LA CUCINA ITALIANA 1934
1 Ottobre I934-XI1 LA CUCINA ITALIANA FASTI E NEFAIS T DLE TACCOHIN I l tacchino ha commosso diverse generazioni di gastronomi e di ghiot- toni, più 0 meno buongustai. Val ja la pena di vederne la ragione. Nel regno della natura il mirabi le è sempre nel Più piccolo. Il sapore delle carni, al pari che nei vegetali è in ragione inversa allo sviluppo dei loro esemplari. Questa legge non su- bisce divario nemmeno se appl icata al l 'uomo fisico rispetto al la sua spiri- tualità. Ma ristringiamoci a quello soltanto che è il mio t ema: gli ani- mali gastronomicamente commestibi- l i; poiché tali non possono catalogar- si né l a talpa ed il serpente a sona- gli. non il mulo nè il cane e neanche il... pappagal lo, l ingua compresa, i piatti storici della quale sono da met- tere insieme ad altre rocambolesche trovate di chissà quale Cagl iostro in berretto bianco. Il tacchino quindi, data la sua mo- le, è di una gustosità alquanto mode- sta, tanto vero che per intensificarne il gusto si ricorse al l 'artificio dei ri- pieni i Più sol leticanti, di sapienti colture, di salse piccanti e profumate, di spettacolosi impiat tament i. Ci rca la sua origine selvatica, non è il caso d' indugiarci: tutti gli ani- mali in origine furono selvatici, in- cominciando... dal l 'uomo; gen e si , par dire dli lui, che non influisce gran che sulla sua... commestibi l ità, se non presso alcune popolazioni selvagge, ri- maste appunto all 'a b c delle cose create; per quanto fin dal l 'antico si definisse l'uomo... « un antropofago morale per eccellenza » ; ragione per cui l 'arte gastronomica veramente det- ta non ebbe ragione fin qui di inter- venire. I l tacchino, contrariamente a i l 'opi- nione invalsa presso di noi, può con- siderarsi un animale se non dotato d' intelligenza, di istinti raf f inat issimi. Giovi l'esempio. Nel settembre, dei 1917 villeggiavo presso dei parenti nei dintorni di l.lon- telupo. Facevo la mia siesta seduco tu di u«a panchina, ali ombra eli u n fol- to boschetto d'allori, l i tro di lettura o giornale f ra le mani: fin dai primi giorni una tacchinetta venne a po- sarsi sul terreno presso di me, per seguirmi poi c o xe un cagnol ino nelle mie brevi deamtulazioni. Per molto tempo mi restò inspiegabiie il miste- ro della mia accompagnatr ice; c t i credo d'esserne venuto a capo. Avevo notato c :me nel paesello ci fosse molta intimità fra le bestie; nul l ' af fat t 0 fra i crist iani sempre pronti a sca j l i srsi di punta contro i ior 0 simili, avversione che aumenta- l i in ragione della loro scambievole ut i ' i tà indizio notevole: una scri t ta sr0S30lan a in vernice, sulla muraglia r>ell'unino e s e r c i zi ov'era possibile ri- focillarsi che suonava cosi: Osteria eli Veleno. Rimasugli evidenti di una •ul tura storica «tu &vev a selvaggia- mente impressionato il dipintore del- la scritta. Questo il mio... filo d'Ar ianna La furbesca tacchinotta aveva nul- la nul la subodorato l 'af f ini tà tenebro- sa che poteva intercorrere f ra le fun- zioni dell'ospite occasionale e i prati- canti la cucina di Veleno? L a Dindia, a buon conto, f ra lo spiedo di Veleno ed i miei fogli gastronomici aveva Prudentemente meseo di mezzo, la sua commovente adulazione. Intelli- gente diplomazia del gal l inaccio che deve f ar abbassare di qualche lìnea, il termometro della nostra prosopopea... politica. D'al tronde sulla mia coscienza pe- sa ancora il precedente pericoloso per l ' incolumità d' innocenti bestiole: »» mio ruolo di jugolatore, sebbene fan- ciullo, di piccioni domestici e di pol- lastrelli villerecci. Al tro episodio c h e mi ricorda la cordial ità di rapporti che intercede- vano f ra glj animali di Montelupo: Mezz'ora di scherzevoli giochetti f ra il gat t ino dei parenti ed un bel far- fal lone in l ibertà: ogni sera, vicina al pollaio, per tutto il mese che fui lag- giù ed oltre. proseguiamo, la critica. £• «s tesso autore dai quale muovo i miei spunti che dice: 1. Quando nelle campagne si ab- bandonano al la gioia s' imbandisce il Tacchino arrosto. 2. Al lorché, l ' industriale e l 'artista vogliono solennizzare il riposo sulla mensa compare il tacchino ripieno di salciccie e di castagne. 3. Gli uomini politici nelle loro dimostrazioni sul gusto preferiscono il tacchino coi tartufi. Una colazione o<j una cena: S. M. Vittorio Emanuele II, dopo il decesso del l 'Augusta Consorte non ebbe più ore stabi l ite per i suoi pasti, ch'Egli consumò ¿a solo nei chiuso del l 'appartamento. Due piatti al la co- lazione, uno. freddo, alla sera, che po- teva essere anche alla notte, il tac- chino in concia ossia in gelatina (à la dzube) era la vivanda preferita in ogni stagione. Ed allora sì ripeteva quanto non è che novella nell 'aned- dotica gastronomica dumassiana, LUC- c i n i an a ed al tre: per gustar bene il tacchino bisogna essere : in due; (1 Consumatore. .. ed il tacchino Al la scala di. Bri l lat Savarin man- cava una bacchetta, vediamo di ag- g i un g e t e l a; non ci. scapiterà nessu- i- . Ecco per i raccoglitori di ghiotti bocconi all'uso italiano l 'acconciatura dei nostro « bipede alla Reale ». Un fine tacchinotto frol lato al pun- to, vuotato, fiammeggiato, imbriglia- to. ricoperto di « barde » di lardone, assicurate con legature di spago, ada- giato su lettiera di burro, fette di prosciutto, qualche pezzetto di buona cotenna, carote, cipolle e sedano ta- gliuzzati. Avviare la cottura con una certa vivacità per racchiudere nel le carni le loro sostanze, dar un po' di sale e f a r prendere una leggera colo- razione bionda; aggiungere mazzetto aromatico, chiedo di garofano, picco- la buccia di limone, poco mac i s ed ir- rorare paco a poco con un bicchiere di vino bianco secco, mezzo d aceto di puro vino, bicchiere di vecchio Marsala. Evaporato il tutto, alimen- tare ia cottura con successive quan- t i tà cu buon brodo 0 sugo chiaro di carne; coprire .avanzare nel forno. Cotto che sia, ponete il tacchino, petto all ' ingiù, i n un a terrina con il suo fondo passato al colino e tenete in ghiaccio fino al giorno dopo. Col locate il tacchino sui piatto di servizio, togliendo via spaghi e «bar- delle» di lardo. Col fondo di cottura sciolto al cal- do con aggiunta di poco aceto. Mar- sala, succo di limone fate la gelat ina ossia digrassate e passa.e il fendo al- la salvietta steri l izzata; unitevi 12 o 14 fogli di colla di pesce ammol l iti, mezzo litro abbondante di bredo, ciuf fo di serpentaria, una mezza doz- zina di chiare d'uovo sbattuta, pa té giungere all'éboll.zipne, filtrate, met- tete a raffreddare i n ghiacciala. Contornate u tacchino, con gruppi var i i ' di sott 'aceti olive, filetti d'acciu- ghe; ornate con crostini di gelatina e la stessa bri l lantata. A parte Insala- tina fresca e sa'siera di mioriese pic- cante. Resta inteso che il tacchino non dieve tagl iarsi: sezionato c he fosse si potrebbe credere al l ' intervento d'al- tro commensale o insufficienza nel la tecnica dello Scalco: il Consumatore stesso. Ma di un altro inconveniente non trascurabile è causa ¡1 taglio preven- tivo dei volatili in genere del tacchi- no in specie. La "cucina può e deve sentire il dove- e dj attendere a quan- to di meglio reclama il gusto, ma es- sa sa quale potente aiuto le sia la bellezza se questa è i l luminata dal le conoscenze; senza parlare del l 'arte dei profumi mez?j tutti che avvalora- no la cucina. Il tacch'no è quel capo- lavoro di estetica della natura che ispirò l'uomo — dopo o j n j altro Vo- latile. m ordine di tem.ro — sill 0 stu- dio per la costruzione dei suoi miglio- ri mezzi di navigazione Nessun al tro uccello ol 're uno scheletro al tret tanto snello ed elegante alla nostra ammi- razione: e tale resta la sua carena, nur nel grasrott»U 0 rivestimento qua- le si presenta a.l'a mensa. Ed anche nuesto Cj f p ripenpa-e a j lontani od n>: futuri pa r e t i della fauna terrestre nel la grande evoluzione delle cose di quaggiù. AMEDEO T E T T I NI Capo cuoco di S. M. J1 EeS
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