LA CUCINA ITALIANA 1934

J? ' LA CUGINA ITALIANA 1 Novembre 1934-XIII Oggi il mio cuore è pieno di no-1 E' un disegno curioso : la sala stalgia. Non è af fatto un'allusione da pranzo, mezzo-familiare, mezzo- a quella languidissima canzonetta, che ha conosciuto anch'essa, come la stupida Carioca, e tante altre cose del genere, la fortuna di un'ora. A proposito: dove andran- no mai a finire le canzoni fuori uso? In quale cimitero delle melo- die passate di moda? Où sont les neiges d'antan? Dicevo dunque della mia nostalgia. Questo otto- bre che si accinge a morire in uno splendore di cielo e di soie quasi primaverili mi sembra che nascon- da, dal punto di vista stagionale, come un rimpianto. Pare che ab- bia l 'infinita malinconia delle don- ne che si sentono invecchiare. Io penso con un grande terrore al primo capello bianco. Quel giorno sarà un brutto giorno, per me. (E anche per chi mi sta d' intorno!). Capello bianco, preludio di matu- r i tà : primo segno dell 'opera impla- cabile del tempo... Questi odori curiosi che sono nell 'aria, sono un po' il primo ca- pello bianco della bellezza autun- nale. Avevamo già dato l 'addio al- le spiaggie, ai monti, alle crocie- re, alle gioie est ive: ora diamo l'addio anche alle ottobrate sere- ne, alle passeggiate in campagna, la domenica, coll ' immancabile co- lazione nel restaurant suburbano, dove si sta peggio che in casa, si spende l 'osso del collo, e si finisce sempre per prendersi un'arrabbia- tura. Ecco perchè ci ho il cuore pie- no di nostalgia, oggi. Perchè m'è capi tata f ra le mani questa vec- chia stamoa: comune, d'un albergo di campagna, del tempo antico : del tempo, cioè, in cui gli arrosti « giravano » dav- vero sul camino, davanti ai clien- ti, i quali erano, di solito, a giu- dicar da quel che dicono i roman- zi dell'epoca, o principi travest i t i, o sicari di un Duca malvagio, o Caval ieri in cerca di avventure. (Era di regola, allora, che i cava- lieri, andandosene, gettassero al- l 'oste che si sberrettava una bor- sa piena zeppa di monete d'oro. Ora questo gesto non lo fanno più nè i Cavalieri. .. nè i Commendato- r i : c'è la percentuale, sul conto. . .). Ma in questo disegno non ci so- no principi travest i t i. E ' una comi- t iva di buoni borghesi: le signore in cuffia, gli uomini al legroni e rumorosi. Sono otto o nove: degli esercenti, probabilmente. O degli impiegati. Ar r i va la minestra sul brodo di pollo. (Il pollo non si vede, ma a quei tempi non usava- no i Dadi...) Urla di gioia accol- gono la vista della zuppiera. Un braccio audace si avanza ad alzare il coperchio. Nel l 'aria sembra aleggiare odor di fcrr e di pulito, di sostanzioso e di sano. C'è da scommettere che, a pranzo domenicale finito, i buoni borghesi, un po' rossi in viso, e col gilet parzialmente sbottonato, prenderanno le loro mogl iettine sottobraccio, e se ne andranno pei campi, sul l 'erba dei prati, o f ra le fresche frasche, a ragionar con comodo dei f a t t i loro. Beh! Che vi ho da dire? An- che questo (de' pranzetto in un vi l laggio, non della passeggiata successiva!) mi sembra uno dei numeri che il programma della vi- ta moderna, così vivace, così feb- brile e dinamica, ha cancellato da un pezzo. Ora non trovate più, nei risto- ratori suburbani, la lieta comiti- va, che va in campagna per man- giar bene, e star al legra. La gen- te beve acqua minerale.. I « pran- zi in campagna» sembrano adu- nanze di asceti, riunitisi per di- scutere sulla vani tà delle gioie della vita. * * * Eppure anche la tavola ha le sue gioie! Io non sono quello che si dice una golosa, e anzi sono convinta dei danni che la ghiottoneria e la voracità arrecano inevitabilmente non soltanto alla linea delle signo- re, ma anche alla salute degli uo- mini e dei ragazzi. Ma trovo che un piat te cucina- to con aura, condito in modo de- gno, e servito al momento giusto, può dare una sensazione piacevo- le, non vogl io dire come la lettu- ra di un romanzo intimista, ma certo non indifferente. Tante signore di mia conoscen- za mettono il loro amor proprio nella perfezione con cui giuocano al bridge, o nell 'abilità con cui sanno interpretare che cosa signi- fichi una pi ttura novecentista (in generale, dal Catalogo si vede). Io penso che anche a saper f ar bene, le tagliatelle alla bolognese o la pizza alla napoletana, c'è una certa distinzione. Mi piacerebbe poter f ar stampare, sul mio bi- gl ietto da vi s i ta: N... M... «.Libe- ra docente in cacciucco alla mari- nara ». Alcibiade, per poter impor- si alla ammirazione degli Atenie- si, faceva di peggio, perchè tagl ia- va la coda al cane. (E quella non era neanche commestibi le). * * * Quello che rovina la cucina è la faci l i ta con cui le signore, e le cuoche, possono procurarsi salse già elaborate, condimenti prepa- rati in serie, etc.. Ed è l'andazzo, che noi abbiamo derivato, come tutte le cose meno simpatiche, da- gl i stranieri (perchè la cucina ita- liana e, come tutto ciò che è no- stro, fondamentalmente sana, buo- na, saporosa e piacevole) di sna- turare il sapore, diciamo così, ori- ginario, degli alimenti. Se voi fate arrostire un pezzo

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