LA CUCINA ITALIANA 1934
LA CUCINA ITALIANA 1 Ottobre 1934-XII r a c c o n t i m i p a h c i a n i Mineastr cno l 'acqau e frittat ear gil zocicol -1 r.ì nntucto TYlillWit.ril. fil Eravamo saliti sul monti della Fal- telona per assistere, l ' indomani, al la levata del sole, ma giungemmo sul la c ima più al ta della montagna, dopo una not tata di cammino at traverso sentieri da capre, che pioveva a orci. Ci r iparammo a l la megl io sotto una tenda da campo che avevamo portato con noi, ma capii subito che sarei di- ventato alpinista com'ero diventato marinaio. Una passione, quella, che se fosse durata avrei dato al mondo qualche nuova terra: forse un'Ameri- ca diversa da quella che ci ha dato Colombo, ma che svanì in una gior- na ta di luglio sul le coste del la mia isola, per vìa di un delfino. Bordeggiavo ai largo con un ca lot- t ino che pareva costruito Per i ten- tat ivi più audaci, respirando già nel cl ima eroico del la mia scoperta, quan- do uno di quei cetacei investi con un colpo di testa o di coda la barca su cui navigava tanta speranza pel mon- do. Il canotto resistè al l 'urto e non vi furono disgrazie, ma cambiai rot ta e misi la prua verso la spiaggia su cui un giorno avrei ammainato le vele gonf ie di gloria. Smisi di navigare. Cont inuai ad a- mare il mare elle aveva tentato l a mia ardi ta giovinezza e odiai per un poco i delfìni che avevan troncato sul più bello la mia carriera: poi, pensando al mosciame che ti danno, più saporito di quella sor t a dì salame che ottieni col filetto del tonno in soppressa (ba- da di tagl iarlo fine e di metterlo a macerare nell'olio) mi conciliai anche con loro, sebbene quest 'estate me ne abbiano f at ta un'al tra. Non volevo rimet termi in mar e: na- vigo ormai da troppo tempo in altre acque. Ma tornando .quest'anno, sul la mia spiaggia, fui ripreso dal la nostal- gia del mio vecchio mestiere e tentai una pescata ai tramagli che avevo ca- lato nel l ' insenatura del golfo. M' illu- devo di rimediare i pesci per uno di quei cacciucchi che la tua gola ram- menta poi con un senso di gioia, ma trovai salpandoli, che un delfino li a- veva sfondat i. E' chiaro ormai che pur continuando a nutrirmi di pesci TER! i m ( p r e s s o V O G H E R A ) MAGG IO OTTOBRE CURE S A L S O I O D I C HE (Bagni Fanghi Inalazioni) C U R E S O L F O R O S E Consulenti: Prot. CL i V IO Prot CA LAMI DA e Prof MAN T EGAZZA • Diret- tore Sanitario D.r Comm E. p l V I ANI e a esal tarmi davanti a un quattro alberi dovrò tenermi al la terra, com'è evidente, dopo quel primo tentat ivo di ascensione di cui parlavo in principio che d'ora innanzi mi terrò a l la piana. Ero dunque sal ito sul la Fal terona per godermi da quel l 'altezza lo spet, tacolo del la l evata del sole, col risul- tato che sai. Quando, dopo mezzogior- no, il tempo parve rasserenarsi, ci ri- met temmo in cammino per Sanstau- denzio; ma dopo mezz'ora di st rada ricominciò a piovere che Dio l a man- dava. I l mio compagno d' ardimento avreb- be voluto rizzar la tenda che sì era caricato sulle spalle per dare a me un esempio di eroismo, ma lo convinsi che sarebbe stato megl io arr ivare a casa zuppi da strizzare, che passare la notte in quelle condizioni. Ci fer- mammo, dopo un'ora e mezzo di cam- mino, al Podere della Casa i cui con- tadini furono cosi larghi dì cortesie che potemmo cambiarci. Il mio com- pagno d' avventura grandeggiò in una cacciatora di fustagno del Capocc i a: 10 trovai in un vestito del figliolo, più lungo del babbo, una giacchet ta che mi arr ivava ai ginocchi. — Per car i tà — non sì r imet tano in cammino con questo tempo — ci dice la massaia — che t ra poco dilu- v e r à . Ci s 'accomoda: una camera c'è: per 11 mangiare, dovran contentarsi, ma un piatto di minestra col l 'acqua e una f r i t tata con gli zoccoli sì rimedia. C' eravamo raccolti in cuc ina davan- ti al camino, al la cui viva fiamma si r iscaldavano i nostiri corpi infred- doliti e asciugavano ì nostri vestiti- La donna cominciò a preparare la cena. I l mio compagno si appisolava: io seguivo at tentamente la massaia In quel l 'ammai inire che faceva sopra un tavol ino accanto al l ' acquaio dì cui a- veva aperto 11 rubinetto del l 'acqua per empire un cat ino dì terra cotta smal- tato con un orlo a svolazzi d'un az- zurro faentino, sir fondo bianco, che glie lo avrei rubato M' interessava quella minestra col- l 'acqua con cui ci saremmo scaldati lo stomaco, più che per la fame che avevo, per la curiosità dì vedere co- m' era fat ta. Aveva Preso una cipolla, due pomodori, due patate, un sedano, del prezzemolo e tre o quat tro zuc- chlnl che aveva mandato a cogliere da un figliolo nell 'orto vicino. Lavò nel cat ino tutta quella roba che di- spose poi in un gran piatto gial lo smal tato e al lungò una mano per prendere da una credenzina a muro una casseruola di terra, su cui gettò prima la cipolla tri tata nell'olio crudo Ora si avvia verso il camino portan- y do con sè casseruola e piatto. —. Se permette, le dico, vorrei ve- dere come si f a cotesta minestra di acqua tanto più che l 'acqua non la vedo. Mi sorride. E' una contadina, sul quarant 'anni, bruna, slanciata, fre- schissima, con due occhioni neri da cui traluce la bontà e una bocca che incanta. — s ' accomodi. E' un mangiare da gente campagnola. La cipolla, che ha condi to con un pizzico di pepe e un po ' di sai grosso, rosola nell'olio che la indora. Quan- do la vede rosol i la vi appezza due Po- modori che ha pr ima sbucciato e la- scia che cucc iano una decina di mi- nuti. Vi aggiunge poi gli odori, t r i ta un sedano, tagl ia le patate a pezzett i; fa, di tre o quattro zucchini, dei qua- drelli minuti, al lunga, dopo un mo- mento di cottura, quel miscugl io che sarà un modo f rugale di f ar la mi- nestra coll 'acqua, ma che t ' empie la cucina d'odore, e quando le pare che tutto si sia fuso, dopo avere assaggia- to il brodo con un mestolo versa nel recipiente una past ina fine, bucata come verzi, che chi ama grandinina. Mangiamo. E' una minestra appe- titosa che profuma di sani tà l a men- sa. Il mio compagno, alpinista eroico, mi ringrazia beato: io, pur mangian- do col suo stesso appetito, seguo ora la massaia che tagl ia da un lardo di maiale venato di rosa — quella par- te del porco che in taluni Paesi del la Toscana chiamano r igat ino — delle fet te sottili riducendole a rombi. Le getta nel la padel la con una ero. ce d'olio, le f a arrabbiare sotto una f i ammata e vi cola l'uovo. La f r i t tata con gli zoccoli è pron- t a e divoriamo anche quella. GI ACOMO PAVONI
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