argent ina». Non credo. *Ton fitì sembra che gli argentini abbiano una loro cucina ca- ratteristica. Non «ni pare, in ogni modo, che la cucina italiana, così va- ria e gustosa • ricca, abbia bisogno di prestiti. Non vedo nemmeno che gli agnelli di cui parlavo, arrostiti a quel modo, giano una specialità platense. Che gli argentini sappiano indora- re l 'agnello e te lo servan succoso * fragrante è verissimo ; come è vero che vi sia t ra 1 pampeani chi lo ag<- grazia con erbe che noi non abbia- mo o non conosciamo. Ma quel modo di cuocere l'agnello davanti al fuoco, è un po' il sistema di tutti 1 pastori del mondo. Senza andare nell 'Argentina, nelle tancas della nostra Sardegna, il ca pretto o l'agnello si cuoce press'a po- co nello stesso modo, con n senso di raffinatezza che deriva da una di- versa forma di civiltà. Gl i argentini, hanno, se mai, una loro specialità, ma comune anch'essa a tutti gli altri Paesi d'America, e, forse, a tutti i po- poli che devono ancora superare io stadio agro-pecuario della loro civil- tà, nell 'aiado con cuero, che consi- ste nell'arrostire interi capi di be- stiame vuotati delle interiora, senza spellarli. Per questi asados con cuero, che ra- dunano nelle campagne, quasi sem- pre in occasione d i - feste elettorali, centinaia di persone, si scavano del- le trincee su cui le bestie vengono collocate sopra una specie di gratic- ciato o infilate negli spiedi, in modo che il fuoco lentamente le cuccia. Ma non vedo, dicevo, che in quella parte d'America, se togli cotesti ar- rosti omerici ed il famoso puchero (puceero) vi siano a l t re specialità per le nostre tavole da buongustai. H puchero non è che carne bollita ì— il lesso —> con l 'aggiunta di salsic- ce, patate, « batatas » (patate dolci, Queste, che si preparano anche col miele) zucca — quella grossa, invec- chiata, eh« in taluni paesi della To- scana ho sentito chiamare zucca da friggere — e spighe di granturco an- cora tenero; — una specie di piatto nazionale e di piatto forte per fami- glie numerose, ma tutt 'altro che cat- tivò. Un'altra pietanza della cucina ar- gentina potrebb'essere rappresentata dal guiso (ghisso) ch'è carne in umi- do a pezzi con frutta, come l'ho mangiata in Spagna. XJn argentino del quale ero ospite, mi fece servire un giorno a desinare, come piatto locale, le alrnondigas; specie di polpette di carne alle qua- li avevan mescolato pinoli e uva sec- ca — i bei chicchi di malaga che noi chiediamo al la Spagna, mentre vi sono regioni, in Italia, dove i grap- poli d'uva malaga dlolce e carnosa si empion di sole — ma mi accorsi, mangiandole, che non eran cosi deli- cate come i mondeghili lombardi da cui dovevano aver preso il nome. Perchè siamo proprio noi, italiani, di tutte le regioni d'Ital ia che alla cucina argentina abbiamo dato le no- stre pietanze, alcune delle quali han subito, per cosi dire, gli adattamenti dell'ambiente ma rimangono fonda- mentalmente nostre; dai rapiales ai tallarines, dagli arrosti ai quali la nostra civiltà ha dato lo : stemma gentilizio dello spiedo al fri tto deli- cato del cervello che i macellai di una volta, se non trovavano una no- stra massaia intelligente, buttavano via. a tutte le altre pietanze che alla nostra cucina dànno una infinita va- rietà. Tranne dunque quelle due o tre pietanze alle quali ho accennato pri- ma — l'asado e il piatto nazionale del puchero fat to di tutta l'abbon- danza di carne che in paesi ricchis- simi di bestiame, è al la base dell'ali- mentazione, la cucina argentina non ha che pietanze nostre, italiane, se togli anche qui quel poco Che nella casa dei ricchi han portato i cuochi francesi che han preso da noi. Ma la cucina che prevale con tutte le va- rietà e la ricchezza che al la nostra cucina dànno le nostre regioni, è ita- liana. E si spiega. Basta riflettere che nelle città e nelle campagne ar- gentine predomina l'elemento italia- no. Questa considerazione non con- valida le opinioni di coloro che nella nostra emigrazione vedevano un tem- po lo sviluppo dei nostri commerci i quali dipendono sopratutto dal modo con cui si esporta; ma poiché i no- stri figlioli prima d'aver costituito anch'essi, una casa, han vissuto con noi ,è chiaro Che facendoci compa- gnia a tavola si Siam latti il nostro palato. Poi li perderemo. Erano già argen- tini; uruguayani o brasiliani ancne quando mangiavano alla nostra men- sa, e vivevano nella nostra casa; ma questo è un discorso che potremo ri- prendere se capiti di riparlarne. Qui ho voluto rispondere al la domanda che mi era stata fat ta anche per riaf- fermare una volta di più, che la nò- stra cucina deve mantenere inaltera- to il suo carattere. Se c'è una cucina che non ha bi- sogno di prestiti per nessuna ragione è la nostra. Dobbiamo quindi eliminare dal la nostra tavola ogni pietanza che non sia tipicamente ital iana? Io direi di si. Questo estremismo mi par neces- E&rlo per conservare appunto a l la nostra cucina il carattere che deve mantenere. I>a qual cosa non esclude che tu possa provare anche il guiso alla spagnola — carne, pere, pesche e susine, in umido con salsa di po- modoro — se te ne prenda vaghezza. Ma non per arricchire la tua cucina e ingentilire il tuo gusto, tu che hai vissuto da gran signore, sempre, e le frut ta te le f ai portare a tavola ma- ture anche per goderle con gli occhi. GIACOMO PAVONI. Comprèsse-Polvere Ovuli-Sapone Igiene Intima PROBeTM CHATELAiN Disinfetta Profuma I ^ A D I T T A Z W i e O L A R 0 M H N 3 VIA DEI SPAGNOLI, 30 — XELEF. 51357 C O N S E G N A S C A T O L E d i 1 5 e S O D OM I C I L IO S I G I L L A T E RACCOLTE GIORNALMENTE DAI CASOLARI E FATTORIE DEL LAZIO E DELLA SABINA

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