LA CUCINA ITALIANA 1934

1. Agosto 1934-XII LA CUCINA ITALIANA 27 L' arrosto del pastore sardo I n questo delizioso diario, tut to pro- fuma DO di aromi squisiti, che è riuscito a poetissare quella da qualcuno im- propriamente considerata come la funzione più prosaica della vita, può forse trovar posto una curiosità culi- naria escogitata dal genio meditati- lo vigilano un focarello acceso sul ter- reno sterposo. Il fuoco che arde con lo stesso ri tmo apatico dell'ambiente non serve sempre a riscaldare le membra intirizzite del pastore: è un fuoco che vivacchia un po' tut to l ' anno indipendentemente presso il focarello, con lo sguardo er- rante ed il pensiero vuoto, scuote Anali mente il torpore: si drizza, riafferra la pala, alontana le ul t ime oraci, sca. va nuovamente la -fossa e il capret to o il porcellino riappare come in nim- bo d'oro c riempie del suo profumo inebriante l'aere vespertino. *. * « vo dei pastori sardì, tipici rappresen- tant i della gente semplice e buona che popola la sonante ed aspra Isola medi terranea. Si t r a t ta di un arrosto; ma di un arrosto manipolato in modo tut t 'àl- t ro che banale. I l procedimento è forse unico, sbalorditivo per chi è abi tuato a consumare i propri pasti ad una ta- vola più o meno riccamente imbandi ta; ma comunissimo in Sardegna, dove il pastore domina, re delle solitudini de- solate. Comunque l 'arrosto di cui vo- gliamo parlare, per quanto ot tenuto con mezzi veramente un po' strani, ha un meri to che giustifica questa nostra segnalazione: è forse la cosa più squisita che possa immaginarsi ed an- ziché l'espediente rozzo di un cuoco primitivo potrebbe considerarsi la fe- lice trovata di un ghiottone raff inato. I viaggiatori ed i turisti, che vo- gliono godersi tut ta l'Isola e che, at- t ra t t i da spettacoli d' incomparabile im- ponenza panoramica, si i n t emano t ra le al ture massiccie della Trezenta e della Marmilla, del Goceano e delle (Barbagie, s ' incontrano spesso in grup- pi di pastori nei loro sbiaditi costumi, rigidi di lordura e quasi incrostati al- la pelle vergine di salutari lavacri. Immobili, immerse in una Inerzia me- ditativa, barbute ed ispide queste fi- gure quasi irreali, che rendono più de- solate le solitudini immense e silenti, pascolano i loro greggi innumeri so- stando all'ombra dei Nuraghi e spes- Non sono poche le maniere di cuci- nare un arrosto ed ogni cuoco che si rispetti segue un sistema suo proprio che giudica insuperabile; ma nessuna può certo stare al confronto del pro- cedimento escogitato dal pastore sardo e chi volesse convincersene non ha che da provare profi t tando della pr ima scampagnata e tenendo presente che la buca da scavare non dovrà essere molto profonda: t renta, quaranta cen- timetri al massimo, e che un letto ed una coperta di erbe aromatiche do- vranno preservare la bestiola dal con- tat to diretto con la t e r r a Quanto alle origini del procedimen- to, sembra che siano un DO ' equivo- che. Si t ra t ta con molta probabilità della trovata di un pastore predone, che dopo ave- cami ta la più grassa agnella al gregge di un compagno di stratto, pensò bene di arrostirla con un mezzo furtivo, tale da non desta- re V sospetti del derubato. Il ripiego si mani festò eccellente, si divulgò ed ebbo fortuna, tanto che oggi rappresenta la più grande, se non l'unica delizia del povero pastore, poe- ta del silenzio e dei deserto A. DALMÀZZO. Alla fine del 1934 offri- remo alle nostre abbona- te, in dono amichevole, l'indice e la copertina per l'annata della CUCINA, perchè il Giornale possa essere rilegato e conser- vato. L'abbonamento annuo costa L. 5,30, e può esse- re fatto in ogni momento. ALL'OPERA dalla stagione e dal clima e che guiz- za anche nelle afose giornate di ago- sto, quando il sole scotta e le vischio- se vampate del levante schiantano cor- pi e spiriti. E allora vuol dire che sotto quel focarello gat ta ci cova: anzi cova l'a- gnello o il porchetto. Vuol dire che il pastore prepara il suo arrosto per la lauta cena. » • • Abbiamo già detto che il procedi- mento è tut t ' al t ro che temale. Giudi- catene. L'animale destinato al convi- vio è pronto: il sacrificio sì è consu- mato con tut ti i riti prescritti; il sangue è corso vermiglio e il bianco capret to o il roseo porcellino giace al suolo accuratamente spellato, in un ietto di mi r to e di erbe aromatiche, cosparso generosamente dì sale. Il pastore è ora intento a preparare 11 suo forno: scava con la pala il ter- reno come se dovesse apprestare l'e- strema dimora ad una creatura di Dio e, compiuta l'opera, depone religio- samente nell'improvvisato avello, t ra due st rati di mirto, la bestiola sacri- ficata; la ricopre delicatamente con la terra uscita dallo scavo, spiana per -be- ne il terreno e su questo accende il fuo- co, che poi al imenta per ore ed ore: sei, otto, dieci anche. L'at tesa è lunga, ma il risultato com- pensa la snervante monotonia. Il pa- store, che è rimasto quasi immoto per una buona mezza giornata, accoccolato

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