LA CUCINA ITALIANA 1934
6 •LA CUCINA ITALIANA 1 Novembre 1934-XIII a Rosetta (Per le mas sa ie inesperte del la pi ccola borghes ia) S i par lava, l a mia vicina ed io lei da una parte, io dal l ' al t ra del la picco- la cance l lata cne divide i nostri giar- dinett i. P i n 0 al lora non ci eravamo scambiate che saluti cortesi, ma bre- vi : buongiorno o buonasera; e basta. Quel la ma t t i na invece si at taccò di- scorso. La pr ima f u lei. Mi disse: — Che brava cuoca deve essere' si gnorai La. guardai sorpresa: — Da che cosa l 'arguisce? — Dag l i odor i ci buoni che vengono dal la sua cuc ina. Non sento mai que- gli odori acuti, rancidi, pesanti quei puzzi che danno la nausea. Sorrisi, — Non sono un a brava cuoca- per dir « b r a v a» c i vorrebbe troppo, so- no sol tanto una massa ia coscienziosa che, per essere s tata t anti anni din« torno ai fornel l i, è in grado di f ar dia cuc ina abbas tanza bene al l 'uso casa- lingo, senza fat i ca, senza sacrificio.. — E senza f ar bruciare le salse, (•• vero? Ri si di cuore. — L' esperienza mi met te al r iparo da certi infor tuni. Sospirò. — Io, invece, spesso e volent ieri ci casco. Un momento di distrazione. .. e i l ma l anno è fat to. Sapesse quanto mi ci arrabbio! Gi à, in cuc ina non valgo proprio niente. Non so regolar- mi.. ecco. Facc io cuocere troppo la ro- ba o troppo poco. Un giorno tut to ries salato, un al tro tut to sciocco. Oggi abuso della conserva dii pomo- doro, domani non ne adopro a suffi- c ienza Lo stesso piat to ha, volta a volta, un aspetto diverso; e il sapore non è ma j Quello che dovrebbe essere. Ed i 0 me ne a ccoro. Mio mar i to mi conf or t a: è t anto buono! : _ c o l tem- po imparerai — mi dice. Ed io l 'am- mi ro per la rassegnazione con la qua- le manda giù i miei past icci — Sono sposi da p 0 co? — D a due mesi. Per 0 r a facc io tut- to da me. Ho una Casina come un gu- scio di noce. L ' ho voluta io plccol ina così Tu t to nuovo, tut to lucido... A tenerla in ordine non diuro punta fa- tica. L'osso duro è la cuc ina! — Perchè pr ima di sposarsi non na ce r ca to d ' imparare a f a r qua l cosa? — Che vuole! In casa ci s tavo po- co. Ero impi egata: pr ima commessa in un grande negozio di mode Pino a quando mi sono fidanzata E ho vissuto spensieratamente, mang i ando con mol to appet i to tut to quel lo che la mamma mi me t t eva davanti e senza domandare com' era fatto. Dopo il fi- danzamento non ho pensato che al corredo. Qual che volta la mamma s! preoccupava del la mia assoluta igno- ranza di nozioni cul inarie. Di ceva: — Come f arai bambina, quando ti sarai mar i tata! T — X 0 mandavo la cosa in ischerzo. — Prenderò la cuoca t — E ridevo. Ero così scìocchina da illu diermi che non ci fosse bisogno d'im- parare a f ar da cuc ina; che bastasse volere per sapere. Se mi fossi imma- g inata ÌI quanti guai s tavo per an- dare incontro, non avrei riso, non du- biti! — Porse esagera. ,, — No. Dac ché facc io d a cuc ina ho subi to tanti infor tuni, come li ch i ama lei, che ora ho preso l a risoluzione di non f are al t ro che il lesso. Metterò tutto nel la pentola. .. — Cerchi d' imparare, invece. Si f acc ia por tare da su© mar i to due o tre periodici, che ha fmo una rubrica per l a cucina. — Al t ro se me li porta. Mi ha com- prato anche un a lmanacco gastrono- mico che cont i ene S9g ricette. — Nientemeno! — Mi provo, via via ad eseguirne qual cuna del le più sempl ici: ma, per quanto mi at tenga scrupolosamente al le dosi indicate, non mi facc io pun. to onore. Si vede che è la manipola- zione che non va. Non sono buona a nul la, le ripeto. E avrei t anto deside- r io d ' imparare e fare, non dico le pietanze di lusso, c h è quelle è bene l asc iar le al ta l ento dei cordons-bleu: ma tut to quanto costituisce, in sostan- za, i a base dei pasti di noial tri picco- l i borghesi, dal gusto un po' raf f inato e con pochi denari. — Ho capito. Lei vorrebbe esser ca- pace di t irare bene il sugo... — S i ! — ...dì f r iggere al la perfezione. .. — Propr io così! — - e di cuocere l 'arrosto in pun- to, é vero? • Non desidererei di saper f a re al- tro per ora. — E io lo dico che sarebbe abba- s tanza Vede; quand' ero sposa di f re- sco, in casa mia le donne di servizio si mu t avano ad ogni momento, sem- pre per la loro incapac i tà a f ar da mangiare. Quando si presentavano per la pr ima vol ta a mia suocera, que- s ta r ivolgeva loro la domanda di ri- to: «Sai cucinare?». La risposta non var i ava ma i : «Sissignora: un f r i t to, un arrosto, un umido...». Ca ro quel f r i t to! Appet i tosi quegli i n t i ngo l i- Quanto al l 'arrosto. Dio ci scampi e liberi. Dei resto" non è punto faci le cuocere l 'arrosto in punto Le porterò un esempio. Mio padre — anche que- sta è storia ant i ca! — andava tutti gli anni , d'estate, a passare qual che giorno nel Casent ino, ospite di una f ami g l ia pat r i z ia fiorentina. Una vol- ta, a tavola, gli capi tò di sent i re la padrona di casa — un angelo di don- na — dire al camer iere; «Giovanni, fatemi il favore di domandare al cuo- co. se questi polli sono :essi o arrosto! — E si t ra t t ava d'un cuoco. — E d'i cartel lo! i l che vuol dire che anche le pietanze più sempl ici ri- chiedono tut ta l 'at tenzione di chi le ammanni sce. — Sono t anti anni che f a da cu- c ina? — P iù dì trenta. L a di f f i col tà di tro- vare d.onn e di servizio capaci di man- darci a tavola senza guas tarci lo sto maco, m' inci tò a f a re da me. Dappr i- ma mi t rovavo di sor i entata come lei. Le pietanze e rano troppo cot te o trop- po poco. Mi a suocera torceva la boc- ca. Un giorno, perchè i l pi at to riu- scisse migl iore esageravo nel condi- ment o; l ' indomani, in un int ingolo scipito, r iparavo involontar i amente lo spreco del la vigi l ia. Quando il desi- na re era semplice,, mi me t t evo per tempo al l 'opera; quand' era compl ica- to cominc iavo in ri tardo. Tragedi e, le dico. Ma non mi perdevo di coraggio. Ogni indizio di migl ioramento, con- s t a t a to da me stessa o dag l i altri, mi r i confor tava. E dopo t an to pena- re, venne finalmente il giorno in cui mi trovai ad essere una cuochet ta di- screta e di una puntua l i tà esempla- re. In quel periodo di t i rocinio Impa- rai anche a conoscere j tagli del la carne. — Imparò da sè? — Da me, giovandomi di tut to 13 mio spiri to d'osservazione; esaminan- do, cioè, con at tenz ione met icolosa, la f orma ,la fibra e tut te le a l t re part i- colar i tà di ogni pezzo di carne cruda che mi passava per le mani . A forza di conf ront i, e at t raverso l 'esperimen- to de l la cot tura, sono arr ivata, gra- do a grado, a capi re quali tag l i oc- corrano per ogni singolo t ipo di pie- tanza. E questa è una gran risorea per chi s i f a portare, come no i a l t ri due, la c a r n e a casa. Se non è nel punto che avevamo chiesto, invece di cuocerla nel modo stabi l ito, si cuoce in un al t ro modo; ce ne sono tante mani ere di cuc inare un pezzo di vitel- la o di vitel lone. Era l a pr ima vol ta che par l avo coli quel la bel la figliuola, e già provavo per lei u n a s impa t ia ist int iva, un interes- samento materno, desideroso di ma- ni festarsi. Perciò, quando mi domandò, con deliziosa, umi l tà, se sarei s t a ta dispo- sta a far le qual che vol ta da maestra, acconsent ii con entusiasmo. — Ma cer to! Più che volent ieri. Le of f ro tut ta l a mia sol idarietà di mas- saia car i ca di esperienza e, a&imè! di anni. Venga da me o mi ch i ami quan- do si t rova in qua l che momento cri- tico. L' aiuterò coi miei consigli fino a che non sarà in gratis, ^ l are da sè. — C i vorrà mol to tempo? — No, no: con la buona volontà e l ' amor propr io che ha lei, f a r à presto a imparare. Gl ie lo garant i sco e glie- lo auguro. E che contentezza proverà, quando si sent i rà capace di prepara- re qual che gustoso mani caret to! Le lo- di di suo mar i to le ar r i veranno a l cuo- re dolci come carezze. Ma, l 'avverto fin d'ora, non l 'avvezzi troppo male. Coi mar i ti ci vuol giudizio. Se c'en- t ra di mezzo la gol,», anche i più buo- ni di ventano esigenti. Se ne ricordi, signora. — Di ca pure Roset ta. E' il mio nome! FRIDA
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